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Crisi energetica: cos’è, quando e come si risolverà

Le nostre economie, almeno da un anno a questa parte, sono interessate da questo fenomeno. Che è strettamente collegato al caro energia e alla sicurezza energetica dei nostri Paesi

Aggiornato il 12 Dic 2022

crisi-energetica

Crisi energetica è stata senza dubbio una delle parole ricorrenti del 2022, tanto da essere finita nei programmi elettorali di tutti i partiti oltre che nei report di settore dedicati all’energia. Anche qui su EnergyUP.Tech abbiamo utilizzato ripetutamente questa espressione per sottolineare il grande momento di emergenza vissuto dal settore energia. Ma che cos’è esattamente una crisi energetica? Quali sono le peculiarità dell’attuale crisi energetica rispetto alle precedenti? Quali le possibili soluzioni?

Cosa si intende per crisi energetica

Cerchiamo di azzardare innanzitutto una definizione: con crisi energetica ci si riferisce tipicamente a una situazione prolungata caratterizzata da una significativa carenza di fonti per l’approvvigionamento energetico in un determinato Paese o a livello globale. Come è facile da comprendere, dal momento che parliamo di carenza, è chiaro che con crisi energetica si fa riferimento essenzialmente a risorse finite come i combustibili fossili (come petrolio, gas, carbone, ecc). Le fonti rinnovabili, che attingono a risorse potenzialmente inesauribili come sole, acqua e vento non possono essere invece soggette a carenza – anche se l’idroelettrico può andare incontro a una scarsità idrica, come successo tra 2021 e 2022 – e dunque non sono mai state responsabili di una crisi energetica. Una delle cause della crisi energetica può essere il sovraconsumo: l’utilizzo eccessivamente intenso di una risorsa – come il petrolio – può portare a delle scarsità più o meno prolungate, provocando forti crescite dei prezzi. Allo stesso modo una gestione inefficiente delle risorse energetiche, come l’eccessiva dipendenza da un solo fornitore o da una sola fonte, può essere una delle cause di una crisi energetica. Come abbiamo visto in questi mesi, poi, anche la guerra e le tensioni internazionali possono essere una causa scatenante o aggravante delle crisi energetiche, a causa dell’interruzione delle linee di commercio e di rifornimento. Un esempio storico è la guerra dello Yom Kippur del 1973, che scatenò un vero e proprio shock petrolifero globale. L’effetto principale di una crisi energetica, infatti, è quello di un aumento dei prezzi dei beni energetici, che riverbera le sue conseguenze negative sull’intera economia, dal momento che l’energia è fondamentale per qualsiasi attività produttiva. Ecco perché, ad esempio, l’attuale crisi energetica ha avuto un impatto sui prezzi dei beni dei prodotti agroalimentari e sulla competitività del settore industriale.

Alle radici della crisi energetica

L’attuale crisi energetica, come abbiamo raccontato più volte su EnergyUP.Tech, ha origini precedenti rispetto al febbraio 2022, ovvero all’invasione russa dell’Ucraina, con sovrapprezzi sui mercati internazionali dell’energia che si sono registrati già nel 2021. Tra le cause, ad esempio, ci sono state le condizioni climatiche estreme, comprese le ondate di calore estive in tutta Europa, che hanno fatto crescere la domanda di energia per il raffreddamento ed esercitato una maggiore pressione sulla produzione di energia elettrica. Le condizioni climatiche continentali hanno anche limitato la generazione di energia nucleare e idroelettrica, a causa della limitata disponibilità della risorsa idrica. Più in generale, la ripresa economica post pandemia, soprattutto in Asia, ha comportato una ascesa della domanda di gas naturale liquefatto con la conseguente impennata dei prezzi. Ma non c’è dubbio che la situazione sia degenerata in una vera e propria crisi energetica globale soltanto dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia nel febbraio 2022. I prezzi del gas sui mercati hanno toccato valori record nell’UE, spingendo verso l’alto anche quelli dell’elettricità in alcuni mercati. Anche la quotazione del petrolio ha raggiunto il livello più alto dal 2008.

