In che modo è possibile davvero fare la transizione energetica? Quali sono i problemi che ancora frenano questa svolta e che rischiano di aggravare irreversibilmente il cambiamento climatico? Questi temi sono stati trattati diffusamente in occasione del convegno “Energie rinnovabili tra fabbisogno, transizione energetica e competitività industriale”, organizzato da Federmanager, in particolare da Nicola Armaroli, dirigente CNR e membro dell’Accademia Nazionale delle Scienze.
La storia del settore elettrico italiano
L’incontro è stato introdotto da Fabio Zanellini – Responsabile affari normativi e regolatori – Falck Next (Falck Renewables), ha ricostruito nel dettaglio la storia del sistema elettrico in Italia dall’inizio sino ai giorni nostri, aiutando a cogliere l’origine di alcuni problemi strutturali del nostro Paese, a partire dalla eccessiva dipendenza dalle importazioni estere. La storia dell’elettricità in Italia inizia nel 1883, con l’installazione della prima centrale elettrica del 1883 a carbone a Milano, collocata in via Santa Radegonda (a pochi passi dal Duomo). Successivamente, la generazione di elettricità è cresciuta nel Paese soprattutto grazie allo sfruttamento delle risorse idroelettriche, nell’arco alpino e nell’Appennino. Il predominio dell’idrico è rimasto inalterato più o meno fino alla grande nazionalizzazione degli anni Sessanta, che ha visto il sempre maggiore impiego delle centrali termiche alimentate a olio combustibile, che hanno garantito anche il continuo accrescimento della domanda elettrica. Da questa fase in poi il dominio del termoelettrico nella generazione di energia è diventato strutturale nel nostro Paese, anche se è possibile distinguere due fasi: una prima in cui per l’appunto la materia prima era essenzialmente il petrolio, mentre a partire dagli anni Novanta il ruolo del gas (in gran parte importato dall’estero) è diventato predominante. Il nucleare, fonte di cui dibatte tantissimo nel nostro Paese, ha invece ha avuto un ruolo tutto sommato marginale e di breve durata, poiché è stato in funzione tra la metà degli anni 60 e il 1987 (anno del celebre referendum). Più strutturale, invece, è diventata l’importazione di elettricità dall’estero, che ha assunto un ruolo importante che perdura tutt’oggi. Nel primo decennio degli anni duemila hanno fatto la loro comparsa le fonti non programmabili, ovvero eolico e fotovoltaico, che come noto oggi assicurano un contributo importante: mentre il contributo di idroelettrico e geotermia si è ormai sostanzialmente stabilizzato, eolico e fotovoltaico in un numero limitato di anni hanno raggiunta una capacità complessiva di 32,3 GW. Tutto questo in un contesto elettrico che è comunque diverso rispetto a una quindicina di anni fa: dal 2009 a oggi in avanti il fabbisogno nazionale si è contratto, passando da una media di circa 350 TWH agli attuali 300 TWh. Solitamente la punta di consumi si rileva d’estate: il record è stato toccato a luglio 2015 con una potenza impegnata di 60 GW, mentre invece i livelli minimi si toccano nelle ore notturne con circa 16/17 GW. Nel corso degli anni la domanda del settore industriale è diminuita a favore dei servizi, mentre il peso del privato è rimasto più o meno inalterato.
La corsa del cambiamento climatico
Armaroli, in questo momento una delle voci più influenti in Italia su questi temi, ha invece affrontato a tutto campo le sfide della transizione energetica e del climate change. “Per millenni il mondo ha avuto consumi energetici bassissimi che sono poi esplosi con l’età moderna. Attualmente circa l’80% del fabbisogno energetico primario del pianeta è basato sul consumo di fonti fossili. Questo comporta ogni anno l’emissione di circa 34 miliardi di tonnellate di CO2, rappresentando la principale causa del riscaldamento globale. Già oggi osserviamo una crescita di 1,1 gradi della temperatura mondiale attribuibile alle attività umane, senza interventi arriveremo a 5 gradi, con impatti catastrofici. Anche l’obiettivo che ci siamo dati di arrivare a limitare questo surriscaldamento entro i 2 gradi comporterà delle conseguenze pesanti per gli ecosistemi”.
