INDUSTRIA E SOSTENIBILITA’

Remanufacturing: strumenti e modelli per una crescita sostenibile



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Un “ripensamento” completo nella gestione del ciclo di vita dei prodotti consente di generare nuovo valore sostenibile. Come integrare il Remanufacturing nei modelli di business nel rispetto delle normative e per cogliere tutti i vantaggi di questo mercato al centro dell’evento organizzato in collaborazione con Syncron

Aggiornato il 3 mag 2024



remanufacturing strumenti

Affrontare il tema del Remanufacturing vuol dire portare l’attenzione su quel processo che si pone l’obiettivo di allungare il ciclo di vita dei prodotti, permettendo di recuperare e ripristinare un prodotto usato a uno stato di funzionalità e qualità paragonabile, se non identico, a quello di un prodotto nuovo.

Si tratta di un approccio che apre a tutti gli effetti le prospettive di un nuovo mercato che risponde a una serie di requisiti sempre più importanti. A partire da quelli normativi come l’EPR o Responsabilità Estesa del Produttore che stimola e invita le imprese a controllare ed estendere la vita utile dei prodotti.

Ci sono poi motivazioni legate ai criteri ESG che premiano le aziende che adottano pratiche responsabili nella gestione delle risorse, ottenendo benefici quali la diminuzione dei rifiuti e la riduzione delle emissioni. Questo mercato si rivolge inoltre a una fetta sempre più consistente di consumatori interessati alla sostenibilità e costituisce un fattore abilitante chiave per lo sviluppo di modelli circolari.

Tutti temi che sono stati affrontati nella cornice del webinar dal titolo “Remanufacturing come motore di crescita sostenibile: strumenti e modelli per agire realizzato in collaborazione con Syncron a cui hanno partecipato Nicola Saccani, Professore Associato, Università di Brescia e Andrea Merati, Regional Pricing Consultant, Syncron con la moderazione del Direttore di ESG360 Mauro Bellini.

Lo scenario del Remanufacturing e gli strumenti per agire

Nicola Saccani ha subito portato l’attenzione sui fattori che stanno caratterizzando il Remanufacturing e sulla necessità di integrare questo fenomeno nei modelli di business in maniera matura, conforme e consapevole.

Secondo i dati che arrivano dal The global E-waste Monitor 2024 delle Nazioni Unite, la produzione mondiale di RAEE (Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche) sta crescendo cinque volte più rapidamente del riciclaggio documentato.

Nel 2022 si è registrato un quantitativo record di 62 milioni di tonnellate (Mt) di e-waste, un incremento dell’82% rispetto al 2010 quando si attestava a 34 milioni. E mantenendo il modello di utilizzo attuale, si prevede un ulteriore aumento del 32% entro il 2030 in cui le tonnellate arriveranno a 82 milioni.

Nel frattempo, meno di un quarto (22,3%) della massa totale di RAEE è stata adeguatamente raccolta e riciclata nel 2022, lasciando incustodite risorse naturali recuperabili del valore di 62 miliardi di dollari e aumentando i rischi di inquinamento per le comunità in tutto il mondo.

Infatti, i RAEE, vale a dire tutti quegli oggetti che per funzionare dipendono dalla corrente elettrica collegati alla rete oppure alimentati da pile e batterie di cui ci si vuole liberare perché non più funzionanti o obsoleti, rappresentano un pericolo per la salute e l’ambiente, a causa di additivi tossici o sostanze pericolose come il mercurio, che possono danneggiare il cervello umano e il sistema di coordinazione.

Il rapporto prevede che nonostante i miglioramenti incrementali in termini di gestione del fine vita dei prodotti ci sarà comunque una diminuzione del tasso di raccolta e riciclaggio (che passerà dal 22,3% nel 2022 al 20% entro il 2030), a causa della discrepanza tra l’impressionante crescita della generazione di e-waste a livello mondiale rispetto al tasso di crescita della capacità di gestire correttamente i rifiuti.

