Renewable Report 2022

Rinnovabili, ecco perchè all’Italia serve uno scatto in avanti

Secondo il Renewable Report dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano le installazioni di nuovi impianti vanno troppo a rilento. Andando di questo passo, sarà impossibile raggiungere gli obiettivi al 2030

Pubblicato il 17 Mag 2022

energia AI

È ormai da tanti anni che si sente dire che l’Italia dovrebbe accelerare sulle fonti rinnovabili. Oggi, però, l’urgenza appare davvero tanta: gli obiettivi europei sono sempre più ambiziosi, la crisi geopolitica impone svolte molto rapide e, soprattutto, gli anni che abbiamo a disposizione da qui al 2030 sono sempre di meno. Questa la principale conclusione che arriva dal convegno di presentazione del Renewable Report 2022 dell’Energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, che ha tracciato il quadro sull’andamento e sulle prospettive di un settore chiave per la transizione energetica del Paese. Partendo come sempre dai numeri, le rinnovabili in Europa a fine 2021 potevano contare su potenza installata di circa 688 GW, per una crescita del 6% rispetto all’anno precedente. In Italia sicuramente le fonti pulite svolgono un ruolo importante: parliamo di 60,58 GW di potenza installata che ormai producono poco meno di 120 TWh l’anno, pari al 36% della domanda nazionale. Ma la crescita è ormai da troppi anni troppo stiracchiata: le installazioni sono in effetti ripartite con la ripresa post-pandemica, ma la quantità di nuovi impianti fotovoltaici ed eolici è solo di poco superiore a quella del 2019. Sulla falsariga di una traiettoria che va avanti da tempo: da un decennio a questa parte, infatti, la crescita media annua delle nuove installazioni da fonti rinnovabili è attorno al + 2%. Più nel dettaglio parliamo nel 2021 di 1.351 MW di nuovi impianti (+70% di potenza rispetto ai 790 MW del 2020, quando era diminuita del 35%), un quantitativo che ha portato il Paese a superare la soglia dei 60 GW: l’aumento è stato trainato dalla nuova capacità di fotovoltaico (+935 MW, +30% rispetto al 2020), seguito dall’eolico, che ha registrato la crescita più marcata (+404 MW, +30%).

Obiettivi europei a rischio

Ma, come ha messo in evidenza Vittorio Chiesa, Direttore dell’energy & Strategy Group del Politecnico di Milano, anche dietro questi segni più ci sono molti limiti: ad esempio gran parte degli 80.000 impianti fotovoltaici installati nel 2021 sono al di sotto dei 12 kW di potenza, cioè sono di piccola taglia, installati da privati o piccole aziende. Pochissime installazioni solari sono andate oltre il MW di potenza e nessuna sopra i 10 MW, a testimonianza che il solare fatichi ancora a scalare sulla dimensione industriale. Il paradosso è che oggi queste installazioni si concentrano soprattutto al Nord, nonostante le condizioni di irraggiamento peggiori rispetto al Sud. C’è poi il fallimento delle aste, il sistema di incentivazione adottato per sostenere l’installazione dei grandi impianti eolici e fotovoltaici: a parte il primo bando, negli altri casi le richieste degli operatori sono state molto basse, tanto che 2,3 GW sono sostanzialmente inutilizzati, in larga misura a causa dell’andamento intermittente del rilascio delle autorizzazioni.

Difficile, in questo modo, raggiungere gli obiettivi europei al 2030, quando, secondo le ultime indicazioni del Piano per la transizione ecologica l’Italia dovrebbe coprire il 72% della sua generazione elettrica con le fonti rinnovabili. La stima dell’Energy & Strategy è che, procedendo alla velocità degli ultimi anni, di questo passo, al 2030 avremmo un parco eolico e fotovoltaico di poco superiore ai 50 GW, rendendo impossibile così l’obiettivo di un installato totale di rinnovabili tra i 125 e i 130 GW. Al contrario queste cifre si potranno raggiungere solo se il tasso di installazione sarà quattro volte maggiore dell’attuale per l’eolico (circa 1,75 GW/anno contro gli 0,38 GW/anno di oggi) e sette volte maggiore per il fotovoltaico (circa 5,6 GW/anno contro 0,73 GW/anno).

Cosa deve fare l’Italia

“Per centrare gli obiettivi europei al 2030 si dovrebbero installare in Italia almeno 60-65 GW di nuova capacità produttiva da fonti rinnovabili non programmabili, ma non è possibile senza una semplificazione normativa, in particolare nelle autorizzazioni, e un più facile accesso agli incentivi: qualcosa è stato fatto, ma la strada è lunga – ha evidenziato Davide Chiaroni, vicedirettore di Energy & Strategy – nonostante le rinnovabili rappresentino una grande opportunità per la competitività del nostro Paese, che vedrebbe non solo una drastica riduzione della propria dipendenza energetica, ma potrebbe anche raggiungere livelli molto competitivi del costo dell’energia grazie alla disponibilità di risorse come sole e vento. È indispensabile una programmazione integrata e coerente, perché le azioni previste per i prossimi anni determineranno il nostro posizionamento strategico nel futuro sistema economico globale. Saranno necessari anche ingenti investimenti (tra i 40 e 50 miliardi di euro al 2030, senza considerare quelli per gli accumuli e il potenziamento delle infrastrutture di rete) quindi vanno create le condizioni perché il mercato finanziario e gli investitori internazionali giochino un ruolo attivo nello sviluppo del settore”.

Oltre alla costruzione di nuovi impianti, si legge nel report, sarà importante agire anche lato repowering e revamping (ricostruzioni, rifacimenti, riattivazioni e potenziamenti) dei numerosi impianti fotovoltaici ed eolici che in Italia hanno 10 o più anni di vita, per i quali è indispensabile incrementare (o almeno mantenere) la produzione. Secondo il report un altro comparto da sostenere è quello dell’agri-voltaico, che permette la coesistenza di attività agricole o di allevamento con il fotovoltaico: da agosto 2021 sono state presentate più di 50 domande al Ministero dell’Ambiente. Importante sarà il ruolo giocato dalle Comunità energetiche, che quest’anno sono salite a 26 (tutte basate su impianti fotovoltaici di 40 kW di potenza media a progetto) e che – grazie al recepimento della direttiva europea RED II – hanno ora la possibilità di coinvolgere anche attori industriali e commerciali.

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Gianluigi Torchiani

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