Sostenibilità

Carbon neutrality: la sfida di un mondo carbon free

La Carbon Neutrality, con l’azzeramento delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, è ormai una priorità per istituzioni, aziende e cittadini. Ecco lo stato dell’arte e gli obiettivi al 2030 e al 2050. A trainare il cambiamento sono le big tech, e le tecnologie esponenziali avranno un ruolo chiave

Pubblicato il 07 Apr 2021

carbon neutrality

L’impatto dei cambiamenti climatici sul futuro dell’umanità potrebbe essere molto severo, soprattutto se non si raggiungeranno gli obiettivi di carbon neutrality che a livello internazionale sono stati fissati per correre ai ripari e scongiurare i rischi più gravi. Perché cambiamenti climatici non è semplicemente sinonimo di un generico innalzamento delle temperature medie sul pianeta, ma di una serie di conseguenze spiacevoli per il futuro delle nuove generazioni, dall’intensificarsi degli eventi meteo estremi alla siccità, dalle ondate di caldo al dissesto idrogeologico, fino all’innalzamento delle acque, all’acidificazione degli oceani e alla perdita di biodiversità.

Per scongiurare questo scenario l’Unione Europea ha aderito all’Accordo di Parigi, nato nel dicembre 2015 e siglato complessivamente da 195 Paesi: il documento si pone l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro la soglia di 1,5°, raggiungendo il traguardo della neutralità carbonica, e quindi delle emissioni zero, entro la metà del secolo. Per rafforzare il proprio impegno l’Europa ha anche varato pochi anni dopo, nel 2019, il cosiddetto Green Deal Europeo, ovvero una pianificazione che mira a rendere il continente climaticamente neutrale sempre entro il 2050, anche grazie a interventi legislativi.

A chiarire quale deve essere la direzione che l’umanità nel suo complesso dovrà scegliere è l’articolo 4 dell’accordo di Parigi, secondo cui è necessario “raggiungere il picco mondiale di emissioni di gas a effetto serra al più presto possibile, riconoscendo che ciò richiederà tempi più lunghi per le Parti che sono paesi in via di sviluppo”, e “intraprendere rapide riduzioni in seguito, in linea con le migliori conoscenze scientifiche a disposizione, così da raggiungere un equilibrio tra le fonti di emissioni e gli assorbimenti antropogenici di gas a effetto serra nella seconda metà del corrente secolo, su una base di equità e nel contesto dello sviluppo sostenibile e degli sforzi tesi a eliminare la povertà”.

Che cos’è la carbon neutrality

 In sostanza la neutralità carbonica, e quindi “emissioni zero”, vuol dire raggiungere un equilibrio tra le emissioni in atmosfera di Co2 e l’assorbimento di carbonio. In termini tecnici, la rimozione di anidride carbonica dall’atmosfera viene definita con il termine di “sequestro” o “immobilizzazione” del carbonio. L’obiettivo, in parole povere, è di riuscire a bilanciare le emissioni di gas serra che non sarà possibile evitare con un assorbimento della stessa quantità di carbonio. Per questo vengono utilizzati i cosiddetti “pozzi di assorbimento”, i sistemi cioè che riescono ad assorbire più carbonio di quanto ne emettono. Tra i pozzi di assorbimento naturali che sono più efficaci ci sono il suolo, le foreste e gli oceani, che insieme riescono a rimuovere in un anno una quantità compresa tra i 9.5 e gli 11 Gt di CO2. Questa attività dei pozzi naturali però non è al momento sufficiente per compensare le emissioni, e per capirlo basterà confrontare i dati del 2019, quando la Co2 emessa in atmosfera è stata più del triplo di quella assorbita dai pozzi naturali, arrivando a quota 38Gt. Un trend che rende evidente come per raggiungere la neutralità carbonica non basti pensare a pozzi di assorbimento artificiali, ma sia necessario in primo luogo diminuire le emissioni di anidride carbonica in atmosfera.

Tra i metodi più utilizzati per raggiungere la neutralità carbonica c’è inoltre la cosiddetta “compensazione”, che consiste nel bilanciare le emissioni che si producono in un dato comparto con una loro riduzione in un altro settore. A questo fine sono ad esempio sempre più utilizzate le energie rinnovabili, e una maggiore attenzione all’efficienza energetica. Per agevolare le aziende in questo sforzo l’Europa ha dato vita nel 2005 a un sistema di scambio di emissioni, che fissa le regole della compensazione a uso soprattutto del mondo dell’industria.

