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ESG in azienda, le sei mosse per sposare il cambiamento



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L’analisi di Paolo Fontana, country manager Italy di Pure Storage: “Spesso c’è una frattura tra gli sforzi comunicati al pubblico e le azioni effettivamente compiute”. Ecco da dove iniziare per un cambiamento positivo e di impatto

Pubblicato il 9 mag 2023

Paolo Fontana

Country manager Italy, Pure Storage



Paolo Fontana Pure Storage

Un’azienda che promuove le proprie credenziali Esg, in particolare quelle riguardanti la sostenibilità, non costituisce più una novità, ma fa ormai parte del lessico corporate, come peraltro dovrebbe. Sulla scia del Cop26, rispettare il limite di 1,5 gradi nell’aumento della temperatura globale ha spinto molte organizzazioni a definire obiettivi di neutralità insieme con i piani adatti a raggiungerli. Cop27 è servito a mantenere l’attenzione su queste misure essenziali.

Purtroppo in molte aziende si ritrova una costante frattura tra gli sforzi comunicati al pubblico e le azioni effettivamente compiute all’interno. Pure Storage ha recentemente svolto un sondaggio* su un gruppo internazionale di responsabili di programmi di sostenibilità scoprendo che, a fronte di un 70% di intervistati che si sono impegnati a raggiungere la neutralità entro il 2030, solo il 51% è sulla strada giusta per centrare i propri obiettivi di sostenibilità.

Questo gap deve essere colmato. C’è molto entusiasmo e molta buona volontà nei confronti del cambiamento, ma c’è anche poca chiarezza in merito a dove si debba iniziare. A cosa il management deve dedicare la propria attenzione? Ecco cinque aree chiave su cui concentrarsi per un cambiamento positivo e di impatto.

Misurare tutto

Molte aziende non conoscono con certezza i costi o i dati statistici dei propri consumi energetici – per esempio i costi di alimentazione e raffreddamento o i megawattora assorbiti. Alcuni costi vengono semplicemente accettati così come sono senza alcuna misurazione. Non si tratta solo di una pratica errata dal punto di vista del business: così facendo, infatti, non si può capire dove apportare miglioramenti dal punto di vista ambientale. Se un manager non ottiene un feedback positivo dal resto dell’azienda a fronte dell’implementazione di una tecnologia salvaenergia, come è possibile verificare o evidenziare il miglioramento che ne scaturisce?

Occorre una strategia di misurazione integrata con un approccio top down. Anche se ottenere una visione olistica può essere difficile, tuttavia essa è necessaria allo scopo di comprendere i benchmark. Per esempio, quali sono le tecnologie all’interno di un data centre che contribuiscono più di altre alle emissioni di gas serra? Quali sono i consumi di energia? Come è possibile che le scelte tecnologiche influiscano positivamente? Le attività che non vengono misurate non possono essere certo migliorate e i risultati non possono essere quantificati.

Eliminare i sistemi legacy

Una volta effettuate le misurazioni appariranno chiaramente i punti critici e ciò che deve essere fatto per migliorare i consumi di energia e ridurre le emissioni. Si dice spesso che il risparmio energetico è reso impossibile dalle tecnologie esistenti, che sono inefficienti e affamate di carbonio. Non solo esse ostacolano progresso e innovazione, ma possono anche impedire i miglioramenti nella riduzione delle emissioni.

Tuttavia alcuni cambiamenti tecnologici apportano risparmi significativi in termini di energia assorbita tanto da diventare parte della proposta di valore nell’implementazione di nuove infrastrutture. Per esempio Admiral, un cliente di Pure Storage nel Regno Unito, ha abbattuto del 74% i costi di alimentazione e raffreddamento del data centre e ridotto del 56% i consumi energetici passando a Pure Storage. Un managed service provider italiano, Elmec, ha ridotto dell’85% il footprint del data centre, dimezzato i consumi di energia e velocizzato il ritorno dall’investimento grazie ai minori costi del data centre.

Non è tutto: quando le aziende inizieranno ad andare oltre le emissioni Scope 1 e 2 prendendo in considerazione quelle Scope 3, infatti, diventerà chiara l’esigenza di non limitarsi a guardare al proprio interno ma di iniziare a calcolare anche i consumi energetici dei fornitori esterni. L’ignoranza non sarà più un’opzione e sarà essenziale disporre di dati specifici. Le apparecchiature legacy avranno un forte impatto sulle emissioni Scope 1, 2 e 3, quindi sarà utile affrontare questi aspetti sul breve termine per ottenere riduzioni sul lungo periodo.