L’aumento dei prezzi dell’energia ha contribuito a un’inflazione dolorosamente elevata, ha spinto le famiglie verso la povertà, ha costretto alcune fabbriche a ridurre la propria attività produttiva o addirittura a chiudere, rallentando la crescita economica post pandemia. L’Europa, il cui approvvigionamento di gas è particolarmente vulnerabile a causa della sua storica dipendenza dalla Russia, ha dovuto mettere in atto urgenti politiche di razionalizzazione dei propri consumi di gas, mentre molte economie emergenti hanno registrato un forte aumento delle bollette per l’importazione di energia e una carenza di carburante.

Cos’è la sicurezza energetica?

L’attuale crisi energetica ha molto a che fare con la sicurezza energetica, che è definita dalla IEA come la disponibilità ininterrotta di fonti energetiche a un prezzo accessibile. Una definizione che ha dietro si sé ha molti aspetti: la sicurezza energetica a lungo termine riguarda principalmente quegli investimenti che garantiscano una fornitura di energia in linea con gli sviluppi economici e le esigenze ambientali. D’altro canto, la sicurezza energetica nel breve termine si concentra sulla capacità del sistema energetico di reagire prontamente a cambiamenti improvvisi nell’equilibrio domanda-offerta, come appunto l’improvvisa indisponibilità del gas russo. L’attuale fase di crisi ha fatto emergere anche un fattore chiave per la sicurezza energetica, ovvero l’autonomia: i paesi europei sono strettamente legati all’estero per l’importazione di materie prime energetiche. In particolare, secondo un report di A2A e Fondazione Ambrosetti, oggi l’Italia è al 23° posto tra i Paesi dell’UE-27 in termini di autonomia energetica, producendo sul proprio territorio solo il 22,5% dell’energia consumata, a fronte di una media europea del 39,5%. In positivo, però, il report segnala come l’Italia tra il 2000 e il 2019 l’Italia abbia aumentato di 9 punti percentuali la propria autonomia energetica, il valore più alto tra i maggiori Paesi UE, grazie al maggiore apporto delle rinnovabili.

L’attuale mix energetico mondiale

La crisi energetica globale è stata particolarmente virulenta perché, nonostante la crescita delle fonti pulite, la quota di combustibili fossili nel mix energetico globale resti ostinatamente alta, superiore all’80%. Il petrolio al 2019 assicurava circa il 33% del fabbisogno energetico globale, il carbone il 27% e il gas un altro 24%. Le rinnovabili garantiscono circa l’11% del fabbisogno, mentre il nucleare un altro 4,3%. Va detto, però, che questo quadro è destinato rapidamente a cambiare, anche per la necessità di contenere il cambiamento climatico in atto: al 2050 gran parte del fabbisogno energetico globale dovrebbe arrivare dalle fonti low carbon, mentre le emissioni di carbonio delle fonti fossili dovrebbero essere contenute grazie a innovazioni tecnologiche come la CCS (carbon capure storage).

Cos’è la crisi del gas

Come abbiamo già parzialmente spiegato, la crisi energetica del 2021-22 è essenzialmente una crisi del gas. In particolare, la guerra ha provocato un netto calo delle importazioni dalla Russia, che ancora nel 2021 era il secondo produttore di gas al mondo, dopo gli Stati Uniti, con una produzione di 761 miliardi di metri cubi (bcm) nel 2021, pari al 18% della produzione mondiale di gas. La Russia era anche il più grande esportatore di gas al mondo, con esportazioni pari a circa 250 miliardi di metri cubi nel 2021, di cui 210 miliardi esportati attraverso i gasdotti. Inoltre, nel 2021 la Russia aveva esportato più di 40 miliardi di metri cubi di gas naturale liquefatto (GNL), diventando il quarto esportatore mondiale di GNL dopo Australia, Qatar e Stati Uniti. Nel 2021, la Russia aveva fornito il 32% della domanda totale di gas nell’Unione Europea e nel Regno Unito, rispetto al 25% del 2009. Chiaramente, l’interruzione parziale delle forniture da un fornitore così importante ha avuto delle conseguenze evidenti sul mercato del gas, in particolare sulle quotazioni del TTF (Title Transfer Facility), il mercato di riferimento per lo scambio del gas naturale dell’Europa continentale. Situato nei Paesi Bassi, grazie alla localizzazione centrale permette un trasferimento del gas tra i mercati di Norvegia, Germania, Francia, Italia e Gran Bretagna.