Perché dobbiamo rendere il nostro pianeta “carbon free”

 Come dicevamo all’inizio, la sfida è di contenere le emissioni di anidride carbonica in atmosfera per combattere il climate change e il riscaldamento globale. Questo perché i cambiamenti innescati potrebbero – se non si intervenisse in tempo – diventare irreversibili e nuocere gravemente al pianeta, e quindi anche alla qualità della vita di chi lo abita. La sensibilità verso questi temi, grazie anche alla spinta partita dal basso, come nel caso delle mobilitazioni dei giovani che si sono susseguite negli ultimi anni, a partire da movimenti come i Fridays for future, sta aumentando progressivamente. Le istituzioni stanno affrontando la questione fissando norme che tengano nella più alta considerazione il rispetto verso l’ambiente, e allo stesso tempo anche le aziende stanno iniziando a fare la propria parte, includendo la sostenibilità ambientale nei propri obiettivi e nelle proprie strategie ESG. Da questa mobilitazione, infatti, anche le imprese hanno molto da guadagnare, in termini di responsabilità sociale ma anche dal punto di vista del business, nel campo dell’efficienza produttiva ma anche per quanto riguarda le attività di marketing.

Rimanendo innanzitutto nel campo dell’efficienza, c’è da sottolineare che per arrivare all’assenza di emissioni o a una loro compensazione il primo passo da compiere è quello di razionalizzare le risorse, con l’eliminazione degli sprechi, un fattore che ha un riflesso immediato nella riduzione dei costi. Ma accanto a questo c’è anche un aspetto più generale, perché orientarsi verso la sostenibilità vuol dire anche adottare un nuovo punto di vista che coinvolge la gestione dei rischi, il modo di approcciarsi al mercato e quello di valutare con maggiore attenzione il ruolo che l’innovazione può avere sulle proprie attività. A questo si aggiunge infine la visibilità che deriva dal miglioramento della reputazione aziendale, che si riflette in migliori prestazioni nel campo delle vendite, in maggiori possibilità di attrarre investimenti e in un migliore clima all’interno dell’azienda, per la quale sarà ad esempio più semplice attrarre giovani talenti. Per arrivare però a questi risultati non è sufficiente fare una scelta estemporanea, ma è necessario dare vita a una strategia di lungo periodo che preveda una serie di step progressivi, anche con progetti a medio-lungo termine.

Come raggiungere la carbon neutrality

Per presentare in sintesi quali sono i metodi che possono essere utilizzati per diminuire le emissioni di anidride carbonica in atmosfera, sarà necessario limitarsi almeno a tre metodi. Due di questi sono particolarmente complicati dal punto di vista tecnologico, oltre a essere molto dispendiosi: parliamo ad esempio delle tecniche che impediscono il rilascio di Co2 in atmosfera con sistemi di depurazione dei fumi, se parliamo di impianti industriali. Un’altra possibilità, al pari della prima complicata e molto costosa, è quella di “catturare” l’anidride carbonica già presente nell’aria imprigionandola e stoccandola. C’è però un terzo modo, quello probabilmente più “naturale”: si tratta di contenere per quanto possibile le emissioni, ad esempio utilizzando fonti di energie rinnovabili, pensando contemporaneamente a moltiplicare tutte quelle risorse naturali utili ad assorbire CO2, come ad esempio le alghe, le piante e gli alberi.

Il sistema più economico e green è quindi la conversione energetica globale, con il passaggio sempre più deciso verso energie rinnovabili, come il fotovoltaico, l’eolico e il geotermico.

Quali sono le aziende che stanno facendo la differenza?

Nell’impegno per la carbon neutrality le cosiddette “Big Tech” hanno in generale colto la sfida e si stanno proponendo come punti di riferimento anche nei confronti delle altre industrie tradizionali. Negli ultimi anni si sono infatti succeduti rapidamente gli impegni di Amazon, Google, Apple e Microsoft, soltanto per citare alcune delle più note, per la sostenibilità. Analizzando più nel dettaglio le strategie di questi colossi dell’economia digitale, Microsoft ha ad esempio scelto di percorrere la strada che porterà il colosso di Redmond a diventare “carbon negative” entro il 2030, mentre Apple ha in programma di arrivare alla carbon neutrality, anche per tutta la filiera di approvvigionamento, entro i prossimi nove anni, e Amazon ha fissato l’asticella della carbon neutrality al 2040. Quanto a Google, si è impegnata usare esclusivamente energia carbon-free entro il 2020, 24 ore su 24 e 7 giorni su 7, entro il 2030.

