Cleantech: cosa si intende per Clean Technology
La crisi sanitaria e la pandemia da Covid-19 hanno solo parzialmente distolto i nostri sguardi da un problema cruciale per il futuro, che dobbiamo iniziare ad affrontare subito, prima che sia troppo tardi: quella climatica e ambientale è una vera e propria emergenza. Lo testimonia anche la diciottesima edizione del Global Risks Report 2023 del WEF che pone nella top ten dei rischi globali per gravità – da qui ai prossimi dieci anni – il fallimento degli interventi a livello di mitigazione del climate change, ma anche di adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici, i disastri naturali e gli eventi atmosferici estremi, i rischi connessi alla perdita di biodiversità e il collasso degli ecosistemi naturali.
Sfide legate alla “E” di ESG e inasprite da altri fattori di rischio direttamente correlati alle ricadute economiche e sociali della pandemia da Covid-19 e all’intrecciarsi di tutta una serie di crisi, oltre a quella sanitaria, che hanno messo in discussione quelli che si pensava potessero essere degli equilibri storici.
La guerra in Ucraina ha portato alla luce le vulnerabilità di una globalizzazione basata su supply chain estese e complesse che si sono ripercosse tanto sul mondo agroalimentare e tecnologico, quanto sul settore automotive e dell’industria farmaceutica. Per non parlare della crisi energetica, dei costi impraticabili e spesso ingestibili del gas e dell’energia in generale, tanto che non poche imprese sono state costrette a ripensarsi completamente se non, addirittura, a cessare le attività.
Se da un lato la ricerca e l’innovazione tecnologica e digitale offrono soluzioni che potrebbero rivelarsi cruciali per il nostro domani, dall’altra startup e aziende a vocazione green hanno bisogno di accedere a fondi pubblici e finanziamenti privati per sviluppare tecnologie pulite, o meglio clean technology (in breve cleantech), in grado di offrire un contributo concreto al raggiungimento di questi risultati.
Il digitale è talvolta oggetto di critiche per il suo impatto sull’ambiente, ma non vengono sufficientemente enfatizzati i suoi vantaggi nella lotta contro le emissioni. Sebbene sia vero che contribuisce in modo significativo alle emissioni di CO2, è altrettanto vero che un utilizzo adeguato può drasticamente ridurle, portando a un bilancio energetico estremamente positivo per la digitalizzazione.
Il boom degli investimenti nel Cleantech
I tanto temuti effetti del cambiamento climatico sono ormai davanti agli occhi di tutti e rendono impellente un intervento. Diverse aziende del settore cleantech ne hanno fatto la loro missione e le prospettive sono buone, tanto che gli investimenti cleantech sono attualmente visti come “la più grande opportunità d’investimento”. Secondo uno studio di BloombergNEF, nel 2020 sono confluiti in questo segmento oltre 500 miliardi di dollari statunitensi di capitale di rischio, soprattutto nei due settori economicamente più promettenti delle “energie rinnovabili” e della “mobilità intelligente”. Rispetto al 2004, ciò corrisponde a un aumento di 25 volte.
L’analisi del BNEF mostra che aziende, governi e famiglie hanno investito 303,5 miliardi di dollari in nuova capacità di energia rinnovabile nel 2020, in crescita del 2% rispetto all’anno, aiutati dalla più grande costruzione di progetti solari e da un’impennata di 50 miliardi di dollari per l’eolico offshore. Hanno anche speso 139 miliardi di dollari in veicoli elettrici e infrastrutture di ricarica associate, in aumento del 28% e un nuovo record.
Gli investimenti in venture capital e private equity nelle energie rinnovabili e nello stoccaggio sono aumentati del 51% a 5,9 miliardi di dollari l’anno scorso. Sia questo, sia gli investimenti attraverso i mercati pubblici, hanno avuto luogo sullo sfondo di prezzi azionari vivaci: il WilderHill New Energy Global Innovation Index, o NEX, che traccia circa 100 titoli di energia pulita in tutto il mondo, è salito del 142% nel 2020 a livelli record.
