Water management

Water management in Italia: verso una transizione “smart” e “circular” 

Per rispondere al bisogno primario, almeno nel nostro paese, di invertire le criticità legate alla rete idrica, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta un’opportunità storica per il rilancio della filiera estesa dell’acqua, ma è necessario che i fondi a disposizione vengano sfruttati in modo rapido ed efficiente. Durante il convegno organizzato da IBM “Sostenibilità e consapevolezza nel Business Idrico”, i manager dell’azienda si sono confrontati con i principali gestori del water management in Italia. Le parole magiche per una filiera smart e circular: digitalizzazione delle infrastrutture, rafforzamento dei meccanismi di collaborazione pubblico-privata, e sensibilizzazione dei consumatori finali.

Pubblicato il 10 Apr 2022

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Per parlare di water management, occorre partire dalla considerazione che negli ultimi anni, l’Italia ha vissuto il susseguirsi di situazioni climatiche estreme, in termini di temperature raggiunte nonché di scarsità di precipitazioni. Ciò ha causato diffusi regimi idrologici di magra, la mancata ricostituzione delle scorte naturali (nevai, ghiacciai, falde, laghi) e una maggiore richiesta di acqua per qualunque attività umana. 

A ciò si aggiunge una trasformazione epocale che vede la popolazione mondiale crescere ad un ritmo vertiginoso: nell’ultimo secolo è quadruplicata e secondo le stime, nel 2050 sfiorerà i 10 miliardi. E quindi, la domanda continuerà ad aumentare a fronte di un costante calo della disponibilità delle risorse naturali, tra cui l’acqua. 

Una risorsa sempre più scarsa e strategica tanto che oggi 2,2 miliardi di persone (il 29% della popolazione mondiale) non hanno accesso ad acqua potabile e servizi idrici di base e se non si agisce in fretta, l’ONU prevede che al 2030 il 40% delle persone vivrà in condizioni di stress idrico (Summary progress Update 2021: SDG & -water and sanitation for all, United Nations). 

L’obiettivo di estendere a tutti l’accesso all’acqua potabile deve necessariamente essere accompagnato da azioni che ne promuovano e ne garantiscano l’uso consapevole e responsabile, soprattutto in quei paesi che godono di una maggiore disponibilità della risorsa. 

Gli effetti diretti e indiretti della emergenza idrica, che rischiano di esacerbare disequilibri geopolitici già precari, stanno alzando il livello di attenzione verso organizzazioni e imprese che hanno scelto di focalizzare l’attenzione sui consumi e sulle modalità di utilizzo dell’acqua. Al contempo, cresce sul mercato l’offerta di servizi che permettono di migliorare la gestione di questa risorsa e cresce l’attenzione del mondo ESG verso i provider di tecnologia nel water management, ma anche verso le realtà che sono nella condizione di indirizzare e modificare i comportamenti dei consumatori. 

In particolare, per questa categoria di aziende si configura la possibilità, grazie al digitale, di mettere a disposizione “intelligenza” sulla gestione della risorsa acqua ed questa dimensione che viene osservata con grande attenzione dal mondo ESG anche perché consente a questi attori di contribuire direttamente ai rating ESG di imprese e organizzazioni. 

 

Crisi idrica: pesano scarsità, climate change e pandemia 

Dalla mappatura della filiera idrica estesa fornita dal Libro Bianco 2022 “Valore acqua per l’Italia, community fondata nel 2019 da The European House – Ambrosetti, 1,6 miliardi di persone soffrono la scarsità d’acqua economica (in termini di non accessibilità a causa della mancanza di infrastrutture) e 2,2 miliardi di persone non hanno accesso ad acqua potabile e servizi idrici di base nel mondo. 

Inoltre, i cambiamenti climatici hanno una relazione centrale con l’acqua: il 74% dei disastri naturali è legato all’acqua (+50% negli ultimi 10 anni), con rilevanti conseguenze economiche e sociali per i territori interessati. Negli ultimi 10 anni si contano 55.000 morti e 103 milioni di persone colpite da inondazioni nel mondo, con danni economici pari a 76,8 miliardi di dollari. Altri 2.000 morti e 100 milioni di persone colpite da siccità per oltre 10 miliardi di perdite economiche.  

