Edilizia sostenibile: perché è importante per l’ESG
Una delle sfide più complesse ma anche di maggior valore, per l’ambiente e per lo sviluppo economico è rappresentata dalla trasformazione sostenibile del mondo dell’edilizia. Una delle prime evidenze dell’evento “Abitare nel domani: sostenibilità ambientale, innovazione, famiglie” organizzato da Montanari Costruzioni va proprio nella direzione dell’edilizia sostenibile e arriva da Sara Rainieri, docente dell’Università di Parma e presidente dell’Associazione Fisica Tecnica Italiana.
Al mondo dell’edilizia va addebitato il 30% del consumo energetico globale a cui corrisponde una quota del 26% delle emissioni globali di anidride carbonica sia in forma di emissioni dirette (8%) che indirette (18%). Se si osserva questa situazione con la prospettiva delle imprese del mondo immobiliare e del mondo delle costruzioni appare evidente che le performance ESG delle imprese di questo settore presentano ampi spazi di miglioramento. A maggior ragione poi se, sempre come sottolinea Rainieri, il patrimonio edilizio totale è atteso a un sostanziale raddoppio dagli attuali 223 miliardi di m2 ai 415 miliardi di m2 stimati per il 2050.
Un comparto che non solo “si gioca” la propria prospettiva di sviluppo ESG nelle scelte dei prossimi anni, ma che sempre di più sarà nella condizione di svolgere un ruolo chiave sui temi della rigenerazione urbana, ovvero potrà contribuire ai processi di decarbonizzazione previsti dall’Agenda 2030.
Compliance normativa e rating ESG: due spinte verso l’edilizia sostenibile
L’ESG rappresenta un fenomeno attraverso il quale il mondo finanziario è nella condizione di ratificare le nuove forme di valore del mondo building sia in relazione agli obiettivi ambientali, sia – almeno in prospettiva futura – in relazione a fattori sociali e comportamentali. L’ESG in questa fase è ancora uno “spettatore” di una transizione nella quale i principali protagonisti sono da una parte i “regolatori” (quelli europei sono particolarmente attivi) e il mondo dell’innovazione. La capacità delle imprese di andare oltre la compliance ed esprimere un valore aggiunto rispetto alle richieste delle normative con la costruzione di una edilizia realmente sostenibile metterà il mondo finanziario, il mondo del credito e non ultimo i consumatori o investitori finali nella condizione di attribuire nuove forme di valore a queste scelte. Ed è esattamente qui che entra in gioco l’ESG.
Una prospettiva che parte da una visione del building residenziale e aziendale che vede una Europa attivissima già da prima degli Accordi di Parigi del 2015. Ci sono infatti alcuni punti di riferimento come la Direttiva europea NZEB (Nearly Zero Energy Building) che arriva dal recepimento della EPBD – Energy Performance Building Directive (direttiva 2010/31/EU) dalla quale deriva l’approccio conosciuto come “energia quasi zero” per i building di nuova costruzione, sia in ambito privato che pubblico. Direttiva recepita in Italia attraverso il Decreto ministeriale dello Sviluppo economico del 26/06/2015 con una norma che dal 1° gennaio 2021 interessa gli immobili di nuova costruzione o gli edifici soggetti a importanti ristrutturazioni, allo scopo di indirizzare la realizzazione di una edilizia sostenibile caratterizzata da un fabbisogno di energia prossimo, appunto, allo zero. Un obiettivo basato sul principio che il fabbisogno energetico non debba essere solo più efficiente ma soddisfatto il più possibile tramite il ricorso a fonti rinnovabili.
I punti di riferimento a livello UE, come ricorda Sara Rainieri, comprendono poi il grande framework legato alla transizione energetica del Green Deal nel cui alveo si collocano pacchetti specifici come il Fit for 55, oggi al centro di vasto dibattito anche sul piano politico per la scelta di interpretare il processo di decarbonizzazione primariamente come un percorso verso l’elettrificazione. Tuttavia, anche a prescindere da questi aspetti, questa misura esprime un target di riduzione delle emissioni climalteranti del 55% entro il 2030 (rispetto al 1990) e conferma come questo sia un obiettivo irrinunciabile per aggiungere la neutralità climatica UE entro il 2050 con un ruolo chiave per l’edilizia sostenibile.
