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Transizione green, Ficei: “Centrale il ruolo delle aree di sviluppo industriale”



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Il presidente della Federazione italiana Consorzi ed Enti di Industrializzazione, Antonio Visconti: “Un’azienda che riesce, nell’ambito di un distretto produttivo, ad affrancarsi dalle fonti fossili e che si rende autonoma e indipendente, diventa più forte e competitiva”

Pubblicato il 18 mar 2024



FICEI

Le comunità energetiche possono essere una grande opportunità – in ottica di transizione ambientale ed energetica per le aree industriali, per le imprese e per la transizione ambientale ed energetica dell’intero Paese, per arrivare al traguardo del 2050 recuperando il gap accumulato finora. E’ questa una delle conclusioni a cui si è giunti al termine del “Forum Nazionale Sostenibilità e Sviluppo Aree Industriali”, organizzato dalla Federazione Italiana Consorzi ed Enti di Industrializzazione il 12 e 13 marzo a Roma.

Il ruolo delle Aree di Sviluppo Industriale

“Le Asi – spiega Antonio Visconti, presidente di Ficei – hanno cercato di interpretare al meglio le sfide di questi tempi che vedono le aziende, le imprese private, il mondo della produzione, della conoscenza, a un passaggio storico. Si è passati dal paradigma della produttività a quello della sostenibilità e dell’accettabilità. Però l’impresa da sola non ce la può fare. Ha bisogno delle istituzioni”.

“Le aziende – continua Visconti – possono introdurre i parametri Esg e cercare di realizzare al meglio il proprio approccio rispetto l’ambiente, alle relazioni sociali, sindacali, in un’ottica di governance completa ma ha bisogno delle istituzioni che accompagnino quei processi. C’è bisogno di valorizzare i progetti di simbiosi industriale per creare quell’ambiente ideale affinché le imprese possano in concreto attuare l’economia circolare”.

Le opportunità delle transizioni per la società

“Tutte queste transizioni in atto sono una grande opportunità per la società – sottolinea Visconti – Dobbiamo cogliere l’opportunità di produzione per le imprese. Attuare la transizione energetica significa riconvertire i processi industriali, creare produzione e sviluppo. Necessarie e fondamentali opportunità per un paese come l’Italia, che è vero che non è tanto avanti, ma che ha saputo fare della povertà di materie prime un’opportunità”.

Le comunità energetiche

Il tema delle comunità energetiche la sintesi di queste opportunità – argomenta il presidente di Ficei – Un’azienda che riesce, nell’ambito di un distretto produttivo, ad affrancarsi dalle fonti fossili e che si rende autonoma e indipendente, diventa più forte e competitiva sui mercati, valorizzando i fenomeni produttivi e diventando al contempo generatori di energia equilibrando l’assorbimento e i consumi. Ma le istituzioni, il governo, le aree industriali, devono lavorare accanto alle imprese e supportarle”.

“Bisognerebbe dire che i consorzi hanno un ruolo ben preciso, quello di coniugare la parte produttiva al territorio, all’ambiente – spiega Daniele Gerolin, vicepresidente Ficei – Se non lo facciamo noi l’impresa può inventarselo. Ma bisogna capire anche, perché le imprese dovrebbero fare determinate cose, perché deve rispettare l’ambiente e cosa gli viene in tasca. Quindi è una cultura che bisogna creare e i consorzi lo devono fare”

Una visione a lungo termine

“È evidente che ora dobbiamo avere una visione a lungo termine. Dobbiamo coniugare la sostenibilità ambientale con il rispetto degli accordi internazionali che abbiamo stretto come quello sulle emissioni 0 entro il 2050 ma abbiamo anche un’economia da tenere in piedi – spiega Vannia Gava, viceministro all’Ambiente e della Sicurezza Energetica – Ci dobbiamo affidare alla tecnologia perché abbiamo necessità di tutte le innovazioni per poterle mettere a terra. Dobbiamo accompagnare questo percorso verso la transizione ecologica semplificando. Molto è stato fatto ma dobbiamo fare ancora. E non solo mettere incentivi perché se metto i soldi in un cassetto e non do le chiavi e gli strumenti per aprirlo, è evidente che non faccio nulla. Possiamo attrarre gli investimenti dall’estero ma dobbiamo semplificare e ridurre i tempi per le autorizzazioni”.

La sfida della politica industriale

L’obiettivo del governo è tornare ad avere una politica industriale. La transizione ecologica resta il punto nevralgico anche se dev’essere compatibile con una logica di crescita industriale”, spiega Gianluca Cantalamessa, senatore della Lega e componente della commissione Industria, Commercio, Turismo, Agricoltura e Produzione Agroalimentare.

“Il percorso verso la transizione energetica è obbligato” sostiene l’onorevole Piero De Luca, deputato Pd, membro della Commissione parlamentare Politiche dell’Unione europea. “Dobbiamo comprendere gli strumenti da mettere al servizio di questa rivoluzione. Siamo pronti a fare la nostra parte per aiutare il Governo sul tema della transizione energetica ed ecologica. Le comunità energetiche, come dimostra il caso di Buccino, sono una grande opportunità”.