Cosa è accaduto al mercato dell’energia

Ma cos’è successo nel mercato dell’energia dal 2020 a oggi? Nel giro di due anni si è passati da prezzi del gas che erano ai minimi storici a causa della pandemia (8 €/MWh a fronte di una domanda elettrica al suo minimo da inizio secolo) ai record verso l’alto del 2021 e 2022, con quotazioni oltre i 100 €/MWh già prima della guerra in Ucraina, per triplicare ad agosto. Nei primi otto mesi di quest’anno, la domanda di energia elettrica è poi tornata ai livelli pre-Covid, con prezzi superiori a 100 €/MWh da luglio 2021 e oltre 200 €/MWh da ottobre e un picco di 540 €/MWh evidenzia un report di Althesys. Ma il fattore più importante è stato, ovviamente, l’invasione russa dell’Ucraina, come mette in luce un’analisi di Banca d’Italia: “Se fino alla fine dello scorso 2021 le quotazioni dei futures avevano continuato a scontare una progressiva discesa dei prezzi del petrolio e del gas, il conflitto ha lasciato i prezzi – non solo quelli correnti, ma anche quelli attesi – su livelli molto elevati. Le quotazioni del gas forniscono un esempio significativo. Alla fine di settembre 2021, quando il prezzo spot del gas era salito a 100 euro per megawattora, le quotazioni dei futures prevedevano un calo a meno di 50 euro entro giugno 2022. Invece di diminuire di oltre il 50 per cento, tuttavia, i prezzi del gas sono aumentati di quasi il 100 per cento, raggiungendo dalla seconda metà di giugno, come ho già ricordato, un livello medio di circa 200 euro. Piùin generale, le ripercussioni dell’aumento dei prezzi dell’energia sull’inflazione, considerate temporanee prima dello scoppio della guerra tenendo conto sia delle attese desunte dai mercati dei futures sia di effetti “base” negativi (essendo l’inflazione misurata da variazioni a distanza di dodici mesi), sono invece divenute persistenti”.

La prima crisi globale dell’energia

Sebbene la crisi energetica odierna presenti alcuni parallelismi con gli shock petroliferi degli anni ’70, vi sono importanti differenze. La crisi odierna coinvolge tutti i combustibili fossili, mentre gli shock dei prezzi degli anni ’70 erano in gran parte limitati al petrolio, in un periodo in cui l’economia globale era molto più dipendente dal petrolio e meno dal gas. L’intero tessuto economico mondiale è inoltre oggi molto più interconnesso rispetto a 50 anni fa, fattore che amplifica l’impatto di una crisi sui mercati dell’energia. Ecco perché quella attuale può essere definita come la prima vera crisi energetica globale.

Il mercato dell’energia in Italia

Al momento il mercato dell’energia italiano è un ibrido: da una parte esiste il cosiddetto mercato tutelato, in cui il valore dei prezzi dell’elettricità e del gas è stabilito dall’Arera, mentre dall’altra sono disponibili sul mercato libero centinaia di offerte commerciali di operatori del settore energia, che ogni utente è libero di scegliere. Inevitabilmente però, soprattutto in un momento di crisi energetica come quello attuale, il prezzo fissato da Arera funge da benchmark per l’intero sistema energetico italiano. In Italia la transizione dal mercato tutelato a quello libero dovrebbe definitamente compiersi entro entro il 10 gennaio 2024, data entro la quale verrà assegnato il Servizio a tutele graduali ai clienti domestici che in quel momento non avessero ancora scelto un fornitore del mercato libero, garantendo la continuità della fornitura di elettricità. Ma questa data  è stata più volta spostata in là nel corso degli anni e, dunque, non ci sarebbe troppo da stupirsi se fosse stabilito un ulteriore rinvio, specialmente se le conseguenze della crisi energetica dovrebbero protrarsi nei prossimi mesi.