I limiti dell’approccio lineare “take, make, use, dispose”

Chiaramente il modello lineare su cui si appoggia la nostra economia non è sostenibile. E sono tante le sfide che contribuiscono all’ampliamento di questo divario: il progresso tecnologico, l’aumento dei consumi, le opzioni di riparazione limitate, i cicli di vita dei prodotti più brevi, la crescente elettrificazione della società, le carenze di progettazione e l’inadeguatezza delle infrastrutture di gestione dei rifiuti elettronici.

Inoltre, solo l’1% della domanda di elementi delle terre rare viene soddisfatta dal riciclaggio dei rifiuti elettronici. Il mondo dunque “rimane dipendente” da pochi paesi che estraggono o controllano la trasformazione di questi metalli critici (ferro, acciaio, plastica), nonostante le loro proprietà uniche cruciali per le tecnologie future, tra cui la generazione di energia rinnovabile e la mobilità elettrica.

Se, continua il rapporto, i paesi riuscissero a portare i tassi di raccolta e riciclaggio dei RAEE al 60% entro il 2030, i benefici – anche attraverso la riduzione al minimo dei rischi per la salute umana – supererebbero i costi di oltre 38 miliardi di dollari.

Il Remanufacturing nel modello di economia circolare

L’economia circolare emerge come una soluzione efficace a queste sfide, incoraggiando un paradigma di sviluppo economico che disaccoppia la crescita economica dal consumo di risorse finite. Infatti, questo modello suggerisce una gerarchia nella gestione dei prodotti a fine vita, che preferisce alternative all’accumulo in discarica.

“Invece di diventare rifiuto, un prodotto potrebbe essere mantenuto in uso più a lungo o utilizzato in modo più efficiente per minimizzare l’impatto sulle risorse, oppure potrebbe essere ricondizionato o sottoposto agli strumenti del Remanufacturing. Il riciclaggio rimane l’opzione meno desiderabile, in quanto conserva meno valore dell’originale” sottolinea Saccani.

Due degli approcci che consentono di preservare il valore del prodotto finito e reintrodurre nel circuito economico il prodotto nella sua interezza o almeno parte di esso sono il ricondizionamento, che consiste nel ricondizionare un prodotto a fine vita per ripristinarne la funzionalità attraverso controlli e riparazioni ove necessario, e il Remanufacturing, che implica il disassemblaggio del prodotto per recuperare componenti che possono essere rinnovati e utilizzati come nuovi componenti originali o come parti di ricambio.

Azioni per rendere efficace ed efficiente il Remanufacturing

Oggi esistono già esempi interessanti di successo di Remanufacturing, ma per moltissime aziende e filiere implica una vera e propria trasformazione che richiede anzitutto di agire sulla progettazione del prodotto implementando strategie di “product design” orientate a facilitare il Remanufacturing. Un ostacolo comune nei RAEE è la difficoltà a disassemblare componenti come le schede elettroniche. È pertanto essenziale sposare una progettazione che incorpori le tecniche del “Design for X o DFX“, mirate a rendere un prodotto più adatto alla serviceability, reliability, disassembly, modularity e così via.

Saccani cita un caso emblematico: quello di FAIRPHONE, che produce smartphone progettati per essere facilmente smontati. Questi dispositivi offrono la possibilità di acquistare pezzi di ricambio direttamente dal sito del produttore e sono concepiti per essere più facilmente riparabili il che ne prolunga la durata. Si tratta di prodotti che possono accogliere aggiornamenti per incrementare le prestazioni senza necessità di sostituzione, e, infine, possono essere disassemblati con facilità per il recupero dei componenti o il riciclo dei materiali in maniera efficiente e conveniente.

Altro aspetto fondamentale è l’adozione di processi di de-manufacturing e la gestione dei prodotti che hanno completato il loro percorso di funzionamento. Le aziende di riferimento in questo campo hanno sviluppato impianti dedicati o si affidano a partner esterni per linee produttive specifiche. Un esempio è l’impianto della RICOH in Francia, che dispone di reparti dedicati al ricondizionamento di fotocopiatrici e stampanti digitali dopo periodi di noleggio di cinque anni o più, oltre a sezioni specializzate nella rigenerazione e nell’impiego di componenti ricondizionabili.