La gestione ottimale della risorsa idrica diventa un obiettivo imprescindibile anche alla luce degli impatti che il cambiamento climatico ha sull’ambiente. Uno dei suoi effetti principali, infatti, è l’alterazione della distribuzione delle precipitazioni, che, a sua volta, crea rilevanti conseguenze nella distribuzione delle risorse idriche, in particolare per alcune regioni del pianeta, tra cui l’area del Mediterraneo. Con riferimento al contesto italiano, si assiste da tempo a una riduzione delle piogge e a un contemporaneo intensificarsi delle precipitazioni, con conseguenti impatti sul ciclo idrico. 

Anche la pandemia da Covid-19 è diventata un elemento di ulteriore pressione sulla gestione della risorsa acqua, ponendo l’accento sulla necessità di dotarsi di un sistema economico, sociale e ambientale più sostenibile e resiliente. 

Ad inasprire le situazioni di crisi idrica, il costante aumento della domanda di acqua a livello globale, che rende la risorsa ancora più scarsa e strategica. L’Italia è uno dei Paesi più idrovori d’Europa, sia a livello assoluto con oltre 9 miliardi di m3 di acqua prelevata ogni anno per uso civile (1° Paese dell’Unione Europea), sia in termini relativi, con 152 m3 di acqua prelevata ad uso potabile per abitante all’anno (2° Paese dell’Unione Europea, dopo la Grecia).  

 

Il ruolo delle aziende che hanno come core business il water management 

Le imprese che hanno come core business il water management come possono essere le utilities o le multi-utilities con una focalizzazione su servizi legati alla gestione e alla distribuzione dell’acqua, sono destinate a svolgere un ruolo sempre più importante poiché si tratta di realtà che gestiscono le infrastrutture e hanno la responsabilità di ridurre qualsiasi forma di spreco lungo le condutture e in tutte le fasi di erogazione; e, grazie alla capacità di visione sui consumi, possono essere nella condizione di indirizzarli, contribuendo a una migliore gestione delle riserve. 

Per queste realtà, il ruolo dell’innovazione è centrale e può fare riferimento ad una innovazione digitale basata su Internet of Things, Big Data Analytics, Intelligenza Artificiale per il monitoraggio dei consumi, grazie alla diffusione di contatori intelligenti, per la manutenzione preventiva e predittiva delle infrastrutture e per la riduzione delle perdite, ma anche per la capacità di indirizzare i consumi lavorando sull’analisi dei comportamenti e sulla customer experience dei consumatori. 

Il punto più importante per questa categoria è rappresentato dalla possibilità di contribuire a una migliore gestione delle riserve mettendo in diretta relazione i consumi con la disponibilità delle risorse, tenendo conto ad esempio delle previsioni legate alla situazione metereologica e con le variabili che possono influenzare i consumi delle diverse tipologie di clienti. 

 

Le falle della rete idrica italiana: il 40% dell’acqua viene sprecato a causa della vetustà delle reti 

Guardando all’Italia, il primo dato significativo su cui soffermarsi è che l’intera rete idrica italiana è composta da 425mila km di acquedotti, una dimensione che si fa fatica a visualizzare, ma che rende immediatamente l’idea di quanto sia complesso gestire l’intera rete. 

Complessità che si mostra in tutte le sue sfaccettature guardando ai dati comunicati da Utilitalia, la Federazione che riunisce 450 aziende operanti nei servizi pubblici dell’Acqua, dell’Ambiente, dell’Energia Elettrica e del Gas, durante l’intervento di Maria Gerarda Mocella, Strategia Pianificazione e Sostenibilità Utilitalia. 

Il Blue Book della Fondazione Utilitatis in collaborazione con Istat e Cassa depositi e prestiti che fotografa il servizio idrico integrato nazionale rivela che lo spreco idrico si attesta al 40% a causa di perdite o di problematiche legate alla rete idrica. È un dato disarmante: di tutta l’acqua che passa nella rete idrica italiana solo il 60% arriva a destinazione e il resto viene, letteralmente, buttato via.  