Questo stato d’animo positivo degli investitori ha aiutato le società di veicoli elettrici a raccogliere circa 28 miliardi di dollari dagli investitori del mercato azionario nel 2020, rispetto a soli 1,6 miliardi nel 2019, secondo le stime BNEF. Il totale dello scorso anno è stato sette volte il record precedente, nel 2016. Ma prima di tutto, occorre capire esattamente cosa significa cleantech, una “buzz word”, come si dice in gergo, ovvero un’espressione che sta acquisendo sempre maggiore popolarità negli ultimi tempi nell’ambito degli ecosistemi innovativi.
Che cosa sono le tecnologie pulite
Una delle definizioni più citate per cleantech è quella che identifica qualsiasi tecnologia, processo, prodotto o servizio basato sulla conoscenza che riduce (o addirittura, ove possibile, annulla) gli impatti negativi sull’ambiente attraverso significativi miglioramenti delle prestazioni operative, della produttività e dell’efficienza energetica, riducendo al contempo costi, input e consumo di risorse a monte, ed emissione di rifiuti e generazione di inquinamento a valle.
Sotto a questo ombrello rientrano una vasta gamma di tecnologie relative al riciclo dei rifiuti, alle energie rinnovabili, alla tecnologia dell’informazione, alla razionalizzazione dei trasporti, ai motori elettrici, alla chimica verde, all’illuminazione, al trattamento delle acque e tanto altro. Tutte scelte ambientali che mirano a ridurre drasticamente l’impiego delle risorse naturali, e tagliare o eliminare le emissioni di gas serra e i rifiuti.
Alle radici del mondo cleantech, si pone la crescita del rispetto per l’ambiente o la “consapevolezza verde” delle aziende che si traduce nella volontà di ridurre i propri consumi e sprechi, sia nelle scelte produttive che in quelle distributive, desiderio che garantisce sostenibilità ambientale, e che comporta benefici economici nel breve periodo. Per di più, oggi nessuna azienda può prescindere dalla percezione ambientale e dall’impegno sociale che ne hanno i consumatori che tendono a privilegiare nella scelta di acquisto aziende con un impatto positivo sulla società e sull’ambiente.
Ed è proprio nell’aumento dell’interesse dei consumatori, che si somma alle richieste pressanti della regolamentazione e degli investitori rispetto alla necessità di abbandonare i combustibili fossili a favore di fonti di energia rinnovabile per combattere l’inquinamento del suolo, dell’acqua e dell’aria, che prende le mosse il mondo cleantech.
Il rapporto tra tecnologia e sostenibilità: da quando si parla di Cleantech
Cleantech è comunque ancora un termine generico che si riferisce a un’ampia varietà di pratiche e tecnologie “attente dell’ambiente”. Nello specifico è stato originariamente coniato nel settore finanziario americano in investimenti venture capital come un termine ombrello che comprende l’asset class di investimento, la tecnologia e i settori di attività che includono un gruppo di tecnologie e industrie emergenti, basate su principi di biologia, efficienza delle risorse e tecnologie. Gli esempi includono: efficienza energetica, riduzione catalitica selettiva, materiali non tossici, purificazione dell’acqua, energia solare, energia eolica e nuovi paradigmi nel risparmio energetico.
L’interesse per queste tecnologie è aumentato sotto la spinta di due tendenze: un calo del costo relativo di queste tecnologie e una comprensione emergente dell’impatto causato dall’uomo sui sistemi terrestri. Ma il concetto di cleantech è stato reso popolare dal Cleantech Venture Network (ora Cleantech Group), che dal 2002 guarda alle tecnologie “verdi e pulite” come solare, biocarburanti, celle a combustibile, bonifica dell’acqua e generazione di energia rinnovabile, a cui gli investitori di venture capital si stavano rivolgendo in numero crescente dopo il crollo tecnologico del 2001.
Da allora il termine è entrato in ampio uso nei media, nella più ampia comunità di investimento e in molte delle industrie sottostanti che compongono il settore, e ha generato numerose conferenze, siti Web, riviste, indici, newsletter e società, diventando il terzo più grande settore di investimento in capitale di rischio dietro IT e biotecnologia.
Da notare che prima della sua divulgazione come classe di attività di investimento e categoria tecnologica, con cleantech ci si riferiva alle attrezzature per il lavaggio a secco o le forniture per la pulizia, come evidenziato dal fatto che molti nomi di dominio relativi al cleantech sono ancora di proprietà di aziende in quei campi.