Il ruolo della servitizzazione e l’importanza di agire sulla supply chain

Il terzo pilastro riguarda l’innovazione nei modelli di business, che impone di focalizzarsi sulle dinamiche di costi e ricavi che devono garantire la sostenibilità economica delle iniziative. Occorre creare valore per il cliente ed è necessario proporre offerte che promuovano il ricondizionamento. Ad esempio, optare per il noleggio di un bene piuttosto che per la sua vendita implica che il bene resti di proprietà dell’azienda, facilitandone il ritorno per un possibile ciclo di ricondizionamento. Inoltre, sia produttori che clienti possono essere incentivati a ottimizzare l’utilizzo e le condizioni del prodotto a fine vita, favorendo l’efficacia degli strumenti di Remanufacturing.

Ultima leva trasformativa concerne la gestione della catena di approvvigionamento, cruciale per il recupero dei prodotti a fine vita e per i processi di disassemblaggio, controllo e verifica, che richiedono processi produttivi ad hoc e una logistica efficace. È vitale poter tracciare i prodotti, garantire flussi costanti e prevedibili e mantenere bassi i costi di recupero. Le aziende spesso si affidano a partner, come consorzi dedicati ai prodotti elettronici fuori uso o iniziative autonome, per strutturare una catena logistica che gestisca sia l’approvvigionamento dei prodotti usati che la loro trasformazione e vendita.

Normativa e digitalizzazione per il Remanufacturing: gli strumenti per agire

Esistono diversi elementi catalizzatori che incentivano questa evoluzione. In particolare, il contesto normativo gioca un ruolo chiave con regolamenti come la CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive) che impone alle aziende di riferire sui rischi e sulle opportunità derivanti da questioni sociali e ambientali e sull’impatto delle loro attività sulle persone e sull’ambiente, mentre normative come l’EPR o responsabilità estesa del produttore obbligano i produttori di determinati settori a raggiungere obiettivi quantitativi rispetto ai prodotti da recuperare.

D’altro canto, le tecnologie digitali rappresentano un potente abilitatore, rendendo più efficiente ed efficace il processo di geolocalizzazione dei prodotti, oltre a monitorare e tracciare il loro stato di funzionamento e usura. Infine, il mercato e i comportamenti dei consumatori possono accelerare o frenare l’adozione di questi processi, inducendo i marchi a impegnarsi verso pratiche più sostenibili.

Quali sono i vantaggi del Remanufacturing anche in chiave ESG

Il Remanufacturing offre una serie di benefici tangibili, sia sotto il profilo economico che ambientale. Tra questi la riduzione dei costi di approvvigionamento e di trasformazione, nonché una minore dipendenza da fornitori di materiali critici come metalli e microprocessori: un aspetto che si è rivelato particolarmente rilevante negli ultimi anni a causa delle problematiche che hanno “paralizzato” intere supply chain a livello globale.

Questo approccio contribuisce a semplificare gli adempimenti burocratici e a ridurre i costi associati al ciclo di vita e alla dismissione dei prodotti, per i quali siamo direttamente responsabili. Dotarsi degli strumenti per il Remanufacturing apre la porta a nuove opportunità di creazione di valore: in linea con i principi dell’economia circolare, mira a preservare il più possibile il valore originale di un prodotto, superando l’idea di “fine vita”. Un prodotto ricondizionato, infatti, conserva un valore superiore rispetto a quello considerato rifiuto e può, allo stesso tempo, accedere a nuovi segmenti di mercato e attrarre diverse tipologie di clientela.

