Nel corso del vertice, che ha riunito 41 Stati e rappresentanti della società civile e delle imprese, la presidente Ursula von der Leyen ha annunciato tre iniziative chiave per preservare gli oceani: una nuova coalizione internazionale per proteggere la biodiversità in alto mare, che costituisce il 95% dell’oceano; un importante progetto di calcolo che consente ai ricercatori di simulare digitalmente gli oceani del mondo; e la missione di ricerca dell’UE per ripristinare oceani e acque entro il 2030.
“La nostra missione di proteggere l’oceano – osserva la von der Leyen – deve essere grande quanto la nostra responsabilità condivisa. Ecco perché oggi siamo venuti a Brest per unire le forze e invertire la tendenza. L’Europa può dare un enorme contributo, come potenza marittima. Ma solo insieme possiamo rafforzare la protezione e lasciare che i nostri oceani brulichino di nuovo di vita”.
Biodiversità oltre la giurisdizione e lotta alla pesca illegale
La creazione di aree protette è un pilastro essenziale per preservare la biodiversità. Altri 30 Paesi hanno aderito alla High Ambition Coalition for Nature and People lanciata al One Planet Summit nel gennaio 2021: ora, 84 paesi (Italia compresa) mirano a proteggere il 30% della terra e del mare del mondo entro il 2030. Ma due terzi degli oceani – il 45% della superficie del nostro pianeta – sono al di fuori della giurisdizione nazionale e non possono attualmente godere dello status di area marina protetta. Per questo i 27 Stati membri dell’Unione Europea, insieme a 16 paesi terzi, hanno lanciato la “High Ambition Coalition on Biodiversity Beyond National Jurisdiction” (BBNJ) al fine di favorire un accordo globale efficace sull’uso sostenibile dell’alto mare e la tutela della biodiversità. I negoziati delle Nazioni Unite offrono un’opportunità unica nel tempo e l’UE sta lavorando duramente per raggiungere un accordo nel 2022. La coalizione riunisce coloro che, come l’UE e i suoi Stati membri, si adoperano per un ambizioso trattato delle Nazioni Unite sulla conservazione della BBNJ.
La tolleranza zero di lunga data dell’UE nei confronti della pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (INN-illegal, unreported and unregulated) – che rappresenta quasi un quinto delle catture globali – è un’altra pietra angolare dell’ambiziosa politica dell’UE per la gestione sostenibile delle risorse marine. La INN mina gli sforzi per gestire gli stock ittici in modo sostenibile e spesso comporta condizioni di sicurezza e di lavoro molto precarie per i pescatori. Dal 2010 l’UE ha pertanto attuato una serie di misure per prevenire, scoraggiare ed eliminare la INN. In base a tali norme, l’UE collabora con i paesi di tutto il mondo per promuovere la lotta contro la pesca INN e impedisce a tali prodotti di entrare nel mercato dell’UE. L’UE si avvale inoltre del sostegno dell’Agenzia europea di controllo della pesca (EFCA) per garantire la conformità della propria flotta attraverso leggi applicabili alle autorità di controllo degli Stati membri. L’UE non solo dà l’esempio, ma fornisce anche sostegno finanziario attraverso programmi regionali che promuovono la pesca sostenibile.
No all’inquinamento: direttive, accordi globali e sensibilizzazione dell’opinione pubblica
Un’altra una grave minaccia per la salute degli oceani, sia a livello globale che europeo, è l’inquinamento da plastica che l’UE vuole affrontare sia riducendolo, che accelerando la transizione verso un’economia circolare con l’obiettivo di riutilizzare o riciclare al 100% la plastica e porre fine a tutti i prodotti monouso. Nove milioni di tonnellate di plastica finiscono nell’oceano ogni anno, di cui l’80% proviene da coste e fiumi. Sono necessari massicci investimenti per migliorare le infrastrutture igienico-sanitarie e di trattamento dei rifiuti in tutti i continenti.
Di certo, la legislazione costituisce un passo fondamentale verso la fine dei rifiuti marini all’interno dell’UE. E in questo senso, la direttiva sulla plastica monouso (Single Use Plastics o SUP), in vigore dal 2021, stabilisce norme per l’eliminazione graduale di molti oggetti di plastica spesso sprecati e la raccolta degli attrezzi da pesca in mare persi.
Ma non basta. Infatti, l’UE è un forte sostenitore di un accordo internazionale sulla plastica e sta lavorando per istituire un comitato per un accordo globale in occasione dell’Assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente nel febbraio di quest’anno. Questa è l’unica risposta efficace e a lungo termine al problema globale dei rifiuti marini.
L’UE punta anche a sensibilizzare attivamente l’opinione pubblica, dando così slancio all’azione contro i rifiuti marini. Insieme alle Nazioni Unite e a diverse organizzazioni della società civile, l’UE organizza #EUBeachCleanup – una campagna globale di attivismo oceanico, che ogni anno mobilita decine di migliaia di volontari per rimuovere i rifiuti dalle spiagge e dalle vie navigabili interne.
