Una delle maggiori criticità emergenti nello sfruttamento di fonti di energia rinnovabile è la manutenzione degli impianti. La manutenzione rappresenta un elemento cruciale in quanto è fondamentale garantire che gli asset siano in perfetto stato di funzionamento. Infatti, guasti e rotture possono generare episodi di fermo impianto con riparazioni costose, fino alla sostituzione di interi componenti, con il conseguente effetto di lasciare migliaia di case alimentate da combustibili fossili per giorni o settimane. Per ridurre o prevenire gli episodi di fermo impianto e abbattere le relative perdite, è fondamentale applicare strategie manutentive “intelligenti”, anticipando così situazioni anomale e gestendole appropriatamente. Negli ultimi anni l’intelligenza artificiale è stata impiegata con successo negli impianti di energia rinnovabile, per via della sua notevole capacità di anticipo: stiamo parlando di manutenzione predittiva.
I costi di manutenzione nel settore delle rinnovabili
Nel settore elettrico, al fine di confrontare il costo di generazione da fonti diverse, viene calcolato, secondo una metodologia riconosciuta a livello internazionale, il cosiddetto Levelized Cost Of Energy (LCOE). Questo indicatore sintetico rappresenta una stima economica del costo medio necessario per finanziare e mantenere un impianto di produzione energetica nel corso della sua vita utile, in rapporto alla quantità totale di energia generata durante lo stesso intervallo di tempo.
In particolare, esso prende in considerazione i costi di capitale, i costi del combustibile (se presente), i costi fissi e variabili di esercizio e manutenzione (Operation and Maintenance, O&M), i costi di finanziamento e un tasso di utilizzo presunto per ogni tipo di impianto.
Solitamente il costo associato alla manutenzione è espresso come percentuale del LCOE. Facendo riferimento al report pubblicato dall’agenzia internazionale per le energie rinnovabili (IRENA) nel 2019 [1], i costi di O&M possono raggiungere il 30% dell’LCOE, come ad esempio accade negli impianti eolici on-shore.
La manutenzione predittiva negli impianti di energia rinnovabile
La chiave per prevenire fenomeni di guasto potenzialmente debilitanti è il loro rilevamento precoce, che tradizionalmente avveniva attraverso il monitoraggio del livello di usura dei componenti o tramite manutenzione programmata.
Più recente e avanzata è la manutenzione predittiva, che propone un approccio strategico volto a prevenire i guasti prima che questi possano verificarsi, minimizzando i tempi di fermo impianto, ottimizzando la capacità produttiva e generando così incrementi di produttività.
Rispetto alla manutenzione correttiva o reattiva, in cui la riparazione avviene a guasto avvenuto, o alla manutenzione preventiva o programmata, in cui gli interventi vengono eseguiti sulla base dell’utilizzo di un componente, la manutenzione predittiva si focalizza sulla verifica dello stato di salute dei macchinari, al fine di predire quando si verificherà un guasto e prevenirlo. In definitiva, questo rende possibile la risoluzione del problema prima che esso conduca ad un episodio di fermo impianto o alla rottura di un componente.
L’intelligenza artificiale applicata alla manutenzione predittiva negli impianti
Negli ultimi anni, specialmente con la diffusione delle tecnologie di Internet of Things (IoT) nel contesto dell’Industria 4.0, l’AI ha svolto un ruolo chiave nella manutenzione predittiva. Infatti, essa consente di ottimizzare la strategia di manutenzione usando modelli predittivi, addestrati impiegando flussi di dati raccolti a partire dalle reti di sensori collocati negli impianti di energie rinnovabili.
Ad esempio, come proposto in [2], è possibile addestrare una rete neurale a riconoscere il funzionamento corretto di un impianto e a prevederlo in tempo reale. Qualora la previsione del modello non corrisponda alle misure reali dei sensori, il modello di AI genera un allarme per segnalare una condizione anomala che potrebbe portare a un guasto e di conseguenza a evento di un fermo impianto.
Figura 1: Esempio di manutenzione predittiva tramite IA (tratto da fonte [2]). I dati registrati dai sensori sono impiegati per addestrare il modello neurale a riconoscere, con un certo orizzonte predittivo, situazioni anomale che possano essere precursori di fenomeni di guasto sull’impianto. Il modello lancia un allarme quando la previsione si discosta dalle misure reali dei sensori, permettendo la gestione dell’anomalia e l’anticipo delle rotture dei componenti.