I driver del Cleantech
Il settore e il termine sono entrati in gioco nel periodo 2005 e 2006, quando gli investitori istituzionali tradizionali hanno iniziato a destinare investimenti in fondi di rischio nei settori ambientale, delle energie alternative e delle energie rinnovabili e hanno adottato cleantech come termine di scelta per la descrizione di tale classe di attività, dando credibilità al settore, guidati da cambiamenti negli incentivi politici e negli standard dei combustibili negli Stati Uniti e in Europa.
Altri fattori attribuiti come principali driver in quel lasso di tempo includono l’aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime, un diverso orientamento dei consumatori sensibile alle questioni che riguardano la sostenibilità e l’avvio dei meccanismi di scambio del carbonio basati sul Protocollo di Kyoto. La combinazione di questi eventi ha iniziato ad attirare quantità significative di capitale e generare consapevolezza nel settore.
Dopo la crisi finanziaria del 2008, il cleantech – come il greentech prima di esso – ha subito un enorme collasso. Fino ad oggi, il cleantech continua a suscitare scetticismo da parte di alcuni investitori. Ma di recente, è rimbalzato con diversi nuovi fondi di venture capital e rendimenti crescenti.
Questo movimento verso gli investimenti sostenibili è supportato in parte da organizzazioni come i Principles for Responsible Investment (PRI), che raccoglie e pubblica dati da una rete di oltre 3.000 istituzioni finanziarie partecipanti. Questi “firmatari” del PRI accettano di aderire a una serie di sei principi intesi a porre la sostenibilità ambientale al centro del loro processo decisionale di investimento e si impegnano ad auto-riferire sui loro progressi verso questo obiettivo. A partire da gennaio 2020, la rete di firmatari del PRI aveva un patrimonio gestito (AUM) combinato di oltre 80 trilioni di dollari, rendendoli un organismo sempre più influente nella comunità degli investimenti globali.
Un altro driver fondamentale per il Cleantech è rappresentato dalle competenze per la sostenibilità. Grazie ai Green Skills è infatti possibile trasformare le performance tecnologiche delle tecnologie pulite in risultati concreti.
La differenza con il greentech e con il climatetech
Mentre i concetti di tecnologia ambientale o tecnologia verde sono stati resi popolari negli anni ’70 e ‘80, quello di cleantech è arrivato più tardi per indicare una nuova tecnologia e modelli di business correlati che offrono rendimenti competitivi per investitori e clienti, fornendo al contempo soluzioni a sfide globali.
Laddove il greentech, o envirotech, rappresenta la tecnologia “end-of-pipe” o a valle dei processi produttivi, altamente guidata dalla regolamentazione del passato (ad esempio, scrubber per ciminiere) con limitate opportunità di rendimenti interessanti; il cleantech affronta le radici dei problemi ecologici con la nuova scienza, enfatizzando approcci naturali come la biomimetica e la biologia.
Il greentech ha tradizionalmente rappresentato solo piccoli mercati orientati alla regolamentazione, mentre il cleantech è guidato dagli acquisti basati sulla produttività e quindi gode di un’economia di mercato più ampia, con un maggiore vantaggio finanziario e di sostenibilità.
Alcune somiglianze si possono però ravvedere anche con il climatetech (che si potrebbe tradurre approssimativamente come “tecnologie climatiche”), con cui si possono definire un’ampia serie di settori impegnati nella sfida di decarbonizzare l’economia mondiale, allo scopo di raggiungere emissioni zero nel 2050.
Il climatetech include tutte quelle azioni e operazioni mirate a ridurre le emissioni di anidride carbonica in campo energetico, nella costruzione di aree ed ambienti, nella mobilità, nell’industria pesante, nella produzione alimentare e nello sfruttamento del territorio. Inoltre, climatetech significa anche una migliore gestione del carbonio attraverso procedure chiare e dimostrabili.
Tuttavia, è bene precisare che climatetech e cleantech non sono la stessa cosa. Lo puntualizza Ted Dillon, direttore marketing di Clean Energy Ventures, in un blog del febbraio 2020: “Anche se usiamo i termini in modo intercambiabile, il climatetech e il cleantech non sono sinonimi… In realtà, i termini … hanno aree di interesse condivise ma missioni leggermente diverse. Mentre il climatetech ha una serie unica di priorità basate sull’affrontare una sfida monumentale e globale, il cleantech si concentra sul miglioramento dell’efficienza e dell’interazione dell’umanità con l’ambiente circostante”.
