Fondare la crescita del business su valori immateriali di importanza sempre più centrale: primo fra tutti, il rispetto dell’ambiente. Il racconto delle storie di innovazione che fotografano l’epoca post-pandemia sono anche il ritratto di un mondo dalla sensibilità inedita: sempre più vicino alle esigenze delle persone, del benessere sociale, ma anche – e soprattutto – sempre più impegnato sul fronte della lotta al cambiamento climatico. Una necessità che non è solo una mera imposizione legislativa, ma una vera e propria scelta – spesso difficile e costosa – in direzione di un mondo più a misura di tutti. Anche, va detto, sulla spinta di un pubblico che sente di non poter più trascurare questi temi nelle sue scelte di consumo.
Ma in che modo le aziende sono chiamate ad intervenire sul fronte Environment? Sino a che punto la trasformazione green, nelle sue declinazioni energetica, industriale e digital, deve rispondere alle nuove sfide? La risposta più completa a queste domande è il compendio di più voci: studi e report che, ciascuno nella sua dimensione, hanno fotografato negli ultimi mesi le opportunità di evoluzione del business in senso sostenibile.
Vediamo dunque – in occasione del nuovo appuntamento con la Giornata della Terra – le evidenze principali, per mettere in luce le mosse ambientali cui oggi le aziende sono maggiormente chiamate a dare il loro feedback.
Agire: una necessità globale
Ma facciamo un passo indietro. La necessità di un’azione sulle leve della sostenibilità e del digitale, con accento specifico al rispetto dell’ambiente, ha basi solide ormai comunemente appurate. Il cattivo stato di salute del pianeta, si sa, è confermano dagli studi, dalle Conferenze dell’Onu, dai summit e dalle voci più autorevoli del settore. Anche di questo ha tenuto conto la Commissione europea, quando di recente ha aggiornato la strategia industriale del Continente per mettere a disposizione nuovi strumenti e nuove azioni finalizzate alla ripresa dell’economia e dell’industria a seguito della pandemia. Una roadmap che punta dritta ad alcuni target indiscutibili: in un’ottica di maggiore digitalizzazione, sostenibilità e resilienza del mercato unico europeo, la richiesta chiave è ora quella accelerare la trasformazione digitale e green delle aziende, in linea sempre più stringente verso gli obiettivi fissati dal Green New Deal.
E se nel nostro Paese, grazie al programma Next Generation EU, si potranno investire nei prossimi anni quasi 200 miliardi di euro in un Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza fortemente improntato al concetto di “Sostenibilità Digitale”, la ragione sta anche qui. Nell’importanza rivestita dalle tecnologie come strumenti funzionali al perseguimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile – nella cornice dell’Agenda 2030 – per riparare il nostro pianeta e renderlo idoneo ad ospitare al meglio le generazioni che verranno.
Necessità di serie politiche di trasformazione
A confermare l’esigenza globale di un’azione in senso ambientale è stato, solo per citare una delle voci più recenti, la nuova edizione del rapporto scientifico sui cambiamenti climatici dell’Intergovernmental Panel on Climate Change delle Nazioni Unite, dal quale arrivano da una parte segnali di allarme rispetto alla necessità di accelerare l’azione climatica, ma anche conferme rispetto al contributo che può arrivare da tante e diverse soluzioni e dall’innovazione tecnologica. Ne emerge in particolare che il periodo legato al Covid ha avuto un effetto positivo in termini di riduzione delle emissioni, ma ha fatto registrare una diminuzione solo temporanea nelle emissioni di CO2 prodotte da combustibili fossili e da attività industriali, che ben presto sono tornate a salire. Il report IPCC mette quindi in evidenza che in assenza di un rafforzamento nelle politiche di contenimento e di trasformazione, si deve prevedere una crescita delle emissioni anche dopo il 2025, il che porterebbe a un livello di riscaldamento globale medio superiore ai 3°C entro il 2100.
