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Sostenibilità alimentare: cos’è e come applicarla



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Il legame tra sostenibilità e alimentazione è particolarmente stretto, perché proprio da come ci nutriamo dipendono una serie di conseguenze dirette e indirette sulla nostra salute, sulle diseguaglianze nel mondo e sui cambiamenti climatici. L’impegno dell’Europa e i consigli Fao sulla sostenibilità alimentare

Aggiornato il 21 ago 2024



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Il legame che unisce le abitudini alimentari dell’uomo e i tre aspetti principali della sostenibilità (sociale, ambientale ed economica) è particolarmente stretto, e può essere sintetizzato nel concetto di sostenibilità alimentare. Dalle nostre scelte infatti possono dipendere una serie di conseguenze, dirette e indirette, sull’ambiente e sui cambiamenti climatici, sulle diseguaglianze su scala internazionale e su una serie di dinamiche economiche legate alla filiera del cibo. Da questa constatazione nasce il concetto di sostenibilità alimentare, che tradotto in termini semplici si concretizza nel consumo di cibi sani dal punto di vista nutrizionale, prodotti con tecniche che prevedano l’impatto ambientale più basso possibile in termini di utilizzo di risorse idriche e di emissioni di gas serra, con la massima attenzione alla biodiversità e agli ecosistemi.

Cos’è la sostenibilità alimentare?

Al centro della definizione di sostenibilità alimentare non può che esserci la cosiddetta “dieta sostenibile”, quindi una serie di indicazioni alimentari che contribuiscano alla salvaguardia dell’ambiente e della salute delle persone. Si tratta di un concetto che spesso viene messo da parte a favore di logiche “globalizzate” che prevedono un uso intensivo delle risorse naturali, con un’industrializzazione dei sistemi di produzione – pensiamo all’agricoltura e all’allevamento – che hanno spesso come conseguenza una distribuzione non equa delle risorse alimentari, fino ad arrivare a contribuire a un aumento di situazioni che sembrano agli antipodi ma che invece sono strettamente collegate, come la malnutrizione e l’obesità.

L’insostenibilità di questo genere di modelli appare evidente se di pensa poi che la produzione di carne e dei suoi derivati ha generalmente un impatto ambientale più pesante rispetto all’agricoltura, dal momento che l’allevamento di bestiame “consuma” circa il 40% della produzione agricola mondiale, e che l’abbattimento di foreste per dare vita a nuovi terreni da coltivare è tra le prime cause della scomparsa dei “polmoni verdi” del Pianeta. Ancora, gli allevamenti intensivi sono tra le cause del fatto che molte specie animali siano oggi a rischio di estinzione.

A chiudere il quadro dell’insostenibilità di alcuni modelli alimentari oggi molto diffusi c’è il fatto che più di un terzo del cibo che viene prodotto viene sprecato, e questo comporta anche lo spreco dell’acqua e del terreno utilizzati per la produzione. L’alimentazione sostenibile, quindi, è il processo che può portare al cambiamento di queste scelte a vantaggio di sistemi meno impattanti per l’ambiente e più sani per gli esseri umani, che si concretizzano in una dieta più attenta a questi fattori, e a cascata in modelli di produzione più responsabili e moderni, grazie anche all’utilizzo delle tecnologie emergenti.

Qual è il legame tra sostenibilità e alimentazione?

Soltanto per dare l’idea di quanto l’alimentazione sia impattante sulla sostenibilità può essere sufficiente ricordare che il principio della sana e corretta alimentazione ha a che fare con sette dei diciassette obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Sintetizzando il concetto, i contributi possibili dell’alimentazione sostenibile agli SDG riguardano essenzialmente due direttrici: salute e benessere individuale e collettivo da un lato, e sostenibilità ambientale dall’altro.

Questo perché scegliere abitudini alimentari il più possibile sane ha un ruolo centrale nel ridurre alcune patologie molto diffuse, come il diabete, i tumori e i disturbi cardiovascolari), circostanza che ha riflessi economici positivi, ad esempio, sulla sostenibilità economica dei sistemi sanitari nazionali. Allo stesso modo, la dieta equilibrata ha un impatto meno pesante sull’ambiente, ed è quindi più sostenibile anche da questo punto di vista.

