“Il Consiglio europeo prende atto dell’invito rivolto ai Paesi sviluppati ad almeno raddoppiare, entro il 2025, l’erogazione collettiva di finanziamenti per il clima a favore dell’adattamento dei Paesi in via di sviluppo rispetto al 2019, nel contesto del raggiungimento di un equilibrio tra mitigazione e adattamento nella disponibilità di maggiori risorse finanziarie rafforzate. E attende con interesse di cooperare con le altre parti per rispondere a tale invito, continuando nel contempo a prestare particolare attenzione alle popolazioni più vulnerabili dei paesi e delle comunità, in particolare nei paesi meno sviluppati e nei piccoli Stati insulari in via di sviluppo”.
E’ uno dei passaggi chiave delle “Conclusioni in vista della COP 27” approvate il 4 ottobre dal Consiglio Ue, che ribadiscono così quanto ci si attendeva sul fronte caldo del “loss and damage“: massimo interesse al tema dei Paesi più vulnerabili da parte dell’Europa, ma neppure una parola sulla richiesta, avanzata dai Paesi più poveri, di istituire un nuovo fondo per perdite e danni. Almeno in questa fase.
Il Consiglio, infatti, si limita a ribadire “la disponibilità dell’UE e dei suoi Stati membri a impegnarsi in modo costruttivo per affrontare gli ostacoli e i vincoli che limitano l’accesso al finanziamento dell’adattamento e incoraggia i paesi in via di sviluppo a continuare a rafforzare la loro partecipazione a questo sforzo congiunto. In tale contesto accoglie con favore iniziative quali il gruppo dei campioni per il finanziamento dell’adattamento, che si sono impegnati ad aumentare il livello, l’accessibilità e l’efficacia del finanziamento dell’adattamento”.
Il Green Deal europeo come strada maestra
A Sharm El Sheikh, si sa, gli Stati dovranno arrivare con le idee chiare e impegni vincolanti per contrastare i fenomeni più evidenti dei cambiamenti del clima. In questo quadro, il Consiglio Ue sottolinea il “forte impegno dell’Unione europea e dei suoi Stati membri” a dare l’esempio contribuendo in modo ambizioso all’attuazione di tutti gli obiettivi dell’accordo di Parigi e attuando il patto di Glasgow per il clima, attenendosi al quadro del Green Deal europeo grazie a un’ampia gamma di politiche volte a far fronte ai cambiamenti climatici e al degrado ambientale, di un piano di investimenti specifico per un’Europa sostenibile e di risorse finanziarie. Tali risorse includono il quadro finanziario pluriennale dell’UE per il periodo 2021-2027, compresi gli strumenti di politica esterna, e lo strumento temporaneo per la ripresa, NextGenerationEU (NGEU), che devono destinare almeno il 30 % del bilancio dell’UE e delle spese di NGEU al sostegno degli obiettivi climatici”.
Entro il 2023 i 100 mld “promessi”, ma dovevano partire dal 2020
Ma con quali impegni concreti si presenta l’Ue al tavolo egiziano? Il documento siglato dal Consiglio tocca anche l’altro importante tema all’ordine del giorno: i finanziamenti per il clima “promessi” dai big a Glasgow, ma di fatto non ancora sul piatto. A tal proposito, il Consiglio Ue ribadisce “il forte impegno assunto dall’UE e dai suoi Stati membri per la realizzazione dell’obiettivo di mobilitare collettivamente finanziamenti per il clima pari a 100 miliardi di USD all’anno quanto prima e fino al 2025, provenienti da un’ampia gamma di fonti, e prevede che l’obiettivo sarà raggiunto nel 2023“. A tale scopo, “invita gli altri donatori a intensificare i loro sforzi a tale riguardo, anche in linea con il piano di attuazione dei finanziamenti per il clima della COP 26 e attende la relazione sui progressi compiuti nei 10 settori di azione collettiva del piano di attuazione in vista della COP 27″.
