Cosa significa affrontare la transizione verso una net zero economy? O meglio ancora, cosa significa accelerarla o, al contrario, cosa comporta non affrontarla in modo adeguato? Insidie e rischi sono purtroppo presenti in qualsiasi scenario e la grande sfida per tutte le organizzazioni, per tutte le imprese, ma per il mondo bancario e finanziario in modo particolare, è esattamente quella di disporre di strumenti per valutare diversi scenari e gestire la portata di questi rischi rispetto al climate change.
Banca d’Italia sul rapporto tra climate change e attività delle imprese
Nel mese di luglio la Banca d’Italia aveva diffuso un working paper “Entry, exit anche market structure in a changing climate” che metteva in relazione l’esposizione delle imprese italiane al rischio climatico (come riportato nel servizio: Climate change:, le aziende soffrono il caldo estremo n.d.r.). In estrema sintesi, all’aumento delle temperature corrisponde una diminuzione nelle performance di business e la necessità di sostenere impegni anche molto importanti per attuare azioni di adattamento, ovvero per la trasformazione di prodotti, di processi, di attività produttive, di modalità di relazione con i propri clienti, allo scopo di ridurre e gestire questi rischi.
In altre parole, il cambiamento climatico cambia lo scenario di mercato e produttivo e le aziende devono adeguarsi, ovvero devono trasformarsi. Peraltro, non ci sono solo rischi e conseguenze “negative”: all’interno di questa trasformazione ci sono anche opportunità per le imprese che riescono a intercettare le nuove esigenze, i nuovi bisogni e le sanno soddisfare.
Se si guarda a questo fenomeno dalla prospettiva del mondo bancario, ovvero di quelle realtà che sono chiamate a finanziare le attività, i progetti, i piani di sviluppo delle imprese, si può cogliere l’importanza di monitorare quali scenari si stanno prospettando a fronte di diversi atteggiamenti o diverse strategie di approccio al climate change.
Climate change, gli stress test ECB
Partendo dal presupposto che il cambiamento climatico rappresenta un rischio estremamente importante non solo per l’ambiente e per la società ma anche per le attività economiche, la Banca Centrale Europea ha voluto analizzare i possibili scenari del mondo bancario con uno stress test rappresentato nel report “The Road to Paris: stress testing the transition towards a net-zero economy – The energy transition through the lens of the second ECB economy-wide climate stress test”.
(Il report – per la precisione denominato Occasional Paper Series è disponibile sul sito dell’ European Central Bank QUI n.d.r.)
IPCC tra i punti di riferimento
Uno dei punti di riferimento è rappresentato dal report IPCC AR6 Intergovernmental Panel on Climate Change uscito a marzo 2023 con un serie di evidenze che raccomandano la necessità di accelerare la transizione energetica ed economica. Lo scenario geopolitico a sua volta, in particolare a causa della guerra russa in Ucraina, ha contribuito ad aggravare le difficoltà e i fattori di rischio correlati alla transizione energetica ed economica aumentando le probabilità per la comunità economica mondiale di dover affrontare una serie di ritardi rispetto alla transizione indicata dagli Accordi di Parigi.
Stress test e climate change: tre diversi scenari 2023 – 2030
Il report “The Road to Paris: stress testing the transition towards a net-zero economy” è costruito per mettere a disposizione tre diversi scenari relativi a tre ipotesi di transizione in chiave di evoluzione economica e finanziaria nell’orizzonte temporale che va dal 2023 al 2030. Va aggiunto che il report BCE analizza anche l’impatto della transizione verde sulle imprese non finanziarie e sulle famiglie con una particolare attenzione alle dinamiche energetiche e alle interazioni settoriali sempre nell’orizzonte 2023 – 2030.
Lo scenario più auspicabile: la transizione accelerata
La transizione accelerata è il primo dei tre scenari considerati e nel report si ipotizza la possibilità che l’attuale crisi energetica possa favorire e appunto accelerare una green transition sia a livello energetico, sia sul piano economico. Un percorso tale da permettere all’area UE di raggiungere entro il 2030 i target di riduzione delle emissioni in linea con gli Accordi Parigi per limitare l’aumento della temperatura a +1,5°C entro la fine del secolo.
Lo scenario con ritardo e accelerazioni, per rimanere in linea con “Parigi” ma a costi più elevati
Il secondo scenario (ovvero quello che oggi dovrebbe forse realisticamente rappresentare il target più “raggiungibile” in considerazione della situazione del sistema economico politico UE n.d.r.) prevede un ritardo nella transizione green che in ogni caso prende consistenza nel 2025. Questa ipotesi potrebbe essere irrobustita da interventi e iniziative importanti – più costosi rispetto all’ipotesi della transizione accelerata – ma comunque sufficienti per raggiungere i target di “Parigi” entro il 2030.