La ragione principale di questa cronica inefficienza delle infrastrutture idriche è da ricercare nella vetustà delle reti acquedottistiche, con il 60% della rete di distribuzione che ha oltre 30 anni e il 25% più di 50 anni. Non solo, c’è anche un fortissimo divario fra Nord e Sud (a cui ci si riferisce con il termine, water service divide): al Nord le perdite si attestando intorno al 32%, mentre al Centro/Sud arriviamo al 50%. 

Secondo dati ISTAT, nei comuni capoluogo di provincia e città metropolitana, dove risiedono 17,8 milioni di persone, pari a circa il 30% della popolazione italiana, le perdite totali si sono attestate nel 2020 al 36,2%, equivalente a 41 metri cubi al giorno per km di rete. 

Investire nell’ammodernamento delle infrastrutture e nelle tecnologie di monitoraggio per tutelare la risorsa acqua 

L’Italia si attesta come paese a stress idrico medio (indice WEI, Water Exploitation Index pari al 16% secondo Eurostat), in linea con la Francia e la Germania; tuttavia, a differenza di questi due paesi, l’Italia è la nazione europea che consuma più acqua con un consumo medio pro-capite di oltre 236 l/ab al giorno nel 2020 nei 109 comuni capoluogo di provincia e città metropolitana (Istat). 

Sono due le direttrici che devono essere seguite e su cui, in teoria, si sta già lavorando. Da un lato l’indispensabile ammodernamento dell’infrastruttura (che in pratica, si traduce nella sostituzione di molti tubi) per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento idrico; dall’altro l’investimento in tecnologie che permettano di tenere monitorata la rete, per renderla più efficiente e per poter intervenire in modo tempestivo dove e quando serve. 

Con l’introduzione della regolazione della qualità tecnica del servizio idrico integrato da parte dell’ARERA che ha comportato la necessità di raggiungere determinati obiettivi di miglioramento/mantenimento, e l’emergenza sanitaria che ha imposto alle aziende una improvvisa accelerazione nell’adozione delle tecnologie digitali anche in coerenza con gli stimoli al rafforzamento della digitalizzazione del PNRR, i gestori idrici hanno iniziato a mettere in campo un maggior numero di interventi di innovazione digitale, contribuendo in maniera significativa a un miglioramento del servizio, in termini di efficacia ed efficienza. 

Secondo la Relazione Annuale ARERA 2021 – su un panel di operatori che gestisce complessivamente 380.000 km di reti acquedottistiche -, l’80% della rete è georeferenziata, in aumento rispetto a quanto registrato nel 2016 (77%). Questo significa che le coordinate di posa nonché talune caratteristiche tecniche come diametri e tipologia di materiale sono note e archiviate in formato digitale. 

Si evidenzia, inoltre, un significativo incremento della messa in esercizio di sistemi di telecontrollo, che oltre al controllo vero e proprio dei consumi permette di regolare automaticamente la portata e la pressione sulle reti di distribuzione, si attesta a 32,8% in aumento rispetto al 2016 quando si attestava a 21,8%. 

 

Water management: la tecnologia non basta per risolvere le criticità del settore idrico 

Le soluzioni, primariamente a livello industriale, per il water management e soprattutto per il waste water non solo non mancano ma iniziano a guadagnare spazio. Tuttavia, non basta, l’acqua è un asset e come tale deve essere considerato, gestito e valorizzato.  

Lo sottolinea Tullio Montagnoli, AD A2A ciclo idrico secondo cui le tecnologie ci sono e sono mature, ma non tutti i player hanno la consapevolezza che le tecnologie costituiscano leve fondamentali per migliorare lo status del settore.  

“Oggi mai come negli ultimi 5 anni ho incontrato fornitori di tecnologie. È vero che da quando siamo entrati in ARERA il settore idrico ha iniziato un percorso virtuoso. Esistono tantissime tecnologie, ma bisogna scinderle tra quelle veramente efficaci e quelle meno. Noi abbiamo testato in A2A una tecnologia abbastanza innovativa per il rilevamento delle perdite che ci permette oggi con il cloud di individuare le perdite con un tasso di successo del 75% ma ne abbiamo testate tante altre che non hanno funzionato”. 