Cosa cambia tra Cleantech e Climatech
Cleantech e Climatech sono due concetti che identificano sfere d’azione e obiettivi distinti.
Il termine cleantech si riferisce all’insieme di tecnologie e servizi che mirano a ottimizzare l’uso delle risorse naturali, ridurre l’impatto ambientale e migliorare l’efficienza energetica. L’obiettivo primario delle cleantech è quello di favorire uno sviluppo sostenibile attraverso soluzioni che possano essere integrate in diversi settori economici, dalla produzione di energia alla gestione dei rifiuti, dal trattamento delle acque all’agricoltura sostenibile.
Le cleantech includono una varietà di tecnologie, come quelle per la produzione di energia rinnovabile (eolica, solare, idroelettrica), per l’efficienza energetica (LED, pompe di calore ad alta efficienza), per il riciclo e il compostaggio dei rifiuti, e per la depurazione dell’acqua. Questo ambito si estende anche a veicoli elettrici, materiali per edilizia sostenibile e tecnologie per l’agricoltura di precisione.
Climatech, o climate tech, è un termine relativamente più recente che si focalizza sulle tecnologie progettate per mitigare o adattarsi agli effetti del cambiamento climatico. Questa categoria comprende soluzioni che mirano specificatamente a ridurre le emissioni di gas serra, a sequestrare carbonio dall’atmosfera o a supportare l’adattamento delle comunità e degli ecosistemi agli impatti climatici.
Esempi di climatech includono le tecnologie di cattura e stoccaggio del carbonio (CCS), le innovazioni nel campo dell’energia geotermica, le soluzioni per l’agricoltura a basse emissioni di carbonio, e le infrastrutture resilienti al clima, come le barriere anti-inondazione o i sistemi di gestione degli eventi meteorologici estremi.
Il mercato delle tecnologie pulite in Europa
Il 2021 è stato un anno record per le tecnologie pulite in Europa: 11 miliardi di euro di capitale di rischio sono stati investiti in start-up e scale-up per lo sviluppo cleantech, più del doppio rispetto all’anno precedente. Nel 2021 l’UE ha attratto quasi il 16% del VC globale cleantech, avvicinandosi alla quota del PIL mondiale.
Secondo il Briefing annuale Cleantech for Europe, due delle prime sei operazioni globali per importo di investimento sono andate a società europee. L’UE è la regione che registra la crescita più rapida su base annuale: ora sta rivaleggiando con la Cina per gli importi degli investimenti e ha quasi cancellato il suo divario in termini di crescita del capitale.
Lo stoccaggio dell’energia e la ricarica dei veicoli elettrici hanno attirato i maggiori investimenti dell’UE nel 2021. Anche la decarbonizzazione dell’idrogeno e dell’industria pesante hanno ricevuto investimenti significativi. I mercati di seconda mano dell’elettronica e dell’abbigliamento stanno scalando rapidamente mentre lo sviluppo delle energie rinnovabili innovative resta al centro dell’attenzione.
La politica dell’UE ha una posizione molto forte sul clima anche grazie al proprio Green Deal e a pacchetti di misure come Fit for 55. Ma il progresso è rallentato dagli interessi industriali in carica e dalla paura di contraccolpi sociali. Nel 2022, i dibattiti chiave sulla fissazione del prezzo del carbonio, le energie rinnovabili e la finanza sostenibile avranno un impatto sulla agenda. Certamente l’attenzione al cleantech è fondamentale affinché l’UE guidi la corsa verso la neutralità climatica.
Cleantech for Europe – un’iniziativa di Cleantech Group, sostenuta da Breakthrough Energy che mira a costruire ponti tra la comunità cleantech e i responsabili politici dell’UE per mettere l’innovazione cleantech al centro del dibattito pubblico e creare un’economia più pulita ed equa – sta crescendo rapidamente per aiutare l’UE ad avere successo: ora riunisce 16 investitori di capitale di rischio cleantech dell’UE che rappresentano oltre 300 aziende innovative.
Gli sviluppatori di tecnologie pulite dell’UE sono ora attivamente ricercati dalle grandi aziende che desiderano mantenere i loro impegni net-zero e dagli investitori internazionali alla ricerca di soluzioni sostenibili investimenti.
