Sharm el-Sheikh

COP27: la sfida di mantenere le promesse di Parigi

A Sharm el-Sheikh iniziano ufficialmente da domani lunedì 7 i lavori della United Nations Climate Change Conference numero 27 con messaggi che inviato all’azione, alla trasparenza e alla responsabilità

Pubblicato il 06 Nov 2022

Credit: UN Climate Change

Dagli Accordi di Parigi del 2015 alla COP27 che si è aperta oggi, 6 novembre, a Sharm el-Sheikh sono passati 7 anni. A giudicare dai primissimi segnali di questa conferenza delle parti e dalle tantissime indicazioni e ricerche che l’hanno preceduta, non sono stati anni che hanno ci hanno avvicinato agli obiettivi fissati negli Accordi sul clima di Parigi. Se poi si pensa che giusto un anno fa alla COP26 di Glasgow si è di fatto costruito il risultato più importante nella condivisione degli Accordi Parigi , peraltro con qualche deroga, si deve necessariamente guardare a Sharm el-Sheikh come alla conferenza che arrivi finalmente a creare le condizioni perché le promesse fatte nella capitale francese diventino realtà.

La Conferenza torna nel continente africano dopo 6 anni e anche questo aspetto assume un significato molto importante anche in considerazione del fatto che questo enorme continente contribuisce per meno del 4% delle emissioni globali ma potrebbe contribuire, se si creano le condizioni, peruna importante inversione di rotta a livello planetario.

Tra i primi dati che sono stati rappresentati il numero di anni, otto, con le temperature più alte mai registrate prima, le siccità che abbiamo conosciuto anche nel nostro paese, una crisi agroalimentare in cui le difficoltà legate al cambiamento climatico hanno mostrato purtroppo di saldarsi con altri fenomeni, come l’erosione e l’inaridimento del suolo, come le crescenti difficoltà legate alla gestione dell’acqua e della sua sicurezza.

COP27 si apre dunque come un grande summit sui rischi, come un momento in cui si prende atto che le crisi si sono sovrapposte e colpiscono centinaia di milioni di persone sotto forme diverse, trasformando la qualità della vita, e mettendo in pericolo la stessa sussistenza. Cambia il rapporto con il cibo, con l’acqua, con le risorse necessarie alle abitazioni, al lavoro, alle relazioni sociali. La stessa crisi energetica impatta sulle persone, sulle imprese, sulla impossibilità di poter erogare servizi anche essenziali.

La triste sommatoria di queste crisi si riversa su COP27 in segnali che vanno esattamente nella direzione opposta rispetto al percorso indicato, appunto, a Parigi. Ovvero, per citare un solo fenomeno: tornano a crescere le politiche energetiche che utilizzano combustibili fossili. Ecco che occorre ricordare: non ci si dovrebbe mai dimenticare che, come stabilito dall’Intergovernmental Panel on Climate Change, le emissioni di CO2 entro il 2030 dovrebbero diminuire del 45% rispetto ai livelli del 2010, la ragione, ampiamente comprovata dal punto di vista scientifico (giova sempre ricordarlo) attiene allo sforzo necessario per contenere l’aumento della temperatura a 1,5 gradi Celsius entro la fine del secolo. Esattamente come stabilito, appunto, a Parigi ed esattamente allo scopo, tornando alla COP27 come a un summit sui “rischi”, per evitare l’impatto dei cambiamenti climatici in termini di fenomeni metereologici estremi e di mantenimento di una qualità della vita e di un livello di sicurezza adeguato in ogni parte del mondo.

Un primo dato estremamente preoccupante ci dice che rispetto al Glasgow Climate Pact firmato da 194 paesi solo 29 hanno stabilito e realizzato piani nazionali coerenti con gli obiettivi da raggiungere.

Ecco che il messaggio più importante da parte del segretario esecutivo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici riguarda proprio la necessità di passare all’azione e vuole forse essere (speriamo) anche il senso e il messaggio di questa COP27. In particolare, questo invito all’azione si dovrebbe sviluppare su tre piani:

Il primo riguarda proprio la necessità di dare attuazione agli Accordi di Parigi con impegni precisi per ogni nazione.

Il secondo punto riguarda la necessità di garantire un dialogo e una integrazione tra i tanti livelli sui quali si sviluppano le azioni legate al clima: la mitigazione dei rischi, l’adattamento, lo sviluppo tecnologico, i sistemi di finanziamento e i modelli di trasformazione.

Il terzo punto attiene alla necessità di garantire sempre maggiore accountability e sempre maggiore trasparenza in tutte le attività delle Nazioni Unite legate ai cambiamenti climatici.

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