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Rimozione del carbonio: accordo UE su un framework di certificazione



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Consiglio e Parlamento Europeo hanno raggiunto un accordo per istituire il primo quadro di certificazione a livello UE per il carbon removal, per il carbon farming e per lo stoccaggio del carbonio nei prodotti

Aggiornato il 12 apr 2024

Mauro Bellini

Direttore Responsabile ESG360.it, EnergyUP.Tech e Agrifood.Tech



Rimozione del carbonio: accordo UE per uno schema di certificazione

Accordo del Consiglio e Parlamento Europeo sulla rimozione del carbonio

Consiglio d’Europa e Parlamento Europeo hanno trovato un accordo politico provvisorio per la creazione di un quadro di certificazione di riferimento per la rimozione del carbonio in area UE. Si tratta di una intesa nata per dare vita a un primo framework per il carbon removal, per il carbon farming e in generale, per la riduzione delle emissioni dal suolo di alta qualità nell’UE.

Una volta entrato in vigore, il regolamento rappresenterà un nuovo passo in avanti per contribuire all’obiettivo dell’UE di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, come stabilito nella Legge europea sul clima.

Si tratta, al momento, di un accordo provvisorio che resta in attesa dell’adozione formale da parte di entrambe le istituzioni. Il regolamento sul quale è stata raggiunta l’intesa includerà una definizione chiara delle eliminazioni di carbonio, in linea con il Gruppo Intergovernativo sul Cambiamento Climatico (IPCC) delle Nazioni Unite e che coprirà solo le eliminazioni atmosferiche o biogeniche di carbonio.

Update sull’approvazione della legge

Il testo frutto di questo accordo UE raggiunto nelle prime settimane del 2024 è stato approvato dal Parlamento Europeo mercoledì 10 aprile e permetterà la creazione di un nuovo schema di certificazione europeo per la rimozione del carbonio.

Rimozione del carbonio: le quattro tipologie oggetto dell’intesa (provvisoria)

Le attività di eliminazione del carbonio e di riduzione delle emissioni, interessate da questo accordo, sono suddivise in quattro tipologie:

  1. Rimozione permanente del carbonio (immagazzinamento del carbonio atmosferico o biogenico per diversi secoli)
  2. Immagazzinamento temporaneo del carbonio in prodotti durevoli (come i prodotti da costruzione basati su legno) di una durata di almeno 35 anni e che può essere monitorato in loco durante l’intero periodo di monitoraggio
  3. Immagazzinamento temporaneo del carbonio derivante da carbon farming (ad esempio, il ripristino di foreste e suoli, la gestione delle zone umide, i prati di alghe marine)
  4. Riduzione delle emissioni dal suolo (derivante da carbon farming) che include riduzioni di carbonio e ossido di azoto dalla gestione del suolo, e la cui attività deve nel complesso ridurre le emissioni di carbonio dai suoli o aumentare le rimozioni di carbonio nella materia biologica (esempi di attività sono la gestione delle zone umide, la pratica dell’aratura zero e delle colture di copertura, l’uso ridotto di fertilizzanti combinato con pratiche di gestione del suolo, ecc.)

Il requisito di cinque anni per certificare la rimozione del carbonio grazie alla riduzione delle emissioni dal suolo

In questo scenario prende forma una estensione nell’ambito del regolamento delle riduzioni delle emissioni dal suolo. Lo stoccaggio temporaneo del carbonio derivante dal carbon farming e dalle attività di riduzione delle emissioni dal suolo devono però durare almeno cinque anni per essere certificati e non devono essere frutto dell’acquisizione di terreni a scopi speculativi che influiscono negativamente sulle comunità rurali.

Entro il 2026, la Commissione ha l’incarico di produrre un rapporto sulla fattibilità della certificazione delle attività che comportano la riduzione delle emissioni diverse da quelle legate ai suoli (carbon e nitrous oxide). Il rapporto si baserà su una metodologia pilota di certificazione per le attività che riducono le emissioni agricole derivanti dalla fermentazione enterica e dalla gestione del letame.

