Analisi

La crisi dell’energia non risparmia imprese e famiglie

Secondo un’indagine Istat, il caro-bollette potrebbe determinare un Mol negativo per oltre 355mila imprese

Pubblicato il 21 Ott 2022

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Crisi energetica, inflazione, riforme PNRR. Sono queste le tre principali sfide che il governo italiano dovrà affrontare una volta insediatosi. Sfide, ad eccezione del piano di ripresa, che non sono di diritto esclusivo dell’Italia, ma che appartengono a tutti i governi dell’Unione Europa, pesantemente colpita dagli effetti dell’invasione russa in Ucraina.

L’inflazione, in gran parte causata dal rialzo dei beni energetici, ha toccato il record storico a settembre del 10,0% nell’Eurozona in aumento rispetto al 9,1% di agosto, con l’energia che ha registrato il tasso annuale più alto pari a circa il 41% (fonte Eurostat)

Tutto questo in un mese che ha visto le quotazioni del Dutch TTF, considerato il benchmark per il prezzi del gas in Europa, raggiungere un picco di oltre i 350 euro per megawattora dopo la decisione di Gazprom di non riaprire più il Nord Stream 1 precedentemente chiuso per 3 giorni a per lavori alle turbine.

La dinamica inflattiva sulle materie prime, e non solo, non è iniziata dallo scoppio della guerra in Ucraina, ma il cambio dei paradigmi geopolitici, le sanzioni occidentali contro Mosca e la cosiddetta “weaponisation” del gas da parte del presidente russo Putin hanno provocato ampi scossoni al rialzo sui combustibili fossili più usati come appunto il gas e il petrolio, di cui la Russia è uno dei più grandi produttori ed esportatori al mondo.

La dipendenza dai beni russi costruita in 20 anni di storia europea e la paura di rimanere al buio ha costretto gli Stati membri a cercare nuovi approvvigionamenti e ad accelerare i processi di stoccaggio in vista dell’inverno, sebbene i rialzi dei prezzi e l’ondata di caldo che ha colpito l’Europa quest’estate hanno ridotto ulteriormente la capacità produttiva delle arterie energetiche europee che nel frattempo hanno iniziato a chiedere sempre più fondi ai governi nazionali per poter far fronte all’aumento dei costi di produzioni.

Costi che, secondo gli ultimi dati Istat, in Italia sono aumentati ad un tasso record del 40,1% su base annua ad agosto, con gli incrementi più consistenti registrati per l’energia (+126,8% rispetto allo stesso mese 2021. L’Arera e i decreti governativi hanno fatto il proprio per mantenere gli aumenti delle bollette energetiche, le quali aumenteranno nel quarto trimestre “solo” del 59%, con gli effetti che non potranno non farsi sentire sull’industria e sulle redditività delle imprese. Secondo un’indagine Istat, il caro-bollette potrebbe determinare un Mol (margine operativo lordo) negativo per oltre 355mila imprese, pari all’8,2% del complesso del sistema produttivo, mentre il perdurare nei prossimi mesi dei prezzi energetici correnti “un elemento di forte preoccupazione per la tenuta del sistema produttivo e dell’occupazione”.

Per cercare di arginare gli aumenti dei prezzi, a volta frutto dei contratti speculativi registrati sul TTF, alcuni Paesi Ue si sono adoperati per mettere insieme una proposta di limite al prezzo del gas con ulteriori misure azioni da intraprendere sullo scorporo dei prezzi gas/elettricità e un nuovo benchmark su cui basare il prezzo del gas al di fuori del contratto olandese. Su questo, tuttavia, Bruxelles ha dimostrato tutte le proprie divisioni interne, con 15 paesi favorevoli al price cap, per altro firmato anche dall’ex premier Draghi, e i cosiddetti Paesi “frugali” più la Svezia che invece hanno preferito puntare sulla loro ampia disponibilità di bilancio (e quindi proseguire con aiuti diretti alle aziende) per paura di un interruzione definitiva degli scambi energetici con Mosca.

Si prospetta un inverno cupo per consumatori e imprese, con l’aumento dei prezzi che si è ormai diffuso in tutti i settori dell’economia erodendo redditi e capacità produttiva. Il carrello della spesa non è mai stato cosi alto dagli inizi degli anni ’80 in Italia, e questo sta gravando particolarmente sulla forbice della diseguaglianza tra ceti impoverendo maggiormente i ceti medi-bassi che da oltre 20 anni vedono i propri salari diminuire contrariamente alla media europea.

In generale, l’Europa si trova nel mezzo di una crisi energetica come non si era mai vista nel vecchio continente e che, ironicamente, sembra essere “self-inflicted”, cioè causata dalla miopia della classe dirigente europea che ha visto in Mosca l’unica sorgente di energia possibile grazie ai prezzi molto bassi dei propri beni.

Sono due le sfide principali che Bruxelles si trova ad affrontare nei prossimi mesi e anni: staccarsi urgentemente dall’energia russa, in particolare dal gas, e passare a un’economia più pulita rispettando i target del summit di Parigi. Per ora, questi due obiettivi sembrano essere in forte opposizione l’uno all’altro.

*Di Alessandro Albano, Investing.com 

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