Ha preso il via in queste ore la COP27 di Sharm El Sheik (qui lo speciale di ESG360), che arriva a un anno esatto dalla COP26 di Glasgow, quando molti obiettivi sono stati fondamentalmente rimandati. Oggi la situazione rimane la stessa del novembre 2021, però con dodici mesi in meno a disposizione: secondo il Gruppo intergovernativo delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, le emissioni di CO2 devono essere ridotte del 45% entro il 2030, rispetto ai livelli del 2010, per raggiungere l’obiettivo centrale dell’accordo di Parigi di limitare l’aumento della temperatura a 1,5 gradi Celsius entro la fine di questo secolo ed evitare i peggiori impatti dei cambiamenti climatici, compresi siccità, ondate di caldo e precipitazioni più frequenti e gravi.
Obiettivi che, naturalmente, chiamano in causa direttamente il settore energetico, il quale, lo ricordiamo è responsabile di circa 2/3 delle emissioni climalteranti mondiali. In particolare, ci sono sette obiettivi stabiliti, Sustainable Development Goal 7 (SDG7), il cui raggiungimento permetterà di assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni, scongiurando al contempo le conseguenze più negative del climate change.
Il monitoraggio 2022 della IEA ci permette di capire a che punto siamo: in estrema sintesi, qualche progresso è stato fatto, ma non in maniera sufficiente ed esaustiva. Ad esempio uno dei sette fattori chiave per la trasformazione dell’energy è l‘elettrificazione: la quota della popolazione mondiale con accesso all’elettricità è aumentata dall’83% nel 2010 al 91% nel 2020, incrementando di 1,3 miliardi il numero di persone con accesso a livello globale. Il numero di persone senza accesso è sceso da 1,2 miliardi di persone nel 2010 a 733 milioni nel 2020. Dati in apparenza positivi, tuttavia, il ritmo dei progressi nell’elettrificazione è rallentato negli ultimi anni, il che può essere spiegato dalla crescente complessità del raggiungimento delle popolazioni più remote e più povere non servite e dall’impatto senza precedenti della pandemia di Covid-19. Per raggiungere l’obiettivo del 2030, secondo la IEA, sarebbe necessario aumentare il numero di nuove connessioni a 100 milioni all’anno, altrimenti i target saranno raggiunti soltanto in parte (92%), soprattutto per i ritardi dell’Africa subsahariana. Nelle regioni in via di Sviluppo del Pianeta esiste poi un tema energetico fondamentale ma sconosciuto alle nostre latitudini, quello del clean cooking, che far riferimento alla possibilità di impiegare tecnologie pulite (non impattanti per l’ambiente ma anche per la sicurezza e la salute umana) per cucinare i propri pasti. Tra il 2000 e il 2010, questo numero è stato vicino a tre miliardi di persone, ovvero un terzo della popolazione mondiale, mentre è invece sceso a circa 2,4 miliardi nel 2020, comunque ancora troppo rilevante. Secondo la Iea, è necessario uno sforzo multisettoriale e coordinato per raggiungere l’obiettivo dell’SDG 7 dell’accesso universale alla cucina pulita entro il 2030.
Ovviamente c’è tutto il tema della diffusione dell’energia pulita: secondo la Iea la quota di energia rinnovabile nel consumo totale di energia finale deve ancora aumentare in modo significativo. Più specificatamente, il peso delle fonti green deve essere ben oltre il 30% del fabbisogno entro il 2030, rispetto al 18% del 2019, affinchè il sistema energetico globale sia sulla buona strada per raggiungere emissioni nette di energia pari a zero entro il 2050. Il raggiungimento di questo obiettivo richiede un rafforzamento del sostegno politico in tutti i settori e l’attuazione di strumenti efficaci per mobilitare ulteriormente il capitale privato, specialmente nei paesi meno sviluppati. In positivo, la quota di espansione della capacità rinnovabile è aumentata di un importo record nel 2021, anche se l’incremento dei prezzi delle materie prime, dell’energia e delle spedizioni, nonché le misure commerciali restrittive, hanno creato un clima di incertezza per i futuri progetti di energia rinnovabile.
Fondamentale sarà naturalmente il ruolo dell’efficienza energetica: l’obiettivo SDG è quello di raddoppiare il tasso globale di miglioramento annuale dell’intensità dell’energia primaria – la quantità di energia utilizzata per produrre una unità di PIL – del +2,6% nel 2010-30 rispetto al 1990-2010. Dal 2010 al 2019, i miglioramenti annuali globali dell’intensità energetica sono stati in media di circa il +1,9%, ben al di sotto dell’obiettivo, e il tasso medio annuo di miglioramento deve ora raggiungere un +3,2% annuo per recuperare il terreno perso. Questo tasso dovrebbe essere ancora più alto – costantemente superiore al 4% per il resto di questo decennio – se il mondo vuole davvero raggiungere il traguardo delle emissioni nette zero dal settore energetico entro il 2050, come previsto nello scenario Emissioni nette zero entro il 2050 della IEA. L’attenzione per l’efficienza energetica sembra in questa fase di tensioni internazionali essere maggiore rispetto al passato, ma le politiche di sostegno e gli investimenti devono essere aumentati in modo significativo per raggiungere il traguardo.
C’è poi tutto il tema finanziario, destinato a essere protagonista della COP27 egiziana: i flussi finanziari pubblici internazionali verso i paesi in via di sviluppo a sostegno dell’energia pulita sono diminuiti per il secondo anno consecutivo, scendendo a 10,9 miliardi di dollari nel 2019, nonostante le immense esigenze di sviluppo sostenibile nella maggior parte dei paesi e la crescente urgenza del cambiamento climatico. L’importo è diminuito di quasi il 24% rispetto all’anno precedente e potrebbe essere stato aggravato dalla pandemia del 2020. Eppure, secondo la IEA i flussi pubblici internazionali verso paesi che non dispongono delle risorse finanziarie per sostenere i propri percorsi di decarbonizzazione costituiscono una parte importante della collaborazione internazionale necessaria per una transizione energetica globale che avvicinerebbe il mondo al raggiungimento di tutti i target SDG.
Infine, è chiaro che il monitoraggio dei progressi globali in ambito energetico richiede dati di alta qualità, affidabili e comparabili per un’elaborazione politica informata ed efficace a livello globale, regionale e nazionale. La qualità dei dati è migliorata nel tempo grazie alla cooperazione nazionale e internazionale e una solida capacità statistica. Tuttavia, in particolare dopo la pandemia, sono necessari ulteriori investimenti, in particolare nei paesi meno sviluppati.