Non sono comprese nel regolamento le attività che non non sono finalizzate direttamente all’eliminazione di carbonio o alla eliminazione delle emissioni dal suolo, anche se permettono di ottenere questo risultato grazie ad esempio alla riduzione della deforestazione o ai progetti di energia rinnovabile.

I criteri per la certificazione della rimozione del carbonio

Per quanto attiene ai criteri da utilizzare per poter procedere con la certificazione relativa alla rimozione del carbonio, il framework indica quattro linee guida fondamentali:

  1. la quantificazione
  2. l’addizionalità
  3. lo stoccaggio a lungo termine
  4. la sostenibilità

La Commissione, con il supporto di esperti, avrà il compito di fissare le metodologie di certificazione che dovranno essere utilizzate per procedere con la certificazione delle diverse forme di rimozione del carbonio allo scopo di garantire delle metriche di valutazione e misurazione comuni e la possibilità di valutare nel tempo gli effetti dei progetti e delle azioni di carbon removal.

La natura volontaria della certificazione per la rimozione del carbonio

La certificazione della rimozione di carbonio resta un processo di natura volontaria. Metodo, metriche e definizioni rappresentano il quadro di riferimento indispensabile per favorire uno sviluppo su vasta scala e con la possibilità di disporre di dati e di analisi adeguate. Per quanto riguarda nello specifico il carbon farming, l’accordo prevede una serie di indicazioni sugli obiettivi di sostenibilità e soprattutto prevede che un’attività di carbon farming debba sempre e comunque generare almeno un beneficio collaterale per la biodiversità (come ad esempio sullo stato di salute del suolo).

Per le attività di rimozione del carbonio associate all’agricoltura, l’accordo provvisorio offre agli Stati membri la possibilità di fornire consulenza agli agricoltori sulla procedura di domanda e consente sinergie tra il sistema di identificazione delle parcelle agricole della Politica Agricola Comune e le informazioni generate dal processo di certificazione in questo quadro.

In termini di “misurabilità” il framework proposto prevede la “generazione” di unità corrispondenti a una tonnellata metrica equivalente CO2 di beneficio netto certificato generato da una delle attività di eliminazione del carbonio o dalla riduzione delle emissioni dal suolo. Le unità certificate possono essere utilizzate solo per gli obiettivi climatici dell’UE e il contributo determinato a livello nazionale (NDC) e non dovranno contribuire ai NDC dei paesi terzi e agli schemi di conformità internazionali.

Il percorso “politico” della rimozione del carbonio

Per quanto attiene invece al controllo, il regolamento distingue innanzitutto tra il periodo di attività e il periodo di monitoraggio e ha chiarito che gli operatori saranno responsabili di eventuali casi di inversione, ovvero di rilascio di CO2 nell’atmosfera. L’accordo prevede inoltre l’istituzione di un registro elettronico comune e trasparente a livello dell’UE entro quattro anni dall’entrata in vigore del regolamento allo scopo di rendere pubbliche e accessibili le informazioni sulla certificazione e le unità, compresi i certificati di conformità e i riassunti degli audit di certificazione.

Come next step l’accordo – per il momento provvisorio – dovrà essere approvato dai rappresentanti degli Stati membri nel Consiglio e dalla Commissione per l’ambiente del Parlamento europeo. Una volta approvato, il testo dovrà poi essere formalmente adottato da entrambe le istituzioni.

Un po’ di storia sulla rimozione del carbonio

UE, rimozione del carbonio: un contributo fondamentale per la carbon neutrality

Con la Legge europea sul clima, l’UE ha fissato l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro la metà del secolo. Ma anche se le emissioni possono essere ridotte avvicinandosi allo zero, ci saranno sempre emissioni residue derivanti dall’agricoltura o da processi industriali ad alta intensità energetica (come cemento, ferro e acciaio, alluminio, cellulosa e carta, e raffinerie) che non possono essere completamente ridotte.

Questo è il motivo per cui le emissioni di carbonio rimanenti devono essere bilanciate da altrettanti assorbimenti di carbonio. Le pratiche che attengono alla cattura, all’uso e allo stoccaggio del carbonio (CCUS) possono fornire un contributo fondamentale sia per gestire oggi le emissioni di questi settori sia, in futuro – quando occorreranno emissioni negative – per stabilizzare l’aumento della temperatura mondiale.

