Le Comunità energetiche rinnovabili (CER) sono uno dei temi più caldi in materia di energia, capaci di attirare l’attenzione di tutti i diversi attori del mondo dell’energia: dalle utility alle Esco, passando per le autorità di regolamentazione sino ad arrivare sino a noi semplici consumatori. Ma di che cosa stiamo esattamente parlando? Perché le CER possono giocare un ruolo fondamentale per la transizione energetica? Come sempre cerchiamo di andare con ordine partendo da una definizione.
Comunità energetiche rinnovabili: una definizione
Le comunità energetiche rinnovabili sono aggregazioni di individui, famiglie, imprese o enti locali che collaborano per produrre, consumare e condividere energia rinnovabile in modo sostenibile e partecipativo. L’obiettivo fondamentale di una CER è quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai suoi soci o membri o alle aree locali in cui opera la comunità e non quello di realizzare profitti finanziari. La partecipazione non è subordinata al possesso di un impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili.
Nelle CER è possibile generare energia da fonti rinnovabili, utilizzando impianti di produzione distribuita come pannelli solari, turbine eoliche o la geotermia. L’energia prodotta viene poi condivisa e consumata all’interno della comunità, consentendo agli aderenti di ridurre i costi energetici, migliorare l’efficienza e promuovere l’indipendenza energetica. Grazie alla capacità di favorire la diffusione delle rinnovabili a livello locale, le comunità energetiche rinnovabili promuovono la transizione verso un sistema energetico più sostenibile, decentralizzato e resiliente, contribuendo a ridurre le emissioni di gas serra.
I benefici
Vediamo più ne dettaglio di analizzare i benefici delle CER, che sono molteplici, sia a livello individuale che collettivo. Come abbiamo scritto in precedenza, le comunità energetiche rinnovabili favoriscono l’uso di fonti di energia pulita, in particolare fotovoltaico, che l’Italia – così come tutti gli altri Paesi europei – è chiamata a incrementare in maniera considerevole nei prossimi anni. In effetti, dal momento che il settore energetico è responsabile di gran parte delle emissioni climalteranti a livello globale, la promozione delle Comunità energetiche rinnovabili contribuisce alla lotta contro il cambiamento climatico e all’obiettivo di raggiungere una maggiore sostenibilità ambientale.
Oltre a questo aspetto legato strettamente alla sostenibilità, ce n’è un altro almeno altrettanto importante: le CER, evitando le spese connesse al trasporto dell’energia e beneficiando di una serie di incentivi, possono consentire ai membri di beneficiare di una riduzione dei costi energetici. Non a caso, molto spesso le CER sono nate proprio con l’obiettivo di contrastare la crescente povertà energetica di una fetta del Paese. Inoltre, la nascita delle CER riduce la dipendenza dei territori coinvolti dalle reti elettriche centralizzate, aumentando la resilienza del sistema energetico locale, riducendo la dipendenza da fonti energetiche esterne e aumentando la capacità di fronteggiare eventuali interruzioni o crisi.
Non va tralasciato che le comunità energetiche rinnovabili possono giocare un ruolo importante nell’innovazione tecnologica, stimolando lo sviluppo e l’implementazione di soluzioni energetiche avanzate. Ad esempio, per il buon funzionamento delle CER è fondamentale l’impiego di soluzioni digitali di energy management, che permettono di massimizzare la condivisione dell’energia tra i membri. Ovviamente, lo sviluppo delle comunità energetiche rinnovabili può generare nuovi posti di lavoro a livello locale, ad esempio nell’installazione e manutenzione di impianti di energia solare o eolica e nella gestione stessa delle CER.
Non va poi dimenticato un importante aspetto culturale e formativo: in un momento in cui il cambiamento climatico viene purtroppo avvertito come un tema distante e lontano, la dimensione locale delle comunità energetiche rinnovabili può svolgere un ruolo importante nella sensibilizzazione e nell’educazione delle persone riguardo all’importanza delle fonti di energia rinnovabile e della sostenibilità, favorendo la partecipazione attiva dei cittadini nel processo di transizione energetica.
Le tecnologie necessarie
Come abbiamo scritto in precedenza, la tecnologia è fondamentale per il buon funzionamento delle Comunità energetiche rinnovabili. Ovviamente, la precondizione indispensabile per una CER è la disponibilità di almeno un impianto da fonte rinnovabile a livello locale. Nel nostro Paese il fotovoltaico è la fonte pulita di gran lunga più impiegata nelle CER, per la sua flessibilità di utilizzo e facilità di gestione e installazione. In realtà, però, tutte le altre fonti pulite potrebbero essere impiegate per il funzionamento delle CER.
