Decarbonizzazione

Idrogeno: come gli operatori stanno affrontando il mercato

Il Report sull’idrogeno verde di Agici e Fichtner evidenzia come lo sviluppo di questa risorsa sia ancora oggi limitato dall’incertezza normativa. Ma le iniziative in Italia non mancano e puntano alla realizzazione di impianti funzionanti

Pubblicato il 02 Dic 2022

idrogeno

Di idrogeno si parla ormai con insistenza ormai da un paio di anni a questa parte, da quando cioè nel luglio 2020 l’Unione Europea – con la presentazione della sua strategia europea – ha deciso di puntare in maniera dichiarata su questa risorsa per la transizione energetica. In questi due anni è successo un po’ di tutto, a partire dalla grande crisi energetica e del gas che ha drasticamente mutato gli equilibri energetici del Vecchio Continente. Inoltre, i piani europei per la ripresa post Covid hanno iniziato a diventare operativi, interessando spesso e volentieri anche questa risorsa. Ecco perché la situazione attuale, a fine 2022, è ricca di progetti e iniziative in ambito idrogeno, che necessiteranno però di un quadro normativo più chiaro per spiccare definitivamente il volo nel 2023.

Le iniziative italiane sull’idrogeno

Queste le principali impressioni che arrivano dalla presentazioni del primo rapporto sull’idrogeno verde di Agici e Fichtner, che ha cercato di fare il punto sulle dimensioni del fenomeno e sulle strategie per rendere questa risorsa competitiva da un punto di vista economico. Il punto di partenza, come ha messo in evidenza Massimo Andreoni, Head of Management Consulting, di Fichtner Italia sono le iniziative pubbliche avviate nel nostro Paese sull’idrogeno: nel report sono stati mappati ben 164 progetti, focalizzati soprattutto su industria hard to abate e mobilità, ma è del tutto probabile che in fase di studio ce ne siano molti altri, a testimonianza dell’attenzione verso questo mondo. Un altro dato che colpisce è che, al contrario di quello che si potrebbe pensare, è che gran parte delle iniziative censite (ben 107), punta soprattutto alla realizzazione di impianti che possano realmente funzionare sul mercato.

Eppure, si legge nel report, nella stragrande maggioranza dei casi le imprese attendono la partenza dei bandi PNRR e significativi incentivi per abbattere gli elevati costi di produzione. In effetti, nonostante il fermento, la strada dell’idrogeno come vettore per la transizione energetica è – come noto – ancora nei primi passi. Al momento, l’unica tipologia di idrogeno utilizzato è quello grigio, ricavato cioè a partire dal gas per la produzione di ammoniaca e metanolo e nella chimica. Tutte le altre tipologie di idrogeno (Blu, verde, da rifiuti, ecc) presentano al momento un utilizzo estremamente limitato. Anche se comunque, ha evidenziato Andreoni, sul mercato esistono ampliamente le tecnologie necessarie per produrre e sfruttare questa risorsa da un punto di vista energetico.

Gli incentivi necessari

Ma su quale formula dovrebbero puntare gli operatori? Lo studio ha individuato 4 casistiche di riferimento (centralizzato, decentralizzato, misto e hydrogen valley) con range di costi di produzione (LCOH) che variano tra 7,4 e 11 €/Kg. Tra queste il modello ottimale, ovvero con l’LCOH più contenuto, è il modello misto, con una produzione dell’idrogeno localizzata presso l’utilizzatore, con una fonte rinnovabile dedicata, integrata da prelievo da rete con certificati verdi. L’analisi ha, inoltre, evidenziato come anche la scelta di modelli di produzione decentrata rispetto al consumo non sia economicamente distante e che la loro sostenibilità dipenda comunque dalla presenza di meccanismi di sostegno sia lato Capex, che lato Opex (ovvero in fase di operatività) in particolare per compensare il costo dell’energia esploso nel recente periodo. Anche nel caso ottimale i valori sono comunque ancora lontani da quelli delle alternative fossili, ovvero il gas nell’industria (1,5 €/Kg) e il gasolio nella mobilità (5 €/Kg).  La ricetta di Agici e Fichtner è quella di abbattere i Capex del 50-60% attraverso i fondi PNRR e applicare un contributo sugli OPEX compreso tra 1,5 e 6,8 €/Kg.

“Dalle nostre stime – ha evidenziato Stefano Clerici, Responsabile della ricerca per Agici – emerge che le risorse a sostegno della produzione di idrogeno verde in Italia, potrebbero essere nel range di 10-16 miliardi di € per il modello misto, e di 14-20 miliardi di € per il modello hydrogen valley, a cui si devono aggiungere i 3,5 miliardi di € dei fondi PNRR. È, inoltre, evidente che sul LCOH dell’idrogeno pesa significativamente il costo della energia elettrica necessaria a produrlo; per questo, a nostro giudizio, si potrebbe immaginare un contributo sugli OPEX indicizzato proprio al prezzo del vettore elettrico”.

In ogni caso, secondo gli autori del report, un avvio rapido della fase realizzativa è fondamentale, altrimenti il rischio concreto è che la produzione autoctona di idrogeno verde possa non essere competitiva con quella di altri Paesi, in particolare quelli del Nord Africa, capaci di produrre a prezzi inferiori grazie alla grande disponibilità di fonti pulite.

