Energy Open Innovation

Gevi: AI e attenzione ai dettagli per rendere sostenibile il Mini eolico

La startup nata da tre ex studenti dell’Università di Pisa, punta a rendere sostenibile da un punto di vista economico l’installazione di questi impianti, sfruttando al massimo l’energia del vento

Aggiornato il 21 Feb 2023

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Il mini eolico rappresenta una di quelle tecnologie capaci di catturare l’interesse del grande pubblico, che intravede in esso le potenzialità per aumentare l’indipendenza energetica. Ma, a conti fatti, di installazioni sul territorio nazionale ce ne sono molto poche, a causa degli ostacoli burocratici e della difficoltà di far quadrare i conti. Eppure c’è una startup italiana che ha scelto di focalizzarsi proprio su questa particolare nicchia di mercato: si tratta di GEVI (Generatore Eolico Verticale Intelligente), una realtà che progetta e costruisce turbine eoliche dotate di intelligenza artificiale, nata dall’idea di tre ex studenti del corso Ingegneria aerospaziale dell’Università di Pisa. Che ha ricevuto il suo primo investimento attraverso ZERO, l’Acceleratore italiano Cleantech lanciato da CDP Venture Capital Sgr – Fondo Nazionale Innovazione, Eni, LVenture Group ed ELIS, con il supporto dei Corporate Partner Acea, Maire Tecnimont, Microsoft e Vodafone.

Il caso Gevi

EnergyUp.Tech (che dedicherà nei prossimi mesi una particolare attenzione all’Open Innovation nel settore Energy) ha parlato con Emanuele Luzzati, amministratore delegato di Gevi, per comprendere modello di business e prospettive. “Siamo una startup nata a luglio 2022 che costruisce turbine eoliche ad asse verticale (quelle utilizzate nei comuni impianti eolici sono ad asse orizzontale, ndr), dotate di un controllo attivo delle pale e di un’intelligenza artificiale che è in grado di leggere il vento e predirlo, adattandosi ai diversi luoghi e tipi di vento, per massimizzare l’estrazione di energia pulita”. La turbina messa a punto da GEVI, infatti, auto-apprende e controlla l’angolo di inclinazione delle pale, adattandolo alla direzione del vento, grazie alla raccolta di dati in tempo reale e all’intelligenza artificiale. “Questo consente da una parte di massimizzare l’estrazione del vento, ma dall’altra anche di ridurre i costi di installazione ed il peso della struttura. La nostra turbina è infatti in grado di adattarsi a tutte le varie velocità di vento, allineando le palette al vento come se fosse una bandiera. Questa caratteristica riduce le dimensioni della turbina, perché la densità di energia è maggiore e semplifica l’installazione, perché i carichi di dimensionamento sono minori”.

Emanuele Luzzati, amministratore delegato di Gevi

L’intelligenza artificiale, insomma, gioca un ruolo importante nel funzionamento della soluzione: “L’intero sistema si basa sul fatto che ad ogni giro della turbina viene scansionato il vento tramite dei sensori di pressione e viene così adattata in tempo reale l’angolazione della paletta, in base a direzione e intensità del vento e ai pattern di turbolenza che vengono registrati da un punto di vista storico. Dunque abbiamo due diversi tipi di ottimizzazione: la prima in tempo reale, che serve a ottimizzare la quantità di energia ricavata dalla paletta; dall’altra c’è un allenamento più a lungo termine grazie all’analisi dello storico dei dati misurati sul sito, così da abituare l’impianto a lavorare sulle tipologie di vento riscontrate in loco. Inoltre, poiché perché le turbine ad asse verticale non sono autoavvianti, l’intelligenza artificiale decide in autonomia quando farle partire. Occupandosi anche della diminuzione delle oscillazioni sulla paletta in caso di ventosità forte. Insomma, nel nostro caso la AI si occupa soprattutto dell’adattamento alle condizioni, più che all’aumento delle prestazioni in sé”. Gewind gestisce internamente questo aspetto, grazie alle competenze di uno dei founder che è anche controllista robotico.

