Da lungo tempo si sottolinea l’importanza del ruolo delle banche e della finanza come stimolo e sostegno alla trasformazione sostenibile delle imprese e delle organizzazioni. La transizione energetica, piuttosto che la creazione di condizioni che consentono di attuare una produzione sostenibile e dunque uno sviluppo sostenibile richiedono investimenti sempre più rilevanti. Questa dimensione del banking, ovvero quella che punta espressamente a progetti di sostenibilità con investimenti sostenibili, ha già una sua identità chiara. Accanto a questa dimensione c’è poi la speciale attenzione con cui il mondo della banche in generale analizza e valuta le imprese che si impegnano su strategie, progetti e percorsi di sostenibilità e decarbonizzazione.
Rischio climatico e tassi di interesse
Questa attenzione al valore, alla credibilità e all’affidabilità dei percorsi di sostenibilità delle imprese è stata oggetto di uno studio della Banca Centrale Europea dal titolo: “Climate risk, bank lending and monetary policy” (il documento completo è disponibile sul sito della BCE a questo link n.d.r.)
Il messaggio forte di questo studio riguarda proprio l’atteggiamento delle banche verso le imprese che “snobbano” gli impegni legati alla decarbonizzazione e alla sostenibilità o non li affrontano in modo credibile e affidabile. I tassi di interesse applicati a questa categoria di aziende comprendono – oltre al rischio di credito convenzionale – anche ulteriori oneri valutati sulla base dell’esposizione di queste aziende al rischio climatico.
Il messaggio è chiaro: le aziende con maggiori emissioni di CO2, o meglio ancora le aziende che non hanno in corso progetti di sostenibilità credibili, devono affrontare un costo del denaro maggiore. Se si cambia banalmente prospettiva si può dire che per il mondo delle banche le imprese impegnate su percorsi net zero sono più affidabili.
Si tratta di una semplificazione per certi aspetti eccessiva che non rende merito della complessità e dell’articolazione dello studio. Si potrebbe quasi dire che anche dallo studio emerge una sorta di doppia materialità nel rapporto tra politiche del credito e rischio climatico, nel senso che come sottolineato precedentemente le banche tengono conto dell’impegno delle aziende nei confronti dell’ambiente, ma a loro volta anche le politiche monetarie della BCE hanno un impatto in termini di valutazione del rischio climatico.
Politica monetaria e progetti di sostenibilità
Dal report emerge infatti che gli interventi sulle politiche monetarie da parte della BCE hanno un impatto in termini di analisi di risk management climatico. Nel caso di scelte che portano a un inasprimento dei tassi di interesse aumenta infatti anche il premio che le banche chiedono alle imprese con una più elevata intensità di carbonio. L’allentamento dei tassi di interesse provoca invece un effetto opposto con le banche che esprimono un atteggiamento meno rigoroso nella valutazione delle performance legate alla riduzione delle emissioni.
Una ulteriore prospettiva di analisi è rappresentata poi dalla strategia che le banche stesse hanno scelto di assumere nei confronti delle politiche ambientale. Impropriamente si può parlare di “Banche Green”, ovvero di istituti che hanno scelto di impegnarsi in modo strategico in piani per la riduzione delle emissioni e hanno fatto proprio il modello della transizione sostenibile. Queste banche sono a loro volta più attente ed applicano condizioni di credito più favorevoli alle aziende impegnate nella transizione verso un’economia a basse emissioni.
Questi istituti inoltre si dimostrano più attenti e più rigorosi nell’analisi e nella valutazione dei fattori che misurano e permettono la rendicontazione dei piani di riduzione delle emissioni. L’attenzione ai dati relativi ai piani di sostenibilità permette poi di premiare le strategie e i progetti più stringenti e coerenti con le attività aziendali, ovvero quelli che con maggiore credibilità e affidabilità possono raggiungere risultati sia sul piano della riduzione delle emissioni, sia su quelli della competitività aziendale.
Se da una parte il rischio climatico entra dunque a tutti gli effetti nella valutazione strategica della posizione dei clienti, si deve nello stesso tempo osservare che siamo ancora in una fase iniziale di questo percorso. La ricerca rileva infatti che le banche non applicano in modo uniforme questo “premio per il rischio climatico”. Ci sono differenze legate a molteplici fattori. Da quelli più coerenti con questo atteggiamento come quelli che vedono alcune banche impegnate in una differenziazione delle politiche di prestito in funzione di una analisi delle strategie e degli impegni delle aziende per la riduzione delle emissioni future. In ogni caso un altro segmale, indiretto, della ricerca riguarda l’approccio e l’assessment sempre più importante che sta alla base dell’analisi delle banche e che aumenta la conoscenza degli effetti della trasformazione sostenibile della aziende.
Queste banche considerano poi anche altri fattori ESG nella valutazione del merito creditizio con un peso variabile a seconda del settore.
Il concetto di trasmissione del rischio
Come già osservato le politiche monetarie della Banca Centrale Europea (BCE) influenzano la valutazione del rischio climatico e le decisioni di prestito da parte delle banche.
Questo atteggiamento suggerisce di considerare il fenomeno del “canale di trasmissione del rischio” proprio delle politiche monetarie. Un fenomeno che vede le banche più propense ad assumere rischi maggiori, tra cui anche i rischi climatici, in periodi di politica monetaria espansiva. Quando la politica monetaria si fa invece più restrittiva cresce l’avversione al rischio da parte delle banche e si riducono i margini delle condizioni di credito per le imprese più esposte ai rischi collegati ai cambiamenti climatici. Si tratta di una sorta di canale di trasmissione del rischio climatico che appare più evidente e importante per le banche che hanno pubblicamente sottoscritto impegni per la riduzione delle emissioni di carbonio, come l’iniziativa Science Based Targets.
Tornando sull’atteggiamento verso maggiore propensione ad adottare tassi d’interesse più convenienti, per le aziende attive nel cleantech, nelle energie rinnovabili o con impegni vincolanti sulla riduzione delle emissioni la ricerca sottolinea che le “banche green” adottano metodiche di analisi, valutazione e decisione che riducono anche i rischi di greenwashing. Nello stesso tempo va anche sottolineato che le banche che si potrebbero definire come “non green” applicano a loro volta, in modalità più generiche, condizioni di credito relativamente peggiori alle aziende più esposte ai rischi climatici o meno impegnate su progetti di riduzione delle emissioni.
Rischio climatico, criteri ESG e merito creditizio
Non ci sono solo i fattori legati all’esposizione al rischio climatico che influenzano la politica creditizia delle banche. Naturalmente e come ben noto ci sono tanti altri fattori ambientali, sociali e di governance che determinano la valutazione del merito creditizio delle imprese e quindi influenzano le condizioni di un prestito o di un finanziamento. In particolare, le aziende con migliori rating ESG complessivi tendono a ottenere tassi d’interesse più bassi e maggiori volumi di prestito rispetto a quelle con rating inferiori. Ovviamente a parità di altre condizioni. Nello stesso tempo però occorre sempre considerare che l’impatto dei fattori ESG sulla valutazione del merito creditizio dipende in larga misura anche dal settore in cui operano le imprese.
Nella valutazione del credito per le realtà che operano in settori come l’energia o come l’hard-to-abate i fattori ambientali hanno un peso maggiore, mentre nel caso caso delle imprese attive nel settore dei servizi o dell’high tech sono le componenti social e governance ad assumere un impatto più rilevante.