Innovazione e ESG

Carbon Capture e nuovi materiali: AI e Foundation Models spingono la ricerca



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Carbon Capture & Storage (CCS), Carbon Capture Utilization & Storage (CCUS) e ricerca di nuovi materiali sono alcune delle frontiere sulle quali Intelligenza Artificiale e metodo scientifico stanno contribuendo ad aprire nuove strade per la decarbonizzazione. Ne abbiamo parlato con Teodoro Laino, Distinguished Research Scientist, IBM Zurich Lab

Pubblicato il 5 mar 2024

Mauro Bellini

Direttore Responsabile ESG360.it, EnergyUP.Tech e Agrifood.Tech



Teodoro Laino, Distinguished Research Scientist, IBM Zurich Lab
Teodoro Laino, Distinguished Research Scientist, IBM Zurich Lab

Una delle sfide più importanti per le industrie che rientrano nella categoria “hard to abate” (ma non solo) è la gestione delle emissioni che non possono essere eliminate o ridotte. Un tema che riguarda anche tutte le aziende che hanno avviato percorsi di decarbonizzazione, ma che devono affrontare necessariamente tempi di trasformazione di prodotti e processi lunghi e complessi.

In diversi casi, il Carbon Capture & Storage (CCS) e il Carbon Capture Utilization & Storage (CCUS) possono rappresentare delle componenti fondamentale per quelle strategie di decarbonizzazione che puntano a “riportare la CO2 nel sottosuolo” o a restituirle un ruolo nei processi di produzione. Il raggiungimento di questi obiettivi si lega direttamente con la capacità di individuare e creare nuovi materiali con i quali contribuire al design di prodotti e processi di produzione pensati per essere nativamente sostenibili.

La parola chiave per trasformare queste prospettive in realtà si chiama Ricerca e le parole chiave per accelerare i risultati della Ricerca si chiamano Intelligenza Artificiale e metodo scientifico.

Ne abbiamo parlato con Teodoro Laino, Distinguished Research Scientist, IBM Zurich Lab, alla guida di un centro che unisce la focalizzazione su questi (e altri) temi alla missione di sfruttare tutte le potenzialità dell’innovazione digitale. Un confronto questo che riprende, aggiorna ed estende le prospettive già affrontate nel corso di una precedente intervista, sempre su questa testata: “Cattura e utilizzo di CO2: IBM accelera la ricerca con AI e Machine Learning”.

Che contributo sta arrivando dall’Intelligenza Artificiale alla ricerca sui temi del Carbon Capture & Storage?

L’Intelligenza artificiale sta fornendo un fortissimo contributo, soprattutto in termini di miglioramento delle condizioni e delle metodologie delle attività di ricerca per la CCS, per la CCUS e per le tante altre frontiere che attengono alla individuazione di soluzioni per contrastare il cambiamento climatico.

Un bell’esempio, in questo senso, è rappresentato dallo sviluppo di modelli di ricerca in grado di generare materiali ad elevate performance in termini di capacità di assorbimento della CO2. E in questo caso possiamo fare riferimento al lavoro realizzato da un team IBM impegnato sui temi del Carbon Capture che ha reso pubblico l’esito delle proprie ricerche nel paper “Discovery of novel reticular materials for carbon dioxide capture using GFlowNets” (QUI per accedere al documento n.d.r.) apparso sulla rivista Digital Discovery, della Royal Society of Chemistry.

Si tratta di una ricerca che ha reso possibile la creazione di materiali che aprono nuove prospettive per quanto attiene alla capacità di cattura e densità di stoccaggio della CO2 grazie a un lavoro specifico di ricerca sulle capacità di assorbimento della CO2 e grazie a processi di ricerca assistita dall’AI.

Oggi, accanto alla ricerca per la discovery dei materiali, si affianca anche un lavoro importante dedicato alla ricerca di soluzioni per dare vita a processi di produzione che permettano di portare effettivamente il risultato della ricerca a beneficio delle aziende.

Le aspettative del mondo industriale sul ruolo della ricerca per il Carbon Capture & Utilization sono molto alte. Cosa sta avvenendo?

Nell’ambito della Carbon Capture Utilization and Storage, come centro di ricerca IBM stiamo lavorando in particolare sui temi della conversione della CO2 in combustibili liquidi e gassosi. Anche in questo caso il lavoro considera in modo sempre più rilevante i temi della trasformazione dei processi industriali perché possano poi effettivamente “utilizzare” il risultato della CCUS e portarla in “produzione”.

Che ruolo svolge l’Intelligenza Artificiale in questo passaggio?