La radiazione solare come fonte inesauribile
Il problema di fondo è l’inefficienza dell’attuale sistema energetico: negli Usa, il 68% dell’energia immessa viene persa, soprattutto perché i motori tradizionali a combustione interna utilizzati nei trasporti sono poco efficaci da un punto di vista energetico. Soltanto il 20% dei combustibili immessi nei motori muove infatti effettivamente le vetture. Diventa dunque necessario cambiare in profondità il sistema energetico: “Abbiamo solo 30 anni per questa transizione energetica e non centinaia come accaduto per le precedenti. Inoltre, siamo un pianeta popolato da 8 miliardi di persone. La buona notizia è che la Terra è piena di flussi energetici rinnovabili (vento, sole). La radiazione solare in particolare che ogni giorno arriva sul pianeta ha un potenziale energetico immensamente superiore rispetto al fabbisogno energetico globale. Eppure questo messaggio ancora oggi non passa, si sente dire che le rinnovabili non potrebbero bastare, quando invece è esattamente il contrario”. Serve dunque una rapida transizione verso le rinnovabili: mentre sull’elettrico tutto sommato si è fatto qualche progresso (circa il 30% dell’elettricità mondiale è green), molto più indietro si è sul fronte del riscaldamento/condizionamento e dei trasporti. Per i trasporti, in particolare, occorrerà puntare su elettrificazione e idrogeno (quest’ultimo soprattutto per trasporti pesanti e arei).
Lo sbilanciamento italiano sul gas
Armaroli ha poi acceso il quadro sulla situazione dell’Italia, evidenziandone il forte sbilanciamento verso il gas: “Siamo l’unico paese del G7 dove il gas è la principale fonte di energia primaria, con una quota al 40% rispetto al 25% europeo. Ne utilizziamo troppo anche per produrre elettricità. Per certi versi come modello energetico siamo simili alla Russia, la quale ha però riserve stimate di metano per i prossimi 58 anni. Purtroppo l’Italia paga anche il successo che ha avuto per anni lo slogan “Il metano ci dà una mano”. In realtà si tratta di un combustibile fossile che ha un impatto importante da un punto di vista ambientale”.
Secondo il ricercatore è necessario mettere in atto delle azioni immediate per la transizione dal gas, tra cui scelte orientante al risparmio anche da un punto di vista del comportamento individuale, che potrebbero consentire di evitare l’acquisto dall’estero di 7-8 miliardi metri cubi di gas l’anno. Serviranno poi 60 GW di rinnovabili e piani straordinari per il solare termico e il biometano. Il nucleare, invece, non appare una scelta praticabile per l’Italia, per la mancanza di siti, investitori e di tempistiche valide in ottica 2050.
Una transizione che passa dalla collaborazione
La necessità della transizione energetica non nasconde però l’esistenza di alcuni colli di bottiglia: anche se la radiazione solare ha un potenziale immenso per convertirla in energia elettrica servono materiali presenti sulla Terra, non sempre abbondanti. Le stesse reti elettriche di nuova generazione hanno bisogno di molto acciaio e alluminio. Tali risorse sono spesso localizzate in determinati paesi: il tema interessa soprattutto l’Europa, che ha pochi minerali critici questo significa che per fare la transizione energetica i Paesi del mondo debbano necessariamente collaborare e avrebbe dunque tutto l’interesse a un mondo caratterizzato da relazioni pacifiche. “La nostra risorsa come Europa è la radiazione solare: il consumo energetico europeo è pari allo 0,23% della quantità di radiazione solare che colpisce il Vecchio Continente ogni anno”. Eppure, nonostante questi limiti, Armaroli vede positivo: le energie fossili sono infatti nettamente a più alta intensità di materiale e di elementi chimici. Non ci sono scuse, insomma, per non investire sulla transizione: “Nessuna civiltà è mai scomparsa per una pandemia, mentre invece la crisi clima energia ci mette invece pericolosamente vicini all’orlo del baratro. Fare previsioni esatte sull’energia è difficile, ma sappiamo dove dobbiamo andare. L’unica possibilità che abbiamo è quella di correre quanto più velocemente possibile sulla transizione energetica per assicurare un futuro a chi verrà dopo di noi”, ha concluso Armaroli.