Sebbene le normative ESG offrano un ulteriore incentivo, è raro che impongano obblighi specifici sul Remanufacturing, una pratica che tuttavia contribuisce all’aumento della circolarità prevista già dalla normativa CSRD. Inoltre, questi processi hanno spesso un impatto ambientale inferiore rispetto alla produzione di nuovi beni, con una conseguente riduzione delle emissioni, in particolare quelle di Scope 3 legate all’approvvigionamento, all’utilizzo o alla fine vita del prodotto. Il Remanufacturing contribuisce poi alla riduzione dei rifiuti e dei costi, e in alcuni casi può anche favorire una maggiore sostenibilità sociale, come evidenziato da una ricerca di ASAP sull’impatto sociale del Remanufacturing.

Strumenti e best practices per il Remanufacturing

Con Andrea Merati, Regional Pricing Consultant di SYNCRON entriamo nel merito del contesto, degli strumenti e delle best practices per il Remanufacturing. “Una delle missioni che abbiamo come provider di software di pricing è aiutare i clienti a valutare quella che può essere una opportunità di business a tutti gli effetti, il passaggio a modelli di business circolari e sostenibili. Merati cita ad esempio il caso di un cliente che ha voluto anticipare la leva normativa europea per esplorare nuove opportunità e introdurre gli strumenti di Remanufacturing nella sua offerta”.

La possibilità di adottare nuovi modelli di business si prefigura a diversi livelli nella gestione del ciclo di vita di un prodotto che parte dall’evoluzione nel modo di gestire le materie prime e i componenti intermedi e prosegue con l’affermarsi di modelli “as a service” che sostituiscono l’acquisto di materie prime con un contratto di fornitura che tiene sotto controllo i consumi.

Lato manufacturing si sta sempre più diffondendo la pratica di condividere le stesse attrezzature tra diversi clienti e linee di business per massimizzarne l’uso. Per quanto riguarda l’utilizzo del prodotto ci sono i modelli di sharing economy e community usage che mirano a massimizzare l’utilizzo del prodotto e quindi diminuire la necessità di produrlo.

Riguardo al ciclo di vita dei prodotti, oltre al principio del cradle to cradle che incoraggia a considerare il ricondizionamento o il riciclo già dalla fase di progettazione, il Remanufacturing emerge come un modello di business non più così nuovo, ma che ha subito una nuova spinta dall’ambiente sociale e dalle normative che lo riflettono.

In particolare pensando a un settore specifico, “le normative europee nell’ambito Automotive prevedono circa un migliaio di parametri da monitorare in un report standard, che include sia i veicoli finiti che le parti di ricambio, con una sezione appunto dedicata specificamente all’automotive e alla componentistica di ricambio” precisa Merati che porta l’attenzione sul flusso operativo tipico del Remanufacturing e sulle fasi del core, dello smontaggio e del ciclo tecnico di ricondizionamento.

La rilevanza di una strategia di pricing

Per le aziende che considerano l’implementazione di un modello e degli strumenti di Remanufacturing, emergono sfide non solo tecniche ma anche relative alla fattibilità e sostenibilità di tale approccio. Le questioni logistiche, come la disponibilità e la facilità di accesso ai componenti base (core), rappresentano uno degli ostacoli iniziali. Un altro aspetto cruciale è la qualità del processo di Remanufacturing stesso, che è strettamente collegato al terzo punto: la qualità percepita dal mercato. Spesso, vi è un preconcetto che associa i prodotti ricondizionati a una qualità inferiore rispetto ai nuovi. Di conseguenza, la percezione del mercato diventa uno dei fattori determinanti per la riuscita di un processo di ricondizionamento, influenzando direttamente la disponibilità del cliente a pagare rispetto a un prodotto nuovo (willness to pay).

“In molti casi, la principale sfida non è di natura tecnica o tecnologica, ma è legata all’accettazione da parte del mercato” afferma Merati. Di conseguenza, non tutti i prodotti possono essere ricondizionati in modo redditizio. In questo scenario, la definizione di una strategia di prezzo (pricing) assume un ruolo fondamentale, sottolineando l’importanza di valutare attentamente il posizionamento di prezzo dei prodotti ricondizionati per garantire la loro sostenibilità economica.