Imprese e ambiente: su quali leve agire?
Ma tornando alla domanda di partenza, quali sono nel concreto le leve su cui le imprese sono chiamate ad agire per dare il loro fattivo contributo alla causa climatica? E dove deve orientarsi la trasformazione energetica e digitale per lasciare un segno tangibile sul pianeta?
Industry 4.0 Summit: “Non esiste transizione ecologica senza digital transformation”
Secondo quanto emerso dall’Industry 4.0 360 Summit, organizzato di recente dal gruppo Digital360, per le imprese del mondo manifatturiero oggi “la sostenibilità è qualcosa di più di un obiettivo legato alla riduzione delle emissioni e alla responsabilità sociale, peraltro fattori importantissimi”. Infatti, i temi legati alla sustainability devono essere letti in strettissima relazione con una trasformazione del settore che ha le sue basi in un rapporto diretto e inscindibile tra transizione ecologica e trasformazione digitale. “Non ci può essere una transizione ecologica senza una profonda trasformazione digitale”, ha affermato Marco Taisch, professore del Politecnico di Milano e Scientific chairman del World Manufacturing Forum.
Microsoft: digitale strategico, ma servono tecnologie all’avanguardia
A confermare la strettissima correlazione che lega l’innovazione IT e lo stato di salute del pianeta è stata, di recente, una ricerca di Microsoft e The European House of Ambrosetti (aprile 2022), secondo cui il digitale potrebbe contribuire ad abbattere le emissioni di circa 37 milioni di tonnellate di CO2 annue. Per sostenere le aziende a fare leva sul digitale per ridurre l’impatto sull’ambiente, Microsoft ha promosso l’Alleanza per la Sostenibilità, una collaborazione strategica con aziende, mondo accademico e startup per sviluppare insieme, attraverso modalità di open innovation.
“Il digitale rappresenta un abilitatore e una leva strategica in questa direzione, non a caso le risorse del PNNR sono dedicate all’innovazione tecnologica ma anche a green economy e sostenibilità – chiarisce Matteo Mille, Chief Marketing & Operations Officer Microsoft Italia -. Ma la sostenibilità non si può fare con le tecnologie che c’erano in precedenza, servono soluzioni all’avanguardia, che permettano di controllare la governance delle emissioni. Oggi nell’ESG abbiamo a che fare con una carenza di misurazione: misurare in maniera omogenea sarà sempre più fondamentale. Anche perché se non si misura non si sa da dove si parte né dove si può arrivare”.
Il report Greenitaly: “Chi è green è più resiliente”
Secondo l’undicesimo rapporto GreenItaly della Fondazione Symbola e di Unioncamere (novembre 2021), che misura la forza della green economy nazionale, promosso in collaborazione con Conai, Ecopneus e Novamont, con la partnership di Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne ed Ecocerved, e con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, oggi sono oltre 432 mila le imprese italiane dell’industria e dei servizi con dipendenti che hanno investito negli ultimi 5 anni in prodotti e tecnologie green: il 31,2% dell’intera imprenditoria extra-agricola. Si tratta di un valore in crescita rispetto al quinquennio precedente, quando erano state 345 mila. La media cresce se si considera soltanto il manifatturiero, dove le imprese che investono sul green sono più di una su tre, il 35,8%. A rappresentare una parte cospicua degli investimenti green delle imprese italiane sono quelli sull’efficienza energetica e le fonti rinnovabili, insieme al taglio dei consumi di acqua e rifiuti. A seguire la riduzione delle sostanze inquinanti e l’aumento dell’utilizzo delle materie seconde.