Il modello di business

La storia della startup è simile a quella di tante altre: Luzzati e gli altri due fondatori (Edoardo Simonelli e Soufiane Essakhi) si sono conosciuti tra i banchi dell’Università di Pisa e hanno poi lavorato congiuntamente in alcuni progetti internazionali, uno dei quali organizzato da Airbus. “Una volta conclusa questa esperienza abbiamo cercato di realizzare qualcosa che potesse essere utile alla società. Personalmente possedevo già un background di eolico, avevo sviluppato diversi anemometri e sistemi di fattibilità del microeolico. Dunque ero già consapevole delle potenzialità delle soluzioni ad asse verticale, che sinora sono state trascurate. Mentre invece in quelle ad asse orizzontale il quadro è un po’ saturo, dal momento che è ormai possibile migliorare soltane qualche dettaglio”. Ciò non toglie che puntare sul microeolico sia stata una bella scommessa, come riconosce lo stesso Luzzati: “In Italia sia per ragioni orografiche che burocratiche non è semplicissimo installare impianti di questo tipo. Il vento medio annuo necessario al funzionamento di un’installazione di questo tipo deve essere di almeno 4,5 metri al secondo: questo requisito taglia via una grossa fetta di territorio. Inoltre negli anni passati ci sono state notevoli difficoltà nell’installazione di queste machine, soprattutto perché non c’erano soluzioni che stessero effettivamente in piedi da un punto di vista economico. Nel nostro caso, invece, abbiamo stimato come un’installazione media su tetto garantisca un Energy return on investment maggiore superiore a 10, dato che rappresenta un parametro molto importante in ottica di decarbonizzazione. C’è poi la possibilità di ottenere un significativo risparmio economico: dai 2500 euro l’anno per una soluzione sulla rete sino ai 5000 euro per una offgrid, garantendo così un ritorno economico in tempi ragionevoli”.

Oltre all’Italia, comunque, Gewind guarda anche ai mercati del Nord Europa, che possono contare su una ventosità media più forte e, dove, non a caso, ci sono altre realtà che lavorano con successo in questo ambito. “Abbiamo in programma di fare dei POC (Prood of Concept) con aziende tedesche, spagnole e baltiche. Abbiamo avuto contatti anche con imprese della nautica, che potrebbero applicare questo tipo di turbine sui ponti dei loro mercantili. In ogni caso il nostro modello di business è quello di concentrarci su progettazione e produzione delle turbine, appaltando a installatori e integratori l’installazione e lo studio di fattibilità sui diversi siti”.

Aspettative eccessive sulle startup

I prossimi passi di Gevi sono chiari: al momento è stata messa a punto la prima turbina pilota da 1 kW di potenza, che si sta testando per stimare prestazioni e costi. Successivamente sarà poi installata un’altra turbina da 2/3 kW, così da completare così la fase di testing. Dalla fine del 2023 in poi il focus sarà su industrializzazione e ottimizzazione dei costi, così da entrare sul mercato con il prodotto finito dal 2024 con soluzioni da 3 e 5 kW. Insomma, quello di Gevi è un caso esplicativo di cosa significhi fare oggi Open Innovation nel settore energia, in mezzo a tante difficoltà, come evidenzia Luzzati: “Rispetto a qualche anno fa si sono stati passi in avanti enormi sull’open innovation nell’energy, si tratta però di un settore estremamente complesso e le soluzioni semplici sono purtroppo già state tutte trovate. Da parte degli operatori del settore c’è sicuramente molto interesse nei confronti di realtà come la nostra, a volte anche un filo esagerato. Talvolta ci si attende dalle startup delle soluzioni che non stanno in piedi da un punto di vista fisico, quasi la magia. Con aspettative superiori a quello che consentono i principi della termodinamica”.

Articolo originariamente pubblicato il 21 Feb 2023

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Gianluigi Torchiani

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