Un caso concreto di Remanufacturing

Un esempio pratico degli strumenti per il Remanufacturing arriva da un cliente Syncron, distributore di parti di ricambio e veicoli per un rinomato brand giapponese, che sta valutando l’introduzione di una linea di ricambi ricondizionati, che si affianca a quella esistente di nuovi, e che porta a concentrare gli sforzi principalmente su consumabili, parti di manutenzione (freni, frizione) piuttosto che di riparazione.

Il primo passo ha comportato una analisi approfondita sotto il profilo tecnologico e logistico della fattibilità del ricondizionamento, includendo l’approvvigionamento delle parti core e la stima dei costi per calcolare il margine.

Nella seconda fase, è stata condotta una analisi di mercato su ciascuna linea di prodotto per capire la recettività ai prodotti ricondizionati, utilizzando la tecnica di Van Westendorp (che consiste nell’intervistare un campione significativo dei clienti e proporre prezzi a cui vendere il prodotto ancora non sul mercato) per definire un intervallo di prezzo accettabile (in cui il pubblico percepisce come corretto il prezzo a cui viene proposto il prodotto) e l’ottimo teorico in cui percentuale di troppo caro ed economico raggiungono il loro minimo.

Il terzo step ha riguardato l’analisi dell’impatto dei fattori di pricing su ogni linea di prodotto, utilizzando il modulo di Business Intelligence di Syncron Price per esaminare l’influenza che storicamente ha avuto ogni parametro di valore su ciascuna tipologia di prodotto. Questo ha portato alla selezione di una strategia di prezzo, che ha incluso un’analisi competitiva con il nuovo prodotto come principale rivale.

Una funzionalità chiave è stata la simulazione dell’impatto sul business, valutando diversi scenari di prezzo per determinare l’opzione più vantaggiosa in termini di entrate e profitti. Infine, un’ulteriore verifica attraverso l’analisi del feedback del pubblico ha permesso di affinare la strategia di prezzo finale, utilizzando un modulo specifico di Syncron che facilita l’elaborazione dei feedback raccolti.

Lessons learned sulla transizione al Remanufacturing

Le normative, spesso percepite come imposizioni dall’alto, influenzano significativamente il mercato, specialmente quando si tratta di questioni sociali e ambientali e puntano sulla trasparenza, come nel caso degli ESRS (European Sustainability Reporting Standards) che, pur non essendo obbligatori, stabiliscono criteri specifici per il monitoraggio e la rendicontazione delle attività aziendali con impatto sociale e ambientale che poi vengono revisionati da auditor indipendenti. Ciò rende l’approccio sostenibile non solo più accettato ma anche desiderato, il che si riflette nella willness to pay.

Per quanto riguarda i prodotti manifatturieri, si nota un trend generale di accettazione crescente da parte del mercato, ma è importante non generalizzare. “Ad esempio, nel progetto menzionato, alcune categorie di prodotti hanno risentito di questa tendenza in modo più marcato di altre – osserva Merati – Nel caso dei freni, un componente critico per la sicurezza, la percezione di un prodotto remanufactured come di qualità inferiore può rendere meno prioritaria la considerazione degli aspetti ambientali. È quindi fondamentale personalizzare l’analisi e valutare attentamente il peso che il tema ambientale riveste in ogni specifico contesto”.

Di conseguenza, la pricing strategy diventa un elemento chiave per la implementazione di un modello di business circolare, richiedendo un approccio mirato e una valutazione precisa dell’impatto che può avere, che può essere determinato solo attraverso l’analisi dei dati. L’esame delle tendenze storiche e l’analisi dell’impatto delle variazioni di prezzo sui volumi di vendita sono essenziali per comprendere come gestire il fattore sostenibilità. Le simulazioni costituiscono poi il passo finale, garantendo un più elevato livello di fiducia nelle ipotesi che sono state definite prima di attuare concretamente la nuova strategia di prezzo.

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