A delineare quali sono i principali paradossi che riguardano cibo, salute e sostenibilità ambientale è un recente report realizzato da The European House Ambrosetti, che evidenzia come la denutrizione colpisca 821 milioni di persone e allo stesso tempo quasi 2 miliardi di persone siano in condizioni di sovrappeso o obesità. I decessi causati da obesità sono circa 30 milioni ogni anno, mentre quelli da denutrizione sono attorno a 35 milioni. Si tratta di temi strettamente legati tra loro, dal momento che soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, diverse ricerche evidenziano come la denutrizione infantile possa essere uno dei fattori predittivi dell’obesità da adulti. E le persone denutrite hanno ripreso ad aumentare dal 2015, nonostante la produzione mondiale di cibo sia in costante aumento: una prova delle dimensioni drammatiche a cui è giunto lo spreco alimentare.

Passando dalla salute all’ambiente, un quarto dei gas serra generati ogni anno dagli esseri umani proviene dal sistema alimentare, sia a monte sia a valle, e gli alimenti per cui i nutrizionisti suggeriscono un consumo maggiore in una dieta salutare sono anche quelli che generano il minor impatto sull’ecosistema ambientale.

Per stabilire quale sia l’impatto ambientale degli alimenti si utilizzano tre indicatori fondamentali: il water footprint per quantificare consumi e modalità di utilizzo delle risorse idriche, l’ecological footprint per la quantità di terra necessaria per fornire le risorse e il carbon footprint per misurare le emissioni di gas serra.

I tre pilastri di un’alimentazione sostenibile

Come correre ai ripari rispetto alla situazione in cui ci troviamo? La ricetta, in sintesi, può essere riassunta nei tre pilastri della sostenibilità alimentare: consumare meno cibo, sprecare meno alimenti e privilegiare nelle nostre scelte i prodotti vegetali rispetto a quelli di origine animale.

Si fino a pochi anni fa il sovraconsumo alimentare era una caratteristica dei Paesi sviluppati, oggi questo fenomeno si sta estendendo anche in molte aree in via di sviluppo, come ad esempio il Brasile o la Cina. Questa dinamica contribuisce all’aumento di diverse patologie, e provoca un consumo di risorse naturali alto, quindi, ha un impatto ambientale più pesante del necessario.

Il secondo pilastro della sostenibilità alimentare è il contrasto allo spreco alimentare, a partire da quello domestico: attraverso un uso più consapevole e responsabile delle risorse, infatti, potrà essere possibile ridurre la malnutrizione su scala globale e allo stesso tempo salvaguardare l’ambiente.

Allo stesso modo la riduzione del consumo di alimenti di origine animale potrebbe avere un impatto positivo sull’ambiente, in termini di impatto ambientale e di diminuzione di una serie di rischi per la salute. A supporto di questo argomento vengono spesso citati una serie di studi che dimostrano come il consumo di alimenti di origine vegetale porti a rischi minori di ipertensione, ictus, diabete di tipo 2 e alcune forme tumorali.

Ma se si parla dei tre “pillar” dell’alimentazione sostenibile c’è anche una formulazione diversa, messa a punto da tre luminari del settore: Guido Schmidt-Traub, direttore del Sustainable development solutions network dell’Onu, Michael Obersteiner, direttore esecutivo dell’Ecosystems services and management program all’International institute for applied systems analysis di Laxenburg (Austria), e Aline Mosnier, direttrice scientifica di Fable (Food, agriculture, biodiversity, land use and energy) Pathways Consortium di Parigi. Questi studiosi hanno pubblicato un manifesto sulla rivista Nature, indicando come le tre linee guida principali per rendere sostenibile tutta la supply chain alimentare siano la scelta di un sistema agricolo basato su specie resilienti e resistenti, la tutela della biodiversità e una dieta sana.

La strategia europea per la sostenibilità alimentare

Nella sua strategia per la sostenibilità alimentare, l’Unione Europea si è data l’obiettivo di proteggere l’ambiente e garantire un’alimentazione sana per tutti, sostenendo i produttori, partendo dalla considerazione che il sistema alimentare, dalla fase di produzione fino al consumo e agli sprechi, ha un forte impatto sull’ambiente, sulla salute e sulla sicurezza alimentare.