Inoltre, concedono una seconda vita utile alla CO2 sequestrata dai processi industriali ed energetici, riutilizzandola nella fabbricazione di prodotti di valore: dai materiali edili ai combustibili passando per nuovi polimeri plastici e composti chimici di pregio. Processi che, imitando il ciclo naturale del carbonio, riescono non solo a “chiudere il cerchio”, ma offrono anche un vantaggio economico.

La Commissione europea ha iniziato a spianare la strada alla legislazione in materia, con la pubblicazione di una comunicazione sui Cicli sostenibili del carbonio a dicembre 2021 che delinea la rotta europea indirizzata a potenziare sia le soluzioni basate sulla natura che quelle industriali al fine di catturare, immagazzinare e riciclare il carbonio in modo sostenibile.

Il perno delle nature-based solutions per la rimozione della CO2 è il carbon farming, che prevede l’implementazione di schemi di remunerazione per le pratiche di sequestro di carbonio nel suolo. L’idea è di potenziare il mercato volontario dei carbon offset, aggiungendo qualche paletto. Il capitolo delle soluzioni industriali fa invece perno su due pilastri. Da un lato la cattura diretta della CO2 dall’aria per cui Bruxelles vuole arrivare a rimuovere dall’atmosfera e stoccare in modo permanente 5 milioni di tonnellate di CO2 l’anno entro il 2030; dall’altro trasformare la CO2 da rifiuto a risorsa e usarla come materia prima per la produzione di prodotti chimici, plastiche o combustibili. Entro il 2030, almeno il 20% del carbonio impiegato nell’industria chimica e plastica dovrebbe provenire da fonti non fossili.

Il prossimo passo nello sforzo dell’Europa di mettere in atto una politica di rimozione del carbonio è una proposta per un sistema di certificazione degli assorbimenti basato su norme solide e trasparenti in materia di contabilizzazione del carbonio per monitorare e verificarne l’autenticità e l’integrità ambientale.

Trasformare la CO2 prodotta dalle attività umane, da problema climatico a risorsa per lo sviluppo sostenibile

Una volta che il carbonio viene catturato direttamente dall’atmosfera (Direct Air Capture, DAC) o dalla combustione o fermentazione del carbonio biogenico (Bio-energy with carbon capture), può essere immagazzinato permanentemente sottoterra (CCS – Carbon Capture and Storage/Sequestration) o riciclato per la produzione di materiali sintetici come biocombustibili, prodotti chimici e materiali da costruzione, (CCU – Carbon Capture and Utilization).

Per raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette entro il 2050, la Commissione stima che le emissioni di gas a effetto serra dell’UE dovrebbero diminuire dell’85-95% rispetto al 1990. Secondo il documento della Commissione sui cicli sostenibili del carbonio, equivarrebbero a diverse centinaia di milioni di tonnellate di CO2 rimosse dall’atmosfera ogni anno.

A medio termine, la rimozione del carbonio sarebbe ottenuta attraverso “il miglioramento del pozzo naturale“, ad esempio con iniziative di rimboschimento e riforestazione, carbon farming, ripristino delle torbiere e prodotti a base biologica di lunga durata come il legno utilizzato nell’edilizia. A lungo termine, invece, le rimozioni basate sulla natura dovranno essere supportate dalla diffusione di soluzioni industriali in grado di catturare e immagazzinare CO2 in modo permanente.

Ci sono già alcuni esempi di soluzioni tecnologiche, quelle che la Commissione chiama “soluzioni industriali”. L’anno scorso in Islanda, una start-up svizzera chiamata Climeworks AG ha aperto il più grande impianto al mondo che aspira l’anidride carbonica direttamente dall’aria. Nel frattempo, la Norvegia ha avviato un progetto pilota per cattura e stoccaggio del carbonio su larga scala montato su un impianto di termovalorizzazione. Tuttavia, questi progetti sono esigui rispetto alla capacità di cui il mondo avrà bisogno.