 

Per sfuggire a crisi idriche future in un Paese fortemente idrovoro, l’Italia deve sfruttare il PNRR 

Per questo è il momento, oggi più che mai, di concentrare l’attenzione sulle risorse legate al piano Next Generation EU e alla parte attuativa che fa riferimento ai progetti del Piano Nazionale Ripresa e Resilienza per rispondere a quello che appare oggi come il bisogno primario per invertire, almeno nel nostro paese, la criticità legata alla crescita degli sprechi con una digitalizzazione delle infrastrutture. 

Il PNRR destina alla Tutela del territorio e della Risorsa Idrica più di 4 miliardi di investimenti al fine di garantire la sicurezza, l’approvvigionamento e la gestione sostenibile dell’acqua. Gli oltre 4 miliardi destinati “agli invasi”, i 900 milioni destinati all’ammodernamento delle reti cittadine e i 600 milioni a loro volta indirizzati alla parte degli impianti di depurazione e delle infrastrutture fognarie costituiscono una occasione per portare la capacità di rilevazione, controllo e di azione del digitale al servizio della gestione delle acque nei territori. 

Utilitalia ha raccolto dalle associate al settore idrico una proposta progettuale delle aziende che vogliono mettere in campo per far fronte a queste criticità pari a circa 14 miliardi di euro. Tale investimento ha una ricaduta sul territorio importante pari a circa +0,8% di impatto sul PIL e con un impatto sull’occupazione di +158.000. 

La maggior parte dei progetti sono destinati alle infrastrutture idriche per la sicurezza dell’approvvigionamento idrico (linea di investimento 4.1: 7,45 miliardi di euro, il 54% del totale); a seguire gli interventi sulle perdite di rete (LI 4.2: 3,32 miliardi di euro, il 24%) e in fognatura e depurazione (LI 4.4: 3,09 miliardi di euro, il 22%). 

Sulla linea 4.2, il 55% del valore progettuale è dedicato alla sostituzione delle reti di distribuzione, mentre il 45% ad interventi in digitalizzazione (sistemi innovativi di monitoraggio, smart metering, sistemi di controllo e manutenzione digitale). 

“Le aziende sono pronte – afferma Mocella – e lo dimostrano dalle reazioni al primo bando del PNRR. Ciò che serve alle imprese per risolvere le criticità del settore sono le riforme sulla velocizzazione dell’autorizzazione e interventi sulla governance. Gli investimenti nella filiera dell’acqua sono rallentati da iter autorizzativi lunghi e articolati. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta un’opportunità storica per il rilancio della filiera estesa dell’acqua, ma è necessario che i fondi a disposizione vengano sfruttati in modo rapido ed efficiente”.

Bisogna, dunque, favorire misure per snellire le procedure autorizzative, riconfigurare lo schema della gestione diretta dei comuni e i ritardi nello sviluppo di un approccio industriale ai servizi pubblici locali. Vanno inoltre evitate misure che creino inutile incertezza per quegli operatori che già investono e che attraggano nuovi finanziatori che credono nello sviluppo sostenibile, innescando un circolo virtuoso per la crescita del Paese e il superamento delle differenze territoriali.

 

Per non perdere l’occasione del PNRR, occorre fare sistema e aumentare la capacità di attrattività e ritenzione dei talenti 

Tutti i partecipanti al convegno, dai manager IBM a quelli delle varie aziende del settore presenti, sono concordi sul fatto che per non perdere l’occasione è indispensabile investire al meglio i fondi stanziati. Detta così può sembrare una banalità, ma i tempi stretti imposti dalla Comunità Europea rendono il quadro decisamente più complesso.

Una chiave, sottolineata in prima battuta da Stefano Cetti, Direttore Generale di MM, e che ha visto una convergenza unanime di tutti i partecipanti, è la necessità di fare sistema, condividendo esperienze e best practice in una contaminazione di competenze manageriali e tecniche, e fare in modo che ci sia un travaso verso una realtà che si presenta troppo frammentata. 

