Il 64% degli italiani si dichiara pronto al cambiamento introdotto dalle tecnologie abilitanti (AI, Realtà virtuale/aumentata, Metaverso, Non-fungible token, Blockchain). A dirsi più impreparati sono gli over 55enni (47%), i ceti fragili (49%) e le persone con bassa scolarizzazione (48%). L’80% conosce l’Intelligenza Artificiale bene o in generale (lo zoccolo duro dei soli che dichiarano di conoscerla bene è al 29%, in aumento di 10 punti percentuali da marzo 2023). In calo di 10 punti vs marzo 23, invece, quanti dichiarano di conoscerla solo a grandi linee.
La Realtà virtuale e aumentata è conosciuta da 7 italiani su 10 (24% chi ritiene di conoscerla bene). Il livello di conoscenza scende al 39% quando si parla di NFT (Not Fungible Token, 15% chi dichiara una conoscenza più approfondita) e al 37% indicando la Blockchain (qui lo zoccolo duro di chi ne sa di più è al 12%). Dal punto di vista generazionale, se consideriamo solo la fascia 18-34 anni, la conoscenza dell’AI tocca il punto più alto (87%), quella della Realtà virtuale/aumentata l’85%, i Non-Fungible Tokens il 66%, la Blockchain è conosciuta dal 46%. Tra gli over 55enni invece si rilevano livelli di conoscenza inferiori: Intelligenza Artificiale 76%, Realtà virtuale/aumentata 61%, i Non-Fungible Token il 23%, la Blockchain il 25%.
I dati sono quelli della ricerca di SWG “IA e dintorni: cosa ne pensano gli italiani” (Metodo di rilevazione: sondaggio CAWI su un campione rappresentativo nazionale di 1.000 soggetti maggiorenni) presentata al Forum “Oltre l’AI. Le imprese e la sfida del web 3.0” promosso da Web3 Alliance, primo consorzio italiano che riunisce i player dell’universo digitale avanzato e si pone come mediatore culturale nel nuovo comparto. I risultati della survey sono stati illustrati da Alessandro Scalcon, Senior Researcher di SWG. In generale, suggeriscono l’importanza di promuovere la conoscenza e la comprensione delle tecnologie abilitanti in tutta la popolazione, con una particolare attenzione verso i gruppi demografici che risultano meno informati. Questo può facilitare una transizione armoniosa verso un futuro digitale sempre più basato su queste tecnologie.
Italiani e Intelligenza Artificiale: fiducia in calo e timori crescenti
Lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale, secondo la ricerca, è giudicato positivamente dal 57% degli italiani (in diminuzione di 10 punti percentuali vs marzo 2023 e – 11 punti vs 2020). La quota sale al 70% nella fascia 18-34 anni. D’altra parte è in crescita anche la parte degli intervistati che dà, in merito all’AI, un giudizio negativo (+7 vs marzo 2023), che riguarda soprattutto i ceti fragili (41%) e i meno istruiti (45%). Nel 2020 i giudizi negativi erano al 23%. Nel dettaglio: nel giugno 2023 i giudizi molto positivi sono all’8%, nel marzo 2023 erano al 12%, nel 2020 al 18%. Le opinioni abbastanza favorevoli all’Intelligenza Artificiale in giugno toccano il 49%, in marzo erano al 55% e nel 2020 al 50%. Chi teme i rischi elevati connessi all’Intelligenza Artificiale in giugno è al 25%, mentre era al 23% nel marzo 2023, e al 19% nel 2020. Infine, quanti giudicano l’Intelligenza Artificiale molto pericolosa e assolutamente da evitare sono l’11% in giugno. In sintesi, risultano in diminuzione i giudizi positivi e sale l’incidenza di quanti intravvedono nell’AI un pericolo.
AI nella vita quotidiana: preferenze dell’opinione pubblica italiana
In merito alla disponibilità ad affidare all’AI una serie di attività della quotidianità, il 70% farebbe gestire all’Intelligenza Artificiale la temperatura di casa e gli elettrodomestici, il 69% scadenze e appuntamenti analogamente alla videosorveglianza della propria abitazione. Il 62% farebbe monitorare all’AI il proprio stato di salute, il 61% la impiegherebbe in attività formative (66% tra i 18-34enni), il 56% la utilizzerebbe nel proprio lavoro (specialmente i colletti bianchi al 61%). Altri impieghi dell’AI vengono indicati da quote inferiori del campione: al 55% nella gestione delle scorte alimentari, al 48% nell’assistenza agli anziani, al 45% in attività ludiche (61% tra i 18-34enni), al 45% nella programmazione delle vacanze (18-34enni al 59%), al 42% nella gestione di animali domestici, al 25% per conoscere nuove persone.
Sul versante opposto, sono stati presi in esame i fattori deterrenti rispetto all’utilizzo di sistemi di AI. Come primo elemento di cautela si rileva il timore di delegare a una macchina la responsabilità delle proprie scelte (40%, 50% gli autonomi), connessa al rischio che l’AI decida per me (34%, soprattutto gli over 55 al 45%). Segue l’inaffidabilità delle informazioni che possono provenire dall’AI (28%), e la perdita di controllo dei dati personali (anch’essa al 28%, specialmente tra gli over 55 al 39%). L’opacità dei processi decisionali degli algoritmi si colloca al 27% degli elementi frenanti, mentre le questioni etiche legate all’impatto sulla società occupano il 19%. In fondo alla classifica si trovano il timore di essere rimpiazzati nelle proprie competenze (15%, soprattutto operai al 21% e ceti fragili al 22%), il fatto che l’AI costituisca un sistema discriminatorio (13%), o il caso di non possedere competenze digitali a sufficienza (11%).
