Global Risks: dal 2023 al 2024 cresce l’incertezza
Il Global Risks Report 2024 del World Economic Forum – come ogni anno – rappresenta l’occasione per portare l’attenzione sugli scenari che abbiamo davanti sul piano sociale e sul piano economico. Si può dire che in questa ultima decade il Risk management come disciplina è uscita dal “backoffice” per assumere un ruolo decisamente più rilevante e più direttamente in relazione con la definizione delle strategie aziendali e delle operations. In particolare, i rischi che hanno caratterizzato il 2023 e quelli che si prospettano per il 2024 sono destinati ad alzare ulteriormente il livello di attenzione delle aziende. L’altro grande tema che caratterizza il rapporto con il risk management riguarda il ruolo che sta svolgendo il digitale e l’intelligenza artificiale nello specifico nel comprendere con maggior precisione gli scenari che si prospettano in funzione dell’evoluzione nei principali fattori di rischio.
Dall’edizione 2023 del Global Risks Report (vedi il servizio Rischi di mitigazione e adattamento: le priorità del WEF Global Risks 2023 n.d.r.) era arrivato un avvertimento molto forte in merito alle crescenti difficoltà di recupero dalle crisi sempre più gravi e sempre più interconnesse che colpiscono il pianeta. Il 2024 segnala come macrofattori più rilevanti: da un lato un peggioramento delle due grandi crisi che caratterizzano questo periodo storico, il cambiamento climatico e le guerre, in particolare in Ucraina e Medio oriente; dall’altra una amplificazione delle tensioni che accompagnano il cambiamento tecnologico e le incertezze legate alle sperequazioni economiche.
Le manifestazioni legate ad eventi e disastri metereologici riconducibili agli effetti dei cambiamenti climatici stanno a loro volta determinando un forte impatto sul piano sociale ed economico evidenziando come le iniziative e le progettualità per l’adattamento ai cambiamenti climatici non sono al momento all’altezza di fronteggiare l’intensità e la velocità della trasformazione in corso e dei global risks che stanno generando. I rischi appaiono inoltre ancora più evidenti e l’incapacità di gestirli genera a sua volta sfiducia.
Global Risks: economia e società
Sul piano sociale ed economico le pressioni sul costo della vita riducono aspettative e prospettive in ragione di una preoccupazione importante verso un’inflazione che si fatica a domare, verso tassi di interesse elevati e dunque verso una incertezza economica che si è in gran parte riversata sul piano sociale, aumentando ulteriormente il senso di difficoltà nell’affrontare anche i temi della quotidianità.
Con questo “clima emotivo” si arriva a quello che nel 2024 viene considerano il rischio più rilevante per i prossimi due anni, vale a dire quello della disinformazione. Un rischio che in un contesto sempre più interconnesso come quello che viviamo può generare una amplificazione dei rischi reali o una incapacità di gestirli correttamente. Esattamente come accade negli ecosistemi naturali, che nel momento in cui vengono spinti al limite in termini di consumo di risorse o di stress, possono trasformarsi e diventare qualcosa di fondamentalmente nuovo, questi cambiamenti sistemici stanno generando un impatto estremamente pericoloso anche perché vengono affrontati sulla base di una informazione che non è corretta e comprensibile.
Un impatto inoltre che è difficile da “perimetrare” sul piano geostrategico, su quello demografico e su quello tecnologico. Il rischio di disinformazione va infatti anche letto in relazione alle enormi difficoltà che stanno attraversando i temi legati alle diverse trasformazioni in corso. Non si può non pensare a come la transizione energetica nel corso del 2023 sia stata oggetto di campagne informative (o disinformative) che non hanno certamente favorito la corretta comprensione e portata di questo fenomeno. Per certi aspetti le difficoltà nell’attuazione di misure di mitigazione o di adattamento non sono solo legate alla capacità di trasformazione tecnologica, industriale e sociale di organizzazioni e imprese, ma alle resistenze che derivano da una informazione parziale, insufficiente e imprecisa che allontana la possibilità di identificiare soluzioni condivise.
Transizioni e sistemi di governance: l’impatto dei Global risks
Il Global Risks Report 2024 del World Economic Forum analizza infatti anche l’insieme delle condizioni globali che impattano sulle tante e diverse transizioni in corso in un panorama di rischi globali che mettono in relazione ciascuna transizione con i sistemi di governance. Sistemi di governo che sono a loro volta in trasformazione e che, come cita il rapporto, sono spinti oltre i limiti tradizionali. In particolare il report analizza la gravità e intensità dei rischi per le economie e per le trasformazioni sociali in corso nell’arco dei prossimi due anni e nell’orizzonte più sfidante dei prossimi dieci anni.