Dall’efficienza energetica all’edilizia sostenibile
Sara Rainieri mette poi in evidenza come in questo quadro di trasformazione sostenibile a livello europeo ci siano sfide di straordinaria portata. Solo il 10% degli edifici in ambito UE si può oggi definire efficiente dal punto di vista energetico. Una quota enorme prossima al 40% ha più di 60 anni di vita ed è stata dunque realizzata in epoche durante le quali le norme legate al mondo dell’edilizia non prevedevano requisiti in merito all’efficienza energetica o erano ben lontani da quelli attuali. Grazie all’effetto congiunto dell’innovazione tecnologica e di normative più evolute, gli edifici in costruzione oggi sono soggetti a un consumo energetico che pesa meno della metà degli edifici costruiti 40 anni fa. Si tratta cioè di costruzioni che sono nella condizione di contribuire ad avvicinare il mondo dell’edilizia sostenibile ai target Net Zero.
Edilizia sostenibile e ristrutturazioni: si procede troppo lentamente
Ma il vero tema è rappresentato dal fattore tempo, come osserva la stessa Sara Rainieri, evidenziando un altro dato oggi più che mai determinante in termini di raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità: il tasso medio di ristrutturazione del mondo dell’edilizia che è oggi compreso tra lo 0,5% e l’1,5% all’anno. Senza una radicale accelerazione a questo passo entro il 2050 l’edilizia non sarà in grado di rendere efficienti e sostenibili nemmeno la metà degli edifici esistenti ma si fermerà al 40%. Una prospettiva che allontana l’Europa dai target di neutralità climatica fissati appunto al 2050.
Si tratta di dati ma soprattutto di prospettive che analizzati da una prospettiva ESG o meglio ancora di rischi ESG – per un settore strategico particolarmente esposto ai temi climatici come quello immobiliare – evidenziano quanto sia necessario passare da un concetto di evoluzione, ovvero di interventi di correzione e miglioramento del patrimonio edilizio, a un concetto di trasformazione, e quindi di adozione di principi costruttivi e abitativi tali da cambiare il quadro di rifermento in termini di modalità di gestione del fabbisogno energetico delle abitazioni e del loro impatto ambientale.
Building transformation e ESG: il concetto di impatto
Osservare le grandi trasformazioni sostenibili attraverso le lenti dell’ESG significa guardare oltre il risultato finale di una trasformazione. La sostenibilità del manifatturiero, della mobilità, dell’agroalimentare o della finanza stessa esprimono nuovo valore sostenibile solo nella misura in cui si misura e si evidenzia una trasformazione di ecosistema, ovvero solo nel momento in cui, ad esempio, il manifatturiero non si limita ridurre le “proprie emissioni” ma esercita un ”effetto di trascinamento” e raggiunge i propri target di riduzione delle emissioni in collaborazione con tutto il proprio Scope 3: con i fornitori, con la logistica, con i trasporti, con le reti distributive eccetera. Solo in questo modo il rating ESG è realmente rappresentativo di una trasformazione a cui corrisponde un reale potenziale ESG di investimento finanziario o di merito creditizio, solo per citare due esempi sui quali è più alta l’attenzione del mercato.
Per il mondo dell’edilizia, nella chiave di lettura ESG, il principio resta lo stesso. Non si “premia” la riduzione dei consumi in sé, ma si apprezza un nuovo rapporto con le risorse energetiche e più in generale con un impatto costruttivo e abitativo che non sia contingente ma strutturale, che garantisca “risultati nel tempo” esprimendo la possibilità di agire anche sui comportamenti.
