Quante volte l’innovazione digitale ha posto le imprese e le persone davanti a un “cambiamento di paradigma”? Non poche certamente, ma questa volta, nel momento in cui si mettono direttamente in relazione i temi della sostenibilità e dell’ESG con quelli dell’innovazione digitale, prende forma e consistenza per le aziende un nuovo concetto di valore. Concretamente, le società quotate già oggi non sono più giudicate solo in base ai loro profitti, ma anche al valore del loro impatto misurato nell’ambito dei parametri ESG e rendicontato attraverso il bilancio di sostenibilità. Questa platea vale a dire quella delle imprese che devono certificare il valore del loro “impatto” è destinata ad allargarsi velocemente, sia in ragione delle nuove normative europee sia per la crescita di una domanda di sostenibilità da parte dei consumatori finali e delle aziende più attente alle logiche del green procurement. Nello specifico, lo scenario che si profila è oggi influenzato dal recepimento della direttiva europea 2014/95/UE, che impone una rendicontazione delle informazioni non finanziarie obbligatoria per le aziende quotate e per quelle del settore bancario-assicurativo di grandi dimensioni, mentre l’attuale volontarietà per le altre verrà superata con l’arrivo nel 2023 degli standard EFRAG che coinvolgeranno un numero crescente di aziende.
Ma l’adempimento normativo in termini di rendicontazione è solo uno dei tasselli di questo nuovo mosaico del valore aziendale nel quale un ruolo sempre più centrale è svolto dal CFO in particolare, grazie alla disponibilità di strumenti digitali, Intelligenza Artificiale in primis, che permettono di presidiare la crescente quantità di variabili che determinano l’impatto valoriale di un’azienda.
Ed è proprio sulla centralità del CFO e degli strumenti digitali a sua disposizione che ESG360 ha voluto raccogliere il contributo di Maurizio Dardi, Partner Area Corporate Performance Management di Nextea.
Dardi unisce competenze consulenziali con una esperienza aziendale nell’ambito Amministrazione Finanza e Controllo in diversi settori e con diversi ruoli apicali anche nel ruolo di CFO ed è da tempo attento alla relazione tra sviluppo delle prospettive dei Chief Financial Officer, obiettivi ESG e Intelligenza Artificiale.
CFO come figura chiave per la creazione di valore sostenibile
“La sostenibilità è oggi un tema centrale per tante aziende e va vista in stretta relazione con le prospettive dell’ESG – osserva Dardi -. La creazione di valore non è più solo un tema di profitti, che restano evidentemente importantissimi, ma si concretizza sempre più nella capacità di esprimere una reattività a eventi esterni, di gestire e minimizzare i rischi, di proteggere il valore aziendale in relazione alle variabili del mercato. In questo scenario – prosegue – il ruolo del CFO è ancora più strategico, per la sua capacità di portare una visione trasversale degli asset e dei processi aziendali unitamente a una capacità di controllo e interpretazione delle variabili esterne”.
In questa lettura non può non inserirsi lo stimolo al “cambio di paradigma” che sta accompagnando la diffusione dei valori legati alla sostenibilità. “Si tratta di temi di cui si parla tantissimo oggi – osserva -, ma che sono realmente importanti nel momento in cui si concretizzano in dati, ovvero nel momento in cui sono misurabili e rendicontabili. E non solo perché questo approccio permette di allontanare i rischi di greenwashing, ma perché il loro impatto genera un impatto economico che può essere positivo o negativo”.
Il bilancio di sostenibilità e in generale la rendicontazione non finanziaria stanno mettendo le imprese nella condizione di rappresentare in modo “ufficiale” la loro reale competitività nella quale rientra anche la capacità di gestire il proprio impatto ambientale e sociale. “Il CFO – prosegue nella sua analisi – è nella condizione di considerare che i temi ESG hanno la caratteristica di avere una prospettiva di lungo termine in un contesto che impone di effettuare scelte che si concretizzano in investimenti nel breve termine”. Il bilancio classico include i dati finanziari, mentre la dichiarazione non finanziaria esprime una esposizione ai rischi e la capacità di generare nuovo valore rispondendo ai trend di mercato che chiedono sostenibilità.
Ed è qui che si innesta il “cambio di paradigma” che arriva dal digitale, ovvero nella capacità di trasformare in conoscenza il potenziale legato alla straordinaria quantità di dati presenti in azienda. “Si deve affrontare un tema che è prima di tutto legato alle competenze – tiene a precisare Dardi -, che si esprime già nel coinvolgimento del CFO nelle fasi legate all’analisi di materialità e che trova poi consistenza in un ruolo che vede il Chief Financial Officer in qualità di collettore di dati economico finanziari da mettere in relazione con i dati relativi alla sostenibilità”. Una centralità che aumenta il peso delle responsabilità, perché se è vero che la sostenibilità è una “strada obbligata” che genera indiscutibilmente nuovo valore, “è però anche vero – aggiunge – che rappresenta un investimento che va rigorosamente monitorato in termini di costi-benefici e di capacità di rappresentare adeguatamente sul mercato questi benefici come nuovo valore”.
Il rapporto tra credito, utili, prospettive di sviluppo
Due temi in particolare stanno oggi influenzando questo scenario: la dichiarazione non finanziaria e il bilancio di sostenibilità certificato, che agevolano l’accesso al credito e aumentano la credibilità verso tutti quei clienti che chiedono o hanno bisogno di acquistare prodotti o servizi “sustainability-compliant“.
