Inside Cop27

COP27 – DAY 12: L’UE lancia una proposta sul Loss and Damage, la Conferenza durerà un giorno in più

Il vicepresidente della Commissione Ue Timmerman getta il sasso davanti allo stallo per un accordo: sì a un fondo esclusivamente per i Paesi più vulnerabili, alimentato da fonti innovative di finanziamento fra cui tasse sull’aviazione, il settore marittimo e i combustibili fossili.  Ma l’Europa in cambio chiede il mantenimento del target di 1,5 gradi di riscaldamento globale e di un rafforzamento degli obiettivi 2030 negli Ndc. Si troverà un’intesa? La seconda bozza di accordo finale per ora non lascia intravedere novità, ma la presidenza egiziana dà un ulteriore giorno di tempo ai negoziati

Pubblicato il 18 Nov 2022

COP27

Non si chiuderà stasera, come da previsioni, la Cop27 di Sharm-El-Sheikh: davanti a un accordo finale che ancora non si è raggiunto nella sua forma definitiva, e che per ora si concretizza solo in una seconda bozza, la presidenza egiziana della Conferenza Onu sui cambiamenti climatici ha deciso di prorogare il summit almeno sino a domani, con l’ultima plenaria in programma per il mattino e la chiusura dei lavori nel pomeriggio. Secondo voci, tuttavia, anche la giornata di domenica potrebbe rivelarsi preziosa. Ma all’estensione di programma mancherà la presenza politica dell’Italia: il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, è andato via già martedì. Resta, come figura di punta della delegazione, Alessandro Modiano, a capo del team che aveva partecipato anche alle precedenti Cop.

La proposta dell’Ue sul Loss&Damage

Sul nevralgico capitolo del Loss&Damage, tuttavia, ci sono novità. Giovedì sera, l’Unione europea ha avanzato  – per voce del vicepresidente della Commissione Frans Timmerman – una proposta: istituire un fondo rivolto ai paesi più vulnerabili già alla Cop27, senza quindi aspettare il termine del 2024 previsto alla Cop 26 di Glasgow e al quale si sarebbe dovuto arrivare attraverso un iter di due anni. Il fondo dovrebbe avere fonti innovative di finanziamento, fra le quali tasse sull’aviazione, il settore marittimo e i combustibili fossili. 

Si ipotizzerebbero così varie soluzioni, fra cui l’esame del debito e la riforma delle Banche multilaterali di sviluppo, anche se le condizioni poste dall’Ue non sono da poco:

  • prevedere l’obiettivo di mantenere l’aumento della temperatura media globale a 1,5 gradi,
  • raggiungere il picco delle emissioni globali prima del 2025,
  • agire ad esclusivo favore dei Paesi più vulnerabili (lasciando fuori tutti gli altri paesi poveri e vulnerabili, come il Pakistan o le Filippine)
  • rafforzare gli obiettivi 2030 negli Ndc in vista del vertice con il Segretario Onu del 2023.

Come reagiranno i vari Stati all’offerta? Interessante sarà vedere cosa ne penseranno gli Stati Uniti in fase di accordo finale: saranno, considerato che gli Usa, tra i maggiori emettitori globali, sono da sempre contrari al fondo e all’idea stessa di risarcimento. Ma l’attenzione è rivolta anche alla Cina, che in assoluto è il Paese più inquinante al mondo, la quale, non essendo fra i più vulnerabili, sarà chiamata a donare.  

Pochi passi avanti nella seconda bozza del documento finale

Intanto la seconda bozza della ‘Cover decision’, documento politico che accompagna i testi negoziali della Cop, non rivela grandi novità. Ancora non è soddisfatta la richiesta di ridurre tutti i combustibili fossili come richiesto da India, Ue, Regno Unito, Usa, Norvegia, paesi vulnerabili e paesi africani, come lo Zambia. E non sono indicati obiettivi quantificati sulle rinnovabili. Quanto agli Ndc (Contributi determinati a livello nazionale), se a Glasgow si era chiesto a tutti i Paesi di rivedere i propri impegni entro un anno, ora l’invito è rivolto solo a chi non ha ancora presentato un aggiornamento.

Shoukry: “Mancano progressi su troppe questioni”

Un focus sulle soluzioni, nel Solutions Day, ha intanto chiuso il programma delle giornate tematiche, con il presidente Sameh Shoukry che ha esortato tutte le parti a “fare il possibile e ad adottare le misure necessarie per raggiungere le conclusioni e gli accordi tanto necessari”.  “Sebbene siano stati compiuti progressi su molte questioni – ha detto -, è evidentemente chiaro che in questa fase avanzata del processo della COP27, ci sono ancora una serie di questioni in cui i progressi continuano a mancare con opinioni divergenti persistenti tra le Parti. Mentre alcune delle discussioni sono costruttive e positive, altre non riflettono l’atteso riconoscimento della necessità di muoversi collettivamente per affrontare la gravità e l’urgenza della crisi climatica. Il mondo è diventato un palcoscenico per uno spettacolo continuo di miseria e dolore umani. Tutto questo deve finire ora, non domani”. 

Riduzione del metano: il target di 150 Paesi, ma non della Cina

La giornata ha ospitato anche la riunione ministeriale sul metano, quasi un anno dopo il lancio iniziale del Global Methane Pledge alla COP26, con l’ambizioso obiettivo di raggiungere almeno il 30% di riduzione delle emissioni globali di metano entro il 2030, sulla base dei livelli del 2020. 

Il Global Methane Pledge Energy Pathway, di cui non fa parte il grande emettitore cinese, fornisce un’importante piattaforma per i 150 Paesi che hanno aderito all’impegno per condividere esperienze e migliori pratiche, mostrare impegni e beneficiare di un migliore accesso ai finanziamenti e al supporto tecnico attraverso accordi bilaterali e multilaterali. Durante la sessione, il presidente  Shoukry ha dichiarato: “Senza un’azione rapida, concreta e concertata per affrontare le emissioni di metano, il raggiungimento dell’obiettivo di temperatura dell’accordo di Parigi rimarrà lontano dalla portata. La presidenza della COP27 continuerà ad attrarre nuove adesioni e a rafforzare lo sforzo collettivo globale per ridurre le emissioni di metano”.

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