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Clean-In-Place per ottimizzare i cicli di pulizia nel settore alimentare e dei beni di consumo

Clean-In-Place come sistema avanzato per garantire che linee di produzione siano decontaminate da residui di lavorazione e impurità di tipo organico e inorganico. Il tutto senza alcuna operazione di smontaggio e con livelli di controllo e monitoraggio che portano efficienza riducendo costi, sprechi e impatto ambientale

Pubblicato il 11 Nov 2021

Immagine che contiene interni, cucina, argento Descrizione generata automaticamente

Clean-in-Place (CIP) è un metodo di pulizia automatizzato per tutte le superfici interne tipiche di molti impianti di produzione e, in particolare, quelli in ambito alimentare, chimico-farmaceutico o cartotecnico. Rispetto al passato, quando tubi, serbatoi, attrezzature, rulli, filtri e raccordi associati venivano dissassemblati e puliti manualmente, oggi il processo è stato ingegnerizzato tenendo conto di un insieme di parametri e di determinate tempistiche.

Clean-In-Place: a cosa serve, com’è fatto e come funziona

Un sistema Clean-In-Place garantisce che le linee di produzione siano decontaminate da residui di lavorazione e impurità di tipo organico e inorganico senza che queste vengano smontate e spostate. Gli impianti CIP sono costituiti da serbatoi per i vari liquidi impiegati, pompe per il ricircolo e stazioni di riscaldamento dei liquidi. Le operazioni di lavaggio e di risciacquo vengono controllate elettronicamente. Controlli, sensori e allarmi sono elementi di automazione che generano flussi di informazioni che convergono in un cruscotto centralizzato che, attraverso indicatori chiave delle prestazioni (KPI) migliora la qualità dei dati gestiti includendo:

  • metri cubi di acqua utilizzati
  • percentuale di riutilizzo dell’acqua
  • megajoule di energia consumati per tonnellate di prodotto chilogrammi di acque reflue per chilolitro di prodotto
  • altro

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Come e perché i sistemi CIP migliorano anche la manutenzione

I sistemi Cip moderni sono equipaggiati con un software che oltre a gestire l’attività permette una visualizzazione dettagliata di ogni fase del processo, garantendo non solo il pieno controllo di ogni operazione, una corretta diagnosi di guasti e problemi che possono essere corretti in modalità preventiva e proattiva ma anche una tracciabilità messa a sistema. L’automazione, infatti, migliora la qualità delle informazioni disponibili potenziando i livelli di controllo rispetto alle varie parti del processo di pulizia come, ad esempio, i parametri relativi all’apertura e chiusura delle valvole o quelli relativi al funzionamento delle pompe. L’importante è che l’architettura di automazione sia aperta in modo che l’apparecchiatura di elaborazione CIP possa comunicare con altre apparecchiature del processo come, ad esempio, serbatoi o pastorizzatori.

L’impatto dei processi CIP sulla produzione

In un percorso di ottimizzazione della produzione, la rilevanza dei processi Clean-In-Place non è solo legata alla salute e alle normative di conformità. In ambito alimentare, ad esempio, una pulizia inadeguata di un impianto:

  • Aumenta il rischio di guasti che possono verificarsi in qualsiasi fase del processo di lavorazione, pregiudicando sia i tempi di produzione che i rischi di contaminazione che possono alterare la qualità e la sicurezza degli alimenti
  • Riduce la vita utile dell’attrezzatura e il tasso di decomposizione media
  • Incrementa gli sprechi e i costi di esercizio legati ai consumi di acqua, energia e prodotti chimici necessari a rimuovere la sporcizia dalle apparecchiature

Valorizzare le operazioni di pulizia degli impianti

Nel mondo produttivo intervenire sulle forze che legano i residui e lo sporco alle superfici delle attrezzature significa orchestrare agenti diversi che non sono solo di tipo meccanico o chimico.

Il processo di pulizia, noto anche come cerchio Zinner, deve controllare 4 variabili ognuna delle quali è ascrivibile a un quadrante a sé stante: temperatura, flusso, concentrazione dei detergenti, tempo. L’eventuale riduzione in uno dei quadranti nella Cleaning-In-Place deve essere bilanciata aumentando uno o più degli altri fattori. A seconda degli ambiti applicativi, gli agenti di pulizia e i dettagli di esecuzione possano variare. Considerando un sistema a linea singola, un processo Clean-In-Place si caratterizza per le seguenti fasi:

#1 Preparazione

I detergenti con volume, temperatura e concentrazione corretti vengono preparati nei serbatoi CIP.

#2 Risciacquo

Il materiale macroscopico viene lavato via con acqua fresca o riciclata.

#3 Pulizia caustica

Grasso, proteine e materiale microscopico vengono lavati via con l’uso della soda caustica.

#4 Sterilizzazione e neutralizzazione

I depositi minerali vengono rimossi con l’acido: serbatoio o strumento vengono così neutralizzati.

#5 Post risciacquo e sgocciolamento

Eventuali residui di pulizia vengono sciacquati via con acqua dolce e l’attrezzatura viene fatta sgocciolare fino a completo svuotamento prima dell’inizio della produzione successiva.

