Disegnare una strategia di sostenibilità è un impegno che va ben oltre le buone intenzioni di un’azienda. Non basta la volontà di ridurre il proprio impatto ambientale, né il pur lodevole avvio di azioni di risparmio energetico, di responsabilità sociale o di inclusione e tutela delle diversità.
Quel che serve, dietro a tutto questo, è un piano, una visione. Una programmazione strategica strutturata, fondata su obiettivi di continuous improvement, capace di monitorare e rendicontare con costanza i propri risultati, nella consapevolezza che eventuali esiti negativi impongono sempre conseguenti azioni di correzione.
Ma qual è la leva decisiva in grado di imprimere la vera svolta in questo senso e accompagnare le aziende in un percorso così articolato e complesso? Fra i tanti fattori che entrano in gioco, dalla cultura del management alle competenze, quello che emerge per la sua centrale importanza è senza dubbio l’Information technology. Soluzioni specifiche, dedicate ed evolute di digital transformation – in ultima analisi, la Business Intelligence – oggi consentono infatti di rispondere all’esigenza chiave che si nasconde dietro qualsiasi azione ESG: la capacità di misurazione e reporting, senza la quale nulla si può davvero fare.
Gianfranco Vallese, Client Account Executive di Qintesi – tech company che eroga servizi di management consulting e system integration nonché Gold Partner SAP con un occhio molto attento alle politiche di sostenibilità – mette l’accento proprio su questo concetto. Posto da Esg360 davanti al quesito che di questi tempi più turba i sonni delle imprese, ovvero quale sia il giusto approccio per avviare un percorso di sostenibilità credibile e quanto la tecnologia sia coinvolta nel processo, Vallese spiega infatti che proprio nell’Information technology risiedono gli strumenti che consentono di avviare policy qualificate.
“Per attuare una strategia ESG – chiarisce – è cruciale definire dei KPI in grado di favorire la misurazione del raggiungimento degli obiettivi che ci si è posti”. È qui il cuore del ragionamento, “perché in ultima analisi essere sostenibili significa darsi target per migliorare costantemente, e dunque dotarsi della capacità di quantificare le proprie performance”.
Tutto questo, ça va sans dire, non si può che realizzare grazie al supporto della tecnologia, ovvero il mezzo che permette di accedere ai dati pertinenti: “Si tratta di misure che spesso non sono ancora tracciate in modo esplicito – puntualizza Vallese – e che invece si stanno dimostrando sempre più essenziali per confermare o smentire l’adesione agli obiettivi del proprio piano di sostenibilità. Ne consegue che le imprese devono imparare a dotarsi di questi sistemi, se vogliono dare credibilità alle loro strategie”.
Vallese, ci fa un esempio concreto di queste misure così cruciali?
“Prendiamo, ad esempio, l’impronta carbonica GHG. Molto spesso le aziende cercano di calcolare autonomamente o stimare questo valore, con riferimento alle emissioni dirette e indirette, attuando un approccio che è molto diverso dal ‘misurare’. Il problema è che le emissioni di Scope 1 e 2 sono la punta dell’iceberg, perché molto spesso la quota maggiore delle emissioni inquinanti sono quelle di Scope 3, derivanti dalla catena del valore.
Probabilmente, le imprese non hanno gli strumenti per misurarle, però è necessario farlo: se si vogliono raggiungere obiettivi di riduzione di impronta carbonica, bisogna infatti fare in modo di misurare quel che oggi è incerto, anzi ignoto. Basandosi solo sulle stime e i calcoli delle proprie emissioni, la maggior parte delle aziende non ha una reale nozione di quale sia la propria carbon footprint: ne consegue che, a questo livello, spendersi nel professarsi sostenibili è totalmente velleitario”.
La Business Intelligence può supportare le logiche ESG di un’impresa? E se sì, in che modo?
“Restiamo nel tema della Carbon Accounting. Essenzialmente, da un punto di vista metodologico, si parla di dati primari e di dati secondari, che sono, se vogliamo, i due estremi dei possibili approcci per misurare la sostenibilità di un’impresa. E mi riferisco, in particolare, alle imprese produttive o che comunque hanno nel proprio Dna l’impiego di fonti energetiche.
Chi si affida a dati secondari, vedi benchmark o studi di settore, ha un dato che in sé e per sé è poco rappresentativo. Chi, all’opposto, decide di puntare sui dati primari dispone invece di un dato che è molto più puntuale. Ed è solo attraverso la Business Intelligence che è possibile tracciare in maniera atomica la costruzione di questi valori, di questi KPI, dell’impronta carbonica: partendo dalla raccolta del dato elementare reale si arriva, infatti, a una misura attendibile e specifica della singola performance.”
“In questo quadro – prosegue Vallese – diventa cruciale la fase di raccolta del dato, e quindi la misurazione effettiva. Cosa assolutamente non banale perché molte aziende riescono magari a determinare il loro fabbisogno energetico, ma senza capire, ad esempio, in quale processo questo venga impiegato. È invece fondamentale sapere che il tal ciclo produttivo, o la tal linea di prodotto, consuma il 20%, 30% o il 60% del fabbisogno totale. Ecco, quindi, che la Business Intelligence permette proprio di scindere i vari dati, guidando le scelte in modo più consapevole e preciso”.
In che modo questo consente di spostare la prospettiva aziendale verso la proattività, attuando così uno dei valori chiave delle abilità analitiche?
