Per il 2021 secondo l’analisi di EY elaborata su un modello proprietario di previsione macroeconomica l’Italia potrà contare su una modesta ripresa del Pil, tra il 5 e il 5,5%. A penalizzare il Paede saranno la dipendenza dai flussi di commercio internazionale e l’ammontare elevato di debito pubblico. A trainare questo trend positivo sarà il recupero dei consumi domestici, nonostante il lockdown abbia ancora un impatto rilevante sia sui consumi sia sul clima di fiducia di consumatori e imprese. La crescita attesa nell’anno in corso segue un 2020 fortemente penalizzato dalle misure anti-Covid, con un tasso di decrescita stimato dall’Istat dell’8,9%.
“In molti settori – spiega la ricerca di EY – l’impatto dell’emergenza sanitaria sulle aziende ha determinato una contrazione di marginalità e un incremento del debito, con rilevanti impatti sulla patrimonializzazione. Il trend di crisi del 2020 ha determinato una relativa scarsità di asset in vendita sul mercato, poiché le società di molti settori restano in attesa di osservare risultati in crescita nel 2021, rispetto all’anno passato. Tuttavia, le esigenze di ricapitalizzazione e finanziamento offrono interessanti opportunità per i fondi di Private Equity, anche tramite soluzioni di investimento più complesse rispetto al passato (minoranze e interventi con strumenti di debito e semi-equity). Molti gruppi guardano con interesse all’attività M&A come strumento per ridefinire il proprio business model, anche in termini di strategia digitale, capacità produttiva e supply chain”.
Tra i principali driver dell’attività M&A attesa nel 2021 c’è anche la disponibilità di risorse dal Recovery Fund che possano agevolare il processo di trasformazione e modernizzazione del Sistema Italia, con i maggiori benefici attesi per le aziende dei settori più in crescita come l’energy transition e la sostenibilità, salute e sicurezza, digitale e mobilità: tutti comparti che potranno quindi essere più frequentemente interessati da operazioni di acquisizione e combinazione aziendale.
Tra gli altri driver di crescita compaiono inoltre l’ampia liquidità disponibile nel sistema, grazie alla positiva attività di raccolta dei fondi e il relativo dry powder, nonostante il fatto che il forte calo delle performance 2020 delle aziende operanti in molti settori impattati dalla crisi sanitaria e le difficoltà ad affrontare i temi valutativi in un contesto di mercato molto volubile abbia fatto esplodere in molti casi il cosiddetto bid/ask gap, con un conseguente freno all’attività transazionale. A questo è da aggiungere l’azione di supporto diretta e indiretta da parte del Governo, con strumenti finalizzati a rafforzare la liquidità delle aziende: “Il Patrimonio Rilancio promosso dal Mes e il Fondo Nuove Competenze possono rappresentare, tra gli altri – sottolinea EY – una rilevante opportunità per favorire i processi di trasformazione necessari, ma con un potenziale freno all’attività M&A”.
“Nonostante l’outlook moderatamente positivo per l’attività M&A in Italia, nel 2021 il mercato sarà caratterizzato da spinte contrapposte, tra acquirenti e venditori, con molti punti interrogativi sulla solidità della pipeline di nuove operazioni – afferma Marco Daviddi (nella foto), Mediterranean Leader dell’area Strategy and Transactions di EY – L’effetto combinato di riduzione di ricavi e di crescente indebitamento pone in maniera forte il tema della solidità patrimoniale delle imprese, già caratterizzate, storicamente nel nostro Paese, da dimensione contenuta e limitata disponibilità di capitale. Tutto questo in un contesto che rende ancora più urgenti interventi di riorganizzazione e ristrutturazione aziendale, specie per quanto riguarda canali di vendita, supply chain e processi di re-skilling del personale. I fondi potranno avere un ruolo determinante se saranno in grado di strutturare operazioni più complesse rispetto al passato e ci aspettiamo anche una sensibile ripresa della raccolta di capitali sui mercati regolamentati”.
Quanto alla fotografia dell’anno appena trascorso, secondo i dati EY il totale investito nel nostro Paese nel corso del 2020 considerando sia investimenti nelle aziende (M&A) sia investimenti istituzionali nel settore immobiliare (Commercial Real Estate) ammonta a circa 48 miliardi di euro, in linea con il 2019, nonostante la forte battuta di arresto in primavera a causa del lockdown. Il volume di M&A registrato in Italia è stimabile in € 39 miliardi, in lieve crescita (+6%) rispetto al 2019, seppure trainato da alcune grandi operazioni di controvalore superiore a € 1 miliardo. Epurando il dato da tali operazioni, quindi concentrando l’attenzione sui deals nel cosiddetto Mid Market, il dato è certamente meno positivo, con una riduzione dell’ammontare transato nel 2020 di circa il -24,8% anno su anno. Nel Commercial Real Estate, la riduzione di investimento è stata di circa il 25%, rispetto comunque ad un anno, il 2019, che aveva toccato cifre record nel nostro Paese.
Tra i settori più impattati dal Covid-19 nel 2020 ci sono retail, beni di consumo non alimentari, prodotti e macchinari industriali, trasporti, outdoor e tempo libero, costruzioni. Il settore dei servizi finanziari, trainato dall’evoluzione digitale, è risultato il più performante per valore aggregato di acquisizioni (€ 13,7 miliardi), in primis per effetto della fusione di UBI Banca in Intesa Sanpaolo. I comparti più attrattivi per gli investitori strategici e finanziari sono quelli risultati più difensivi e resilienti alla crisi, quali infrastrutture digitali e fisiche, energia, farmaceutico, healthcare, agroalimentare, packaging. Quanto infine ai fondi di Private Equity e ai fondi infrastrutturali, questi si confermano attori fondamentali per l’attività M&A in Italia, avendo realizzato il 35% delle transazioni avvenute nel 2020, per un valore aggregato di c. € 10 miliardi; per il 2021 stimiamo che i fondi continuino a guardare con interesse alle opportunità di rafforzamento del capitale delle aziende, anche con strutture di investimento più complesse rispetto al passato.