Rendere circolare e pienamente sostenibile la filiera delle energie rinnovabili, individuando la soluzione che consenta – grazie al processo della biometanazione – di trasformare in gas l’energia in eccesso rispetto all’autoconsumo prodotta dal solare e dall’eolico per poterla riutilizzare in un secondo momento a seconda delle necessità reimmettendola in rete.
E’ questo l’obiettivo di Micropyros BioEnerTech, startup nata in Germania ma controllata dall’italiana Gruppo Fiorentini, a cui lavora un team specializzato ed eterogeneo, composto da dieci professionisti di sette nazionalità diverse, tutti accomunati dalla passione per la ricerca e dalla voglia di portare sul mercato una soluzione “rivoluzionaria” per il power-to-gas. A guidare la squadra è il managing director Gianfranco De Feo, che in questa intervista a Esg360 racconta la storia e gli obiettivi di Micropyros BioEnerTech.
De Feo, ci racconta la storia e gli obiettivi di Micropyros BioEnerTech?
La biometanazione e il power-to-gas sono tecnologie che consentono di mettere in campo un modo sostenibile e “circolare” per stoccare energia rinnovabile, compensando così l’imprevedibilità propria del settore e dando il migliore utilizzo possibile agli eccessi di produzione durante il giorno o durante l’anno, con capacità di accumulo importanti.
Il progetto nasce dall’iniziativa del Gruppo Fiorentini, azienda che ha 80 anni di storia e si è specializzata nel tempo sui comparti del gas fossile e dell’olio. L’inizio dell’attività nell’ambito del gas prodotto con fonti rinnovabili risale a circa 10 anni fa, in una prima fase puntando sulla filiera del biometano e poi guardando oltre, e iniziando a studiare il power-to-gas e cercando l’opportunità di investire sulla biometanazione, una tecnologia coerente con la filosofia di sostenibilità del gruppo Fiorentini. Da questo processo di scouting è nata l’opportunità di investire su un’azienda che in Germania esisteva da 12 anni, uno spin-off accademico che probabilmente era anche in anticipo sui tempi, che aveva messo a punto una tecnologia solida, nata in ambienti universitari, che aveva bisogno di essere indirizzata al mercato. Con questa acquisizione e con la rifondazione dell’azienda nel marzo 2021 è nata Micropyros BioEnerTech.
Quali sono gli obiettivi attorno ai quali avere ricostruito la società?
I filoni su cui facciamo essenzialmente leva sono tre. Partiamo dalla parte che riguarda la biotecnologia, per la quale abbiamo realizzato ex novo un laboratorio di ricerca. In secondo luogo, in simbiosi con Gruppo Fiorentini, lavoriamo sulla reattoristica, che rappresenta il vero e proprio cuore degli impianti di biometanazione. Si tratta in questo caso di riuscire a creare un ambiente in cui i microrganismi possano riprodursi senza difficoltà e generare metano. A questo processo è dedicato il nostro impianto pilota di Straubing. Il terzo filone è infine quello delle modellazioni matematiche, tra le quali la più importante è sulla simulazione di celle energetiche, dove ci occupiamo di vagliare e analizzare i nuclei abitati o industriali allargati che possano giustificare gli investimenti in tecnologie di power-to-gas.
L’apporto di Fiorentini in questa esperienza è stato di dare all’azienda un approccio industriale, di farla diventare una realtà di business e non esclusivamente di ricerca e sviluppo, consentendole un accesso al mercato mondiale. Tutto questo con l’ambizione di sviluppare e mettere a disposizione tecnologie che contribuiscano a un nuovo modo di concepire l’energia.
Ci spiega in sintesi cos’è la biometanazione?
La biometanazione, o metanazione biologica, è la tecnologia che consente la produzione di energia green, nello specifico metano, da idrogeno e anidride carbonica o monossido di carbonio grazie all’utilizzo di microorganismi metanogeni. Un processo naturale che risale alle origini della vita sulla terra. Di fatto i microorganismi metabolizzano idrogeno e CO2 e rilasciano metano e acqua.
Quali sono le caratteristiche dell’impianto pilota di Straubing?
Si tratta di un sistema di ricerca e sperimentazione sulla biometanazione industriale unico in Europa, realizzato nell’impianto di depurazione delle acque reflue di Straubing. Nel progetto sono coinvolte, ognuna per la parte di propria competenza, MicroPyros BioEnerTec, Hyter, Biokomp e la stessa Pietro Fiorentini. I lavori per l’impianto, che consentirà di realizzare miscele di gas in loco e affidarsi all’alimentazione diretta del biogas proveniente dai digestori dell’impianto di depurazione delle acque reflue, erano partiti a inizio 2021 e hanno richiesto circa 10,000 ore di progettazione oltre al contributo di alcune primarie università Europee per i temi più specifici. Quello di Straubing può essere considerato come un primo step di una tecnologia che potrà trovare un’applicazione più ampia in contesti diversi, fornendo una possibile soluzione improntata alla circolarità da cui prendere spunto. Tutto questo con l’obiettivo di efficientare la produzione e migliorare lo stoccaggio di energia green e al tempo stesso catturare e utilizzare CO2: in questo modo si potrà contenere la produzione di energia da altre fonti non rinnovabili, dando un contributo tangibile alla sostenibilità ambientale.
