Il rapporto tra Pubblica Amministrazione e sostenibilità ha da sempre un doppio valore: da una parte le sfide per la creazione di una PA più green e dall’altra l’impegno in tante e diverse forme nella creazione di condizioni per un percorso verso la sostenibilità del sistema paese in termini di indirizzo per le imprese e di collaborazione tra pubblico e privato. In questo scenario, un ruolo centrale è svolto primariamente dai temi energetici, oggi più che mai al centro dell’attenzione anche per la necessità di accelerare la trasformazione energetica del nostro paese e per cercare di limitare le forme di dipendenza dall’estero. La sfida e le prospettive legate alla necessità di integrare gli obiettivi di trasformazione energetica con quelli della decarbonizzazione e della costruzione di una Pubblica Amministrazione verde sono stati al centro dell’evento: “Il PNRR per una PA verde e sostenibile: efficientamento energetico degli edifici pubblici, energy management nella PA e green public procurement” organizzato da FORUM PA.
L’evento è stato coordinato da Maria Ludovica Agrò, Responsabile scientifico FPA per l’attuazione del PNRR e ha visto la partecipazione di Sara Romano, Capo Dipartimento per l’Energia e il Clima Ministero della Transizione Ecologica; Luigi Guerci, Coordinatore NUVEC, Agenzia per la Coesione Territoriale; Daniela Pedrini, Presidente SIAIS; Stefano Epifani, Presidente Digital Transformation Institute, Cristian Acquistapace, Amministratore Delegato Renovit; Carlo Bassanini, Direttore Operativo Coopservice; Fabrizio Grossini, Business Development Director ENGIE e Mauro Bellini Direttore Responsabile Energyup.Tech e ESG360 (direttore di questa testate e autore di questo servizio).
L’iniziativa UE nella transizione ecologia e l’impatto su programmi e normative
Il ruolo dell’Europa è certamente centrale per questa transizione e Maria Ludovica Agrò, Responsabile scientifico FPA per l’attuazione del PNRR, ha sottolineato come la UE stia assumendo una leadership importante grazie alle azioni previste nell’ambito del Green Deal, a partire da una serie di obiettivi strategici come l’obiettivo della riduzione del 55% delle emissioni di gas serra entro il 2030 e come l’obiettivo di portare al 40% la quota di energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili (nel nostro paese la quota era di poco superiore al 22% nel 2020). Ma la trasformazione energetica punta prima di tutto a un “riequilibrio” energetico con una serie di misure che devono unire la riduzione dell’impronta carbonica con un profondo efficientamento dei consumi.
“In questo senso l’efficientamento energetico è certamente un pilastro fondamentale di questo passaggio e per la PA le risposte sono da individuare nell’orchestrazione tra diversi strumenti a partire dal sistema del Green Public Procurement (GPP) con l’introduzione di criteri di sostenibilità ambientale che stanno caratterizzando gli acquisti della Pubblica Amministrazione”. Un approccio che vede l’integrazione di alcuni dei principali criteri ambientali nelle logiche di approvvigionamento sulla base di un modello che punta a favorire la transizione verde allo scopo di costruire una PA committente “esperta” nella transizione energetica.
Maria Ludovica Agrò ricorda poi i due principali strumenti oggi che possono guidare e accelerare questa trasformazione: da una parte il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima (PNIEC), nel quale convergono le indicazioni e le direttive europee che regolano la riduzione delle emissioni, il risparmio energetico, lo sviluppo delle rinnovabili e gli aspetti più infrastrutturali come l’interconnettività delle reti e naturalmente il ruolo fondamentale del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza PNRR.