Ed è proprio la gestione frammentata e inefficiente delle risorse idriche ad essere causa, assieme alla scarsa efficacia e capacità industriale dei soggetti attuatori nel settore idrico soprattutto nel Mezzogiorno, del famoso “water service divide” che caratterizza il settore idrico italiano. 

Un quadro di water management che determina un elevato livello di dispersione delle risorse idriche: nella distribuzione per usi civili, la dispersione media è del 41% (51% al Sud). La ripresa degli investimenti nel settore idrico appare ancora insufficiente rispetto alle attuali esigenze di ammodernamento e sviluppo delle infrastrutture idriche italiane (il 35% delle condutture ha un’età compresa tra 31 e 50 anni). 

Stante la consapevolezza sulla necessità di investimenti e tecnologie, quello che non deve mancare, a detta di Cetti, è la capacità di attrattività e ritenzione dei talenti capaci di far funzionare l’innovazione tecnologica. Quindi, sicuramente quella di oggi è opportunità da non perdere ma anche da costruire a livello nazionale. 

Inoltre, “come gestori dei servizi idrici siamo molto energivori – spiega Cetti – e risentiamo pesantemente degli incrementi dei prezzi sulle materie prime in questa economia di guerra. Costi che si vanno a sommare alle altre tre voci di costo economico: personale, energia elettrica per movimentare l’acqua, smaltimento dei fanghi (ouput finale del ciclo industriale)”.

Per questo, continua Cetti “cerchiamo di fare gruppi di acquisto, e diventare un interlocutore importante per chi vende energia elettrica. Ma questo non basta, dobbiamo riconvertirci e rifocalizzarci sulla capacità di efficientare l’uso dell’energia elettrica, e anche del gas (utile per i processi di essicamento nei depuratori), per quanto riguarda l’utilizzo delle quantità di energia che servono. E quindi dobbiamo spingere sull’autoconsumo e sull’autoproduzione. A Milano stiamo contribuendo allo sviluppo di una rete di teleriscaldamento gestita da A2A, l’utilizzo dell’acqua di falda, la chiamiamo water to eat, per fornire il calore per alimentare le reti di teleriscaldamento”. 

 

L’importanza di includere tutti gli attori della filiera e di fare leva sui dati per il water management

Il legame fra sostenibilità, qualità e innovazione digitale si fa sempre più stretto nel settore del water management. Ne è convinta Susanna Zucchelli, Direttore Acqua Hera secondo la quale, questa è la strada per azioni concrete. “Occorre predire per prevenire. Il digitale è quindi fondamentale, ma lo sono anche le risorse umane”. 

In particolare, Zucchelli attenziona il tema della comunicazione verso gli utenti finali per incentivare comportamenti virtuosi. “Il digitale deve essere aperto a tutti e non strumento in mano di pochi. Non possiamo lasciare indietro nessuno e occorre lavorare in un ecosistema per indirizzare i problemi”. 

Un altro tema attiene all’importanza di migliorare la raccolta e l’interpretazione dei dati per impostare un sistema scalabile e adattabile alle varie situazioni. Eliminando persistenti criticità in questo processo, l’applicazione della metodologia “water footprint”, ossia l’indicatore che misura il volume totale di acqua dolce utilizzata in modo diretto e indiretto per produrre beni e servizi in tutto il ciclo di vita, porterebbe ad una misurazione uniforme di alcuni fenomeni rilevanti come le perdite e di individuarle prima che siano classificate come tali, per risparmiare. 

 

Water management: è la consapevolezza a guidare gli investimenti per il futuro 

Non si può più rimandare un dibattito serio e approfondito sulla risorsa acqua, che è sottoposta ad una pressione senza precedenti. Armando Quazzo, Dirigente settore idrico, Smart Torino rimanda alle analisi dell’Osservatorio Valore Acqua per l’Italia di The European House Ambrosetti mostrano che la gestione della risorsa acqua in Italia presenta ancora alcune “ombre”.

Una survey su un campione rappresentativo di 1.000 cittadini italiani nel mese di ottobre 2021 ha individuato otto paradossi sulla percezione dell’acqua. Per esempio, l’utilizzo responsabile di acqua è il terzo comportamento sostenibile più adottato dai cittadini, ma più di 2/3 sottostimano il proprio effettivo consumo giornaliero. Anche per questo siamo il secondo Paese più idrovoro in Europa.  

