La sostenibilità per Planet Farms è una mission che accompagna la scaleup fin dalle sue origini, con l’idea di fare agricoltura senza utilizzare pesticidi e riducendo al minimo l’impatto sul pianeta. Tutto questo grazie all’utilizzo responsabile del suolo e dell’acqua, possibili grazie al vertical farming, e all’applicazione di tecnologie innovative, puntando sempre sulla qualità dei prodotti. L’azienda ha da poco pubblicato il proprio primo bilancio di sostenibilità, e in quest’intervista a Esg360 Mita De Benedetti, Head of Impact della società, racconta il percorso che l’azienda sta facendo in ottica Esg.
Mita, quali sono state finora le tappe principali e i risultati più importanti?
Siamo avvantaggiati dal fatto che il nostro core business è di per sé altamente sostenibile: un modello per coltivare ortaggi facendo fronte a molte delle grandi sfide dei nostri tempi, come il cambiamento climatico e la scarsità di acqua e di suolo. Se volessimo banalizzare, proponiamo una soluzione per sfamare la popolazione mondiale in costante crescita a fronte di un quadro in cui le risorse sono in costante calo. Accanto a questo impegno, abbiamo creato poco più di due anni fa un dipartimento ad hoc dedicato all’Esg, per impegnarci a migliorare costantemente e a misurare i risultati che otteniamo nel campo della sostenibilità ambientale, sociale – nei confronti dei nostri collaboratori e della comunità – e per strutturarci al meglio a livello di governance.
Quali sono i principali risultati che avete ottenuto finora?
Partirei da una delle “pietre miliari” dal punto di vista ambientale: l’esigenza di calcolare con precisione il nostro impatto ambientale. Dopo esserci in un primo momento affidati a indicatori teorici, abbiamo deciso di misurare i nostri “numeri” attraverso un lifecycle assesment comparativo che ha confermato ciò che ci aspettavamo. Grazie al nostro modello di agricoltura verticale riusciamo a risparmiare il 95% dell’acqua rispetto all’agricoltura in campo, dando alle piante soltanto l’acqua di cui hanno bisogno recuperando l’acqua in eccesso. Il risparmio di suolo è invece del 93%, grazie al fatto che possiamo coltivare su più livelli e in più cicli durante l’anno. Utilizziamo inoltre il 96% di fertilizzanti in meno rispetto all’agricoltura in campo aperto e abbiamo azzerato l’uso di pesticidi.
Emergono anche elementi di criticità?
L’aspetto su cui siamo concentrati in particolare è la carbon footprint, l’unico elemento che non viene necessariamente migliorato dal nostro sistema rispetto agli altri modelli di agricoltura. Il lifecycle assesment ha evidenziato dei potenziali margini di miglioramento, principalmente legati alla possibilità di alimentare le nostre farm al 100% con fonti rinnovabili. Così ci siamo impegnati a fare un’analisi approfondita delle nostre corporate footprint per capirne gli “hotspot” principali e abbiamo messo in campo una strategia di mitigazione climatica. Tutto questo affiancati da Quantis, che ci ha accompagnati dalla fase di misurazione alla definizione di obiettivi in linea con quelli stabiliti dall’accordo di Parigi, fino alla progettazione di un piano d’azione per raggiungerli.
Passiamo alla “S” di social
Il nostro obiettivo in questo caso è stato di avere un impatto positivo sulla nostra squadra e sulla comunità. Abbiamo quindi messo a punto iniziative per misurare e sensibilizzare circa la diversity, equity e inclusion in azienda, misurato la soddisfazione dei dipendenti e investito nella loro crescita personale e professionale. Quanto alle comunità, i progetti principali in questo momento sono tre: la donazione del prodotto, per cui tutto il commestibile invenduto viene affidato a enti no profit, il progetto educativo “Coltiviamo il futuro” in collaborazione con l’associazione Vertical Farming Education che ci porta a raccontare nelle scuole l’impronta idrica degli alimenti, e un progetto di inclusione sociale con un’organizzazione di San Donato che offre alloggio e altri servizi fondamentali a persone con disabilità o difficoltà familiari importanti. Sono iniziative che portiamo avanti da anni e che sono aperte a tutta la popolazione aziendale: i dipendenti possono donare occasionalmente o con regolarità una parte del loro tempo per seguirli di persona e dare il loro contributo.