Opportunità e impegni tra Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima e PNRR
ha portato l’attenzione sui due punti di riferimento per la transizione energetica: il PNIEC, che è chiamato a coniugare obiettivi di sostenibilità, sicurezza economica ed energetica e competitività del sistema e il PNRR che punta ad accelerare i processi di cambiamento e di innovazione in tutto il settore economico con un focus speciale su energia, transizione ecologica e digitalizzazione. All’accelerazione negli obiettivi di efficienza energetica, sviluppo delle rinnovabili e decarbonizzazione per il 2030 si sono aggiunte le emergenze legate alla riduzione della dipenda energetica dall’estero causate dagli effetti della crisi russo-ucraina in un piano che dovrà essere aggiornato anche in relazione al negoziato collegato al pacchetto Fit for 55.
Certamente in questo scenario l’efficienza energetica e i processi di elettrificazione si confermano come i due pilastri di questo scenario unitamente all’introduzione di prodotti e servizi che possono accelerare il raggiungimento dei target. Il valore del PNRR poi risiede nella capacità di concentrare investimenti e riforme che rappresentino da una parte una spinta al raggiungimento dei target e che possano diventare dei fattori abilitanti per nuovi investimenti e nuove iniziative.
Nello specifico la Missione 2, rivoluzione verde e transizione ecologica, dove si lavora su energie rinnovabili, economia circolare ed agricoltura sostenibile, prevede stimoli consistenti e interventi per le rinnovabili, nella produzione dell’idrogeno, nella ricerca per la decarbonizzazione di processi produttivi, nella mobilità sostenibile, nell’efficienza energetica e nella riqualificazione degli edifici a cui si aggiungono interventi a tutela delle risorse idriche e del territorio.
Romano sottolinea poi anche il ruolo di una PA in grado di progettare politiche che permettano di incrociare le aspettative e le proposte degli investitori privati in un nuovo rapporto pubblico-privato e le necessità dell’efficienza energetica come uno degli ambiti più importanti per attuare queste forme di collaborazione.
L’altro aspetto centrale in questo passaggio è rappresentato poi secondo Romano dagli investimenti in conoscenze e capitale umano. In questo senso il MITE sta lavorando per far incontrare stakeholder nazionali e locali con chi si occupa di politiche di programmazione legate a progetti europei proprio per stimolare dialogo e cultura comune. Nello specifico, gli investimenti in energia rinnovabile hanno la duplice necessità di unire capacità centrali e territoriali di programmazione, con metodologie di valutazione orientate al risultato, nel rispetto dei vincoli e delle specificità territoriali e in grado, nello stesso tempo, di aumentare il ritmo di sviluppo delle fonti rinnovabili.
Transizione energetica, ecologica e coesione territoriale
In relazione al supporto ai comuni sui temi dell’attuazione degli interventi relativi alla transizione energetica Luigi Guerci, Coordinatore NUVEC (nucleo verifiche e controllo) dell’Agenzia per la Coesione Territoriale, ha sottolineato alcuni temi da affrontare per accelerare i processi di transizione. Un esempio è rappresentato dalle difficoltà nell’attuazione di interventi di efficientamento energetico nell’ambito dell’edilizia nel momento in cui gli interventi fanno parte di progetti più ampi, come possono essere quelli legati all’adeguamento sismico e sarebbe più efficiente prevedere interventi di tipo integrato in grado di comprendere ad esempio diverse tipologie di intervento: sismico, efficientamento, digitalizzazione.
Un altro aspetto è poi legato al tema delle procedure e al numero medio di affidamenti. Certamente il PNRR ha semplificato le procedure, ha ridotto le soglie per procedere con i negoziati e ha aiutato la semplificazione, ma Guerci tiene a sottolineare che la principale semplificazione è anche nella la stabilità della norma perché a fronte di una sequenza di modifiche normative, gli enti locali faticano a gestire gli interventi in modo coordinato.
Sempre sui temi della semplificazione viene raccomandata una maggiore flessibilità nei vincoli relativi all’erogazione dei finanziamenti. L’esclusività legata all’efficientamento energetico crea difficoltà, ancora una volta, nel momento in cui il beneficiario sia nella necessità di inserire ulteriori misure e anche per favorire le forme di termini di partenariato pubblico-privato considerando infine che nell’orizzonte 2026 non c’è solo il PNRR ma ci sono anche le iniziative legate alle politiche di coesione europee e nazionali.