Il mercato dell’energia in Europa

Il funzionamento del mercato dell’energia elettrica italiano, così come nel resto dell’UE, è caratterizzato dalla presenza di una serie di attori nella catena di fornitura – dai produttori (o generatori), ai fornitori fino ai consumatori finali – con prezzi all’ingrosso a un’estremità e prezzi per gli utenti finali all’altra. Il mercato all’ingrosso nell’UE funziona con un sistema di prezzi marginali, noto anche come mercato pay-as-clear, in cui tutti produttori di elettricità ottengono lo stesso prezzo per l’energia che vendono in un determinato momento. In buona sostanza i produttori di energia elettrica (dalle utility ai privati che generano la propria energia rinnovabile e la vendono alla rete) fanno offerte sul mercato all’ingresso, stabilendo il loro prezzo in base al proprio costo di produzione. Le fonti di energia rinnovabile sono prodotte a costo zero e quindi, per definizione, sono sempre le più economiche, mentre invece il discorso è completamente diverso per le fonti fossili. Una volta soddisfatta l’intera domanda, tutti ottengono il prezzo dell’elettricità dell’ultimo produttore da cui è stata acquistata l’elettricità. Secondo l’UE questo modello ha garantito per anni efficienza, trasparenza e incentivi a mantenere i costi il più bassi possibile. Ma non è stato chiaramente in grado di reggere l’improvviso e repentino aumento dei prezzi del gas del 2022, trascinando verso l’alto il prezzo dell’elettricità nel suo complesso, compresa quella prodotta a costo zero dalle rinnovabili. L’alternativa ai prezzi marginali potrebbe essere quella del modello pay-as-bid, in cui i produttori (comprese le fonti rinnovabili a basso costo) farebbero semplicemente un’offerta al prezzo che si aspettano venga liquidato dal mercato, che non sarebbe comunque equivalente ai loro costi di generazione.

Il mercato Globale dell’energia

Secondo il recente World Energy Outlook della IEA i prezzi elevati del gas e del carbone rappresentano circa il 90% della pressione al rialzo sui costi dell’elettricità in tutto il mondo. Dunque la tesi che le politiche climatiche e di decarbonizzazione abbiano in qualche modo contribuito all’aumento dei prezzi dell’energia, è sostanzialmente priva di fondamento. Anzi, quote più elevate di energie rinnovabili sono state correlate a prezzi dell’elettricità più bassi. Un altro assunto del report è che la crisi energetica attuale possa spingere la transizione energetica: in questo senso è prevista forte crescita degli investimenti annuali in energia pulita, che dovrebbero salire a oltre 2.000 miliardi di dollari entro il 2030 (stante le attuali politiche), con un aumento di oltre il 50% rispetto a oggi. Ma, secondo uno scenario più avanzato tratteggiato dalla IEA, ci sarebbe la possibilità concreta di arrivare a 4.000 miliardi di dollari di investimenti annuali.