“Le analisi, ovviamente, hanno sempre una logica backward-looking, perché osservano quanto è successo nel passato. Altra cosa è invece avere la possibilità di capire che cosa succederebbe se si investisse, ad esempio, su un certo mercato, su un prodotto, se si puntasse a una specifica tipologia di cliente o se si modificasse la catena di fornitura. Fare previsioni è un valore anche più importante della possibilità di analizzare il passato, perché aiuta l’azienda a orientare le proprie scelte.
E aggiungo: il ragionamento vale anche davanti a variazioni della domanda o dell’offerta che non siano necessariamente dovute alla stagionalità o alle caratteristiche del mercato. Penso ad esempio a catene di fornitura che si interrompono perché, ipotizzo, c’è il canale di Suez bloccato. In un caso simile, fare previsioni significa molto, ed è cruciale per indirizzare le scelte di investimento”.
Parlando invece di esigenze di reporting, comunicazione e trasparenza, qual è l’apporto della Business Intelligence?
“La Business Intelligence è un valido supporto per rappresentare in maniera trasparente l’impresa nei confronti degli stakeholder. Il rischio di attuare un approccio comunicativo dannoso, nascondendo delle informazioni o non rappresentandole in modo adeguato, è naturalmente sotteso alle strategie di sostenibilità, ma è anche un rischio che molti trascurano, ignorano o sottovalutano. Invece, essere invece capaci di rappresentare e trasferire le corrette informazioni agli stakeholder contribuisce a costruire quel trust con la comunità che ruota intorno all’impresa. E quindi ha un valore cruciale”.
Il confronto di benchmark è una sfida importante per le aziende che intraprendono un percorso di sostenibilità. Come può intervenire in questo ambito la Business Intelligence?
“Questa problematica oggi non è ancora molto evidente: la sensazione è che le aziende si sentano ancora molto impreparate sui temi della sostenibilità, dal momento che negli ultimi anni hanno concentrato l’attenzione su altre tematiche. Tuttavia, la capacità di confrontarsi è tutt’altro che secondaria, perché aiuta a comprendere a che punto è posizionata l’impresa e dove dovrebbe arrivare.
SAP ha recentemente annunciato, in questo senso, un’importante collaborazione con Google proprio per rendere disponibili i dati di benchmark. In tal modo le imprese che utilizzano i prodotti di SAP possono avere a disposizione dei benchmark-data su KPI di proprio interesse. E questo può avere un valore cruciale nello sviluppo delle strategie di sostenibilità di un’azienda”.
In che modo le soluzioni SAP supportano lo sviluppo delle politiche di sostenibilità delle imprese?
“In ambito Sustainability la strategia SAP è duplice: da un lato sta sfruttando il patrimonio informativo delle soluzioni esistenti, ad esempio nel campo della supply chain in cui è una presenza importante. L’uso di prodotti e piattaforme note, ad esempio Environment Health and Safety o Ariba Supplier Risk, le consente in pratica di dotare i propri clienti di una serie di strumenti dai quali attingere le informazioni di cui parlavamo prima.
Dall’altro lato, SAP è impegnata a disegnare nuove soluzioni finalizzate a costruire dati analitici e che siano al contempo forti a livello reportistico. Si tratta di prodotti di nuova generazione, tutti in cloud, che nascono con il chiaro intento di supportare queste esigenze informative che, se vogliamo, per certi aspetti sono nuove, ma sempre più al centro dell’attenzione dei regolatori. Sono strumenti che non creano disruption con il passato, ma che vanno ad aggiungersi all’esistente e che, addirittura, possono anche arrivare in modo più facile sul mercato proprio perché vengono venduti come prodotti service. Su tutto questo, poi, emerge una punta di diamante”.
Esiste una soluzione SAP dedicata alla sostenibilità?
“La Sustainability Control Tower, soluzione software-as-a-service progettata per aiutare le aziende a monitorare e gestire le proprie prestazioni di sostenibilità, raccogliendo tutti i KPI che sono alla base della definizione di una strategia ESG. Si tratta di uno strumento che consente ai clienti di incorporare la sostenibilità nei loro processi aziendali con dati e approfondimenti attuali e ottenere report automatizzati, verificabili e conformi. Il tutto con finalità sia di analisi, sia di settaggio degli obiettivi di miglioramento futuro”.
Qintesi, come Gold Partner SAP, come supporta le imprese nell’ambito della sostenibilità?
“Qintesi ha fatto tesoro delle sue esperienze di consulenza passate, iniziate quando ancora non si parlava così ampiamente di ESG, per definire best practice di accompagnamento dei clienti nel loro percorso di sostenibilità. Su questa base ha quindi deciso di istituire un laboratorio nel quale concentrare le risorse che ruotano in particolar modo intorno alle soluzioni SAP, in modo da anticipare i tempi e trovarsi pronti quando queste soluzioni si renderanno ormai imprescindibili per affrontare il mercato. Perché dico imprescindibili? Perché governare le strategie di sostenibilità facendo affidamento solo su fogli Excel non è pensabile, e le aziende finiscono per rendersene conto prima o poi”.
E qui chiudiamo il cerchio della domanda con cui avevamo iniziato la chiacchierata: qual è allora il giusto approccio per avviare un percorso di sostenibilità credibile e quanto la tecnologia è coinvolta nel processo?
“Semplice. La quantità di dati in campo, il bisogno di controllarli e le esigenze di automatizzarne la raccolta sono tante e tali che non si può pensare di affrontare una sfida del genere senza un’opportuna digitalizzazione“.