Quanto infine alla governance, la nostra conquista più importante è stato il passaggio a società benefit, a seguito di una modifica dello statuto: nell’organizzazione aziendale non è cambiato molto, perché avevamo sviluppato una sensibilità da tempo, ma il valore aggiunto è che il nostro impegno ora è scritto sulla pietra.
Quali sono adesso gli obiettivi che vi ponete sui tre assi dell’Esg?
Dal punto di vista ambientale l’obiettivo su cui mettiamo tutto il nostro impegno è il rispetto dei target, individuando tutti i margini di miglioramento che abbiamo. Vogliamo che ogni farm sia un miglioramento della versione precedente, dal punto di vista tecnologico come da quello della sostenibilità. Uno dei risultati più importanti per il sociale è l’introduzione del supporto psicologico per i nostri dipendenti. Ne parlavamo da tempo ma dopo l’incendio che a fine gennaio ha devastato da nostra farm di Cavenago, la più grande d’Europa nel suo genere, abbiamo avuto la spinta finale per far partire il progetto. Dopo un evento così drammatico per l’azienda, infatti, ci sembrava giusto dare una mano in più per aiutare tutti nella gestione emotiva di quello che era successo. Lo abbiamo fatto in collaborazione con Mindwork, società specializzata in questo campo. Quanto alla governance, dopo questo primo report vorremmo strutturarci ancora meglio per dare una forma più particolareggiata alla parte della rendicontazione, iniziando a pensare – per il futuro – anche a come coinvolgere a fondo anche i nostri fornitori.
Come è organizzata la sua squadra?
A coordinare l’ambito Esg oggi siamo in due e ritengo fondamentale che si sia un team dedicato. I primi anni l’ho gestito da sola. Un’esperienza che mi è stata utile per capire dove ci sia effettivamente più bisogno di supporto. Al di là dell’aspetto organizzativo, però, possiamo contare su tante persone che hanno piacere a mobilitarsi su base volontaria per sostenere i nostri progetti. La sostenibilità è in sostanza un tema che permea tutte le unit dell’azienda, e su cui registriamo una partecipazione forte e convinta dalle persone che collaborano con noi.
Qual è stato i suo percorso personale per arrivare alla sua attuale posizione in Planet farms?
Sono laureata in economia aziendale con master in management dell’arte, e nei primi tempi dopo la laurea ho lavorato nel campo delle performance dal vivo. Con il passare del tempo però ha preso forma ed è cresciuta sempre più dentro di me la voglia di legare la mia professione al campo della sostenibilità, e quando sono entrata in contatto con Planet Farms, che stava nascendo, ho capito che era il progetto giusto per me. In azienda ho fatto tante cose diverse, perché all’inizio eravamo pochi. Sono arrivata ad avere la responsabilità del marketing, una grande opportunità per partecipare alla creazione di un brand da zero e per confrontarmi con una posizione manageriale. Infine, una volta che la macchina era avviata, ho chiesto che venisse creata la funzione di Esg, e ho iniziato a occuparmene direttamente, realizzando quello che avevo identificato come il mio obiettivo.
Vi sentite “ambasciatori” della sostenibilità o è il mercato, e indirettamente gli utenti finali, a stimolarvi ad alzare l’asticella?
Il mercato, in passato ma anche oggi, non mette asticelle particolarmente alte sulla sostenibilità. Quello che abbiamo fatto è soprattutto il risultato di un nostro motore interno, quello che ci mette nella condizione di vedere i limiti non come blocchi, ma come trampolini di lancio. Ogni volta che identifichiamo un problema lavoriamo sempre con l’attitudine giusta per superarlo, e questo è successo anche nell’ambito della sostenibilità
Ci racconta un’iniziativa specifica in corso di realizzazione o in programma che ritiene particolarmente significativa?
Il punto che descrive meglio il nostro approccio è che nel momento in cui abbiamo misurato il nostro impatto, invece di darci una pacca sulle spalle, ci siamo mossi in maniera testarda per migliorare ancora dove c’erano i margini per farlo. Da qui la decisione di passare ad un approvvigionamento energetico delle nostre farm al 100% da fonti rinnovabili. Non avrei pensato che questa transizione sarebbe avvenuta così rapidamente, e questo è emblematico della nostra determinazione.
Prosegui la lettura delle strategie e delle esperienze di sustainability manager di importanti aziende e organizzazioni.