Infrastrutture ospedaliere: green vuol dire anche maggiore sicurezza
Daniela Pedrini, Presidente SIAIS, Società Italiana dell’Architettura e dell’Ingegneria per la Sanità e presidente della federazione internazionale di ingegneria ospedaliera sottolinea che nel momento in cui “parla” di ospedali verdi si deve intendere non solo il tema dell’efficientamento energetico, ma la creazione di strutture virtuose sotto tanti aspetti, nel consumo energetico, nelle energie rinnovabili, nel trattamento dei rifiuti, nell’uso delle sostanze e materiali, nel ripensamento della mobilità.
Ovviamente si tratta di un tema che va affrontato considerando le differenze sostanziali tra interventi progettuali in caso di nuove strutture e interventi sulle strutture esistenti che uniscono la necessità di efficientamento energetico a interventi ad altre dimensioni come il più volte citato adeguamento sismico, adeguamenti funzionali come il ripensamento degli spazi, ad esempio legati alle istanze che sono arrivate anche con l’emergenza pandemica. La sostanza resta quella di creare le condizioni per gestire l’energia nel rispetto dell’efficienza e delle nuove necessità. In questo senso SIAIS unisce obiettivi di formazione e sviluppo di competenze per la PA con la diffusione di cultura e scambio di esperienze e con la prospettiva di far crescere la conoscenza verso gli ospedali verdi anche con una prospettiva di collaborazione a livello internazionale
Il ruolo del privato: proattività e progettualità
Rispetto ai temi della collaborazione tra pubblico e privato Carlo Bassanini, Direttore Operativo Coopservice, porta una serie di indicazioni e stimoli a partire dalla necessità di fare riferimento a progettualità sulle quali il privato può dare un grande stimolo con un metodo che prevede anche nuove forme di proattività. Un contesto nel quale “il privato può chiamare la PA” portando stimoli e proposte che devono fare leva anche sul principio della lungimiranza, ovvero pensando a interventi con un ritorno nel medio-lungo termine e con forme di innovazione che non sono solo tecnologiche, ma che hanno un chiaro impatto sociale.
Le aspettative verso la PA in questo senso riguardano la necessità di lavorare sull’approccio, sull’ascolto, sulla collaborazione e sulla necessità di non interpretare in maniera restrittiva il quadro normativo, perché altrimenti si rischia di frenare e rallentare i progetti. Lo strumento primario in questo senso è rappresentato dal partenariato pubblico-privato, da attuare con la capacità di gestire funzioni multidisciplinari che spaziano dalla componente tecnica a quella finanziaria, da quella dell’innovazione a quella commerciale. Uno scenario che visto nella prospettiva del 2026 invita a pensare all’adozione di strumenti che sappiano integrare la dimensione energetica e ambientale nei processi decisionali della PA.
Il “filo verde” dell’efficienza energetica che unisce programmi e investimenti
Cristian Acquistapace, Amministratore Delegato Renovit ricorda i vari strumenti di programmazione e investimento come PNIEC, PNRR, RepowerEu e sottolinea l’importanza di creare un “filo verde” che sia solidamente rappresentato dal tema dell’efficienza energetica da mettere però in relazione con la necessità di riforme strutturali che siano nella condizione di portare a investimenti di lungo periodo e che si concretizzino anche in un maggiore impegno nella convergenza pubblico-privato.
