Transizione energetica

Eolico galleggiante, per l’Italia possibili 20 GW al 20250

Lo rivela uno studio promosso da Fondazione Ambrosetti, secondo cui l’Italia ha le carte in regola anche per costruire una filiera di settore

Aggiornato il 04 Feb 2024

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L’eolico offshore galleggiante è una tecnologia che può assicurare un contributo importante dal punto di vista della transizione energetica. Questa la conclusione principale della Community Floating Offshore Wind promossa da Fondazione Ambrosetti. Alla base ci sono, naturalmente, gli obiettivi della transizione energetica italiana: al 2050 che la produzione di energia elettrica in Italia crescerà a oltre il doppio rispetto a quella attuale (600-700 TWh vs. 276 nel 2022), con le rinnovabili che contribuiranno tra il 95% e il 100% alla generazione elettrica totale. In questo contesto l’eolico è chiamato a coprire un ruolo fondamentale, assicurando fino al 23% dell’elettricità totale generata (dal 7% del 2022), di cui fino al 10% proveniente dall’offshore. Si tratta di una percentuale che renderebbe necessaria l’installazione di almeno 20 GW di eolico galleggiante entro il 2050.

Una tecnologia adatta al contesto italiano

Lo studio prova a smontare la convinzione diffusa sulla mancata adattabilità dell’eolico offshore galleggiante al contesto del Mare Mediterraneo: al contrario, secondo la Community, questa tecnologia è la soluzione più idonea per aumentare la capacità delle energie rinnovabili, garantendo un impatto ambientale medio fino al 67% inferiore rispetto a quello dell’energia elettrica attualmente prelevata dalla rete italiana, per la possibilità di produrre energia in modo meno invasivo per il territorio.
L’Italia, in particolare, grazie alle caratteristiche morfologiche e alla conformazione dei suoi fondali, il nostro Paese ha un enorme potenziale, addirittura il terzo a livello mondiale. Le stime del Politecnico di Torino indicano addirittura un potenziale teorico di 207,3 GW in Italia per l’eolico offshore galleggiante, con Sardegna, Sicilia e Puglia tra le aree di maggiore potenzialità.

Al momento, però, questi numeri sono molto lontani: la bozza di aggiornamento del nostro Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) prevede che solo il 2% dell’obiettivo di potenza rinnovabile elettrica installata al 2030 provenga da impianti eolici offshore nel loro complesso. Alcune iniziative sono comunque già in atto: Renantis insieme con BlueFloat Energy sta sviluppando in Italia 6 parchi eolici marini galleggianti, per un investimento complessivo di 18 miliardi di euro e una capacità installata di 5.500 Megawatt.

Le potenzialità della supply chain nazionale

Eppure secondo Fondazione Ambrosetti, l’Italia avrebbe tutte le carte in regola per costruire una vera e propria supply chain dell’eolico offshore galleggiante nazionale: il nostro Paese vanta una leadership in diversi settori collegati alla produzione di tecnologie necessarie allo sviluppo dell’eolico offshore galleggiante, in particolar modo il comparto metallurgico, navalmeccanico e delle infrastrutture portuali, che già oggi attivano complessivamente un totale di 255,6 miliardi di euro e 1,3 milioni di occupati nel Paese. Secondo le stime, la creazione di una filiera nazionale per questa tecnologia – che implicherebbe fabbricazione, assemblaggio, varo integrazione, oltre a progettazione e manutenzione – potrebbe generare un valore aggiunto cumulato tra il 2030 e il 2050 pari a 57 miliardi di ero, con l’attivazione di filiere sul territorio nazionale e conseguenti ricadute occupazionali. Con conseguenze positive anche da un punto di vista occupazione: nell’ipotesi di realizzare 20 GW al 2050, si potrebbero generare circa 27 mila nuovi occupati in Italia al 2050.

Per raggiungere questi traguardi diventa però essenziale definire una chiara visione industriale a lungo termine, mettendo nero su bianco l’obiettivo di almeno 20 GW entro il 2050, che può fungere da stimolo per le aziende nazionali e attragga investimenti esteri. Secondo la Community sarà anche cruciale stabilire obiettivi intermedi per il 2035 e il 2040, insieme a una pianificazione trasparente e a lungo termine delle aste per finanziare i progetti.

Articolo originariamente pubblicato il 04 Feb 2024

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