Anche il trasporto marittimo deve diventare green
Raggiungere la neutralità in termini di emissioni di carbonio significa anche promuovere la transizione verso il trasporto marittimo a emissioni zero. Il settore è la spina dorsale del commercio globale e delle catene di approvvigionamento, ma si basa ancora quasi interamente su combustibili ad alta intensità di carbonio.
“Con circa il 90% del commercio mondiale trasportato via mare, – spiega Guterres – il trasporto marittimo rappresenta quasi il 3% per cento delle emissioni globali di gas serra. Di conseguenza, deve contribuire alla necessaria riduzione del 45% delle emissioni necessarie entro il 2030 e alle zero emissioni entro il 2050, nello sforzo di mantenere vive le speranze di limitare l’aumento della temperatura globale a 1,5 gradi Celsius. E’ anche essenziale fare un passo avanti in materia di adattamento e resilienza per le comunità costiere le cui vite, case e mezzi di sussistenza sono a rischio”.
La proposta “Fuel-EU Maritime” introduce una norma sui carburanti che limita la loro intensità di gas a effetto serra e il regolamento sull’infrastruttura per i combustibili alternativi (Alternative Fuels Infrastructure Regulation) mira a fornire infrastrutture energetiche adeguate nei porti, a sostegno dell’obbligo di collegarsi alla rete elettrica a terra o di utilizzare tecnologie a emissioni zero durante l’ormeggio.
L’estensione del sistema di scambio di quote di emissione dell’UE (ETS-EU Emission Trading System) al settore marittimo terrà le emissioni del trasporto marittimo al di sotto del massimale generale e creerà un segnale di prezzo per guidare ulteriormente la decarbonizzazione. L’inverdimento del trasporto marittimo è anche una priorità nei programmi di finanziamento dell’UE, come gli 1,5 miliardi di euro già investiti dal meccanismo per collegare l’Europa e Orizzonte Europa, attraverso il partenariato per via d’acqua (oltre 500 milioni di euro).
L’ambizione dell’UE non si ferma ai confini dell’Unione, bensì si apre a negoziati in seno all’Organizzazione marittima internazionale (IMO) al fine di trovare un accordo sull’obiettivo del trasporto marittimo a emissioni zero entro il 2050. Al fine di ridurre l’inquinamento atmosferico, tutti i paesi mediterranei, insieme all’Unione europea, si sono impegnati a chiedere all’IMO di creare una zona a basse emissioni di zolfo in tutto il Mediterraneo a partire dal 1 ° gennaio 2025. Quest’estate, Francia, Spagna, Italia e Monaco chiederanno anche all’IMO di istituire un’area marittima particolarmente sensibile data la presenza di molti cetacei, al fine di limitare la velocità di navigazione e ridurre le collisioni.
Dati e alfabetizzazione: sostenere la scienza per un’economia oceanica sostenibile
A guidare tutte le iniziative europee, un approccio che pone scienza e tecnologia al centro della conservazione degli oceani e che si compone di “missioni” per affrontare le principali sfide sociali, fornendo una massa critica di risorse per una ricerca mirata. La mission “Restore our Ocean and Waters by 2030“ mira a garantire che l’oceano svolga un ruolo centrale nel raggiungimento degli obiettivi del Green Deal europeo per il 2030. Sosterrà grandi progetti di innovazione – “fari” – volti a sviluppare e testare soluzioni a sostegno della protezione del 30% della superficie marittima dell’UE, del ripristino degli ecosistemi marini e fluviali, della riduzione dei rifiuti di plastica in mare, delle perdite di nutrienti e dell’uso di pesticidi chimici del 50% e di rendere l’economia blu climaticamente neutra e circolare.
Nell’ambito di questa missione, verrà sviluppata una piattaforma digitale oceanica –the European Digital Twin Ocean – basata su osservazioni, modelli e ultimi progressi tecnologici: un ambiente di calcolo, che consentirà la valutazione di diversi scenari, facendo progredire la comprensione dell’ambiente marino e fornendo input basati sulla conoscenza al processo decisionale. La piattaforma garantirà un accesso aperto e senza restrizioni ai dati marini, colmerà le lacune nelle conoscenze e promuoverà l’integrazione delle applicazioni di previsione e modellizzazione esistenti a livello UE.
La ricerca sugli oceani non finisce qui. Abbiamo bisogno di alfabetizzazione oceanica che sostenga lo sviluppo di una più ampia consapevolezza e conoscenza e crei opportunità per mettere in pratica nuove conoscenze. L’UE si sta adoperando per migliorare l’alfabetizzazione oceanica attraverso l’istruzione e gli investimenti nella ricerca, e la coalizione EU4Ocean ne è un esempio poiché riunisce diversi partner per condividere le conoscenze e imparare a gestire gli oceani in modo sostenibile.
“Dobbiamo sfruttare le opportunità che offrono le soluzioni basate sulla natura, come le mangrovie e le fanerogame marine. Per promuovere un’economia oceanica sostenibile sono necessari partenariati e investimenti globali insieme a un maggiore sostegno alla scienza oceanica quindi le nostre azioni si devono basare sulla conoscenza e sulla comprensione dell’oceano. Troppe cose rimangono non mappate, non osservate e inesplorate” ha concluso Guterres.