Nelle aree ventose, anche l’eolico, sotto forma magari di minieolico e microeolico, può rappresentare una buona opportunità per garantire il fabbisogno di una Comunità energetica. Nelle aree boscose e/o agricole, anche degli impianti alimentati a biomasse (come rifiuti organici, come scarti agricoli, residui forestali o biogas prodotto da materiale organico in decomposizione) possono essere impiegati per garantire l’approvvigionamento, non solo di elettricità ma anche di calore. Proprio sui fabbisogni termici, non mancano delle CER che si sono costituite intorno a degli impianti di teleriscaldamento preesistenti.
Un ruolo chiave per il buon funzionamento delle CER – in particolare per massimizzare il rendimento della generazione pulita – è rappresentato dalle soluzioni di stoccaggio dell’energia, che consentono di immagazzinare l’energia prodotta dalle fonti rinnovabili per un utilizzo successivo quando la produzione è inferiore alla domanda. Fondamentali sono poi le soluzioni software di monitoraggio e gestione energetica, che consentono costantemente di raccogliere dati sull’energia prodotta e consumata all’interno della comunità.
Questi dati possono essere utilizzati per ottimizzare l’efficienza energetica, identificare potenziali risparmi e supportare la pianificazione delle risorse energetiche. Le CER più evolute stanno sperimentando anche l’utilizzo della tecnologia blockchain, che può essere utilizzata per tracciare e condividere l’energia rinnovabile all’interno della comunità in modo trasparente e sicuro. Facilitando la condivisione e la transazione dell’energia tra i membri della comunità.
I casi di Comunità energetiche rinnovabili
Le comunità energetiche rinnovabili nel nostro Paese non sono particolarmente diffuse: in Italia, secondo uno studio di Agici/Accenture, vi sono attualmente 86 comunità energetiche, di cui solo 30 già attive, con una potenza totale installata di circa 60 MW. Ma non mancano degli esempi che permettono di comprendere le potenzialità delle CER. In particolare il rapporto Legambiente sulle Comunità energetiche evidenzia alcuni casi significativi:
1) A Sestri Levante, in provincia di Genova, è in progetto la Comunità Energetica Quartiere Tannino. Promotore dell’iniziativa e socio-membro prosumer è la stessa amministrazione comunale, che ha deciso di puntare sui benefici ambientali e sociali delle comunità energetiche e sul risparmio economico in bolletta per i partecipanti. Il progetto prevede che l’energia elettrica rinnovabile verrà prodotta da 72 pannelli solari fotovoltaici in silicio monocristallino della potenza di 350 Watt ciascuno, per un totale di 25 kW. Al fotovoltaico si accompagnerà l’azione di un sistema solare termico da 6 kW di potenza per la produzione di acqua calda sanitaria.
La riqualificazione degli edifici di proprietà comunale, nello specifico dei magazzini del centro del riuso e l’ostello cittadino, sulle cui coperture verranno installati gli impianti che alimenteranno le utenze dei futuri soci-membri. L’obiettivo, grazie all’adesione del Comune nella gestione della comunità energetica, è anche di intervenire per la riduzione della povertà energetica, approvando tariffe più economiche o programmi dedicati al fine di coinvolgere all’interno della CER anche i consumatori vulnerabili.
2) Il Comune di Basiglio sta lavorando alla nascita di una Comunità Energetica Rinnovabile attraverso impianti solari fotovoltaici per una potenza complessiva di 250 kW. La spese di costituzione della comunità energetica saranno coperte grazie all’autofinanziamento da bilancio comunale. Obiettivo dichiarato dall’Amministrazione è quello di ottenere benefici economici mirati a contrastare il crescente fenomeno della povertà energetica andando a ridurre i costi in bolletta per i partecipanti.
3) Nel Comune di Imola è nata “Energia Verde Connessa”, una Comunità Energetica Rinnovabile per le imprese promossa e finanziata promossa dalla Esco Bryo S.pA, una ESCo (Energy Service Company) attiva da anni sul territorio nel campo della progettazione di soluzioni innovative per generare energia elettrica da fonti rinnovabili ed assimilate. Nello specifico, il progetto di “Energia Verde Connessa” prevede l’installazione di due impianti solari fotovoltaici, da 20 kW e 50 kW che renderanno energeticamente autosufficienti due delle tre società che partecipano alla Comunità Energetica Rinnovabile in qualità di prosumer, ossia produttori e consumatori di energia rinnovabile. L’eccedenza sarà scambiata con la terza ed ultima impresa che aderirà alla comunità energetica in qualità di consumatore e che potrà godere dei benefici economici in bolletta derivanti dall’appartenenza a questo nuovo modello energetico.
