L’Unione Europea parla per la prima volta apertamente della necessità di trovare soluzioni per la questione “Loss and damage”, ovvero il dossier più caldo sul tavolo delle trattative in vista della Cop27 di Sharm el Sheik. Ma, come già annunciato, non si espone in termini finanziari, limitando la discussione a possibili progetti da attuare per “dare forma alternativa” a questo controverso finanziamento.
Le vie proposte, come spiegato dal rappresentante Ue per il clima Frans Timmermans a una riunione del Climate Vulnerable Forum, che rappresenta 55 paesi in via di sviluppo, sono sostanzialmente due:
- la proposta tedesca di uno scudo globale progettato per “rafforzare il finanziamento e l’assicurazione del rischio di catastrofi”, che dovrebbe essere lanciato in occasione della Cop27;
- l’idea delle Nazioni Unite di attuare entro cinque anni un sistema di allerta precoce a tutela dei Paesi più vulnerabili.
Una questione calda, ma su cui latitano gli impegni economici
Finora la discussione sui “Loss and damage” è stata polarizzata tra la coalizione dei 134 paesi in via di sviluppo, nota come G77, attualmente presieduta dal Pakistan colpito dall’alluvione, e le nazioni ricche. Il G77 chiede un nuovo canale di finanziamento per aiutare le nazioni a ricostruire dopo gli impatti, ma i paesi sviluppati finora si sono opposti all’idea. A Kinshasa, l’UE ha cercato di superare il divario, senza tuttavia toccare il tema scottante di un Fondo dedicato a queste problematiche.
L’unico vago riferimento a un possibile impegno economico dell’Unione su questo fronte è nascosto fra le righe delle Conclusioni approvate dal Consiglio Ue in vista della Cop27: nel documento, l’Ue afferma di sostenere l’obiettivo di “integrare la risposta all’impatto negativo dei cambiamenti climatici nella progettazione e fornitura di aiuti umanitari e allo sviluppo, poiché ciò potrebbe essere essenziale per costruire e rafforzare la resilienza delle comunità vulnerabili”.