“Dobbiamo guidare la transizione energetica finanziando le imprese che operano nella filiera al servizio delle comunità energetiche – afferma Michele Gubitosa, vicepresidente del Movimento 5 Stelle – Il cambiamento è in atto. Mi sembra di rivivere il passaggio dalla carta al digitale. L’autonomia energetica è fondamentale”.

La necessità di politiche pubbliche mirate

“Il business in chiave 5.0 mette l’uomo al centro e chiarisce che quello sulle persone è oggi un investimento – spiega Vito Grassi, vicepresidente di Confindustria – A ciò bisogna aggiungere una buona governance nella sostenibilità che significa anzitutto un’organizzazione aziendale per accompagnare l’evoluzione dei processi produttivi. Tutto questo si traduce in investimenti per le imprese, ma senza politiche pubbliche che li supportino e che siano guidate dal criterio della neutralità tecnologica rischiano di trasformarsi in un costo insostenibile che fa perdere al Paese quote di competitività”.

“Negli ultimi anni con il green deal abbiamo assistito a una politica comunitaria che ha affrontato gli obiettivi ambientali da una prospettiva ideologica, trascurando i rischi per il settore industriale di esporsi alla concorrenza internazionale e senza comprendere a fondo che lo sviluppo e l’innovazione industriale sono il punto centrale per raggiungere tutti gli obiettivi di sostenibilità – aggiunge – Occorre adeguare i tempi alla transizione green, ai tempi di trasformazione industriale per evitare il rischio di deindustrializzazione in Europa e assicurare la sostenibilità economica e sociale”.

Coniugare industria e sostenibilità

“La sfida delle sfide – afferma Lorenzo Tagliavanti, presidente della Camera di Commercio di Roma – è coniugare l’attività industriale alla sostenibilità ambientale. Ed è bene che anche il tessuto imprenditoriale si faccia carico di questa sfida perché al suo interno ha le maggiori capacità di innovazione. E quindi è in questo settore che bisogna attingere per mettere insieme cose che altrimenti sarebbero difficili”.

Secondo Andrea Prete, presidente di Unioncamere, “Il ruolo delle camere di commercio italiane è fondamentale perché abbiamo il doppio obiettivo di favorire gli investimenti ma anche la transizione digitale e ambientale. Le Camere di Commercio sono impegnate a spingere la creazione delle comunità energetiche. L’Italia è sempre stato un grande paese importatore d’energia e un paese fortemente dipendente dall’estero. L’indipendenza deve essere un obiettivo e non escludo il ritorno al nucleare visto che le tecnologie si evolvono e una riflessione bisognerà farla. Ma bisognerà anche investire nelle rinnovabili e le comunità energetiche potrebbero essere la strada giusta”.

Fare chiarezza sulle zone economiche speciali

“Occorre fare chiarezza. Per le Zone economiche speciali, nel mondo, è fondamentale disporre di un’area esente dalle dogane in entrata e in uscita: difficile che ciò possa valere in tutto il Mezzogiorno. Il Sud diventerebbe un soggetto terzo con regole totalmente diverse da quelle europee – argomenta Adriano Giannola, presidente di Svimez – Quanto alla decontribuzione al 30% prevista per la Zes unica, ricordo che fino al primo governo Berlusconi il Sud godeva di una fiscalizzazione integrale o quasi degli oneri sociali e l’Ue ci impose di cancellarla; su questo fronte oggi abbiamo un regime transitorio del 30% sottoposto a periodici rinnovi. Quanto alla sua efficacia, i risultati della decontribuzione, non sono stati – allora ed ora – particolarmente significativi per l’occupazione e i salari sono oggi bassissimi. Chiamare Zes un’area indistinta a fiscalità differenziata è altra cosa da ciò che nel mondo si intende per Zone Economiche Speciali: aree a ridosso di porti, attrezzate con retroporti, interporti. Puntare sulla fiscalità di vantaggio per tutto il Mezzogiorno espone al rischio di far rivivere lo spirito della vecchia politica assistenzialista”.

L’adesione di Ficei all’Osservatorio Esg Ability Ermes della Sapienza

In occasione del Forum Nazionale è stata anche ufficializzata l’adesione di Ficei all’osservatorio Esg dell’università Sapienza: “Siamo felici di questa adesione – conclude Salvatore De Falco, presidente dell’Osservatorio Esg Ability Ermes Sapienza – Si tratta di un progetto ambizioso che si inserisce in quadro evolutivo contraddittorio. L’Europa sta portando avanti il progetto sulla sostenibilità e sugli Esg, mentre l’America si comporta in modo strano, con una contestazione dei parametri Esg e la premiazione di una logica dei profitti a breve termine. Dobbiamo investire nella cultura dei nostri futuri manager. Avvieremo un’attività molto intensa rivolta agli studenti, perché crediamo in un rilancio culturale che possa portare a un Paese non senza profitti ma con profitti sostenibili”.

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