Nonostante questi segnali positivi, il futuro dell’UE il clima e la leadership industriale sono ben lungi dall’essere scolpiti nella pietra e gli investimenti potrebbero rallentare facilmente quest’anno se non si compiono progressi sufficienti in settori chiave come l’aumento della domanda e delle implementazioni su larga scala di tecnologie pulite in tutta la regione; in un quadro politico dell’UE che acceleri l’innovazione con una rinnovata attenzione della finanza sostenibile.
Cleantech come tecnologia sostenibile
Le attività umane hanno portato al riscaldamento globale principalmente a causa della combustione di combustibili fossili che intrappolano i gas serra come la CO2 nell’atmosfera terrestre. Per combattere le catastrofiche conseguenze del cambiamento climatico, le aziende consapevoli stanno sviluppando soluzioni di decarbonizzazione nei principali settori che emettono CO2.
Il cleantech – come abbiamo visto – si riferisce a tecnologie che non inquinano, ma ancor più precisamente a tecnologie che aiutano a ridurre l’impatto ambientale, risparmiando energia, riducendo gli sprechi e svolgendo le funzioni necessarie come il monitoraggio e la manutenzione delle apparecchiature remote con emissioni di carbonio limitate. Gli esempi di tecnologia ambientale includono una vasta gamma di applicazioni industriali, nonché prodotti, servizi e infrastrutture sostenibili.
A fronte dei veicoli a motore termico che rientrano tra le cause di produzione di gas serra, i veicoli elettrici e le stazioni di ricarica costituiscono al contrario le forme di cleantech in più rapida crescita. L’infrastruttura di ricarica dei veicoli elettrici consente fornisce un incentivo al passaggio all’elettrico che si aggancia ai sistemi di trasporto pubblico che si stanno spostando sempre più verso tecnologie pulite per ridurre le emissioni.
Dal punto di vista del risparmio energetico, le turbine eoliche per la generazione di elettricità sono tra le tecnologie di energia pulita più visibili sul paesaggio, con parchi eolici che generano energia verde da fonti rinnovabili. Parimenti, i pannelli solari utilizzano celle fotovoltaiche per catturare l’energia direttamente dalla luce solare. E visto che il costo dei pannelli solari è diminuito negli ultimi decenni, il loro utilizzo sta crescendo sia nelle applicazioni commerciali che residenziali. Le dighe idroelettriche sono un altro esempio di come l’energia e la tecnologia pulita vadano di pari passo fornendo elettricità alle città di tutto il mondo.
Dall’illuminazione pubblica intelligente alla gestione smart del traffico e alle pratiche di costruzione più efficienti, i progetti infrastrutturali possono portare importanti progressi nella riduzione dell’impatto ambientale, utilizzando sensori e automazione. Anche i servizi di gestione dei rifiuti si stanno spostando verso tecnologie come RFID (Radio Frequency Identification), sensoristica, NFC (Near Field Communication) e IoT (Internet of Things), per ottimizzarne il tracciamento, dal conferimento presso le abitazioni fino alla raccolta e al relativo smaltimento gestendo l’instradamento dei veicoli per una migliore efficienza energetica e costi inferiori.
Lato consumer, le applicazioni per elettrodomestici intelligenti e termostati connessi contribuiscono a rendere le attività quotidiane più efficienti dal punto di vista energetico grazie anche al controllo da remoto. Oltre a migliorare la qualità della vita, l’applicazione dell’IoT consente di risparmiare denaro riducendo il consumo energetico domestico con un riscaldamento e un raffreddamento più efficienti.
Gli incentivi per l’uso delle tecnologie pulite sono enormi e includono la necessità di allontanarsi da fonti energetiche non rinnovabili e inquinanti, ridurre il rischio aziendale (come fuoriuscite di petrolio e altre catastrofi ambientali) e ricevere crediti energetici. Inoltre, le tecnologie pulite stanno creando nuove opportunità di lavoro per sviluppatori, analisti di dati, installatori di apparecchiature, addetti alla manutenzione e altri professionisti nelle industrie cleantech emergenti.
Tutti questi elementi si inseriscono a pieno titolo nel più ampio contesto delle smart city. Le città e le organizzazioni si stanno muovendo verso la tecnologia pulita per molte ragioni, oltre a una migliore gestione ambientale, compresa la riduzione dei costi e dei rischi. Le città hanno enormi opportunità di ridurre le emissioni di carbonio ottimizzando i servizi essenziali come l’illuminazione, il trattamento delle acque / acque reflue e la raccolta dei rifiuti.