Acquistapace mette poi in evidenza la necessità di condividere le sfide tecnologiche con la PA lavorando su tendenze molto chiare come la riqualificazione profonda degli edifici, come il processo di elettrificazione, come lo sviluppo strategico delle fonti rinnovabili. Tra i temi sui quali focalizzare l’attenzione per abilitare questa trasformazione il manager ricorda inoltre la necessità di portare l’attenzione sul capitale umano e di incentivare la PA a rafforzarsi su queste specifiche competenze, un tema peraltro sul quale il contributo del rapporto tra pubblico e privato appare ancora più fondamentale. A questo si aggiunge infine un richiamo alla necessità di una riforma strutturale del codice degli appalti per semplificare e facilitare tempi e metodi dei partenariati. La chiave di lettura vuole essere anche quella di un contesto in cui il PNRR non deve essere visto solo come opportunità di nuovi fondi da investire, ma come una occasione per attuare riforme strutturali che consentano al sistema industriale pianficazioni sul lungo termine.
Dalla vision all’execution: il ruolo dell’innovazione
Fabrizio Grossini, Business Development Director di ENGIE ricorda a sua volta l’importanza di unire la vision del Green Deal con la necessità di gestire un preciso allineamento di tutti gli obiettivi per avere ben chiaro come agire in fase di execution. Il manager ricorda il ruolo di Engie nel mondo dell’energia, nello sviluppo di una produzione a basse emissioni di CO2, nell’obiettivo di diventare net-zero carbon entro il 2045 in un percorso che guida l’operatività aziendale di ogni giorno. Un percorso nel quale l’azienda ha efficientato qualcosa come 10 mila edifici in un rapporto di collaborazione con oltre 350 comuni del nostro paese. Ma Grossini tiene poi a evidenziare il ruolo dei privati con una serie di considerazioni che vanno dall’importanza della vicinanza alle comunità alla capacità di parlare con gli stakeholder del territorio, dall’impegno nella ricerca e sviluppo alle iniziative per ascoltare e dare risposte alle richieste di innovazione.
L’attenzione si indirizza poi al ruolo del PNRR, all’offerta di soluzioni specifiche e alla possibilità e necessità che si deve cogliere di indirizzare una trasformazione nella quale un’azienda come ENGIE è oggi impegnata in investimenti importanti e dove è importante contare su un forte engagement. In questo scenario serve fare in modo che questa fase progettuale sia supportata da un passaggio culturale importante anche grazie a forme di partenariato pubblico-privato che permettono di confermare l’Italia come un paese nel quale vale la pena investire. Nell’orizzonte 2026, osserva inoltre il manager, occorre avere la speranza di aver messo a terra tutte queste progettualità e aver messo a frutto quelle potenzialità che permettono di garantire un futuro migliore per i nostri figli perché ci sono tutte le capacità di farlo.
Sostenibilità e digitale: non bastano le competenze, serve consapevolezza
Il Presidente del Digital Transformation Institute Stefano Epifani sottolinea che il tema delle competenze è certamente importante ma va messo in relazione con il tema della consapevolezza. E se per competenza si intende la capacità di affrontare una sfida con gli strumenti del digitale, purtroppo la situazione attuale ci mette davanti a una situazione ci si deve confrontare con una mancanza di consapevolezza. L’Osservatorio della Fondazione per la sostenibilità digitale che analizza il rapporto tra gli italiani e la sostenibilità ci indica il livello di consapevolezza su tre temi: sostenibilità, digitalizzazione, e ruolo della digitalizzazione rispetto alla sostenibilità. Davanti a questi parametri il 75% dei cittadini ha capito l’emergenza della crisi climatica, ma 1 su 4 è convinto che possa essere rimandata. Un altro elemento preoccupante riguarda il ruolo del digitale come strumento di sostenibilità e qui Epifani sottolinea che occorre evitare di parlare come spesso accade di Twin transition, pensando al digitale e alla sostenibilità come a due transizioni gemelle. Il Presidente del Digital Transformation Institute tiene evidenziare che si tratta di una unica grande trasformazione che integra in modo inscindibile i due fenomeni.