I rifiuti elettronici sono un altro punto importante. Cosa accade al termine della vita utile di un prodotto? L’hardware legacy viene spesso sostituito ogni tre o quattro anni, provocando una forte crescita dell’impatto ambientale della tecnologia. L’alternativa è rappresentata da tecnologie costruite per essere longeve anziché essere periodicamente obsolete: queste non richiedono la sostituzione ogni pochi anni, ma possono essere aggiornate per mantenersi in condizioni sempre ottimali.

Parlarne apertamente

La maggior parte delle aziende è impegnata a capire dove sia meglio concentrare gli sforzi. Occorre valutare i passi avanti in modo onesto e aperto, altrimenti saranno visti solo come una semplice operazione di facciata. Qui non si tratta di una gara con relativi vincitori, bensì di aiutare il pianeta. Ascoltare le esperienze degli altri è utile: aiuta a collaborare e a capire sia il punto di vista del settore che le prospettive alternative.

All’interno, occorre coinvolgere e responsabilizzare l’intera azienda. Abbiamo visto aumentare il numero di aziende che pubblicano report ESG o di sostenibilità che definiscono i rispettivi obiettivi, spesso sotto gli auspici dei CEO. Report del genere sono documenti essenziali per sensibilizzare il personale e i potenziali nuovi dipendenti evidenziando le priorità dell’azienda. Possono rivelarsi inoltre utili come strumenti per il recruiting, in particolare dei giovani, che sono decisamente consapevoli dell’importanza della sostenibilità.

Nominare un responsabile della sostenibilità

Se un report ESG è una chiamata alle armi, come è possibile tradurre tutto l’entusiasmo in azione? Vedremo emergere sempre più ruoli dedicati puramente alla sostenibilità. È difficile unificare tutte le varie idee e le azioni presenti in un’azienda, quindi ha senso che vi sia una figura come un Senior Sustainability Officer che ne assuma il controllo. Una figura che ricopre questo ruolo deve assicurarsi che la strategia di sostenibilità complessiva sia recepita e compresa dall’intera azienda allo scopo di massimizzare l’impatto delle attività e dei cambiamenti.

La creazione del ruolo di Chief Sustainability Officer non è lontana, dal momento che ci stiamo avvicinando al giorno in cui le aziende dovranno raggiungere l’obiettivo di neutralità nelle emissioni. Si tratta di un’area destinata a crescere in termini di consapevolezza e ruoli operativi.

Aderire agli standard

Esistono moltissimi standard, e purtroppo non tutti sono allineati l’uno con l’altro. Alcuni sono più rigidi di altri e c’è una differenza di ordine geografico con un’Europa che si trova generalmente più avanti in termini di consapevolezza e adozione degli standard stessi. Standard noti come EcoVadis o SBTI (Science Based Targets Initiative) sono un buon punto di partenza, dal momento che sono riconoscibili, compresi e rispettati. Anche le valutazioni Energy Star applicate sinora agli elettrodomestici bianchi vengono oggi applicate all’IT enterprise: sono facili da capire e aiuteranno i clienti a intraprendere decisioni maggiormente informate, aiuteranno i team commerciali, contribuiranno alla percezione di un’azienda da parte del pubblico e, soprattutto, aiuteranno il pianeta.

Tradurre l’entusiasmo in azione

Essere più sostenibili è importante per le persone e per il pianeta, quindi è essenziale che le aziende adottino pratiche maggiormente green. C’è molto entusiasmo che deve essere tradotto in azioni efficaci. Ciò non significa solamente fare la cosa giusta, perché implementando i processi giusti e le tecnologie appropriate si può rapidamente risparmiare denaro, oltre che ridurre le emissioni.

La mia speranza è che un giorno non dovremo più parlare di questi processi e di queste azioni in termini di iniziative per la sostenibilità, bensì nel quadro delle normali pratiche di business. Dobbiamo essere onesti e aperti in merito a quanto produce risultati e ai punti da migliorare per il bene del pianeta, oltre che delle aziende.

*Sondaggio Pure Storage sulla sostenibilità: sono stati intervistati 1.000 responsabili di programmi per la sostenibilità di cui 400 negli USA, 200 nel Regno Unito, 200 in Francia e 200 in Germania tra ottobre e novembre 2022.

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