Grazie all’Internet delle cose è possibile monitorare la qualità dell’aria, dell’acqua e della temperatura; stimolare e sostenere lo smart working per ridurre l’inquinamento ambientale e il traffico cittadino; invitare alla transizione verso una mobilità sostenibile, da porre in essere anche tramite servizi di sharing e taxi elettrici; per riprogettare il territorio in chiave ecologica e green, soprattutto per le nuove costruzioni e le ristrutturazioni con riqualificazione energetica.
Cleantech e il rapporto con gli obiettivi di sviluppo sostenibile
In passato l’implementazione di innovazioni tecnologiche e industriali è stata considerata come una delle principali cause di consumo delle risorse naturali. Oggi si sta comprendendo da più parti che innovazione e sviluppo sostenibile sono un binomio indissolubile. Questo perché le persone, il pianeta e i profitti sono strettamente correlati. Creare un ambiente imprenditoriale ottimale per uno sviluppo sostenibile ed eco-compatibile spiana la strada all’innovazione e alla creazione di nuovi posti di lavoro.
I 17 obiettivi di sviluppo sostenibili fissati dalle Nazioni Unite nell’Agenda 2030 sono strettamente connessi all’applicazione della tecnologia pulita poiché parte essenziale della progettazione di un futuro sostenibile. Nello specifico, vari tipi di tecnologia concorrono all’Obiettivo 6 “Garantire la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e dei servizi igienico-sanitari per tutti”, come filtri, tecnologia per la desalinizzazione, fontane d’acqua filtrata per le comunità, ecc.
Per quanto attiene all’Obiettivo 7: “Garantire l’accesso a un’energia economica, affidabile, sostenibile e moderna per tutti” dal 2012 al 2014, tre quarti dei 20 maggiori paesi consumatori di energia del mondo hanno ridotto la loro intensità energetica (il rapporto tra energia utilizzata per unità di PIL). La riduzione è stata trainata principalmente da maggiori efficienze nei settori dell’industria e dei trasporti. Tuttavia, questi progressi non sono ancora sufficienti per raggiungere l’obiettivo di raddoppiare il tasso globale di miglioramento dell’efficienza energetica.
Inoltre, progettando città e comunità sostenibili, la tecnologia pulita prende parte all’aspetto architettonico, ai trasporti e all’ambiente cittadino in linea con l’Obiettivo 11 “Rendere le città e gli insediamenti umani inclusivi, sicuri, resilienti e sostenibili”. Infine, le tecnologie pulite concorrono all’Obiettivo 13: “Intraprendere azioni urgenti per combattere il cambiamento climatico e i suoi impatti”: infatti, le concentrazioni atmosferiche di CO2 e degli altri principali gas serra sono causa di un’alterazione climatica potenzialmente irreversibile per il pianeta e per la nostra specie e visto che l’attività umana è la causa principale di questi stravolgimenti, occorrono soluzioni rapide e intelligenti per limitare gli effetti del riscaldamento globale.
Il ruolo delle Startup nelle clean technologies
A trainare questo processo che deve e dovrà sempre più guardare a diversi modi per affrontare le sfide per la sostenibilità, un ruolo fondamentale può essere ricoperto dalle startup, realtà per le quali l’innovazione si può dire insita nella loro stessa natura. In Europa, non mancano di certo e in particolare nel settore cleantech, sembrano avere un enorme potenziale.
Per fare qualche esempio, in Germania c’è ecoligo, una startup che finanzia progetti solari per le aziende dei mercati emergenti, attraverso una piattaforma di crowdfunding: in questo modo facilita per le aziende l’adozione di comportamenti sostenibili, andando a ridurre allo stesso tempo i costi energetici. Un approccio innovativo che sfrutta le potenzialità del digitale per facilitare e velocizzare la lotta ai cambiamenti climatici.
Altro esempio virtuoso è quello di Sono Motors, con il suo obiettivo di realizzare una mobilità libera dai combustibili fossili. In questa direzione, un ampio di team di ingegneri, designer, tecnici ed esperti di settore stanno realizzando un’auto elettrica dal potenziale rivoluzionario, Sion, che grazie alla presenza di più di 248 celle solari integrate può aggiungere fino a 245 chilometri di autonomia alla settimana alla batteria, sfruttando la forza del sole.