Si tratta di un obiettivo ormai considerato “leggendario”: fissato nel 2009, durante la Cop15 di Copenhagen, l’impegno avrebbe dovuto vincolare, a partire dal 2020, gli stati ricchi a supportare i Paesi in via di sviluppo nel loro processo di riduzione delle emissioni e di gestione del cambiamento climatico con un finanziamento di cento miliardi di dollari all’anno. Da allora sono passati 13 anni, ma il target – come già era stato annunciato prima della Cop26 di Glasgow – viene ancora una volta posticipato almeno al 2023.
Il ruolo della finanza: “Fondamentale per mobilitare risorse”
Il Consiglio ricorda poi che “le istituzioni finanziarie internazionali (IFI), comprese le banche multilaterali di sviluppo (MDB) e le altre istituzioni di finanziamento allo sviluppo (IFS), svolgono un ruolo essenziale nel mobilitare finanziamenti su larga scala per aumentare in modo significativo l’azione per il clima e investimenti pubblici e privati ad alto impatto al fine di conseguire gli obiettivi climatici e svolgono un ruolo guida nella definizione di norme ambiziose per il settore in generale. Invita quindi le MDB che offrono finanziamenti basati sulle politiche ad intensificare il ricorso a tale approccio al fine di promuovere riforme ambiziose in materia di politica climatica e di regolamentazione, nonché condizioni per un quadro politico trasformativo”. Inoltre “accoglie con favore l’impegno del gruppo di lavoro congiunto delle MDB sull’allineamento all’accordo di Parigi e la dichiarazione comune sul clima presentata alla COP 26, in base a cui le MDB si impegnano a continuare a sostenere la realizzazione degli NDC nei paesi in via di sviluppo, allineando più in generale i loro flussi di finanziamento all’accordo di Parigi e fornendo sostegno allo sviluppo di ambiziose strategie a lungo termine e a transizioni giuste”.
Eliminare i finanziamenti ai progetti energetici legati ai fossili
Il Consiglio, poi, “ribadisce le conclusioni del Consiglio sui crediti all’esportazione, nelle quali si annuncia che gli Stati membri devono fissare, entro la fine del 2023, le loro scadenze basate su dati scientifici per porre fine ai crediti all’esportazione che beneficiano di sostegno per i progetti nel settore dell’energia basata sui combustibili fossili, salvo in circostanze limitate e chiaramente definite coerenti con l’obiettivo di limitare il riscaldamento a 1,5° C e con gli obiettivi contenuti nell’accordo di Parigi. Invita, a tale proposito, le MDB, le altre IFS e le agenzie per il credito all’esportazione a eliminare gradualmente quanto prima il finanziamento dei progetti nel settore dell’energia basata sui combustibili fossili, salvo in circostanze limitate e chiaramente definite coerenti con l’obiettivo di limitare il riscaldamento a 1,5° C e con gli obiettivi contenuti nell’accordo di Parigi”.
Prezzo del carbonio essenziale per stimolare investimenti sostenibili
Infine, il Consiglio fa sapere di compiacersi “della dichiarazione del G7 che annuncia l’obiettivo di istituire un “club per il clima”, quale forum intergovernativo di ambizione elevata per sostenere l’efficace attuazione dell’accordo di Parigi accelerando l’azione per il clima, accrescendo l’ambizione di ridurre le emissioni e promuovendo una transizione energetica giusta”. E ricorda gli sforzi in corso “per la riduzione delle emissioni, anche attraverso il sistema di scambio di quote di emissione dell’UE e l’introduzione di un meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere per affrontare la rilocalizzazione delle emissioni di carbonio”. In questo quadro, conclude, “la fissazione del prezzo del carbonio e la graduale eliminazione delle sovvenzioni per i combustibili fossili che danneggiano l’ambiente sono componenti essenziali di un contesto favorevole allo spostamento dei flussi finanziari verso investimenti climaticamente neutri, resilienti ai cambiamenti climatici e sostenibili”.