Ecco l’importanza di valutare tutti i fattori che concorrono all’impatto. Dunque, ovviamente, i temi dell’efficientamento energetico, sia in termini di trasformazione dell’impiantistica sia nella scelta di materiali e modalità costruttive, e poi la dimensione e la portata del processo di elettrificazione sia in merito ai bisogni di famiglie sia nell’ambito professionale e commerciale. Ma una componente importantissima di aspettative, nella prospettiva ESG (in particolare per le azioni che attengono alla “S” di social, sino ad oggi marginalizzata rispetto alla “E” di Environmental) riguarda espressamente i comportamenti.
Nella chiave di lettura proposta da Sara Rainieri, da questi tre fattori dipenderà la capacità di arrivare a ottenere una riduzione dell’80% nelle emissioni climalteranti del settore building entro il 2030. E se per i primi due fattori l’ESG (nell’accezione in questo caso dell’attenzione del mondo della finanza) può contare su una roadmap ragionevolmente consolidata con percorsi di innovazione tecnologica avviati, per quanto attiene la trasformazione dei comportamenti c’è ancora ampio spazio per l’innovazione. In questo ambito si sta osservando l’ingresso di tante nuove realtà del cleantech a stimolo e supporto di una trasformazione culturale nei modelli abitativi che sia in grado di determinare il passaggio da una responsabilità verso i consumi e verso l’energia a una responsabilità verso tutti i fattori che determinano l’impatto unitamente alla produzione sostenibile e alla mobilità sostenibile. Per l’ESG questo è il passaggio che determina la creazione di quel nuovo valore sul quale il mondo della finanza (non più solo della finanza sostenibile) è pronta a scommettere.
Edificio cognitivo, un passo avanti allo Smart Building
Per comprendere la portata di questa sfida arriva anche una richiamo a Charles Darwin: “Non è la specie più forte a sopravvivere e nemmeno la più intelligente, ma quella più predisposta e disponibile al cambiamento“. Marco Imperadori, professore ordinario Politecnico di Milano sottolinea quanto sia oggi necessario investire sul concetto di cambiamento considerando il ruolo determinate che arriva dall’integrazione tra innovazione tecnologica e modelli produttivi. E la necessità di spingere sull’acceleratore arriva anche dal confronto con quanto sta avvenendo in altri mercati. “Molti edifici in questi anni sono stati costruiti con criteri che nel caso del mondo automotive possono essere paragonabili a come si producevano automobili negli Anni ’70“. C’è uno straordinario lavoro da fare per rispondere alle esigenze ambientali, energetiche, abitative e di impatto e c’è oggi la possibilità di sfruttare adeguatamente la tecnologia per metterla a disposizione di una vera trasformazione.
Gli impegni legati alla sostenibilità del mondo building trovano nuove risposte ad esempio nella relazione tra le prospettive legate ai principi dell’Active House e i temi dell’innovazione tecnologica. In questo senso va sottolineata la necessità di recuperare un tema spesso poco considerato che attiene ai vantaggi della qualità dell’abitare che si possono ottenere da una riduzione della CO2. Un tema che nell’ottica ESG contribuisce a valorizzare i vantaggi della decarbonizzazione sia ovviamente in relazione alla “E” di Environmental sia soprattutto per dare sostanza anche alla “S” di Social. E per questa prospettiva Imperadori parla poi di edificio cognitivo, con un passo in avanti rispetto al concetto di smart building. Un asset che non si limita a sfruttare l’Intelligenza del digitale ma che genera conoscenza utile per misurare con più precisione le prestazioni ambientali e per permettere di premiare, nella prospettiva ESG, gli asset virtuosi.
Le regole di comportamento degli edifici sostenibili
Si parla dunque di comportamento degli edifici sostenibili e al di là della compliance normativa che sta sostenendo queste scelte costruttive, c’è un grande tema di ecosistema costruttivo, di collaborazione tra diversi attori e di capacità di disporre di competenze adeguate, ovvero di green skills in grado di considerare tutti i fattori che concorrono a mettere in relazione il mondo dell’edilizia con le logiche dell’impatto. Non solo dunque gli aspetti legati i temi dell’efficienza energetica e della riduzione degli sprechi, ma anche, ad esempio, nella responsabilità legata all’utilizzo del suolo.
