Due anni fa, la maggior parte delle persone non aveva sentito parlare di un processo di business chiamato “supply chain”. Oggi questo processo occupa le prime pagine di praticamente tutti i giornali e i siti web del mondo. È uno degli argomenti più critici che si affrontano nella maggior parte delle riunioni aziendali e dei consigli di amministrazione, perché, se gestito in modo efficiente, permette alle imprese di far arrivare i propri prodotti ai clienti in tempi rapidi, nel posto giusto e al prezzo giusto. La verità è che oggi le catene di approvvigionamento sono a un punto di svolta. E non è una cosa negativa, perché questo momento potrebbe fungere da catalizzatore e spingere molte aziende – e interi settori – a creare quelle supply chain agili, digitalmente autonome e sostenibili di cui hanno bisogno per rispondere alle aspettative dei clienti.
Il ruolo fondamentale del procurement nell’evoluzione delle supply chain
Davanti alle tante situazioni di criticità, in tanti settori, che hanno provocato interruzioni nelle catene di approvvigionamento la domanda chiave da porsi riguarda naturalmente l’individuazione dei “punti deboli” per il rischio di fornitura, ovvero degli ambiti sui quali è importante focalizzare l’attenzione e come emerge da una ricerca SAP e Regina Corso Consulting (qui il report completo) la funzione del procurement appare vitale per evitare i rischi di Supply Chain Disruptions davanti a uno scenario in cui quasi la metà (49%) dei professionisti della supply chain affermano che carenze e interruzioni li tengono svegli la notte.
La dipendenza dalla catena di approvvigionamento va oltre la produttività, l’efficienza operativa e il risparmio. Si tratta di ottimizzare il time to market e di creare e connettere i propri servizi ai clienti in un periodo in cui le persone vogliono ricevere i prodotti in ore, non giorni o settimane.
Riduzione del caos e riduzione dei fattori di rischio
Ci sono due problemi diversi, ma correlati, che entrano in gioco. Primo, in questi mesi nelle nostre catene di approvvigionamento globali regna il caos, che causa enormi ritardi nella circolazione di materie prime e prodotti. Basta pensare alle navi in fila fuori dai porti, o agli acquisti natalizi che hanno messo in evidenza la bassa disponibilità di alcuni prodotti e tempi di consegna lunghi. Ma al di là del periodo delle feste, possiamo trovare altri esempi, il più eclatante è quello dell’automotive, dove, se si vuole acquistare un’auto nuova si devono aspettare almeno sei mesi a causa della carenza di microchip nel mondo. Di conseguenza, tutto sta diventando costoso.
Non deve essere così. In SAP parliamo da anni dell’importanza della trasformazione digitale per essere pronti ad affrontare gli imprevisti. Le aziende che gestiscono quella che chiamiamo l’impresa intelligente risultano assai più preparate perché sono in grado di connettere digitalmente la propria azienda ai propri partner commerciali e fornitori in tutto il mondo. Fornitori e partner commerciali possono collaborare online con gli acquirenti con indubbi vantaggi, come prevedere la domanda rispetto alla capacità per migliorare le prestazioni della catena di approvvigionamento, consentire ai clienti di ottenere una conferma immediata dell’ordine in base all’inventario attuale, monitorare le spedizioni in tempo reale.
Sostenibilità “nascosta”: il 90% dell’impronta di carbonio proviene dalle supply chain
Se dispongono di una torre di controllo della catena di approvvigionamento, le imprese intelligenti possono monitorare la propria supply chain su un grande schermo, controllando migliaia di punti dati in tempo reale. Possono collegare gli ordini allo stock disponibile e continuare a servire i propri clienti anche se l’intera catena di approvvigionamento è sotto stress. Possono utilizzare tecnologie predittive e intelligenza artificiale per prevedere la domanda e gestire di conseguenza scorte e inventario.
Il secondo grande problema è una parola d’ordine che è sulla bocca di tutti in questo momento: sostenibilità. Che io sia in Medio Oriente, in Italia o in Spagna, è l’argomento principale che viene toccato in ogni riunione. Ma ecco il punto. La maggior parte delle aziende parla molto di ciò che fa in ambito sostenibilità, ma spesso si occupa solo del 10% del proprio impatto sull’ambiente. Il 90% della loro impronta di carbonio proviene dalla catena di approvvigionamento e non se ne stanno preoccupando.
I clienti chiedono ai loro brand di fiducia non solo di conoscere l’impronta di carbonio dei loro prodotti, ma di mostrare cosa stanno facendo per ridurre il loro impatto ambientale. Sicuramente le aziende riciclano la carta e hanno luci a LED nei loro uffici, ma queste iniziative non sono sufficienti per avere un impatto reale sulla “green line”.
Parte del problema è che mentre la sostenibilità è al primo posto nella maggior parte delle organizzazioni, poche hanno una visibilità completa su tutti i processi della loro supply chain per cominciare a fare la differenza. Lo studio Global 2021 Chief Procurement Officer di Deloitte ha rilevato che solo il 18% dei chief procurement officer stava monitorando i propri rischi e solo il 15% aveva piena visibilità sulle proprie catene di approvvigionamento. Sappiamo infine che l’80% dei consumatori è disposto a pagare un prezzo più alto se il prodotto proviene da una fonte rinnovabile e l’azienda promuove pratiche di lavoro eque. VEJA è diventato un marchio di moda per sneaker che tutti vogliono indossare perché è ogni singolo componente del prodotto è sostenibile.
Supply chain digitalizzate e connesse per raggiungere obiettivi di sostenibilità
Ma la metà di tutte le aziende non ha nemmeno un piano di sostenibilità. E anche se il 90% delle emissioni di un’impresa proviene dalle loro catene di approvvigionamento, non possono agire, perché la loro supply chain non è connessa digitalmente e non possono collaborare con i propri fornitori e partner commerciali. Le aziende connesse possono gestire le proprie organizzazioni non solo mediante criteri finanziari di primo e di secondo livello, ma anche con la loro green line. Non solo, queste aziende conoscono la propria impronta di carbonio, ma anche quella dei propri fornitori, e quei fornitori vengono premiati per sono conformi alle misure di sostenibilità. Improvvisamente, l’intera catena di approvvigionamento viene quindi effettivamente incentivata a diventare non solo più agile ed efficiente, ma anche più sostenibile.
La società di energia pulita Iberdrola segue in modo proattivo la sostenibilità dei suoi 30.000 fornitori, utilizzando il suo potere d’acquisto per fare del bene al pianeta, influenzando l’impegno dei suoi partner commerciali a ridurre le emissioni ed essere più responsabili verso l’ambiente.
Gran parte della nostra impronta di carbonio globale dipende dai processi della catena di approvvigionamento. Questi processi possono essere modificati per rendere la supply chain parte attiva della soluzione. All’interno del processo, è necessario costruire una catena di approvvigionamento che utilizza dati, connettività e tecnologie emergenti per migliorare le informazioni in tempo reale e automatizzare l’intera catena di approvvigionamento end-to-end. E chissà, potremmo anche ricevere i nostri regali di Natale prima di Pasqua.