I dubbi irrisolti e le sfide che riguardano la rimozione delle emissioni di CO2

Non è ancora chiaro quale equilibrio sarà raggiunto tra le rimozioni nette raggiunte da soluzioni basate sulla natura e da soluzioni basate sulla tecnologia. Come non è ancora chiaro quante emissioni rimarranno dopo il 2050 e da quali settori proverranno. L’ipotesi per ora è che il settore agricolo e parti dell’industria continueranno a contribuire a tali emissioni residue. Poi, sebbene i componenti di CCS e CCU siano tutti noti e distribuiti su scala commerciale, i sistemi integrati sono nuovi. La componente di acquisizione, in particolare, è una parte costosa del processo.

I progetti CCS su larga scala sono attualmente operativi in tutto il mondo. Tuttavia, anche alcuni progetti in fase di pianificazione sono stati annullati perché rallentati dalla mancanza di un solido business case, da un’implementazione lunga e complessa e dalla mancanza di accettazione e sostegno pubblico.

La maggior parte delle nuove tecnologie CCU non sono ancora commercializzate. È noto che l’espansione su larga scala delle tecnologie CCU richiederà grandi volumi di energia rinnovabile e idrogeno a basse emissioni di carbonio a prezzi competitivi. Pertanto, questi sviluppi dovranno andare di pari passo per raccogliere la promessa ambientale ed economica delle tecnologie CCU.

Nonostante tutti gli sforzi e i progressi della ricerca, tutte queste tecnologie sono ancora abbastanza acerbe, il che se da una parte comporta il fatto che ci siano ancora ampi margini di miglioramento, dall’altra implica che probabilmente i tempi perché siano realmente operative ed efficienti potrebbero non essere brevi. E molti esperti sono anche preoccupati del fatto che, nel momento in cui questi sistemi saranno tecnologicamente ed economicamente sostenibili, i governi potrebbero interrompere gli sforzi per ridurre le emissioni.

Come finanziare tali progetti di rimozione del carbonio, è un’altra domanda a cui si sta iniziando a rispondere. Per quanto riguarda le soluzioni tecniche, la Commissione europea considera il Fondo per l’innovazione aggiunto al mercato del carbonio dell’UE come la principale fonte di finanziamento.

Per le rimozioni basate sulla natura, i finanziamenti dovrebbero arrivare dalla nuova politica agricola comune, dai fondi LIFE, dai canali INTERREG della politica europea di coesione, e da aiuti statali per incentivare i proprietari terrieri a immagazzinare carbonio. Parallelamente, si avanza anche la possibilità di utilizzare i proventi del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE per incentivare il sequestro del carbonio.

I mercati sono un’altra potenziale fonte di entrate e stanno già iniziando a spuntare. La Svezia, ad esempio, sta pianificando un’asta inversa di due milioni di tonnellate di emissioni negative e la Rabobank olandese ha creato uno dei numerosi mercati volontari per l’assorbimento del carbonio.

L’Europa mira a potenziare e scalare le infrastrutture per la rimozione permanente del carbonio

Entro il 2030, l’esecutivo dell’UE ha fissato un obiettivo ambizioso riguardante la rimozione di 5 milioni di tonnellate di CO2 dall’atmosfera, tramite soluzioni basate sulla tecnologia. Un traguardo esiguo rispetto alle 310 milioni di tonnellate di carbonio che la Commissione europea intende catturare con soluzioni basate sulla natura entro il 2030, ma con cui l’esecutivo dell’UE vuole lanciare un segnale al mercato sull’interesse a rimuovere il carbonio anche grazie alla tecnologia. Per consentire questo aumento, l’UE deve introdurre norme per quantificare gli assorbimenti di carbonio. Tuttavia, mentre i responsabili politici hanno lavorato a lungo sulla riduzione delle emissioni, c’è stato molto meno impegno sugli assorbimenti.