Con un passo indietro si deve notare che gli eventi del 2023 hanno contribuito ad aumentare il livello di attenzione e sensibilità verso il grande tema dei rischi che minacciano il pianeta. Il grande dramma dei conflitti in corso e al loro potenziale allargamento ad altre aree, i rischi climatici e la difficoltà di affrontarli in modo strutturale, le minacce legate alle condizioni sanitarie come i temi legati alla pandemia COVID-19, hanno posto al centro dell’attenzione questi rischi e hanno anche aumentato la consapevolezza di quanto sia alta l’esposizione oggi a queste minacce. Gli effetti destabilizzanti di questi rischi vengono poi amplificati nel momento in cui più rischi si intrecciano e si sovrappongono e generano, come purtroppo è più volte accaduto, dei veri e propri shock globali, che rappresentano a loro volta dei nuovi rischi che necessitano di un esame e una valutazione adeguata.
Il panorama dei Global Risks nei prossimi due anni
Il percorso verso il 2024 e 2025 mostra un panorama prevalentemente negativo con prospettive, purtroppo, di peggioramento nel prossimo decennio. Il report segnala che il 54% del campione prevede una crescita nell’instabilità e un moderato rischio di catastrofi globali, mentre va segnalato il pessimismo di una quota molto importante pari al 30% che si aspetta (o teme) condizioni peggiori.
Come anticipato i rischi di disinformazione rappresentano la preoccupazione più importante per i prossimi due anni. La necessità di agire in modo oggettivo e chiaro sulla conoscenza è l’antidoto più naturale e immediato, anche se la modalità per agire su questo punto è assai delicata, considerando la straordinaria complessità sottostante al grande tema della disinformazione: da quella pilotata a fini politici, economici e che attiene a strategie geopolitiche, a una disinformazione che è invece la conseguenza delle difficoltà di disporre di una adeguata Governance nell’impatto delle innovazioni tecnologiche sul piano dell’informazione e il riferimento in questo caso va anche al ruolo dell’Intelligenza Artificiale generativa.
Al vertice di questa classifica vediamo poi il tema dei rischi collegati agli eventi atmosferici estremi e dunque ai cambiamenti climatici, a una maggiore intensità e aggravamento nelle polarizzazioni sociali e demografiche e alla crescente difficoltà nel governare le accelerazioni tecnologiche in particolare per quanto attiene ai rischi cyber.
La polarizzazione sociale è poi vissuto come un rischio temporale nell’immediato e nei prossimi due anni. Un tema quello della trasformazione e radicalizzazione di temi sociali che viene messo in strettissima relazione con i temi del rallentamento economico, anche come esempio di come i rischi interconnessi possono amplificarsi e aggravare l’impatto sul piano sociale. Una analisi analoga vale poi per le tensioni geopolitiche che sono in aumento ma che devono essere lette in combinazione con la difficoltà nel governare lo sviluppo tecnologico: due interconnessioni che generano nuovi rischi per la sicurezza.
L’altro aspetto, che esce dal perimetro dei rischi più legati alla sfera geoeconomica riguarda i rischi legati alle divisioni ideologiche che hanno a loro volta un impatto diretto e pesante sui temi della governance delle relazioni e degli stessi strumenti informativi che stanno alla base di questa governance.
Rischi globali: come valutare la capacità di reazione di sistemi che si sono indeboliti
Un altro aspetto rilevante del rapporto riguarda la capacità di reazione, prevenzione e azione verso questi rischi. E il punto chiave riguarda la consapevolezza che molti sistemi hanno vissuto in questi anni un impatto che ha indebolito la capacità di affrontare e governare queste minacce creando una situazione che aumenta parimenti l’esposizione a eventuali shock e la difficoltà di rispondere e assorbirne l’impatto.
Le vulnerabilità socioeconomiche nei prossimi due anni saranno amplificate dai segnali che mettono in relazione un rallentamento economico con i rischi legati ai conflitti armati interstatali (vedi anche i rischi legati alle catene di fornitura) e di disinformazione che spesso impediscono la corretta comprensione degli scenari nei quali si collocano organizzazioni e imprese e allontanano la possibilità di identificare possibili soluzioni.
Il rapporto sui Rischi Globali dello scorso anno citava come l’aumento dell’inflazione avrebbe reso sempre più difficile raggiungere una stabilità dei prezzi e governare una crescita economica creando di fatto una ulteriore incertezza economica. Questi rischi sono nelle prime 10 posizioni nel report 2024 con una attenzione speciale sull’inflazione e sui temi del allentamento economico. Va però segnalato che in merito a questi rischi è diminuita la percezione di gravità rispetto allo scorso anno.
In merito alla polarizzazione sociale, che rappresenta il terzo rischio più importante nei prossimi due anni, si segnalano alcuni effetti particolarmente delicati che li mettono in relazione con la polarizzazione politica, con le difficoltà economiche, con la riduzione del clima di fiducia e con la mancanza di valori veramente condivisi.