Le strategie degli operatori

Il dibattito successivo alla presentazione del report ha confermato come molti operatori del settore energetico abbiano già avviato delle strategie per l’idrogeno, che però si scontrano con condizioni non ottimali di mercato.  Filippo Bartoloni, Responsabile dello sviluppo idrogeno a livello globale di Enel, ha evidenziato come “Ci focalizziamo su industria e trasporto lungo raggio. Abbiamo l’obiettivo di realizzare 3 GW di elettrolizzatori a livello globale entro 2030, per questo abbiamo costituito una vera e propria Hydrogen business unit 2 anni fa. Enel ha una visione molto specifica su questo tema, vede l’idrogeno come un completamento dell’elettrificazione, che deve essere esclusivamente verde e prodotto vicino ai punti di consumo, nonché destinato solo in alcuni specifici settori, dove non ci sono alternative per la decarbonizzazione. Abbiamo in corso diversi progetti concreti sull’Italia, lavorando insieme con importanti player industriali, come Eni e Saras. Con loro lavoreremo ad esempio alla produzione di idrogeno presso la raffineria di Sarroch (Cagliari). Siamo convinti che ci potrà essere il raggiungimento della competitività dell’idrogeno verde entro questa decade. Sarà però fondamentale la collaborazione con player diversi, anche con quelli del mondo rinnovabili, con cui in altri contesti siamo magari competitor. Allo stato attuale serve poi un supporto sui costi operativi, che consenta di lanciare mercato in maniera adeguata. Negli Usa, ad esempio, stiamo toccando con mano l’efficacia del production tax credit”.

Riflessioni simili sono state avanzate anche da Andrea Pisano, Responsabile Hydrogen Initiatives, ENI: “In Eni l’idrogeno  si innesta nella strategia di decarbonizzazione al 2050, data entro la quale i nostri prodotti e servizi dovranno essere decarbonizzati. Un nostro punto di forza è che la domanda non va inventata, dal momento che come gruppo consumiamo idrogeno costantemente nelle nostre raffinerie. Oggi però manca chiarezza su regole del gioco: in tutti i bandi manca un’esatta definizione di idrogeno verde. Nella nostra visione c’è spazio anche per l’idrogeno blu, comprensivo di stoccaggio della CO2, sul quale un paese come il Regno Unito è molto avanti”.  Sulla combinazione con le energie rinnovabili punta invece decisamente un operatore elettrico come EP Produzione “Stiamo sviluppando varie progetti e tecnologie, tra questi anche l’idrogeno. A Fiume Santo (Sassari) dove possediamo un impianto a carbone, vogliamo realizzare un impianto alimentato da fonti rinnovabili, dando vita in prospettiva a una vera e propria hydrogen vally. Pensiamo infatti possano esserci buone potenzialità grazie al sole e vento molto disponibili nel Nord Sardegna. Per abbattere i costi serve una notevole disponibilità di rinnovabili, la cui sovrapproduzione può essere destinata alla produzione di idrogeno. Insomma, per l’idrogeno crediamo che sia importante concentrare le risorse dove c’è una sovrabbondanza di fonti pulite”, ha puntualizzato Fabrizio Corapi, Director of Corporate development & Regulatory, EP Produzione.

Il punto di vista di un attore attivo dal punto di vista infrastrutturale è stato portato da Giovanna Pozzi, Head of Renewables Development – Hydrogen BU, SNAM: “Cosa stiamo portando avanti sull’idrogeno? Innanzitutto tanto progetti a tanti partner in ambito mobilità e settori hard to habate . Il nostro punto di vista è che la cooperazione fondamentale per portarli avanti. In secondo luogo è poi necessaria una infrastruttura adeguata per l’idrogeno, la cui produzione al 2040 varrà 12 miliardi di metri cubi. Stiamo già testando la possibilità di trasportare idrogeno sulla nostra rete, per noi l’infrastruttura deve permettere accessibilità e sodisfare la domanda a livello nazionale, europeo ed extraeuropeo”.

L’impatto sulla filiera

Claudio Palmieri, Energy Manager di Hera ha invece posto l’accento sulla presenza di una domanda di mercato: “Già oggi è impossibile andare in una grande azienda industriale senza perlomeno parlare di idrogeno: l’interesse è  notevole vista anche l’esigenza di decarbonizzazione di queste stesse aziende. È ormai assodato che l’idrogeno avrà un ruolo in questo senso, dato che l’elettrificazione di alcuni processi energy intensive risulta molto complessa”. Giulio Buffo, Group Innovation – Hydrogen projects di Iren ha invece evidenziato il tentativo della multiutility torinese di puntare all’idrogeno da gassificazione di biomassa, così da  svincolare la reddittività dell’investimento dall’andamento del Pun elettrico. In conclusione Cristina Maggi, Direttrice di H2IT, ha evidenziato come la partita dell’idrogeno non interessi soltanto le grandi big dell’energia, ma anche una supply chain molto più ampia, fatta anche di tante Pmi “L’idrogeno può essere anche opportunità economica a livello di filiera, abbiamo tanti operatori specializzati, già hydrogen ready, assolutamente da valorizzare. Il 2023dovrà essere l’anno della vera partenza del mercato, con la concretizzazione dei bandi del PNRR, anche se servirà un forte commitment politico”.

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Gianluigi Torchiani

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