Ma quali sono, nel concreto, i riscontri benefici di tali investimenti? Le evidenze del report potrebbero essere riassunte in uno slogan: “Chi è green è più resiliente”. Tra le imprese che hanno effettuato investimenti per la sostenibilità, emerge infatti che il 16% è riuscito ad aumentare il proprio fatturato, contro il 9% delle imprese non green. La quota di imprese manifatturiere il cui fatturato è sceso nel 2020 di oltre il 15% è dell’8,2%, mentre è stata quasi il doppio (14,5%) tra le imprese non eco-investitrici. E il vantaggio competitivo delle imprese eco-investitrici si conferma in un periodo così complesso anche in termini occupazionali, spiega il rapporto, dal momento che assume il 9% delle green contro 7% delle altre. Stessa dinamica per l’export, che aumenta per il 16% contro il 12%. La spiegazione? Sta nel fatto che le aziende eco-investitrici innovano di più, con un tasso del 73% contro il 46% delle altre, anche in ricerca e sviluppo (33% contro 12%).
Oracle: “Le aziende possono e devono fare di più: tecnologia leva chiave”
Sostenibilità e responsabilità sociale sono oggi assolutamente importanti, ma le aziende possono e devono fare di più: nel 45% dei casi si sente infatti la convinzione che le imprese possono essere più incisive in questi ambiti. Ad affermarlo è “No Planet B”, la ricerca (aprile 2022) condotta da Oracle in collaborazione con Pamela Rucker, CIO Advisor e docente di Harvard Professional Development, con la partecipazione di 11.000 consumatori e manager in 15 Paesi. Il rapporto mette sotto la lente l’impegno verso la sostenibilità e verso i risultati raggiunti portando in evidenza una diffusa esigenza nel vedere maggiori progressi sia nel raggiungimento di obiettivi green, sia sugli aspetti che attengono, nell’ambito delle logiche ESG alla “S” di Social.
Il report permette di alzare lo sguardo verso aspettative importanti e verso ciò che può essere realizzato in futuro, in particolare affidandosi alla tecnologia.
Google Cloud: “La strada verso l’ESG passa dal digitale, ma all’avanguardia”
E che la strada verso la sostenibilità e verso l’ESG passi dalla tecnologia e dal digitale è confermato anche da un’altra voce: quella dei CEO e dei dirigenti d’azienda che, a fronte di un mercato che chiede il raggiungimento di obiettivi di sostenibilità in modo sempre più chiaro e sempre più stringente, vedono nella tecnologia la possibilità di attuare e accelerare processi di trasformazione aziendale sostenibili. Lo rileva la ricerca realizzata per Google Cloud da parte di Harris Poll con il coinvolgimento di 1.491 dirigenti aziendali in 16 Paesi, tra cui l’Italia.
Uno dei punti più significativi riguarda l’evoluzione del rapporto tra le aziende e i temi della sostenibilità che è vissuta a tutti gli effetti come una importante opportunità di business. Il 74% degli intervistati si dichiara convinto che grazie alla sostenibilità possa arrivare una profonda trasformazione del business, tanto che è su queste due aree che i CEO intendono concentrare gli investimenti nel corso del 2022.
Questa trasformazione ha bisogno di tecnologia e in particolare Cloud, Data analytics, Intelligenza Artificiale e Machine Learning, e Satellite imaginery possono portare grandi vantaggi: nel 78% dei casi i CEO considerano la tecnologia come un fattore critico per gli impegni futuri legati alla sostenibilità e la percepiscono determinante per trasformare le operations, per divulgare e comunicare le principali iniziative, per misurare i risultati e per gestire il reporting.
Non c’è più tempo da perdere
L’evidenza comune che pare emergere dai report, in linea con le esigenze dello scenario globale, è dunque una: il percorso verso una trasformazione sostenibile non può non passare dall’innovazione tecnologica. E solo un’adeguata innovazione, fondata su tecnologie e soluzioni all’avanguardia, può davvero fare la differenza nei confronti del pianeta. La Giornata della Terra 2022 può rappresentare un importante momento di riflessione su questi temi: per le aziende non c’è, letteralmente, più tempo da perdere.