Il risultato, anche in termini di capacità di reazione ai rischi, è una erosione della coesione sociale sulla quale insiste (da citare ancora una volta) la disinformazione, che lascia spazio alla propagazione di nuovi rischi. Ed è in questo circostanza che il report parla del concetto di “rete dei rischi” come una forma di interconnessione tra diversi rischi dalla quale possono prendere forma nuovi rischi o possono crescere le difficoltà di governance.
Global Risks: nei prossimi dieci anni la priorità è sul clima
Nell’orizzonte dei prossimi dieci anni il report manda un segnale molto chiaro ed esplicito sulla necessità di affrontare i rischi legati al clima. Tra i primi dieci rischi ben cinque solo collegati al clima e tra gli altri cinque almeno due sono a loro volta fortemente interconnessi con i temi climatici. (Da leggere a questo proposito il servizio IPCC AR6: evidenze e scenari per mitigazione e adattamento ai cambiamenti climatici n.d.r.).
Eventi metereologici estremi, cambiamenti critici nei sistemi terrestri, perdita di biodiversità e trasformazioni a livello di ecosistemi, carenza di risorse naturali sono nelle prime quattro posizioni e Inquinamento nella decima posizione, sono i fattori di rischio direttamente legati ai cambiamenti climatici. Migrazioni e polarizzazioni sociali sono altri due rischi fortemente interconnessi con i temi climatici.
Nello scenario della prossima decade il report esprime la convinzione che i temi della percezione dei rischi e della gravità di un impatto che assume a tutti gli effetti una dimensione planetaria è un fattore chiave sul piano sociale, economico e politico, con gli eventi meteorologici estremi che restano una preoccupazione persistente tra l’anno scorso e quest’anno mostrando una percezione di gravità in crescita.
Ma nello stesso tempo è anche venuto il momento di interrogarsi seriamente su cosa può accadere se la temperatura del pianeta cresce di 3°C. Occoorre domandarsi quale scenario si prospetta se il cambiamento climatico si trova nella condizione di riscrivere effettivamente e intrinsecamente le regole biologiche e sociali del pianeta. Cosa può accadere, quali rischi in conseguenza di una trasformazione determinata ad esempio da scarsita di risorse e dall’aumento e dalla gravita degli eventi atmosferici estremi si viene a configurare?
Le risposte sono ovviamente difficilissime perché gli stessi scenari sono frutto di ipotesi complesse, tuttavia il report, a parte il messaggio chiave sulla centralità di agire per impedire che i rischi climatici mettano in moto processi veramente incontrollabili, dice che sta prendendo forma un ordine multipolare con potenze medie e grandi che da una parte stabiliscono e fanno rispettare regole e le norme attuali e dall’altra le contestano. E da qui deriva la difficoltà di una governance climatica che per definizione deve essere frutto di una concertazione globale che non si vede in questo orizzonte.
Le implicazioni di un mondo frammentato rende più critica la preparazione ad affrontare i rischi globali ed è per l’appunto ostacolata dalla mancanza di consenso e di cooperazione.
Alla ricerca di nuove forme di cooperazione per affrontare i Global Risks
Il grande tema che accompagna queste previsioni riguarda il fatto che se da una parte la cooperazione è una componente fondamentale per identificare delle soluzioni e per attuarle, proprio la cooperazione è e sarà sotto pressione in questo contesto indebolito frammentato e disinformazione. Una “via d’uscita” è rappresentata dal ruolo che possono svolgere, come segnala il report, delle strategie localizzate in grado si sfruttare investimenti e regolamentazioni espressamente orientati a ridurre l’impatto di determinati rischi (come nel caso specifico dei rischi climatici e delle forme di collaborazione strutturate legate a COP28).
C’è poi il ruolo fondamentale dell’innovazione tecnologica, del Cleantech e del ClimaTech per fare due esempi che nascono e si sviluppano con l’obiettivo di dare priorità al futuro concentrandosi su ricerca e sviluppo, non solo per ridurre i rischi ma per cancellare le condizioni che determinano lo sviluppo di questi stessi rischi.
L’altro grande tema che emerge dall’analisi del report riguarda la capacità di rispondere in modo nuovo alle necessità di adattamento, non solo in relazione ai rischi climatici, ma in relazione alle trasformazioni determinate dall’interconnessione tra diversi fattori di rischio. Il report segnala che nel prossimo decennio la nostra capacità adattiva arriverà al limite. Non basta dunque agire per ridurre i rischi ma occorre agire su educazione, comportamenti, collaborazioni per cambiare e aumentare e adattare la cultura dell’adattamento alle trasformazioni in corso.
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