L’impegno di questi colossi risulta ancora più significativo se si pensa che riguarderà attività che sono notoriamente energivore: la maggior parte di questi colossi infatti ha il cloud nel proprio core business, e gestisce una moltitudine di data center su tutto il pianeta. Rendere neutrali dal punto di vista delle emissioni questo genere di attività è quindi particolarmente difficile e costoso, ma rappresenta allo stesso tempo un “esempio” che molte aziende, anche più piccole e più semplici da organizzare, possono utilizzare per affrontare la sfida della sostenibilità.

Per tornare in Italia, è del 2019 l’annuncio arrivato durante la conferenza Onu di Madrid sul clima, con il quale 500 aziende, di cui 20 italiane, si sono impegnate alla carbon neutrality entro il 2030. Si tratta di società che nella maggior parte dei casi contano già sulla certificazione da “B Corporation”, la sigla che caratterizza le imprese che si adeguano ai più stringenti standard in termini sociali, ambientali, di trasparenza e responsabilità legale. Nello specifico, le 20 società italiane che hanno aderito all’appello sono Ambienta SGR, Arkage, Bottega filosofica, Davines SpA, Eurocmpany, Farmacia Colutta, Green Media Lab, Herbatint By Antica Erboristeria, International Napoli Network, InVento Lab, Little Genius International, Mondora, N&B Natural is Better, Nativa, NWG- Energia, Organizzare Italia, Palm, Perlage Winery, Sales, Save the Duck, Sportmaker srl, Treedom, Way2Global, Wekiwi, Zordan.

Quali sono i settori che inquinano di più?

Secondo i dati messi a disposizione dell’Unione europea, nel nostro continente i gas effetto serra più presenti in atmosfera perché rilasciati alle attività dell’uomo sono l’anidride carbonica, con l’81% del totale, seguita dal Metano (11%), dal monossido di diazoto (5%) e dagli idrofluorocarburi (2%).

Quanto alle emissioni divise per settore, i dati a disposizione risalgono al 2017, ed evidenziano che l’80,7% dei gas serra in atmosfera è dovuto al settore dell’energia, seguito dall’8,72% dell’agricoltura e dal 7,82% di processi industriali e dell’uso dei prodotti. In ultima posizione con il 2,75% c’è il trattamento dei rifiuti.

Dividendo le emissioni su scala nazionale, in testa per l’Europa c’è la Germania, seguita da Regno Unito, Francia, Italia, Polonia e Spagna.

Quali sono le tecnologie necessarie per la carbon neutrality

Le tecnologie emergenti possono giocare un ruolo chiave per contenere l’emissione di gas serra, e proprio per questo molte imprese stanno iniziando ad approfondire le possibilità aperte dal loro utilizzo in ottica “sostenibile”. Partiamo ad esempio dai Big Data: poter contare su una base di dati raccolti in tempo reale e analizzarli consente di ottimizzare i processi, e quindi di dosare al meglio le risorse, comprese quelle energetiche, evitando sprechi. Questo vale ovviamente nel campo della produzione industriale, ma anche in quello della logistica, o nel settore delle smart city. L’analisi dei dati può inoltre essere decisiva per mappare le emissioni e mettere a punto contromisure proprio dove le emissioni sono più alte.

Simile il ruolo che potrà essere giocato dall’Internet of Things, dal momento che proprio grazie ai sensori è possibile raccogliere i dati da analizzare, anche in tempo reale: un principio che vale in ogni settore, dall’industria 4.0 all’agricoltura di precisione, fino ancora alle smart city e alla smart mobility. Se parliamo inoltre di dematerializzazione dei documenti, il Cloud può essere decisivo perché consente di abbattere in modo sensibile l’utilizzo della carta, un’industria che emette grandi quantità di gas serra in atmosfera. Grazie al Cloud inoltre è più semplice lavorare in smart working, e anche questa nuova modalità di lavoro ha effetti positivi sull’inquinamento e per combattere il climate change.

Un ruolo di primo piano per l’adozione di comportamenti sostenibili può venire anche dall’utilizzo dell’intelligenza artificiale, che è fondamentale ad esempio per le auto e i mezzi di trasporto a guida autonoma, che possono essere fondamentali per gestire il traffico nel modo migliore, o per organizzare l’attività di un impianto produttivo in modo da razionalizzare l’utilizzo dell’energia.

Grazie alla sua attendibilità per la certificazione, inoltre, potrà rivelarsi utile alla causa della carbon neutrality anche la blockchain, per la messa a punto di piattaforme tra utenti per il commercio o lo scambio di energia rinnovabile, o per attività in cui la tracciabilità e la trasparenza potrebbero essere un valore aggiunto che potrebbe contribuire al successo della zero carbon economy.

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