Gli interventi europei per affrontare la crisi energetica

Dal momento dell’invasione russa dell’Ucraina, l’Europa ha cercato di trovare delle alternative per frenare le conseguenze più rilevanti della crisi energetica. Nonostante il calo significativo delle forniture dalla Russia – dal 45% delle importazioni UE di gas dell’anno scorso ad appena il 14% a settembre 2022 – l’Europa è riuscita a trovare fonti di approvvigionamento alternative e ha ridotto la domanda per compensare la carenza. Sono state anche adottate misure per attenuare la volatilità del mercato e ridistribuire ai cittadini e alle imprese gli extraprofitti del settore energetico. A maggio, ad esempio, è stato adottato il piano REPowerEU che si propone di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili russi. Per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento nei prossimi inverni, sono stati introdotti nuovi obblighi minimi di stoccaggio del gas e un obiettivo di riduzione della domanda di gas del 15% per facilitare l’equilibrio tra domanda e offerta in Europa. A settembre 2022 sono state adottate nuove misure per ridurre la domanda di energia elettrica e utilizzare le eccedenze energetiche a vantaggio di cittadini e imprese. Il 18 ottobre 2022 la Commissione ha adottato nuove misure riguardanti gli acquisti in comune di gas, meccanismi per limitare i prezzi, l’uso trasparente delle infrastrutture, la solidarietà tra gli Stati membri e la gestione della domanda, soluzioni queste che renderanno più stabile il mercato. Nell’autunno, per proteggere le imprese e le famiglie dell’UE da episodi di rincari eccessivi del gas nell’Unione, la Commissione ha proposto un meccanismo di correzione del mercato, il cosiddetto Price cap: si tratta di uno strumento temporaneo ad hoc che si attiverebbe automaticamente sui mercati del gas in caso di aumenti estremi dei prezzi. Il nuovo meccanismo punta ad attenuare la volatilità sui mercati europei del gas senza mettere a repentaglio la sicurezza dell’approvvigionamento.

Come le nuove tecnologie vinceranno la crisi energetica

La tecnologia può rappresentare una buona soluzione alla crisi energetica. Come abbiamo raccontato più volte, le tecnologie digitali di nuova generazione possono abilitare l’efficienza energetica, aiutando così le organizzazioni a ottimizzare i propri consumi e ad abbattere le spese per la bolletta energetica, attraverso anche azioni di energy management. Più in prospettiva, un contributo importante potrà arrivare da tecnologie come l’idrogeno, capaci di abbattere la domanda di gas dei settori hard to habate, cioè difficili da decarbonizzare. È chiaro però, come si legge nel piano REpower EU, che è soprattutto dalle già collaudate tecnologie rinnovabili che passa il contenimento dell’attuale crisi: le fonti pulite, come spiega una nota della Commissione, “riducono la domanda dell’UE di combustibili fossili nei settori dell’energia elettrica, del riscaldamento e del raffrescamento, dell’industria e dei trasporti, sia a breve termine che nel lungo periodo. Accanto alle rinnovabili, un’altra tecnologia capace di assicurare un altro contributo importante, vale a dire le pompe di calore che vengono definite in REPOwer EU come una “tecnologia fondamentale per produrre riscaldamento e raffrescamento rinnovabili da fonti di energia dell’ambiente e hanno un notevole potenziale per ridurre l’uso di gas nella fornitura di riscaldamento, sia nel settore industriale che in quello residenziale”.

Le energie rinnovabili sono la risposta alla crisi energetica

Le rinnovabili possono insomma essere la ricetta giusta contro il caro-energia e la crisi energetica, dal momento che possono essere utilizzate per generare energia all’interno dell’UE, contribuendo a ridurre la dipendenza dalle importazioni. Non a caso i paesi dell’UE si sono impegnati a conseguire gli obiettivi del Green Deal europeo volti a ridurre le emissioni di gas a effetto serra dell’UE e a conseguire la neutralità climatica nell’Unione entro il 2050. Secondo un’analisi di Elettricità futura, se l’Italia avesse da oggi avessero raggiunto il target previsto per il 2030 del 72% nel mix di generazione elettrica, la bolletta elettrica nazionale sarebbe pari a 44 Mld€, la stessa del 2019 (anno pre-covid) e non, come previsto per il 2022, di 95 Mld€. L’Italia risparmierebbe così oltre 50 Mld€ e non dovrebbe scontare il lievitare del prezzo del gas. Già nel corso dell’anno produttori rinnovabili hanno stipulato con il GSE contratti a prezzo fisso per 20 anni a 65 €/MWh, quasi un quarto rispetto al prezzo all’ingrosso dell’energia elettrica di gennaio 2022 pari a 225 €/MWh.

Articolo originariamente pubblicato il 12 Dic 2022

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Gianluigi Torchiani

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