Lo scenario ritardato: una transizione che ha bisogno di “tanto” adattamento
Nel terzo scenario considerato la transizione arriva in ritardo e non si recupera. L’ipotesi prende in considerazione un delay di tre anni e si immagina un piano di interventi graduale, meno costoso, ma che frena sul piano della riduzione delle emissioni, che si “allontana da Parigi”, e che risulta “compatibile” con un aumento della temperatura di circa +2,5°C entro la fine del secolo.
Tre scenari in stress test: rischi e vantaggi per l’ambiente, per la società e per le imprese
La prima evidenza del report riguarda il fatto che la transizione accelerata porta benefici a tutti: alle imprese, alle famiglie e al sistema finanziario. In questo scenario la capacità di gestire uno sviluppo economico in grado di ridurre le emissioni per arrivare a zero entro il 2050 permette di ridurre i costi energetici e i rischi finanziari.
Per famiglie e imprese si presentano maggiori costi nel breve termine. Gli aumenti dei prezzi dell’energia in particolare rappresentano un aspetto importante di questo impatto, nello stesso tempo si ridurrebbero i rischi finanziari a medio termine in funzione delle previsioni legate alla riduzione delle spese energetiche e agli investimenti in energie rinnovabili. In questa prospettiva le banche si troverebbero ad affrontare uno scenario tendenzialmente positivo caratterizzato da maggiori richieste di investimento e da minori rischi di credito.
Se si parte in ritardo si deve mettere in conto un maggior impatto economico e finanziario
Lo scenario numero due di fatto impone di agire a livello di riduzione delle emissioni in linea con gli obiettivi net-zero con interventi speciali che avrebbero un impatto economico e finanziario importante. Un impatto gestibile che porterebbe l’area UE ad affrontare maggiori costi ma ad avere entro il 2030 dei livelli di rischio finanziario, comunque paragonabili a quelli della transizione accelerata.
Come già evidenziato per i primi due scenari (transizione accelerata e ritardata) non cambiano appunto i livelli di rischio nell’orizzonte 2030, ma cambiano i costi e cambia la composizione dei rischi. Nel caso della transizione accelerata, mettendo a fattor comune i rischi fisici e i rischi di transizione, il livello di esposizione per famiglie e imprese inizierebbe a diminuire nella seconda metà del decennio, quando si iniziano a sentire i benefici della transizione.
Nel secondo scenario si continuerebbe a pagare l’effetto del continuo aumento dei prezzi dell’energia e di una minore disponibilità di energia rinnovabile.
La situazione che si verrebbe a creare nel momento in cui la transizione dovesse, come nella terza ipotesi, tardare di tre anni porterebbe, come accennato, a rischi di un maggiore aumento della temperatura rispetto a un +1,5° con un incremento dei rischi fisici a lungo termine. In concreto, come appare sempre più evidente, a fronte di aumenti più importanti della temperatura si devono prevedere rischi e conseguenze legate a pericoli naturali più frequenti e gravi.
Climate change stress test: i rischi legati alle accelerazioni
Il report della ECB scende poi in dettaglio anche in relazione al comportamento e alle reazioni di diversi settori. La transizione come è ben noto non è “uguale per tutti”, la necessità di accelerare è più intensa e più rilevante per alcuni comparti industriali e così pure i rischi. In generale, dal climate change stress test emerge che i rischi più insidiosi e più difficili da prevedere si corrono, in generale, nel caso in cui la transizione si mette in moto tardi e si muove con accelerazioni repentine e brusche.
A parte questo aspetto, tuttavia, i rischi di transizione sono in assoluto più importanti nei settori minerario, manifatturiero e dei servizi pubblici. Per questi comparti la transizione ha un impatto più incisivo sui bilanci e sui rischi finanziari.
La causa principale di queste valutazione è legata alla dipendenza dalle fonti energetiche fossili, e dalla necessità di sostenere maggiori investimenti in attività di riduzione delle emissioni e di transizione verso le energie rinnovabili. Questo tipo di esposizione, che implica progettualità organizzative e infrastrutturali e tempi di transizione verso le rinnovabili importanti, è particolarmente rilevante nel caso in cui le imprese siano costrette a gestire una transizione industriale nello scenario numero 2, caratterizzato da un ritardo e da forti accelerazioni. Per le imprese più deboli finanziariamente e organizzativamente la gestione di queste accelerazioni rappresenta un ulteriore fattore di rischio.
Dal punto di vista bancario, il report sottolinea inoltre che nei primi due scenari (transizione accelerata e ritardata) si devono prevedere perdite e una crescita delle necessità di finanziamento per le banche nel breve e medio termine, ma non tali da generare preoccupazioni per la stabilità finanziaria nell’area euro. Nell’orizzonte 2030, infine (considerando anche un contesto macroeconomico decisamente peggiorato rispetto al 2022), le perdite medie attese per il mondo bancario nello scenario di transizione accelerata raggiungerebbero il picco nel 2026 e diminuirebbero successivamente.
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