Ma per certificare la sostenibilità servono dati e strumenti per interpretarli.
“Il valore di una azienda, la sua competitività – ricorda Dardi – sta nella capacità di fare utili “sostenibili” e di dimostrarli nel rispetto degli standard. E nel momento in cui si passa al “come fare” entrano in gioco i dati e qui “conta sia la quantità di dati disponibili – che spesso non è un problema – sia la loro qualità, sulla quale spesso c’è tanto da lavorare”. Al CFO si chiede di contribuire a trasformare il patrimonio di dati aziendale in un patrimonio di conoscenza e per questo occorre un grande lavoro di clusterizzazione, di modellizzazione, di interpretazione. “Tutte attività – aggiunge – che “portano risultati” nel momento in cui si unisce la “potenza del digitale” con la competenza di dominio dei CFO”.
Negli obiettivi e nelle competenze da sfruttare per questa evoluzione entra il gioco anche il concetto di lungimiranza. “I CFO svolgono un ruolo che attiene sia al monitoraggio degli asset che determinano il valore aziendale, sia nella interpretazione della loro evoluzione in funzione delle variabili di mercato. Il primo livello di questo percorso è abilitato dalla capacità di lavorare in modo innovativo sui dati e questo è oggi possibile grazie a una maggiore accessibilità di soluzioni di Intelligenza Artificiale. “Ma il vero architrave sul quale si costruisce la capacità delle aziende di creare nuovo valore – spiega Dardi – è rappresentato da due pillar oggi strategici: la qualità dei dati da una parte e la qualità dei modelli di interpretazione”. L’Intelligenza Artificiale, grazie al ruolo del CFO, può fare la differenza nel momento in cui si assicura una buona qualità dei dati in ingresso e nel momento in cui le logiche di elaborazione e di interpretazione sono correttamente modellate sulle variabili e sulle regole che rappresentano il modello di business dell’azienda. “L’Intelligenza Artificiale non è una “bacchetta magica” che trasforma i dati – osserva -; se quelli che entrano sono di “cattiva qualità”, non escono poi di per sé migliorati”. Una regola questa che vale in modo particolare nel momento in cui si entra in un ambito come quello dell’ESG dove anche i temi della standardizzazione dei dati stessi hanno ancora tanta strada da fare e dove l’attenzione alla scelta delle tipologie di dati e alla loro qualità incide in modo fondamentale sul risultato finale. “In questo caso poi – precisa Dardi – dobbiamo aumentare il livello di attenzione in assoluto anche verso la numerosità di variabili che caratterizzano l’ESG e verso la loro corretta interpretazione (e modellizzazione) tra dati endogeni e dati esogeni”. Si pensi all’impatto che hanno oggi i dati metereologici su un gran numero di industrie, a quanto sia importante che i dati in ingresso siano affidabili e quanto sia altrettanto importante che i modelli che devono generare supporto alle decisioni tengano conto in modo preciso delle specifiche logiche economico finanziarie di quel settore.
Abbinamento di competenze indispensabile: CFO e AI
“E anche qui – sottolinea Dardi – la sfida si affronta e si vince solo grazie all’abbinamento tra la competenza del CFO e la disponibilità di strumenti digitali adeguati”. Dardi richiama un tema di strettissima attualità rappresentato dal mondo dell’energia e sottolinea come la precisione nell’analisi di tutti fattori che concorrono a determinare – ad esempio- la capacità produttiva delle rinnovabili sia da mettere in strettissima e diretta relazione con i fattori che concorrono invece a determinare i consumi. Con questo presidio si determina un fattore chiave per la gestione finanziaria e per la creazione di valore.
E si arriva all’altro grande aspetto della relazione tra CFO e Intelligenza Artificiale: “Non basta più preparare e attuare un passaggio da una gestione reattiva a una gestione proattiva: la numerosità di variabili (e di rischi) che caratterizzano la maggior parte dei mercati si deve affrontare – sottolinea Dardi – mettendo a disposizione dell’azienda la capacità di realizzare e presidiare budget completi di diversi scenari economico-finanziari e patrimoniali. Perché non può mancare la consapevolezza che tutti i budget, in funzione ovviamente dell’esposizione specifica di ogni settore, saranno influenzati da variabili importanti legate ai cambiamenti climatici, alle crisi geopolitiche, alle trasformazioni sociali“.
E non si tratta “solo” di presidiare e controllare meglio tutti i possibili rischi, disponendo degli strumenti necessari per contenerli e per minimizzarne gli effetti, ma si tratta di sfruttare questa capacità previsionale per individuare situazioni favorevoli allo sviluppo di nuove condizioni di business. Una visione del rapporto tra risk management e gestione finanziaria in chiave predittiva. Per permettere a questi scenari di avverarsi, Dardi richiama anche alcuni aspetti più culturali, come la necessità di superare quegli stereotipi che più di ogni altra cosa frenano l’innovazione, come accade nel caso di quelle decisioni che si assumono partendo dal presupposto che “si è sempre fatto così“. “Il mondo corre veloce – conclude -, e non solo è necessario prendere le decisioni giuste a prescindere da “come si è fatto in passato“, ma occorre orchestrare al meglio tutte le risorse, a partire dalle risorse umane. Minimizzare le attività a minor valore aggiunto, elevare le competenze, ridefinire, sulla base di modelli alimentati dai dati, nuovi processi decisionali allineati a mercati che cambiano, è un altro ambito nel quale il CFO, grazie al digitale, può fare una differenza che si traduce in nuove forme di sviluppo del business”.