Marco Cimini, presidente Active House Italia e Passive House Italia, pone l’accento sulla relazione tra una normativa UE sempre più chiara e la possibilità di misurazione che arriva dal digitale. Una relazione che non può non far sorgere un richiamo ai temi della Carbon Tax sulla quale il dibattito è oggi particolarmente vivace, in particolare per le ripercussioni che sta avendo in ambito industriale. Perché si possa concretizzare uno scenario come questo occorrono nuove strategie di progettazione capaci di far leva su tre assi: competenze, innovazione e organizzazione. Un aspetto che va interpretato a sua volta in funzione delle due grandi prospettive nelle quali si muove il mondo dell’edilizia, la realizzazione di nuove costruzioni e il rinnovo. Il “peso” ESG è evidentemente rilevante per entrambe le situazioni, ma si configura con un approccio profondamente diverso. Ovvero premiando in modo più rilevante la ricerca di soluzioni, di innovazioni e di compromessi nei progetti di ristrutturazione rispetto alle performance da “green field” del nuovo.
Certificazioni Passive House e Active House
Gunther Gantioler, direttore scientifico Passive House e Active House Italia prendendo spunto dalla certificazione Active House Pro al complesso residenziale “Giardino delle gemme” realizzato da Montanari Costruzioni osserva come l’applicazione di questo protocollo consenta di rispondere ai temi dell’impatto in modo completo a partire da una riduzione superiore al 70% dei costi di conduzione energetica rispetto alle soluzioni abitative tradizionali.
Un approccio quello Active House che risponde ai temi della rigenerazione urbana in cui la dimensione legata alla presenza green è nativamente integrata nel progetto stesso ed è ottenuta grazie alla convergenza di più fattori come l’utilizzo di materiali innovativi, l’adozione di tecniche costruttive speciali e con un processo costruttivo caratterizzato da verifiche e check-up.
Le certificazioni Active House e Passive House sono poi il risultato di verifiche e controlli, sia sulla parte progettuale sia su quella costruttiva a cui si aggiunge un monitoraggio delle prestazioni nel periodo che segue il completamento della costruzione stessa allo scopo di garantire il rispetto di tutti gli standard definiti dalle direttive europee.
E la certificazione Passive House ha di fatto anticipato i tempi collocandosi nella direzione della gestione dell’impatto sulla base di un protocollo mondiale che ha visto la luce negli Anni ’70 per rispondere ad ambiziosi obiettivi energetici. Questa certificazione impone infatti di ridurre il fabbisogno energetico di un edificio al minimo critico (< 15 kWh/m2a) garantendo naturalmente il benessere abitativo ai valori più elevati. Parametri che rendono le “Passive House” decisamente più performanti dal punto di vista ambientale e dei consumi energetici in relazione ai requisiti NZEB Net Zero Emission Buildings.
Ma come sottolinea Gantioler, se alla certificazione “Passiva” si aggiunge anche il ruolo del protocollo Active House si arriva a comprendere anche la certificazione degli standard relativi a parametri di qualità e salute degli ambienti, di sostenibilità energetica, di comfort. Nello specifico, i principi dell’Active House PRO di Active House Italia, oltre a comprendere controlli di cantiere e commissioning professionale, arrivano a uno dei punti chiave per le istanze e per le necessità del mondo ESG, vale a dire le modalità di misurazione e di rappresentazione dei risultati. La visualizzazione grafica (radar) delle specifiche performance che consentono agli edifici realizzati con questo protocollo di avvicinarsi a un azzeramento dei consumi di energia prodotte da fonti fossili, con un fabbisogno energetico in linea con la direttiva europea Case Green, rappresentano un tassello fondamentale per le valutazioni ESG.
Su ESG Smart Data una selezione e una sintesi delle ricerche e delle analisi sul ruolo e sulle prospettive della sostenibilità per le imprese e per le pubbliche amministrazioni.