L’efficienza energetica sembra essere diventata un fattore importante di scelta negli acquisti immobiliari degli italiani. Questa la principale conclusione del monitoraggio relativo al 2019 svolto da ENEA in collaborazione con l’Istituto per la Competitività (I-Com) e la Federazione Italiana Agenti Immobiliari Professionali (Fiaip). Più nel dettaglio l’indagine – condotta su un campione di oltre 800 agenti immobiliari – ha evidenziato la presenza di segnali positivi sia per il segmento delle nuove abitazioni che per gli immobili ristrutturati: nel primo caso quasi l’80% delle transazioni immobiliari ha riguardato abitazioni, nelle classi energetiche A o B, mentre nel secondo caso la percentuale degli immobili più efficienti è arrivata al 36% nel 2019, in netto aumento rispetto al 22% del 2018. Queste percentuali sono legate alla necessità di dover rispettare gli elevati standard imposti per legge alle nuove costruzioni, ma anche a una più qualificata domanda e offerta nel segmento delle nuove costruzioni, in cui l’elevata efficienza energetica dell’immobile può rappresentare un valore aggiunto per l’acquirente. Allo stesso tempo, la crescita dei numeri relativi al segmento del ristrutturato sembra ricollegabile a una maggiore attenzione a questo tema.
Una conferma della maggiore attenzione alla maggiore appetibilità commerciali degli immobili con scarse prestazioni energetiche arriva dagli andamenti delle vendite degli edifici ricadenti nella classe energetica più scadente (la G) le cui compravendite continuano progressivamente a ridursi: la percentuale si è attestata, intorno al 40% per monolocali e bilocali e al 37% per i trilocali, per scendere al 34% per le ville unifamiliari e al 24 % per le villette. Il mercato immobiliare italiano, per effetto delle sue caratteristiche (ossia di immobili in gran parte costruiti prima degli anni Settanta) resta però complessivamente inefficiente da un punto di vista energetico: le percentuali di edifici appartenenti alle ultime classi (D-G) si attestano intorno al 85% per monolocali, bilocali e trilocali e intorno al 73% per villette e unifamiliari.
L’interrogativo, naturalmente, è su come la crisi innescata dal Covid-19 possa influenzare queste dinamiche di mercato: secondo Franco D’Amore, Vicepresidente dell’Istituto per la Competitività, è possibile che le mutate esigenze abitative, con il ripensamento in termini di multifunzionalità e versatilità degli spazi domestici, potranno giocare un importante ruolo nella mobilitazione di investimenti per una ristrutturazione di qualità degli immobili residenziali ed includere, in maniera sinergica, interventi di riqualificazione energetica profondi.
“Un cambiamento comportamentale da parte degli utenti finali rappresenta infatti un requisito imprescindibile per aggredire l’enorme potenziale di risparmio energetico rappresentato dagli immobili da ristrutturare. Sarà quindi necessario – ha dichiarato Alessandro Federici, responsabile ENEA del monitoraggio delle politiche per l’efficienza energetica – porre ancora più attenzione in futuro a queste complesse dinamiche, supportate e favorite da adeguati strumenti di policy e meccanismi di incentivazione, che dovranno essere strutturali almeno nel medio periodo, in modo da permettere una pianificazione pluriennale degli investimenti da parte di tutti gli stakeholder coinvolti. Il tutto per orientare sempre più la domanda verso interventi di ristrutturazione profonda degli edifici condominiali, a cui fanno riferimento molte delle abitazioni ricadenti nelle zone semiperiferiche, periferiche e di estrema periferia che abbiamo visto avere performance energetiche ancora particolarmente scadenti”.
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