Aumenta il dato degli scettici sul metaverso ma il quadro è variegato
Lo studio presentato si estende anche al concetto di Metaverso. Per il 51% rappresenta il futuro (61% tra i 18-34enni), per il 30% (dato in crescita di 5 punti rispetto a febbraio 2022 ma in linea con il 32% del novembre 2021) il metaverso è un concetto esagerato che non si realizzerà. Si tratta di opinioni in fase di assestamento e di crescita in quanti non prevedono prospettive interessanti.
È stato, inoltre, sondato il livello dell’interesse a trasferire alcune attività “dentro” il metaverso. Ne emerge un quadro variegato. Il 57% del campione (61% tra i 18 e i 34 anni) vorrebbe accedere al metaverso per recarsi presso sportelli e/o uffici pubblici virtuali, il 56% (75% 18-24 anni) fare incontri di formazione, il 49% (72% 18-34 anni) accedere a spazi virtuali per il benessere/salute mentale, il 43% (65% 18-34, 61% autonomi) lavorare in una stanza virtuale, interagendo in tempo reale con i colleghi attraverso avatar, il 42% fare esperienze nel tempo libero (concerti, musei, tour), il 36% (60% 18-34 anni) acquistare/vendere beni virtuali, il 32% (51% 18-34) conoscere e incontrare nuove persone in forma virtuale, il 28% (38% 18-34) praticare sport all’interno di una realtà aumentata.
Fra i fattori di deterrenza rispetto all’utilizzo di dispositivi di realtà virtuale/aumentata risultano esserci la sensazione di isolamento sociale (46%), il rischio di sviluppare una dipendenza (28%, 36% over 55enni), la perdita dei propri dati personali (24%, 29% over 55enni), il rischio di esperienze sensoriali sgradevoli(17%), la scomodità dei visori (15%, 23% 18-34 anni), la scarsa qualità dei contenuti virtuali (15%, 26% 18-34), le difficoltà tecniche (11%), i limiti legati alle condizioni visive (8%), il timore di affrontare un’esperienza del tutto inesplorata (8%).
Secondo il 55% dei rispondenti, le nuove tecnologie (AI, Realtà virtuale/aumentata, metaverso, NFT, Blockchain) avranno un impatto soprattutto su lavoro e carriere, più che sulla vita personale relazionale. Ciò è tanto più vero tra gli operai (73%) e i 35-54enni (71%), meno tra i colletti bianchi (54%) e gli autonomi (61%). L’impatto del metaverso sarà, invece, più presente nella vita relazionale (personale o nell’entertainment) per il 23% del campione, soprattutto per i giovani e i laureati (35% 18-34 anni, 30% laureati). Il 22% è indeciso.
I sistemi devono essere in linea con un’etica che non tralasci la dignità dell’individuo
Commentando i risultati della survey, Andrea De Micheli, presidente di Web3 Alliance ha dichiarato: “Emerge che le nuove tecnologie abilitanti generate con l’AI stanno acquisendo maggiori livelli di conoscenza tra il pubblico e le imprese, lo zoccolo duro degli esperti è in crescita. Oltre due italiani su tre si dicono preparati alle novità che verranno introdotte dall’AI. Nello stesso tempo, non mancano elementi di incertezza, come opinioni negative sull’AI in generale o timori che le nuove tecnologie possano ridurre i posti di lavoro e gli stipendi. Per questo dobbiamo riconoscere che la strada da percorrere è ancora lunga anche se supportata dai risultati sorprendenti fin qui conseguiti”.
De Micheli, inoltre, ha colto l’occasione per sottolineare che: “Non è casuale il fatto che il Forum di Web3 Alliance si svolga in concomitanza con l’approvazione da parte del Parlamento di Strasburgo della posizione negoziale sulla legge sull’Intelligenza Artificiale, conosciuta come AI Act, il testo normativo più avanzato al mondo sull’Intelligenza Artificiale destinato a regolamentarne l’impiego nell’Unione Europea.
Occorre garantire che i sistemi di AI siano, infatti, supervisionati dalle persone, sicuri, trasparenti, tracciabili, non discriminatori e rispettosi dell’ambiente. Se dunque ci troviamo di fronte alla volontà di proteggere i cittadini dall’uso sconsiderato dell’AI, dall’altra parte c’è l’intenzione di promuovere uno sviluppo controllato della tecnologia. “L’AI Act – ha concluso il presidente di Web3 Alliance – risulta in linea con la politica dell’Unione sulla protezione dei dati personali tenuta fino a qui. L’obiettivo è quello di essere leader mondiali nello sviluppo di un’Intelligenza Artificiale sicura, affidabile ed etica“.
Alla fine della presentazione della ricerca, il Forum ha ospitato una dimostrazione dal vivo delle capabilities dell’AI, in particolare di ChatGPT. Per la prima volta in Italia, infatti, la soluzione di OpenAI ha sostituito, con successo, il moderatore intervistando una relatrice, Lydia Mendola di Studio Portolano Cavallo, esperta di proprietà intellettuale e industriale, che ha discusso con l’AI delle questioni più dirimenti dal punto di vista etico-legislativo che ineriscono il rapporto uomo/macchina.