E in ragione di questa sottostima, l’86% dei cittadini italiani sovrastima la reale spesa in bolletta per l’acqua e più del 90% non è a conoscenza della tariffa attualmente pagata, sovrastimandola, nel Paese con una delle tariffe più basse d’Europa. Solo il 29,3% dei cittadini italiani beve abitualmente acqua del rubinetto, in uno dei Paesi con la più alta qualità dell’acqua dalla fonte in Europa. 

Inoltre, c’è scarsa consapevolezza sul ruolo svolto dal gestore del Servizio Idrico Integrato (SII): il 37,3% dei cittadini non è a conoscenza di chi sia il proprio gestore e oltre la metà degli italiani non sa che le aziende del SII si occupano anche delle fasi di depurazione e fognatura. 

“Le sfide del water management – prosegue Quazzo – vanno centrate sul climate change, che comporta fenomeni atmosferici sempre più improvvisi e catastrofici. Pertanto, è indispensabile ragionare in termini di invasi per stoccare l’acqua e distribuirla, e lavorare in una logica di efficienza. In questo, l’ARERA ci stimola ponendo l’asticella sempre più alta nella gestione del servizio, ma anche a livello di permitting”. 

Quazzo sottolinea poi l’importante ruolo del PNRR nel fornire risorse significative per invertire la rotta, ma anche i tempi invalicabili. L’efficace dispiegamento dei fondi del PNRR per la filiera estesa dell’acqua si scontra con due problemi: i fondi non sono sufficienti in valore assoluto per colmare gli attuali gap del settore e le reali esigenze dei territori; la messa a terra degli interventi richiede tempistiche specifiche non compatibili con quelle che attualmente caratterizzano gli iter autorizzativi e realizzativi delle opere idriche. 

 

 

Tecnologia, skill e competenze per alimentare un deciso percorso di innovazione nel water management

 

Ma quali tecnologie e quale valore può portare un’azienda come IBM, presente in oltre 160 paesi nel mondo, per riuscire a “tailorizzare” meglio a seconda del settore e del player le tecnologie più promettenti? 

La tecnologia è un fattore abilitante nel water management e IBM ne riesce a implementare diverse per supportare il settore idrico specialmente alla parte di distribuzione, contenimento delle perdite ecc. “Il predict – spiega Luca Lo Presti, Partner Energy & Utilities Sector, IBM Italia – è uno degli aspetti su cui insistiamo: non basta avere sensori raffinati, ma quello che è importante è saper predire il futuro e capire in anticipo se l’asset è a rischio. Questo fa la differenza, anche in relazione agli eventi meteo”. 

Ovviamente, ovunque si abbiano infrastrutture si pone un elemento di rischio legato alla cyber security e rischio climatico: tutto il settore idrico, come dice Lo Presti, per i requisiti dell’authority deve attrezzarsi anche nel gestire i rischi aziendali rispetto al clima, dovrà preparare un piano d’azioni e serve il controllo per farlo. 

 

Indirizzare la sostenibilità in termini di quantità e qualità 

Visto lo scenario che caratterizza il water management, emerge il ruolo centrale della sostenibilità nel ridisegno del comparto e dei piani che guardano al futuro, una delle tematiche più ampie da indirizzare. Donatella Davoli, Direttrice Generale Iren Smart Solutions – AD IREN LABORATORI pone l’accento sull’importanza di lavorare su quantità e qualità dell’acqua, viste le grandi problematiche di approvvigionamento che il climate change sta esacerbando sempre più. 

“Il tema della quantità nel water management lo affrontiamo guardando alle perdite idriche: noi siamo al di sotto del 30% con strumenti di sostituzione reti, distrettualizzazione ecc. Strettamente legato allo spreco è la consapevolezza dell’utente sulla necessità di ridurre i consumi. Noi ci rendiamo conto del valore delle cose quando queste vengono a mancare, e questo è un momento importante per aumentare questa consapevolezza, aiutata anche dall’elemento qualità. La comprovata qualità si riversa nella fiducia dei consumatori nel bere l’acqua dal rubinetto, il che porta per esempio, al beneficio di ridurre l’utilizzo di acqua in bottiglia quindi rispettivamente la produzione di plastica”.