Esempio di processo CIP in ambito alimentare

Nel Food & Beverage è noto come la competizione regni sovrana. Per accontentare il mercato ma anche la domanda dei consumatori sempre più attenti ed esigenti, i cicli di sviluppo si rinnovano con grande frequenza non solo in termini di prodotto. Grande attenzione viene posta alle ricette volte a migliorare caratteristiche quali la digeribilità ma anche la consistenza, la sapidità, la viscosità e via dicendo. Di conseguenza anche i sistemi Clean-In-Place devono adattarsi in modo agile e flessibile ai diversi tipi di sporcizia derivati:

  • dalla lavorazione di zuccheri, grassi, proteine o minerali
  • dai microrganismi vegetativi o produttori di spore

Clean-In-Place: 7 cose da sapere

Per aumentare l’efficienza e ridurre i costi e gli sprechi nei sistemi clean-in-place ci sono alcuni punti di attenzione da rispettare.

1. Stabilire i parametri

Per ottimizzare i cicli di pulizia e risciacquo è necessario impostare bene le soglie di impostazione dei parametri considerati. Per esempio, invece di risciacquare per un periodo di tempo genericamente definito basato sugli scenari peggiori, il calcolo della conduttività e dei composti organici totali aiutano a determinare tempi di risciacquo più adeguati e pertinenti. Un altro consiglio degli esperti è quello di ottimizzare le campagne di produzione sulla base di una matrice CIP che contempla alcuni criteri utili a determinare se è necessaria la pulizia anche quando si passa a un altro lotto o prodotto.

2. Utilizzare acciaio inossidabile microlucidato

Il computo di quale sia il livello di liquido più conveniente può essere una sfida per le applicazioni CIP. A questo proposito, per una corretta sterilizzazione senza il rischio di un guasto è consigliato utilizzare prodotti per il controllo del livello realizzati in acciaio inossidabile microlucidato. Si tratta di soluzioni che eliminano le fessure in cui i batteri possono accumularsi e resistono a temperature fino a 266 ° F (130° C) con una certificazione sanitaria FDA/3°. Sul mercato sono disponibili sonde di livello a galleggiante specializzate che utilizzano la tecnologia magnetostrittiva in grado di soddisfare questi criteri importanti ma difficili da trovare. Assicurarsi anche che le tubazioni e i raccordi in acciaio inossidabile siano di qualità che prevenga la corrosione.

3. Controllo tramite batch manager

Analogamente alla produzione, il Clean-In-Place dovrebbe essere eseguito mediante un sistema di batch manager. Il BMS impone che la pulizia venga eseguita in modo coerente. I dati di conformità vengono raccolti come record batch. Gli utenti finali possono ottimizzare la pulizia tramite un’apposita interfaccia molto intuitiva.

4. Concentrarsi sui test sul primo lotto

Ha senso implementare un regime di validazione che esegua una batteria completa di test microbiologici sulle prime unità prodotte dal primo lotto eseguito sulla macchina/linea dopo aver eseguito i sistemi CIP. I risultati devono essere registrati in un database e utilizzati come feedback immediato sull’efficienza e l’efficacia del processo di pulizia. Individuando i problemi di pulizia prima piuttosto che dopo, infatti, riduce al minimo la quantità di prodotto soggetto a contaminazione e sfrutta un ciclo di feedback più stretto. Non a caso questo approccio è superiore al campionamento statistico di ciascun batch.

5. Dimensionamento in base alla capacità

I sistemi clean-in-place richiedono un dimensionamento calcolato in base ai requisiti minimi, più una percentuale extra. La capacità standard è in funzione del numero di moduli da pulire. Una best practice consiste nell’avere un sistema CIP basato sul numero di moduli da sottoporre a manutenzione. Il sistema CIP dovrebbe essere automatizzato per pulirsi e testare la qualità dell’effluente finale. Quando si preparano soluzioni liquide, i sistemi dovrebbero essere interconnessi automaticamente ai reattivi. Se si preparano solidi, evitare di maneggiare imballi, utilizzando preferibilmente un sistema di trasporto per materie prime solide. Una volta preparato, il sistema CIP dovrebbe essere fatto circolare nel miglior ordine possibile per esaurire la soluzione che deve coprire il numero dei cicli di tutti i moduli che verranno puliti.

Un approccio olistico al processo di Clean-In-Place

Un approccio olistico al processo di Clean-In-Place garantisce un maggiore impatto sulla riduzione dei costi e sull’aumento della sicurezza alimentare. L’efficienza può essere migliorata introducendo nell’impianto sistemi più piccoli e decentralizzati, il ceh consente di ridurre la quantità di energia necessaria pr trasportare i prodotti chimici riscaldati in lunghe condotte di tubazioni fino agli angoli remoti dell’impianto produttivo. L’accorciamento delle distanze, infatti, consente di risparmiare:

  • Tempo
  • Acqua
  • Energia

In ogni caso, per garantire che un sistema CIP funzioni in modo efficiente, la sua installazione negli ambienti di produzione dovrebbe essere progettata in modo nativo. Apportare modifiche all’equipaggiamento in corso d’opera, infatti, è sconsigliato perché diventa un’operazione complicata e costosa.

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Laura Zanotti

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