Risale al 20 maggio 2020 la presentazione della strategia “Farm to Fork”, grazie alla quale la Commissione europea si pone l’obiettivo di costruire un sistema alimentare sostenibile, per salvaguardare la sicurezza alimentare e tutelare i cittadini europei e la natura.

Si tratta in sostanza di un quadro normativo per una serie di leggi che la Commissione europea proporrà in diversi campi, dalla revisione della legislazione in materia di pesticidi alle nuove norme per il benessere degli animali, di piani contro gli sprechi alimentari e le frodi legate all’etichettatura alimentare alla riforma del sistema agricolo dell’UE.

Gli obiettivi chiave della strategia per il 2030 sono di ridurre del 50% l’uso e il rischio dei pesticidi chimici, ridurre di almeno il 20% l’uso dei fertilizzanti, ridurre del 50% le vendite di antimicrobici per gli animali da allevamento e per l’acquacoltura, e destinare almeno il 25% della superficie agricola all’agricoltura biologica.

Rispetto poi a quanto ottenuto finora dall’Europa, il settore agricolo del Vecchio Continente è l’unico al mondo ad aver ridotto le emissioni di gas serra, con un calo del 20% rispetto ai livelli del 1990. “Tuttavia – si legge in una nota del Parlamento Ue – il settore rimane responsabile di circa il 10% delle emissioni, di cui il 70% sono causate dall’allevamento. La produzione, la trasformazione, l’imballaggio e il trasporto di prodotti alimentari costituiscono una delle cause principali del cambiamento climatico”.

La strategia fa parte del Green Deal europeo e va di pari passo con la nuova strategia sulla biodiversità per il 2030 e alla nuova riforma della Politica Agricola Comune (PAC). L’obiettivo della strategia ‘dal campo alla tavola’ è il raggiungimento della neutralità climatica nell’UE entro il 2050.

I consigli della Fao per l’alimentazione sostenibile

Sul tema è intervenuta anche la Fao con il documento “Sustainable diets and biodiversity”, che indica 12 linee guida per scegliere uno stile di vita sostenibile a tavola, per il proprio benessere e per quello dell’ambiente. Si parte dal privilegiare la scelta di prodotti a base vegetale, dal mangiare in modo vario e dal consumare cinque porzioni di frutta e verdura al giorno. Il quarto consiglio è quello di prediligere prodotti stagionali e locali, e usare ingredienti freschi ogni volta che è possibile, per ridurre confezioni inutili e l’impatto ambientale della distribuzione.

Il sesto punto è sulla limitazione del consumo di cibo confezionato, di solito caratterizzato da un contenuto particolarmente ricco di zuccheri, grassi e sale. La Fao consiglia inoltre di aumentare l’apporto di cereali integrali nella dieta, che hanno alti benefici nutrizionali e aiutano a prevenire diverse patologie. Accanto a questo c’è il consiglio di evitare bibite zuccherate e di aumentare il consumo di legumi, riducendo di pari passo il consumo di carne rossa e lavorata. Rimanendo sulla carne, sarà importante scegliere prodotti che vengano da allevamenti a terra e pascoli, mentre rispetto al pesce il consiglio è di acquistarlo da rivenditori sostenibili.

Progressi e sfide dell’Italia verso la sostenibilità alimentare

L’edizione 2024 del Rapporto Istat sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile offre uno spaccato rispetto al rapporto dell’Italia con la sostenibilità alimentare, che è strettamente legata agli SDGs come il Goal 2 (Sconfiggere la fame) e il Goal 12 (Consumo e produzione responsabili).

In particolare, il rapporto rileva progressi significativi nella riduzione degli sprechi alimentari, grazie a campagne di sensibilizzazione e iniziative di recupero degli alimenti. In aumento è anche l’adozione di pratiche agricole sostenibili, come l’agricoltura biologica e l’uso di tecnologie di precisione per ridurre l’uso di pesticidi e fertilizzanti. Cresce la consapevolezza e l’adozione di diete sostenibili, con un aumento del consumo di alimenti a basso impatto ambientale come frutta, verdura e legumi.

