La priorità di attenzione sui temi del cambiamento climatico non è in discussione, ma da qualche tempo è correttamente cresciuta la focalizzazione anche sui temi e sui rischi legati alla perdita di biodiversità. Certamente ha contribuito il dibattito che ha portato e che è seguito all’approvazione dal parte del Parlamento Europeo della Legge sul ripristino della natura nel luglio scorso. Qualche settimana fa l’ESMA ha dedicato uno spazio importante del proprio Risk Monitor periodico al rapporto tra biodiversità e finanza, ai rischi che il biodiversity loss pone al mondo finanziario.
La perdita di biodiversità è urgente al pari del climate change
Sullo specifico rapporto tra gestione delle imprese e rischi legati alla perdita di biodiversità arriva il contributo di un report “Preserving the fabric of life: Why biodiversity loss is as urgent as climate change” realizzato da Capgemini Research Institute che estende lo sguardo relativo ai temi della biodiversità anche in relazione alla gestione delle supply chain, ovvero come fattore di rischio che una impresa può “trovarsi in casa” in relazione al rapporto con i propri partner o fornitori.
La ricerca ha coinvolto 1.812 dirigenti di organizzazioni con un fatturato annuo superiore a $1 miliardo attive in 12 paesi in Nord America, Europa e Asia-Pacifico e in 15 diversi settori. Più nello specifico in termini di profilo del campione 1.643 dirigenti (66%) operano in organizzazioni con una strategia o con iniziative di biodiversità Accanto a questo campio di dirigenti di azienda la ricerca ha coinvolto 15 manager ed esperti in biodiversità e sostenibilità di grandi organizzazioni globali.
Alla perdita di biodiversità corrispondono maggiori rischi a livello di climate change
Il rapporto tra imprese e biodiversità non ha oggi la stessa rilevanza e importanza che circonda i temi del cambiamento climatico. I rischi legati all’aumento della temperatura del pianeta sono entrai nel confronto e nel dibattito quotidiano. Sono tante le ricerche e i momento pubblici nei quali si è iniziato a valutare in modo sempre più preciso l’impatto dei tanti e diversi scenari economici e sociali che sono nel nostro orizzonte a fronte degli effetti del climate change. Due studi sono da tenere in particolare considerazione, il report relativo al climate stress test in cui la Banca Centrale Europea misura i rischi legati alla transizione net zero e lo studio della Banca d’Italia sui rischi legati all’aumento della temperatura per le imprese.
La biodiversità è rimasta un po’ sullo sfondo, anche se non mancano gli studi scientifici dai quali emerge che la perdita di biodiversità rappresenta una minaccia molto concreta per la qualità della vita, per i nostri ecosistemi, per la nostra esistenza. Perdere biodiversità significa ridurre quella capacità di protezione rispetto ai cambiamenti climatici che arriva proprio dagli ecosistemi naturali. Perdere biodiversità significa aumentare i rischi legati al cambiamento climatico e significa mettere a repentaglio la capacità dei sistemi agroalimentari di produrre cibo sano in quantità sufficiente.
Secondo alcune stime più della metà del PIL globale potrebbe essere compromesso o deteriorato dalla perdita di biodiversità proprio perché, anche se spesso manca la corretta consapevolezza, esiste un rapporto molto stretto tra capacità delle imprese di produrre valore e l’ambiente naturale nel quale operano o dove stabiliscono relazioni. Una impresa che non pensa in modo strategico al proprio futuro anche in termini di rapporto con la biodiversità rischia di essere una impresa che non considera una parte importante dei possibili rischi ma anche di possibili opportunità.
C’è un importante ritardo da colmare in termini di perdita di biodiversità
Tra i manager delle imprese intervistate non manca la consapevolezza in merito all’importanza della biodiversità e del suo impatto, per il pianeta prima di tutto ma anche e in modo importante per l’industria in cui si opera e per la compagnia per la quale si lavora. Tuttavia, se si guarda al “pensiero strategico” con cui si riflette su questo tema, si nota che solo il 24% degli intervistati afferma di avere una strategia di biodiversità.