L’Italia non resta a guardare, e per sfruttare le potenzialità di queste realtà innovative, quella messa in campo da Cassa Depositi e Prestiti è senza dubbio una delle migliori opportunità alle quali guardare. ZERO è il nome del nuovo Acceleratore di startup in ambito Cleantech, frutto della collaborazione con importanti player finanziari ed industriali come Acea, Maire Tecnimont, Microsoft Italia ed Eni. Il programma di accelerazione sarà gestito da LVenture Group e da Elis, che investiranno insieme a CDP Venture Capital Sgr nelle startup che verranno selezionate.
Con una dotazione iniziale di 4,6 milioni di euro, ai quali seguiranno ulteriori 1,8 milioni per i successivi follow-on post-accelerazione, l’obiettivo dell’iniziativa è quello di supportare in 3 anni la crescita di 30 startup e PMI innovative italiane e le realtà internazionali che desiderano sviluppare il proprio business aprendo una sede operativa in Italia.
In questo senso, secondo criteri legati al potenziale di crescita e alle capacità di affrontare le sfide tecnologiche del settore, saranno selezionale le migliori startup e PMI innovative che sviluppano progetti e soluzioni tecnologiche per minimizzare l’impatto carbonico, agevolare la riduzione delle emissioni, ottimizzare il ciclo dei rifiuti, velocizzare i processi di transizione energetica e favorire l’economia circolare.
Un’iniziativa virtuosa per mettere in campo alcune delle migliori idee per affrontare le principali sfide volte a raggiungere i sempre più centrali obiettivi per la decarbonizzazione. Con la consapevolezza che l’innovazione e le tecnologie digitali, come detto, dovranno diventare sempre di più strumenti abilitanti per la sostenibilità.
Osservatorio CleanTech: aumentano gli investimenti nell’economia circolare
La seconda edizione dell’Osservatorio CleanTech (un riassunto delle principali evidenze è disponibile su ESG360), condotta da Circularity e Innovatec in collaborazione con Eumetra, ha evidenziato una crescente partecipazione delle PMI e delle grandi imprese italiane a livello di investimenti nell’economia circolare, sottolineando i vantaggi economici e competitivi derivanti da tali iniziative di sostenibilità.
In particolare, è stato registrato un raddoppio nel numero delle imprese italiane che hanno scelto di investire in economia circolare: dal 9% del 2022 al 16% del 2023. Un dato ancora più significativo se si restringe il perimetro di analisi alle grandi imprese dove le esperienze “circolari” raggiungono il 40% dei casi. Le quote maggiori di investimento sono dirette verso il procurement di materiali riciclati (64%) e il riciclo degli scarti di produzione (61%). Progetti di simbiosi industriale ricevono il 14% degli investimenti.
Accanto agli investimenti, si sta diffondendo anche la conoscenza e la sensibilità delle imprese verso le opportunità in termini economici dell’economia circolare. Nel 2023 il 62% delle aziende (contro il 41% del 2022) conoscere bene il concetto dell’economia circolare e che gli investimenti in progetti di sostenibilità e di economia circolare hanno contribuito a generare un maggiore ritorno economico.
I vantaggi dal punto di vista dello sviluppo sono sia diretti sia indiretti ed è significativo che il 33% delle imprese coinvolte nella ricerca dichiari di aver ottenuto grazie a sostenibilità e circolarità un vantaggio competitivo nei confronti della concorrenza, mentre il 50% rilevi un miglioramento a livello di reputazione. Per il futuro, il 44% delle aziende ha pianificato di aumentare gli investimenti in progetti di sostenibilità e il 37% prevede di intensificare gli sforzi nell’ambito dell’economia circolare.
A frenare ancora gli investimenti è per il 47% delle imprese la carenza di competenze adeguate, un dato che purtroppo non mostra segni di miglioramento considerando che lo scorso anno si era assestato sul 36%. Anche in merito alla normativa, considerata eccessivamente complessa, non si registra un progresso rispetto al 2022 e dal 16% delle imprese si è arrivati nel 2023 al 41%. La tecnologia peraltro è pronta e non è vissuta come un ostacolo se non da una quota minoritaria limitata al 12% del campione.
Articolo aggiornato il 26 dicembre 2023
Articolo originariamente pubblicato il 22 Giu 2022