L’Intelligenza artificiale è determinante, permette di agire a livello di ricerca lavorando su tutte le fasi della produzione della CO2 e aiuta a ricercare il maggior numero di fattori che possono abilitare una possibile trasformazione. Un lavoro questo che si mette al servizio di diverse possibilità di utilizzo in diversi settori, nel mondo della chimica ad esempio o come combustibili per la mobilità.

Allarghiamo l’orizzonte dal mondo della CO2 a quello della ricerca di nuovi materiali. Qual è il rapporto tra metodo scientifico e capacità di sfruttare le potenzialità dell’AI?

L’Intelligenza artificiale si sta costantemente rafforzando grazie alla disponibilità di dati e al livello di competenze che vengono acquisite anche grazie a questi percorsi di ricerca. Si sta poi vivendo una evoluzione a livello di metodologia di sviluppo dei modelli che abilitano l’utilizzo dell’Intelligenza artificiale per la ricerca. E’ il passaggio da un approccio basato su “singoli task”, con modelli allenati su specifici set di dati per obiettivi specifici, agli AI Foundation Models che permettono di sfruttare le potenzialità dell’Intelligenza artificiale in modo più efficace con riscontri più completi per più fasi e dimensioni della ricerca.

In relazione allo specifico tema della sostenibilità poi, in IBM disponiamo di AI Foundation Models che hanno l’obiettivo primario di accelerare tante e diverse dimensioni della ricerca come gli AI Foundation Models per il Climate change, quelli per Weather and Climate realizzati in collaborazione con la NASA, oltre a quelli espressamente dedicati alla ricerca sui materiali nei quali rientrano le linee di ricerca su CCS e CCUS.

La ricerca di nuovi materiali è legata anche a nuove forme di collaborazione tra le imprese. Quanto incide questa dimensione per una realtà come IBM?

Certamente la disponibilità di dati unitamente allo sviluppo di metodologie di ricerca avanzate e “aperte” impongono una innovazione anche nelle forme di collaborazione tra le realtà che si impegnano su questi temi. Anche per questo è nata qualche mese fa, per iniziativa di IBM e Meta, la AI Alliance, ovvero un gruppo di realtà attive nei settori dell’industria, della ricerca universitaria, delle istituzioni, delle startup che hanno scelto di coordinarsi e collaborare per stimolare e contribuire alla realizzazione di una innovazione nell’AI basata sui principi dell’apertura e della responsabilità. L’obiettivo è quello di garantire contemporaneamente il rigore scientifico, la sicurezza, il trust, l’accessibilità e l’orientamento al risultato.

Alla ricerca si chiede anche una maggiore attenzione ai nuovi rischi. Quanto conta questa dimensione?

Il presupposto per una buona ricerca è (anche) nella capacità di partire con un buon risk assessment, nel quale devono rientrare anche tutte le operations legate alla mitigazione dei rischi. Questo per dire che la gestione dei fattori di rischio nel mondo della ricerca attiene alla completezza delle informazioni, alla ricchezza dei dati e alla capacità di individuare e connettere fenomeni. Nel momento in cui si allenano enormi quantità di dati il fattore chiave per intercettare eventuali errori o fattori di rischio sta nella capacità impostare una governance in grado verificare e intervenire. Nello stesso tempo anche le modalità di condivisione dei risultati devono sempre essere ispirate ai principi della verifica, della trasparenza e della sicurezza.

Che ruolo sta svolgendo la Generative AI nell’ambito della ricerca e nell’evoluzione delle metodologie di ricerca?

La Generative AI sta già svolgendo un ruolo strategico. Se penso ai miei 15 anni di lavoro in IBM devo osservare che per lungo tempo il tema centrale nella ricerca era costituito dall’High Performance Computing, mentre da qualche anno questa centralità è stata sostituita dalla Generative AI. I motivi sono tanti, ma in particolare occorre osservare che ci si è resi conto di come l’Intelligenza artificiale generativa permetta di aumentare le possibilità di sviluppo, di aprire e abilitare nuove prospettive, di accelerare nuovi percorsi di ricerca. Grazie alla Generative AI i ricercatori possono esplorare nuovi scenari in tempi più veloci e con dinamiche di connessione tra ipotesi diverse più creative e originali.

Sul tema della Carbon Capture & Storage e della Carbon Capture & Utilization ESG360 ha raccolta anche la visione e le indicazioni di Matteo Carmelo Romano, Professore di Sistemi per l’Energia e l’Ambiente del Politecnico di Milano nel servizio CCS, Carbon Capture & Storage e decarbonizzazione: tanti vantaggi, ma non per tutti

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