E se si legge questo dato in funzione dell’area geografica in cui operano le imprese si nota che purtroppo l’Italia figura tra i paesi (Australia, Germania, Canada) in cui la quota di imprese con una strategia di biodiversità è tra le più basse tra il 15 e il 18%. Chi invece una strategia ha scelto di disegnarla o adottarla, ha dei piani per investimenti in processi circolari, per considerare nei propri investimenti i possibili impatti a livello di biodiversità.
Appare poi estremamente significativo che solo il 16% delle aziende intervistate disponga di valutazione di impatto della propria supply chain sulla biodiversità. Un tema che espone le imprese a rischi difficili da controllare considerando anche le difficoltà di agire su aziende partner o su fornitori. Ancora più preoccupante è il dato fermo al 20% relativo alle aziende con una strategia di biodiversità relativa alle proprie operations.
Chi invece ha scelto di agire a livello di supply chain lo ha fatto fondamentalmente con un aggiornamento nel 58% dei casi del proprio codice di condotta dei fornitori in chiave di Green procurement o con investimenti su catene di fornitura che escludono attività di deforestazione e con pratiche di gestione forestale sostenibile.
Perdita di biodiversità: prevale la percezione che sia un rischio a medio e a lungo termine
Sia chiaro, sul fatto che la perdita di biodiversità sia un rischio non ci sono (per fortuna) dubbi. Purtroppo solo per il 17% è meglio pensarci subito perché la perdita di biodiversità può avere conseguenze immediate. Per un 47% dei dirigenti si tratta di un rischio a medio termine per le aziende mentre un 30% dei casi è convinto che si tratti di un rischio a lungo termine con orizzonte 2050.
Il fattore tempo influisce poi direttamente sulle priorità. Dal report emerge che gli investimenti aziendali indirizzati alla protezione e conservazione della biodiversità sono al di sotto del 5% di quanto si stima sia necessario investire da parte di tutti gli stakeholder allo scopo di mettere un freno ai danni all’ecosistema nei prossimi 10 anni.
Non è solo il fattore tempo a destare qualche preoccupazione, la percezione che la biodiversità sia un tema complesso è ancora molto diffusa. I temi del climate change in qualche modo sono riconducibili a un macro-tema di riduzione delle emissioni sul quale si sono diffuse e consolidate metriche e metodologie per poter scegliere come e quando agire. In relazione alla biodiversità il 59% degli intervistati manifesta preoccupazione per la sua complessità. Come “maneggiare” questo tema: come misurarlo, come quantificarlo e rendicontarlo? Questi dubbi ne alimentano naturalmente altri come quello che attraverso in modo sempre più importante tutti i temi della trasformazione sostenibile della mancanza di Green skill adeguati per presidiare correttamente la biodiversità.
L’innovazione digitale per contrastare la perdita di biodiversità
Una risposta importante in termini individuazione di soluzioni per rispondere alla perdita di biodiversità arriva dall’innovazione. Innovazione a livello di processi produttivi, di re-design dei prodotti e dei servizi e di adozione di tecnologie digitali che consentono di agire su più livelli grazie a una maggiore conoscenza di tutte le forme di impatto.
Quasi tre quarti dei manager intervistati guardano con fiducia al ruolo delle tecnologie digitali per mettere in sintonia la propria organizzazione con i temi della biodiversità. In questo scenario si collocano le scelte delle aziende di investire in AI, nel Machine Learning (31%), nella stampa 3D (30%) e nella robotica (28%).
L’Intelligenza artificiale e l’Internet of Things permettono ad esempio di semplificare il monitoraggio e il tracciamento del mondo naturale e di avere una visione più precisa e puntuale dei fattori compongono la biodiversità, degli animali, delle piante, degli ambienti naturali.
La disponibilità di dati e di piattaforme digitali rappresentano anche una importante opportunità per fare innovazione di prodotto e di modelli di business. Anche se la tecnologia rappresenta essa stessa un rischio per i sistemi naturali, per le conseguenze ad esempio legate all’estrazione di materie prime la tecnologia è fondamentale per proteggere la biodiversità. La maggior parte del campione ritiene che il digitale può contribuire a proteggere la biodiversità: i più convinti sono i rappresentanti delle imprese attive nei prodotti di consumo (82%) dell’ energia (81%) e delle Telco (81%).
Su ESG Smart Data una selezione e una sintesi delle ricerche e delle analisi sul ruolo e sulle prospettive della sostenibilità per le imprese e per le pubbliche amministrazioni.