Il grande vantaggio dell’AI rispetto alle tecniche tradizionali di manutenzione è la sua natura data-driven. Se da un lato le tecniche tradizionali utilizzano regole e carte di controllo frutto di una rigorosa analisi degli impianti da parte degli esperti di dominio, dall’altro lato le tecniche di AI bypassano questi requisiti e si alimentano dei dati provenienti dal campo. Quindi, muniti di un sistema di acquisizione dati, come ad esempio i sistemi SCADA, è possibile addestrare un modello di AI in grado di automatizzare la manutenzione predittiva.
Secondo un recente report della società di analisi Aberdeen Group, l’utilizzo delle suddette tecniche di AI da parte delle società leader nell’area O&M sta producendo il beneficio di una maggiore affidabilità e sicurezza negli impianti.
In particolare, l’elaborazione di dati in tempo reale tramite strumenti di analisi predittiva rende possibile l’estensione del ciclo di vita degli asset, la riduzione dei costi delle riparazioni e una gestione corretta di situazioni anomale.
Complessivamente, ciò permette di
- ridurre fino al 12% gli eventi di fermo impianto non programmati e
- incrementare del 15% i margini operativi.
Per quanto questi numeri siano rilevanti, è importante sottolineare l’esistenza di un notevole margine di miglioramento nel settore della manutenzione predittiva. Proprio per questo è fondamentale la collaborazione tra realtà industriali ed accademiche al fine di sfruttare congiuntamente le potenzialità espresse da entrambi i contesti
Ricerca e innovazione negli impianti di energia rinnovabile
L’open innovation ha aperto nuovi scenari di collaborazione tra il mondo industriale e il mondo accademico. La collaborazione tra questi due mondi si è rivelata fondamentale per ritrovare la capacità di innovare e reinventare il futuro. Università e industria parlano a volte linguaggi diversi e viaggiano su binari paralleli, ma dalla loro congiunzione stanno nascendo in tutto il mondo collaborazioni molto interessanti, specialmente nel contesto delle applicazioni dell’AI all’ambito energetico.
I Joint Research Projects del Consorzio ELIS sono un esempio di successo di questa collaborazione: dieci università e più di trenta aziende hanno raccolto temi innovativi e avviato progetti di ricerca congiunta. Questo programma di progetti è ormai giunto alla seconda edizione, attualmente in corso. È inoltre previsto per gennaio 2021 un momento di raccolta dei fabbisogni delle aziende in vista dell’avvio, nella primavera, della terza edizione di questa iniziativa. Offrendo una stimolante occasione di trasferimento tecnologico, il Consorzio ELIS si pone l’obiettivo ultimo di definire un nuovo ecosistema di apprendimento, all’interno del quale le imprese e le università coinvolte producano e scambino conoscenza e valore, favorendo la nascita di una prolifica community tra dottorandi di ricerca, ricercatori, professori universitari e referenti aziendali.
Video: Joint Research Project Elis
Breve cenno alle fonti energetiche rinnovabili
Le fonti energetiche rinnovabili impiegano risorse tali da non esaurirsi a fine ciclo e tali da essere reintegrate naturalmente in una scala temporale umana.
Al contrario, le fonti energetiche tradizionali sfruttano risorse esauribili, prodotte dalla Terra in milioni di anni ma consumate a ritmi esasperati dall’uomo nel corso dell’ultimo secolo. Basti pensare al petrolio, un combustibile fossile liquido prodotto dalla decomposizione di sostanze organiche rimaste sepolte nel sottosuolo per centinaia di milioni di anni, il cui consumo mondiale è nell’ordine dei 100 milioni di barili (quasi 16 miliardi di litri) al giorno. Queste ultime fonti, oltre a essere esauribili, sono anche fortemente inquinanti e rappresentano la prima causa delle emissioni di gas serra nell’atmosfera, provocando un riscaldamento della temperatura media globale e fenomeni atmosferici correlati con i cambiamenti climatici.
Invece, l’energia prodotta tramite fonti rinnovabili ha un impatto ambientale minimo rispetto a quella prodotta tradizionalmente e rappresenta un ingrediente fondamentale nella transizione della società verso un mondo sostenibile.
L’energia rinnovabile più diffusa è quella idroelettrica, che sfrutta il moto naturale dei corsi d’acqua. In particolare, grandi masse in caduta o in movimento per via dalla gravità producono energia cinetica, che viene trasformata in energia elettrica tramite appositi impianti muniti di turbine e alternatori.
Molto diffuse sono anche la tecnologia fotovoltaica, in grado di incanalare l’energia del sole e trasformarla in energia elettrica, e la produzione dell’energia elettrica a partire dell’energia eolica. Quest’ultima tecnologia sfrutta il vento per azionare il movimento rotatorio di apposite pale, generando così energia cinetica che a sua volta, tramite un generatore, viene trasformata in energia elettrica.