Aumentare la quantità di carbonio catturato con soluzioni tecnologiche presuppone anche la disponibilità di adeguate infrastrutture per il trasporto e lo stoccaggio permanente di CO2 nel sottosuolo e per riciclare il carbonio in nuovi prodotti. Mentre le soluzioni basate sulla natura richiedono pochissime infrastrutture aggiuntive, le soluzioni tecnologiche richiedono che la CO2 venga trasportata tramite condotte, acqua, ferrovia o strada da dove viene catturata a dove può essere utilizzata o immagazzinata in modo permanente. E, al momento, sono pochissime le infrastrutture progettate per trasportare CO2 verso siti di rimozione permanenti o processi di riciclaggio.

In realtà, intorno al Mare del Nord, sono in corso già diversi progetti di rimozione del carbonio, tra cui uno nel porto di Anversa, dove il carbonio viene catturato e immagazzinato sottoterra utilizzando il progetto norvegese Northern Lights, un progetto di trasporto e stoccaggio geologico di CO2 da siti industriali collocati nella regione del fiordo di Oslo tra cui anche cementifici e termovalorizzatori ad un terminale onshore sulla costa occidentale norvegese in un serbatoio a 2.600 metri sotto il fondo del mare.

Altri progetti includono la cattura, l’utilizzo e lo stoccaggio del carbonio in una fabbrica di cemento in Francia e un sistema di teleriscaldamento a biomassa a Stoccolma che mira a utilizzare la cattura e lo stoccaggio del carbonio per raggiungere emissioni negative. ’inizio della progettazione di un enorme impianto per la rimozione dell’anidride carbonica che dovrebbe sorgere sulla costa scozzese, e che, a regime, dovrebbe riuscire a rimuovere dall’atmosfera fino a un milione di tonnellate di anidride carbonica ogni anno, l’equivalente di circa 40 milioni di alberi.

Per avere un mercato liquido e ben funzionante, abbiamo bisogno di un numero sufficiente di partecipanti al mercato, sia per fornire la CO2, sia per catturarla, che per trasportarla e stoccarla. Ci sono ancora accordi che devono essere messi in atto per un tale mercato. Ad esempio, i paesi dell’UE dovranno consentire la spedizione di CO2 tra paesi. Gli impianti di stoccaggio, nel frattempo, avranno bisogno di politiche di non discriminazione per consentire al carbonio di provenire da diversi paesi.

Carbon farming: premiare agricoltori e silvicoltori per la rimozione del carbonio

Le foreste, i terreni coltivati e i pascoli costituiscono poco meno della metà del territorio europeo e hanno un enorme potenziale per la cattura e lo stoccaggio del carbonio. Tuttavia, le pratiche di utilizzo del suolo come la lavorazione intensiva, insieme ad altri fattori come il cambiamento climatico, li rendono “non all’altezza” di questo potenziale. Entro il 2030, la Commissione europea vuole che gli spazi naturali, come le foreste e il suolo, catturino 310 milioni di tonnellate di CO2.

Per raggiungere questo obiettivo, i proprietari terrieri devono essere inclusi nella spinta per ripristinare la natura e incentivati a gestirla in modo sostenibile, realizzando al contempo un profitto. Agricoltori e silvicoltori devono quindi essere stimolati a prendere parte al “carbon farming” che, tramite misure come la rotazione delle colture e la riforestazione, contribuisce ad aumentare la quantità di anidride carbonica catturata.

Pratiche più sostenibili andranno a beneficio degli agricoltori e dei silvicoltori migliorando la qualità della loro terra che genererà anche un aumento di fatturato. L’agricoltura del carbonio può essere una situazione ‘win-win-win per il clima, per la qualità dei suoli e per la comunità agricola, con una migliore produttività e una fonte di reddito aggiuntiva, purché i piani strategici nazionali siano in linea. I giusti incentivi sono anche fondamentali per riconoscere e premiare gli sforzi degli agricoltori nell’attuazione di pratiche più rispettose del clima.