Passiamo ai punti di forza delle vostre tecnologie…
In ambito di sostenibilità, io credo che sia particolarmente importante sottolineare che la nostra tecnologia si basa sul carbon capturing and utilization. In sostanza, utilizziamo per i nostri procedimenti CO2 già esistente. Ciò che produciamo, inoltre, entra a pieno diritto nella categoria degli e-fuel, i carburanti cioè che hanno come fonti le energie rinnovabili e contribuiscono al “sequestro” di CO2. Si tratta di un passo avanti importante nella direzione della sostenibilità: non parliamo di un metano come gli altri. Puntiamo inoltre a creare impianti che siano il più possibile resilienti, in termini di essere a servizio della flessibilizzazione della rete elettrica. Per questo possono reagire in tempi rapidi dal fermo alla piena potenza. Quanto alla biologia, lavoriamo su microrganismi ben tolleranti ai contaminanti che ci sono dentro al biogas: l’impianto e la biologia devono infatti adattarsi ed essere gestibili con semplicità.
In Germania, a Straubing, avete dato vita a BioFarm, un progetto pilota per la biometanazione. Quali sono le prospettive di questa tecnologia?
Su questo possiamo rispondere con i fatti: grazie alle ricerche che abbiamo svolto a Straubing siamo riusciti a creare l’impianto SynBioS, che produrrà bio-metano a partire dalle acque reflue e surplus elettrici. L’impianto è in fase di realizzazione a Bologna in collaborazione con il gruppo Hera, multiutility locale di acqua, luce ed energia. L’impianto risponde in pieno alle esigenze di Hera come operatore elettrico, impegnato a risolvere il problema dell’energia rinnovabile prodotta in eccesso, riuscendo contemporaneamente a ridurre le emissioni di CO2 dell’impianto di depurazione delle acque e ad accantonare biometano da mettere a disposizione dei propri clienti, in un processo di circolarità assoluta.
Come sta rispondendo il mercato alla vostra proposta?
In questo momento siamo di fronte a un’accelerazione importante. Fino a due o tre anni fa il power-to-gas o il power-to-metane era citato soltanto della letteratura, ma di applicazioni pratiche se ne vedevano poche. Negli ultimi sei o sette mesi le richieste sono aumentate sensibilmente, soprattutto nell’ambito della depurazione delle acque, sul quale convergono la maggior parte dei nostri studi di fattibilità. Al mondo della depurazione possono aggiungersi anche l’agricoltura, dove chi ha biogas e vuol produrre biometano può tranquillamente installare i panelli fotovoltaici, mentre in prospettiva può essere interessante anche il processo che porta a intercettare CO2 da scarichi industriali.
Quali sono oggi i principali ostacoli da superare per arrivare a una diffusione più ampia della biometanazione?
Il problema principale dal mio punto di vista riguarda la tariffazione, dal momento che non c’è ancora chiarezza sull’incentivazione del prodotto finale. Un altro piccolo ostacolo è nella necessità di dare vita a veri e propri ecosistemi: a volte per rendere sostenibili i business case c’è bisogno della simbiosi tra attori diversi, proprio nella filosofia del concetto di comunità energetica, che prevede circolarità, ed è legato ad aspetti economici e regolatori.
Su cosa state investendo di più in termini di ricerca e sviluppo?
Uno dei nostri impegni principali riguarda il versante della biologia, con l’obiettivo di mettere a punto miscele di microrganismi che abbiamo l’adattabilità che vogliamo raggiungere e che siano sempre più performanti. Questo si sposa con il mettere a punto nel modo ottimale la reattoristica: più riusciremo a ottimizzare questo processo e più gli investimenti saranno accessibili. Ovviamente in questo campo la collaborazione con le università e i centri di ricerca è fondamentale, e ne abbiamo in piedi molte in Italia e in Germania.
Quali sono oggi gli obiettivi di MIcropyros BioEnerTech?
Il più importante è senza dubbio lo scale-up della tecnologia. Il progetto di Bologna si ferma a un megawatt elettrico, ma il nostro obiettivo è di arrivare a 10. Tutto questo pensando anche a estendere i campi d’applicazione della tecnologia, arrivando ad esempio alla pirogassificazione delle biomasse.
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