Regolamentazioni

CSDDD: cosa cambia per l’ESG con la bocciatura del Supply Chain Act



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Quali sono le implicazioni legate alla mancata approvazione della Corporate Sustainability Due Diligence Directive? Come si devono comportare le aziende davanti al rischio di una frammentazione del panorama normativo? Quale ruolo per Intelligenza Artificiale e dati? La visione di Natalie Druckmann, Vicepresidente EMEA di Certa

Pubblicato il 2 mar 2024

Mauro Bellini

Direttore Responsabile ESG360.it, EnergyUP.Tech e Agrifood.Tech



Natalie Druckmann, Vicepresidente EMEA presso Certa
Natalie Druckmann, Vicepresidente EMEA Certa

In quest’ultimo periodo la Corporate Sustainability Due Diligence Directive (CSDDD), altrimenti conosciuta come Supply Chain Act o Cs3D, è al centro di un confronto alimentato da una ricca serie di dubbi e contestazioni non tanto sugli obiettivi della direttiva quanto sulla sua complessità e sugli oneri relativi alla sua applicazione. Il confronto è di fatto culminato nella mancata approvazione da parte del Consiglio UE della direttiva nella riunione Comitato dei Rappresentanti permanenti dei governi degli Stati membri dell’Unione europea, Coreper del 28 febbraio.

I segnali di un disimpegno sulla CSDDD

Già lo scorso 9 febbraio la Direttiva sulla Due Diligence per la Sostenibilità Aziendale (CSDDD) è stata tolta dai temi in discussione previsti per la riunione degli ambasciatori dell’UE in quanto appariva molto probabile che non avrebbe raccolto la maggioranza dei consensi tra i paesi dell’UE.

Le critiche, le azioni di lobby, le richieste di alleggerire il carico burocratico per le aziende hanno portato a un mutamento nello scenario nel quale si è registrato il ripensamento e l’astensione della Germania e dell’Italia che avrebbe fatto mancare la maggioranza “qualificata” di 15 paesi dell’UE, una maggioranza “pesata” per rappresentare almeno il 65% della popolazione.

Druckmann: come agire davanti al rischio di frammentazione del panorama normativo

Su questo tema ESG360 ha voluto raccogliere l’opinione di Natalie Druckmann, Vicepresidente EMEA di Certa, azienda specializzata in soluzioni di Intelligenza artificiale per la gestione del ciclo di vita di terze parti con un focus specifico anche sull’ESG.

“C’è una chiara frammentazione nel panorama normativo – osserva Druckmann -. Senza un solido quadro CS3D, le imprese all’interno dell’UE dovranno adattare le loro strategie e approcci alla conformità per ciascuna giurisdizione (ad esempio la tedesca LkSG o Lieferkettengesetz, conosciuta anche come German Supply Chain Due Diligence Act o la Legge Norvegese sulla Trasparenza della Catena di Fornitura)”.

Cosa significa due diligence in materia di sostenibilità

La CSDDD richiede alle imprese di condurre una Due Diligence in materia di sostenibilità, identificando, prevenendo, mitigando e rendendo conto degli impatti negativi delle loro operazioni e delle loro catene di valore su diritti umani e ambiente. Questo significa raccogliere dati e creare una reportistica su temi e ambiti come il rispetto dei diritti dei lavoratori, la protezione dell’ambiente, e la lotta contro il cambiamento climatico.

Di fatto, in questo scenario le aziende sono chiamate a integrare la due diligence sulla sostenibilità nei processi decisionali e aziendali, e sono tenute a comunicare pubblicamente e in modo trasparente le loro politiche e le azioni intraprese per affrontare i rischi e gli impatti identificati.

Per rispondere ai requisiti della CSDDD, alle imprese viene chiesto di intervenire a livello di operations e di catene di fornitura e verso una vera integrazione di tutti i principi di sostenibilità e di inclusione nelle pratiche aziendali.

La necessità di non aumentare la complessità burocratica

Uno scenario che in realtà si muove in direzione contraria alla volontà di non aumentare la complessità burocratica delle aziende. Druckmann osserva infatti che in assenza di una direttiva europea le aziende potrebbero affrontare costi operativi e di conformità maggiori perché dovranno destinare più risorse per navigare e aderire a diverse normative nazionali. Non solo, “le aziende dovranno anche essere più strategiche e agili nella pianificazione della catena di fornitura per adattarsi al dinamico panorama normativo. Mi aspetto di vedere le aziende fare sempre più affidamento su quadri ESG volontari per guidare le loro pratiche di sostenibilità, il che porterà a livelli variabili di qualità della rendicontazione e a un bisogno ancora maggiore di direttive esistenti come la CSRD.”

Nasce un nuovo panorama per la sostenibilità

“Dopo il mancato passaggio del CS3D – prosegue Druckmann – , le aziende stanno navigando in un nuovo panorama di sostenibilità dove la trasparenza è essenziale, non opzionale. Gli stakeholder ora si aspettano informazioni dettagliate sulle pratiche di sostenibilità, rendendo la trasparenza un fattore chiave nella costruzione della fiducia del marchio. Senza il CS3D per standardizzare le pratiche, le aziende dovranno adattarsi a una varietà di standard in funzione dei mercati e delle diverse regole di compliance a cui si dovrà rispondere lavorando sulla collaboration e sull’innovazione digitale”.

In conclusione, l’adozione di strumenti digitali è e sara sempre più decisiva, poiché permetterà alle aziende di rispondere rapidamente ai cambiamenti normativi e alla domanda di sostenibilità dei consumatori e dei partner. Ma l’approccio dovrà necessariamente essere sempre più strategico anche nella scelta delle tecnologie per garantire la capacità di rispondere a tante e diverse forme di compliance”.

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