La normativa sulle CER
Di comunità energetiche rinnovabili si parla ormai da tantissimi anni. Un problema non da poco è che la normativa nazionale non è ancora completamente definita. In estrema sintesi, comunque, al momento , il contesto normativo e regolatorio di autoconsumo collettivo e comunità energetiche rinnovabili è costituito essenzialmente:
dal Decreto Legislativo n. 199 dell’8 novembre 2021 con cui è stata attuata la Direttiva RED II sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (il “D.Lgs 199/2021”);
dalla Missione 2, Componente 2, Investimento 2.1. del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza con cui sono stati stanziati circa 2,2, miliardi a sostegno delle comunità energetiche rinnovabili e dei sistemi di autoconsumo collettivo ubicati in Comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti;
dalla Delibera ARERA 727/2022/R/EEL del 27 dicembre 2022 avente per oggetto l’approvazione del Testo Integrato per la regolazione dell’Autoconsumo Diffuso recante la regolazione delle partite economiche relative all’energia rinnovabile prodotta e consumata, tra l’altro, nel contesto di sistemi di autoconsumo collettivo e comunità energetiche rinnovabili;
dalla proposta di Decreto approvata dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (“MASE”) inviata alla Commissione UE in data 23 febbraio 2023 in linea con la normativa in materia di aiuti di stato ed avente per oggetto le modalità di incentivazione per sostenere l’energia elettrica prodotta da impianti a fonti rinnovabili inseriti in configurazioni di autoconsumo per la condivisione dell’energia rinnovabile e la definizione dei criteri e delle modalità per la concessione dei contributi previsti dalla Missione 2, Componente 2, Investimento 1.2. del PNRR (il “DM Incentivi 2023”).
Cosa dice l’atteso decreto del MASE
- – È prevista una tariffa incentivante premio per 20 anni sulla quota di energia condivisa
– Sono ammessi impianti di potenza max 1 MW (deroga per Min.Difesa e Autorità Portuali) entrati in esercizio dopo la data di entrata in vigore del D.Lgs. 199/21 (15/12/2021).
– Questi impianti possono essere ubicati nel perimetro della medesima cabina primaria.
– L’incentivo è assegnato fino al raggiungimento di un contingente di potenza di 5 GW, comunque non oltre il 31 dicembre 2027.
– Remunerazione: l’energia prodotta e immessa in rete resta nella disponibilità del produttore, con facoltà di cessione al GSE. La tariffa incentivante ha un valore variabile in funzione della potenza dell’impianto pari al massimo a 100-120 €/MWh, più eventuali maggiorazioni (4-10 €/MWh). Gli incentivi sono cumulabili con contributi in conto capitale nella misura massima del 40%.
Gli ostacoli da superare per le CER
Nonostante le aspettative rivolte da più parti su questo modello, il potenziale delle comunità energetiche rinnovabili è legato al superamento di tutta una serie di sfide che possono influenzare la loro crescita e sviluppo. Il primo, come abbiamo in parte già visto, è legato agli aspetti normativi: in buona misura, la crescita delle CER passa dall’esistenza di regolamentazioni chiare e definite, capaci di coinvolgere il variegato mondo di operatori che ruota intorno al settore energia.
Ma anche il mondo del credito: le comunità energetiche possono richiedere investimenti significativi per l’installazione di impianti di energia rinnovabile e infrastrutture di gestione dell’energia. Serve dunque rendere l’accesso ai finanziamenti più semplice, soprattutto per le comunità più piccole o meno abbienti. Da un punto di vista strettamente tecnologico le comunità energetiche devono affrontare sfide di integrazione con il sistema energetico tradizionale. Ciò include la gestione dell’interconnessione con la rete elettrica nazionale, il bilanciamento dell’energia prodotta e consumata e l’affrontare le sfide tecniche e amministrative associate.
Le possibili prospettive
In prospettiva, il successo delle comunità energetiche sarà anche legato alla capacità di stimolare nuovi modelli di business e opportunità economiche, come servizi energetici condivisi, mercati locali dell’energia e iniziative di economia circolare che valorizzano i rifiuti e i sottoprodotti. Inoltre, una grossa sfida sarà quella di riuscire a mantenere nel tempo il coinvolgimento dei propri membri, superando le inevitabili liti e gelosie che caratterizzano inevitabilmente soggetti così complessi. Soltanto così si potrà raggiungere in Italia l’obiettivo delineato dal report Osservatorio Utilities Agici – Accenture, con 5 GW di potenza installata con Comunità Energetiche e una produzione relativa di circa 6 TWh di energia elettrica, a fronte di un investimento previsto di circa 5-7 miliardi di euro. Che assicurerebbe fondamentali benefici: un risparmio di CO2 pari a 1,35 M tonnellate e un beneficio economico tra i 1,3 e 1,5 miliardi di euro.
Articolo originariamente pubblicato il 24 Lug 2023