Tuttavia, persistono significative disparità regionali nell’accesso a pratiche agricole sostenibili e nella riduzione degli sprechi alimentari. Alcuni settori agricoli mostrano resistenza all’adozione di nuove tecnologie e pratiche sostenibili, rallentando i progressi complessivi. Infine, il cambiamento climatico continua a rappresentare una sfida, influenzando negativamente la produzione agricola e la sicurezza alimentare.

Cosa serve per un impatto misurabile e duraturo

Il report Recipe for Transformation, condotto dalla divisione di BCG specializzata in sostenibilità Quantis su oltre 600 manager e dirigenti di grandi aziende del settore Food & Beverage, rivela che la maggiore consapevolezza dei consumatori, unita alle pressioni legislative e ai cambiamenti climatici, sta costringendo le aziende a ripensare le loro strategie in termini di sostenibilità. (Se desideri approfondire, ne abbiamo parlato in questo articolo: Agroalimentare e sostenibilità: target 2030 difficili da raggiungere n.d.r.)

Quello che emerge è sostanzialmente che dopo una fase di entusiasmo che ha alzato le aspettative sta subentrando una fase di pragmatismo nella quale appaiono chiare tutte le difficoltà di questa trasformazione tanto che solo il 30% degli oltre 600 manager e dirigenti del settore crede di riuscire a raggiungere gli obiettivi ambientali fissati per il 2030. E le ragioni sono da addebitare primariamente alla complessità del mondo agroalimentare dove l’intreccio a livello di partnership e collaborazioni appare assolutamente determinante.

Come sottolinea Davide Tonon, Direttore di Quantis Italia: “Affinché alla sostenibilità vengano dedicati budget più rilevanti e si possa conseguire una trasformazione di impatto misurabile e duraturo, continuano ad essere necessarie la collaborazione con la leadership tra i dipartimenti e con i partner strategici e l’impegno sulle tre direttrici del redesign sostenibile del portafoglio prodotti, l’agricoltura rigenerativa e il plant based” che – secondo la scienza – rappresentano le aree con il maggiore potenziale di trasformazione in termini di sostenibilità.

Tra le priorità definite dai manager nel processo di transizione verso la sostenibilità ambientale, il packaging sostenibile emerge come la più urgente, secondo il 67% dei manager italiani e il 62% dei manager globali.  In seconda posizione si trova la necessità di ridurre lo spreco alimentare e la quantità di rifiuti prodotti. Questa è l’opinione del 57% dei manager a livello globale e del 53% in Italia. Il portfolio redesign, ovvero il bisogno di ripensare in chiave sostenibile i prodotti aziendali venduti, nel nostro Paese è prioritario per il 24% dei rispondenti, dato che scende al 19% nel resto del mondo.

agroalimentare e sostenibilità, una priorità per la trasformazione sostenibile

Normative, cultura aziendale e risparmio sui costi sono i principali fattori che guidano le aziende verso la sostenibilità. In Italia, le normative sono considerate cruciali dal 45% dei manager, mentre la cultura aziendale e il risparmio sui costi sono importanti per il 34% e il 43% rispettivamente. Tuttavia, le barriere non mancano. La complessità della supply chain è vista come l’ostacolo principale, con il 37% dei manager italiani e il 42% dei manager globali che la identificano come una sfida significativa. Inoltre, gli investimenti necessari per la trasformazione sostenibile sono ancora un tema aperto, con solo il 12,5% del bilancio annuale globale destinato a tali investimenti.

Per superare queste barriere, è fondamentale un’attivazione trasversale all’interno delle aziende. I CSR manager necessitano di supporto continuo e di un impegno deciso da parte della leadership. Il report evidenzia come l’ingaggio in prima persona della leadership e una cultura aziendale proattiva siano motori essenziali per la diffusione delle prassi di sostenibilità. In Italia, l’adozione di indici di sostenibilità in termini di KPI legati alla decarbonizzazione si sta diffondendo, con bonus C-level sempre più legati a questi indicatori, rappresentando una leva determinante per il successo.

Articolo aggiornato al 21 agosto 2024

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