Per fare tutto ciò, servono grandi moli di dati dalle quali in modo chirurgico estrarre informazioni cruciali per prendere decisioni giuste e migliori anche guardando al dopo domani. Oltre alle rilevazioni di tipo analitico, è importante attenzionare ai temi che attengono alla precisione e sicurezza del dato. “Gli strumenti devono essere installati certo, ma anche controllati. Perché da questo insieme di misure possiamo fare tanto, possiamo prevedere – puntualizza Davoli –  Abbiamo messo in piedi una funzione nel laboratorio per la taratura degli strumenti di metodologia, fondamentale per avere la certezza che i dati raccolti siano sicuri e puliti per poi fare delle previsioni”.

 

Innovazione tecnologica, recupero della risorsa idrica ed efficientamento energetico per superare il water service divide 

Secondo Marco Mottola, Responsabile Servizi Tecnici e Manutentivi, Acquedotto Pugliese, nel water management bisogna percorrere una strada obbligata che si basa sullo sviluppo di tre assi: innovazione tecnologica, recupero risorsa idrica e efficientamento energetico.  

Acquedotto Pugliese è una delle più grandi e storiche società italiane per dimensione e complessità, nella gestione dei sistemi idrici integrati. Le sue reti vantano un’estensione di oltre 32.000 km servono 260 comuni della Puglia e della Campania portando acqua ad oltre 4 milioni di cittadini. A queste reti si aggiungono opere fondamentali per lo svolgimento del servizio tra serbatoi, partitori e impianti di sollevamento e potabilizzazione, laboratori di analisi, depuratori e impianti di affinamento per il riuso delle acque trattate.  

È un’azienda che si impegna in un vasto piano di potenziamento e ammodernamento delle proprie strutture con investimenti, solo nel 2020, superiori a 170 milioni di euro. Investimenti i cui benefici per la collettività ammontano a 2,3 miliardi di euro. 

Così, AQP si propone di ridurre le perdite sulle reti, monitorare e prevedere le portate sorgive, al fine di ottimizzare la disponibilità idrica destinati ad usi idropotabili ed agricoli e migliorare i processi di depurazione delle acque reflue urbane, in linea con gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Nel 2020 ha più che raddoppiato la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili rispetto al 2017. 

C’è un gap tra nord e sud del paese che vivono problematiche diverse che AQP cerca di recuperare proseguendo con l’installazione di idrofoni correlatori e un piano di sostituzione dei contatori tramite impiego degli smart meter.

 

 

L’importanza di predire i consumi e gli eventi nel water management

Per Marco Moschella, Associate Partner E&U Sector, IBM Italia per perseguire il sempre più attenzionato topic della sostenibilità anche nel water management, occorre rivolgersi ad un’economia circolare che comprenda il riutilizzo delle risorse, e quindi, la possibilità di riutilizzare l’energia prodotta dal trattamento dei fanghi e metterla in relazione con l’energia consumata. 

Vista la domanda anelastica degli utenti serve indirizzarli verso gli obiettivi raggiungibili a breve termine come la riduzione delle perdite di almeno del 10%, ma anche il consumo idrico per abitante di 3-4 metri cubi all’anno. Perché aumentando popolazione e bisogni, la disponibilità di questa risorsa finita sarà sempre più scarsa. 

In tutto questo, la predizione delle reti, in termini manutentivi e di analisi dei dati per predire per esempio gli eventi metereologici, riguarda anche una simulazione laddove non esistono sensori specifici possiamo simulare i dati futuri prodotti da questi sensori, per il rilevamento di inquinanti emergenti come le materie plastiche. È fondamentale anticipare anche una normativa legata alla tolleranza e alla limitazione di queste sostanze, da questo punto di vista siamo in grado di fornire un valore aggiunto a livello tecnologico. 