Un altro aspetto che occorre affrontare nello scenario della transizione energetica ed ecologica riguarda la necessità di trovare la giusta sintesi tra ambientalismo e fiducia nelle tecnologie considerano in particolare il ruolo del digitale ed è importante cercare di superare la diffidenza che ancora troppo spesso porta certi settori dell’ambientalismo più radicale a nutrire scetticismo verso il digitale quando invece rappresenta il fattore abilitante più potente di trasformazione ecologica. Ma l’ultimo aspetto forse più importante riguarda i comportamenti così importanti ad esempio per abbattere i consumi energetici nel momento in cui si riesce ad aumentare il numero di persone che sono nella condizione di utilizzare sistematicamente strumenti di risparmio energetico. Purtroppo i dati dicono che la popolazione attiva nell’uso di questi strumenti è ancora basso, dell’ordine del 17% quando invece gli strumenti al contrario sono molto diffusi considerando ad esempio che la rete di smart metering nel nostro paese è tra le più capillari in Europa.
Dall’Energy management al sustainability management, grazie al digitale
La transizione ecologica è non solo inscindibile da una trasformazione digitale, ma trova nel digitale gli strumenti di conoscenza e di azione necessari per concretizzarsi. L’intervento di Mauro Bellini, Direttore Responsabile EnergyUp.Tech e ESG360 affronta i temi della trasformazione sostenibile ed energetica in relazione al ruolo del digitale e della disponibilità di dati e di conoscenza, grazie all’IoT, allo smart metering, alle capacità di big data e analytics di trasformarli in conoscenza.
La chiave di lettura oggi con cui guardare a questi passaggi è quella delle sfide convergenti che nel caso del Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima riguardano la sostenibilità, la sicurezza e la competitività che si possono concretizzare solo grazie a una reale convergenza, proprio perché non è possibile avere sostenibilità senza sicurezza e non si possono raggiungere sostenibilità e sicurezza senza la prospettiva della competitività.
Peraltro il rapporto pubblico-privato è ancora più fondamentale del passato: la sostenibilità si raggiunge grazie a un vero gioco di squadra a cui va aggiunto anche il ruolo del mondo della finanza (e dell’ESG) che guarda a questa trasformazione come a una possibilità di creare nuovo valore nel superamento dei retaggi del passato che la vedevano la sostenbilità solo come un costo.
Un altro aspetto riguarda poi le competenze necessarie e se si parla di una centralità dell’energy management, occorre anche parlare di una cultura della trasformazione in cui gioca un ruolo cruciale il sustainability management. La cultura trasformazione sostenibile che sta alla base di trasformazioni economiche, sociali ed industriali deve essere supportata da professionalità specificatamente preparate alla sostenibilità, all’orchestrazione di diverse funzioni aziendali, ealla capacità di raggiungere obiettivi con il coinvolgimento di diversi stakeholder.
Ma questo percorso di transizione è dettato anche e soprattutto capacità di misurare, dal ruolo dei dati e dalla disponibilità di unità di misura. Se si vuole dimostrare che la trasformazione genera valore, è necessario creare le condizioni per tutti gli stakeholder per poterla valutare: serve uno scenario di metriche che sia uniforme, che permetta di rendicontare in modo affidabile il percorso di trasformazione sostenibile con una razionalizzazione degli standard, delle metriche di riferimento e dei KPI. L’altro fattore abilitante è infine rappresentato inine dalla creazione di ecosistemi in cui la collaborazione tra attori diversi, unitamente alla capacità di coinvolgere cittadini, permetta non solo di dare vita a una “transizione energetica sostenibile” ma anche ad una “domanda energetica sostenibile” basata sulla capacità di fare – in ogni momento in ogni occasione – delle scelte consapevolmente sostenibili.
Alcuni dei temi affrontati nel corso dell’evento “Il PNRR per una PA verde e sostenibile: efficientamento energetico degli edifici pubblici, energy management nella PA e green public procurement” sono stati oggetto di analisi da parte del ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani sempre in occasione di FORUM PA con una serie di evidenze che potete ritrovare in questo servizio Cingolani a FORUM PA: la transizione ecologica non deve lasciare indietro nessuno