Il carbon farming non è solo una soluzione nella battaglia contro il cambiamento climatico. È anche un modo per garantire che il nostro sistema alimentare diventi più robusto. Entro i prossimi due decenni, si stima infatti che la domanda globale di cibo raddoppierà. Ciò significa che l’agricoltura dovrà diventare due volte più produttiva, dimezzando allo stesso tempo il suo impatto ambientale. Il reddito generato dall’agricoltura del carbonio può contribuire a finanziare questa transizione. L’obiettivo finale è rendere la produzione alimentare più sostenibile e aumentare la sicurezza dell’approvvigionamento alimentare.

I mercati basati sull’agricoltura del carbonio stanno già spuntando. Ad esempio, la Rabo Carbon Bank, gestita dalla Rabobank olandese, si descrive come uno sportello unico per gli agricoltori per sbloccare il potenziale di cattura del carbonio del loro suolo. La banca facilita la generazione, il monitoraggio e la verifica dei crediti di carbonio, che le aziende possono acquistare. Incentiva inoltre le pratiche sostenibili e la riduzione delle emissioni da parte degli agricoltori.

Tuttavia, i due flussi di entrate – crediti di carbonio e incentivi per la riduzione delle emissioni – non producono entrate extra sufficienti per la maggior parte degli agricoltori per effettuare la transizione verso metodi di agricoltura sostenibili. Una serie più ampia di ricompense deve quindi essere messa in atto.

E mentre ci dovrebbe essere un focus sulla creazione di ecosistemi sani, il rewilding e il ripristino della natura, i responsabili politici devono essere cauti nel monetizzare completamente questo approccio, perché c’è il rischio che in tutta questa discussione su certificati e compensazioni e mercati volontari del carbonio si finiscano per monetizzare cose basate sulla natura senza molte basi per contare come una rimozione.

Rimozione del carbonio: le barriere del rischio “of non-permanence” e della certificazione dell’assorbimento

Mentre ci sono forti argomenti per ripristinare gli spazi naturali e incentivare la cattura del carbonio, ci sono grandi barriere ancora da superare. Come il fatto che le rimozioni di carbonio basate sulla natura non sono permanenti: una foresta, ad esempio, può essere distrutta da tempeste, parassiti o incendi, fenomeni che stanno diventando sempre più frequenti e catastrofici con i cambiamenti climatici.

Con le preoccupazioni sulla permanenza arriva anche la questione di chi si assume la responsabilità per il carbonio che viene rilasciato nell’atmosfera, la banca o l’autorità che emette il credito di carbonio o l’agricoltore. Rendere un agricoltore responsabile per lo stoccaggio del carbonio per oltre 100 anni può essere un non-starter in termini di incentivi perché l’agricoltore non sarebbe in grado di portare tale responsabilità. Al momento, la Commissione europea sta esaminando la “distribuzione ottimale di questo rischio di non permanenza” tra coloro che forniscono crediti di carbonio e coloro che lo finanziano.

Un’altra grande domanda, finora, rimasta senza risposta è come certificare gli assorbimenti di carbonio a livello dell’UE per garantire che il livello di carbonio che si afferma di aver tolto dall’atmosfera corrisponda effettivamente alla realtà. C’è un “grande appetito” per premiare la cattura del carbonio, ma ci deve essere un sistema semplice e robusto per garantire che la quantità di carbonio sequestrato sia provata in modo credibile e affidabile. È necessario sapere per quanto tempo, quante tonnellate di CO2 sono immagazzinate e quali sono anche i possibili effetti negativi, come sulla biodiversità, quindi è necessario porre delle salvaguardie.

I gruppi di agricoltori in prima linea, insistono sul requisito di semplicità del programma visto che hanno già molto a che fare quotidianamente con la burocrazia. È quindi estremamente importante che la Commissione europea renda questo progetto facilmente accessibile e applicabile agli agricoltori. Sarà un’opportunità persa se un elevato onere amministrativo rallenterà l’adozione dell’agricoltura del carbonio.

In questo sistema, il monitoraggio, la comunicazione e la verifica saranno essenziali per convalidare le rimozioni di carbonio. Esistono diversi modi per farlo: osservazione e misurazione diretta, modellazione e osservazione remota tramite satelliti. L’UE dovrà trovare il giusto equilibrio tra quelli che dipendono da costi, fattibilità e accettabilità.

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