Le conseguenze del cambiamento climatico sulla vita umana, sulla biodiversità e sugli ecosistemi sono ormai un dato di fatto che richiede un intervento urgente. In risposta a questa necessità, nel giugno 2022, la Commissione Europea proposto una legge mirata al ripristino della natura, concepita per favorire il recupero a lungo termine degli habitat naturali degradati nelle regioni terrestri e marine dell’UE. Il 27 febbraio di quest’anno, l’iter è culminato nella prima legge europea sul ripristino della natura o “Nature Restoration Law“.
Approvata dal Parlamento Europeo, la nuova normativa fa parte degli impegni assunti nell’ambito del Global Biodiversity Framework (GBF), ratificato dalle Nazioni Unite nel 2022 a Montreal, e prevede l’obiettivo di ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’UE (che comprendono foreste, praterie, zone umide, fiumi, laghi e coralli) entro il 2030. Obiettivo che sale al 60% entro il 2040 e raggiunge il 90% degli ecosistemi entro il 2050.
I costi per sostenere la transizione sostenibile verranno compensati nel medio periodo
Questa legge avrà naturalmente delle ripercussioni economiche significative, in particolare per le misure che alcuni operatori dovranno adottare per conseguire gli obiettivi stabiliti. Le aziende nei settori dell’agricoltura, della pesca e dell’agroalimentare dovranno modificare il loro modus operandi lungo l’intera catena del valore, privilegiando pratiche rigenerative rispetto a quelle estensive.
Cambiamento che comporterà un costo iniziale elevato: secondo stime della BCG, in Europa i costi di transizione verso pratiche di agricoltura rigenerativa potrebbero determinare una riduzione iniziale dei profitti fino al 50%. Tuttavia, nel medio termine, questi costi saranno più che compensati da profitti per ettaro superiori del 40% rispetto alle pratiche agricole convenzionali. La Commissione Europea conferma il ritorno economico delle politiche sostenibili: ogni euro investito nel ripristino dei terreni potrebbe generare un rendimento compreso tra €8 e €38.
Misurazione e valutazione dei rischi al centro di una strategia di crescita sostenibile
Grazie all’osservatorio privilegiato su aziende e clienti, il Boston Consulting Group (BCG) ha condiviso una prospettiva aggiornata rispetto alle modalità con le imprese possono costruire una “cassetta degli attrezzi” per procede verso la transizione sostenibile.
Per sviluppare una strategia ecosostenibile, occorre partire dalla misurazione degli impatti sulle aree naturali e delle dipendenze dai servizi offerti dalla natura, ampliando il focus a tutta la catena del valore. È fondamentale peraltro adottare un approccio strategico alla valutazione di rischi e delle opportunità per supportare le decisioni di investimento e finanziamento.
In questo contesto, il framework definito dalla Taskforce on Nature-related Financial Disclosures (TNFD) con le raccomandazioni e le linee guida per la divulgazione dei dati sulle tematiche inerenti alla natura rappresenta una guida pratica per le aziende.
Tutelare la biodiversità: i benefici per le aziende
Alla luce dei dati scientifici sulla salute della biodiversità in Europa, che dimostrano la scarsa efficacia degli approcci adottati finora, è stato necessario intervenire a livello legislativo: la EU Nature Restoration Law mira a ripristinare lo stato di deterioramento in cui si trovano attualmente gli ecosistemi naturali. Questo porterà a una serie di benefici interconnessi, come la cattura delle emissioni di CO2, una maggiore protezione da calamità naturali dovute al cambiamento climatico, un aumento della sicurezza alimentare e una maggiore resilienza delle catene di fornitura. Indirettamente, la normativa può avere impatti positivi sulla vita umana e la sua salvaguardia.
Adottare una strategia per la tutela della biodiversità comporterebbe anche altri vantaggi per le aziende: garantirebbe la resilienza del business, mitigando i rischi fisici dovuti al degrado degli ecosistemi naturali da cui dipendono le supply chain globali e rispondendo ai requisiti legislativi in tema di natura. Allo stesso tempo, posizionarsi come leader della biodiversità permetterebbe di trarre un vantaggio competitivo, accedendo a nuovi mercati di prodotti e servizi sostenibili e riducendo i costi attraverso catene di fornitura basate sulla natura.
Proteggere la natura è un modo “economico” per invertire il climate change
Come spiega Fabio Favorido, Principal di BCG: “La tutela della biodiversità in Europa è una sfida difficile, ma con impatti rilevanti per le aziende di ogni settore, poiché da essa dipende direttamente anche l’attività economica. Oltre il 50% del PIL mondiale dipende direttamente o in parte dalla natura – pensiamo alla fornitura di materie prime, risorse idriche, impollinazione. I costi iniziali della transizione verso pratiche agricole sostenibili si configurano come un investimento per le società così come per il pianeta, ma non solo: proteggere la natura è un modo ‘economico’ per proteggere le persone da condizioni meteorologiche catastrofiche e uno strumento chiave per ridurre il riscaldamento globale.”