Pensiamo, per esempio, la weather forecast: il fatto che conosco che in un certo momento in una determinata zona ci sarà una bomba d’acqua potrò decidere come gestire il fenomeno, o attivare risorse sul territorio per reagire tempestivamente. 

Come abbiamo visto prima, una parte dei fondi del PNRR dovrà necessariamente essere investita nell’ammodernamento dell’infrastruttura e parallelamente andranno sviluppati progetti concreti che sfruttino le ultime tecnologie. È qui che diventa protagonista IBM, con soluzioni come Beam IoT, come testimonia il caso di successo su cui ha lavorato con MM, società italiana specializzata nel campo dell’ingegneria che si occupa della gestione del ciclo idrico integrato nel Comune di Milano, la gestione del patrimonio edilizio residenziale popolare della città di Milano e di progetti di ingegneria e direzione lavori in ambito trasporti e infrastrutture.

Beam IOT, per potenziare la rete idrica secondo il principio delle smart city 

Beam IOT è una soluzione realizzata unendo le forze di IBM ed MM per monitorare e gestire tutti i sensori di campo (smart meter o casette dell’acqua) o attinenti l’edilizia popolare (gestione degli impianti termici/caldaie, ascensori e rilevazione intrusioni) sulla base del concetto di smart city con una particolare attenzione per lo sviluppo sostenibile.  

Attualmente, Beam IOT colleziona in tempo reale i dati provenienti da circa 100.000 sensori che controllano le proprie reti e i propri impianti. I dati acquisiti da questa soluzione vengono immagazzinati su IBM Cloud Object Storage, così da poterli analizzare in maniera dettagliata. Grazie alla disponibilità di un Data Lake organizzato sarà in grado di analizzare i big data per creare efficienza, efficacia e sviluppo di nuovi servizi per i cittadini e gli utenti della città di Milano.

Scopo di questa soluzione è prima di tutto ridurre al minimo le operazioni ripetitive, che potranno venire automatizzate, e di abilitare scenari di manutenzione predittiva della rete idrica, così da minimizzare le perdite d’acqua e garantire il corretto funzionamento della rete. Non mancano vantaggi per gli utenti finali, i cittadini, che potranno avere letture in tempo reale dei consumi e utilizzare quindi le risorse idriche in maniera più efficiente, riducendo gli sprechi. 

Beam IOT è progettata per l’espansione futura ed MM prevede di potenziarla con ulteriori sensori per migliorare in ottica di economia circolare la gestione di processi aziendali, per esempio quelli relativi alla depurazione delle acque reflue, al recupero e smaltimento dei fanghi prodotti dal processo di filtraggio dell’acqua, alla manutenzione degli spazi verdi e delle scuole del Comune di Milano. 

“L’IoT è un pillar fondamentale per una azienda che gestisce gli asset sul territorio, che opera costantemente in campo, che vuole innovare per erogare servizi di eccellenza mettendo al centro i propri stakeholder – spiega Marzio Bonelli, CIO MM Spa – Cercavamo una tecnologia che ci permettesse di raccogliere tutti i dati dei sensori ubicati sul territorio, ma anche una soluzione scalabile e trasversale ai servizi: sia dal punto di vista funzionale e quindi, riuscire a riusare le stesse tecnologie per replicare degli use case di questa tecnologia su diversi ambiti, non solo sul servizio idrico, scalabile in termini di volumi e protocolli, ci serviva una tecnologia rapidamente implementabile per sostenere la nostra crescita. Avevamo bisogno di una tecnologia portabile che non ci legasse con lock in né a fornitori di servizi IT né a IT Service Cloud Provider. Beam IoT risponde a tutte queste richieste”.

Il futuro è sulla parte degli Analytics perché sfruttando l’analisi dei dati riusciremo a prendere decisioni più rapidamente anche di carattere preventivo. Per farlo sposteremo il nostro focus dalla tecnologia alle persone, persone che diventano l’elemento centrale, saranno l’anello importante della catena del valore che sapranno cogliere il valore delle tecnologie. Nasceranno nuove competenze che coniugheranno le conoscenze spinte del business e degli strumenti digitali AI-based finalizzati a rispondere alle domande complesse di governance.

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Claudia Costa

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