L’aumento dei prezzi delle materie prime sui mercati internazionali, iniziato negli ultimi mesi del 2020, insieme all’aumento del costo dell’energia, stanno avendo un impatto importante sull’industria italiana. Il prezzo medio dell’energia elettrica a carico delle imprese italiane a marzo 2022 è cresciuto del +500% rispetto allo stesso periodo del 2021, con il Pun passato da 55€/MWh a picchi di oltre 310€/MWh, un dato in linea con Francia e Spagna ma del 34% più alto della Germania e del 50% rispetto alla Polonia, aggravato dai maggiori oneri di distribuzione ed imposte esistenti in Italia. Ancor più grave la situazione del gas naturale, passato da 0,175 €/Smc del 1° trimestre 2021 a picchi di 1,25 €/Smc nel 1° trimestre 2022, con un aumento che arriva ad oltre il 700%.
Tutto questo comporta per la manifattura italiana un significativo incremento di costi per la fornitura di energia, anche al netto degli interventi governativi, con stime che portano dagli €8 mld circa del 2020 a una spesa di €21 mld nel 2021, ma che potrebbe raggiungere quota €40 mld nel 2022 (+500% sul 2020).
In questo scenario, le imprese hanno una strategia chiara per contrastare l’effetto del caro energia? Una ricerca condotta da Studio Temporary Manager su un campione di manager C Level ha cercato di indagare proprio questi aspetti, e quel che ne emerge è che la platea è divisa: il 53% dei manager ritiene di sì (e che le “mosse” messe in atto siano efficaci), ma il 47% restante non ha una strategia chiara o non si sta muovendo in modo efficace a causa di manager inadeguati.
Primi effetti del caro energia
Il Governo è già intervento con il Decreto Energia per aiutare le imprese in questa fase delicata, eppure l’indagine mostra come quasi la metà dei manager (49%) si ritenga molto preoccupata e il 41% abbastanza. Il caro energia ha infatti già avuto i primi effetti: per bilanciare l’aumento dei costi, le imprese sono state costrette ad aumentare i prezzi del prodotto finito (secondo il 67% dei manager) o a ridurre i margini di guadagno (45%), e di conseguenza la loro liquidità, peraltro già messe a dura prova nel 2020 dalla pandemia. Ma c’è anche una quota (17%) secondo cui è addirittura a rischio la continuità aziendale.
E se la situazione non dovesse migliorare, le aziende saranno costrette ad aumentare ulteriormente il costo del prodotto finito (per il 55%) e un quinto chiuderà le linee produttive o ridimensionerà l’attività. Ma c’è anche chi punterà, per contrastare il caro energia, su soluzioni più “virtuose” come la riduzione dei costi di produzione attraverso azioni di ottimizzazione ed efficientamento (51%) e il contenimento dei costi generali (38%).
Quali sono le soluzioni per superare questo momento di difficoltà? Secondo i manager in prima battuta bisognerebbe calmierare il prezzo dell’energia (per il 67%) e adottare una politica energetica che favorisca le energie rinnovabili. Ma un aiuto può arrivare anche da fattori interni organizzativi e gestionali, come il miglioramento ed efficientamento dei processi produttivi, la riduzione dei costi generali all’azienda e gli interventi in termini di Supply Chain e Procurement, finalizzati sia a reperire le materie prime, che a negoziare le migliori condizioni di acquisto attraverso adeguate attività di scouting.
Controllo di gestione, supply chain e ingegneria di processo
“In questo contesto le aziende devono immediatamente reagire per evitare una erosione dei margini, e quindi dei flussi di cassa, tale da compromettere non solo la normale profittabilità, ma in alcuni casi addirittura la continuità aziendale – afferma Roberto La Caria, Socio e Amministratore Delegato di Studio Temporary Manager –. Oltre a gestire i fattori esogeni determinati dai prezzi delle materie prime e dai costi energetici, le aziende devono intervenire sui fattori endogeni, controllando in modo attento i propri costi e intervenendo con rapidità sulla riduzione dei costi generali, ma soprattutto su quelli di produzione attraverso azioni di ottimizzazione ed efficientamento. Il controllo di gestione, la supply chain e l’ingegneria di processo sono quindi le tre aree principali su cui intervenire, e su questo la figura del Temporary Manager, proprio per la sua flessibilità, velocità di intervento e preparazione, può avere un ruolo chiave per supportare gli imprenditori in questa fase delicata della vita aziendale.”
Dall’analisi di Studio Temporary Manager, infatti, emerge chiaramente questa necessità: negli ultimi 9 mesi sono cresciute del +40% le richieste di intervento di Temporary Manager a supporto delle aziende proprio nelle aree Controllo di Gestione, Supply Chain e ingegneria di processo.
Ad oggi quasi il 60% delle richieste sono appunto focalizzate su questi tre ruoli fondamentali, al fine di garantire all’azienda interventi rapidi ed efficaci dapprima in tema di controllo di gestione e dei costi industriali, e quindi di significativi interventi di ottimizzazione dei processi produttivi con focus sull’efficientamento degli stessi, a cominciare dall’ingegneria di processo. Altrettanto si sono resi necessari significativi interventi in termini di Supply Chain e Procurement.