Iniziative

Presentato il piano industriale del Green Deal: l’Europa punta a misure strutturali

Modifiche al quadro normativo, facilitazione agli investimenti, competenze e rapporti commerciali: sono questi i 4 ambiti di intervento del piano industriale del Green Deal presentato il 1° febbraio dalla Commissione europea. Obiettivo: migliorare la capacità innovativa, lo sviluppo tecnologico e la capacità produttiva di prodotti a zero emissioni nette nell’Unione

Pubblicato il 03 Feb 2023

europa green deal

L’Europa ha bisogno di un nuovo piano industriale del Green Deal.
Un piano industriale coerente dunque con i principi del  Green Deal, di cui sarà parte integrante, e che avrà come obiettivo quello di aumentare in modo importante nella UE nei prossimi dieci anni lo sviluppo tecnologico e la capacità produttiva di prodotti a zero emissioni nette, se pure in uno scenario altamente competitivo.

Sono queste le considerazioni che aprono il documento che descrive nel dettaglio il nuovo piano industriale del Green Deal, annunciato a Bruxelles all’inizio del mese di febbraio da Ursula von der Leyen.
Un piano, continua il documento, che porta l’Europa a “concentrarsi sui settori in cui può fare la differenza maggiore”, evitando anche il rischio di “sostituire la dipendenza dai combustibili fossili russi con altre dipendenze strategiche che potrebbero ostacolare il nostro accesso a tecnologie e input chiave per la transizione verde, attraverso un mix di diversificazione e sviluppo e produzione propri”.
Concepito nel solco del Green Deal europeo e di REPowerEU, il piano affianca alle azioni previste, incluso il piano d’azione per l’economia circolare, anche iniziative di modernizzazione e decarbonizzazione delle industrie ad alta intensità energetica.
Parimenti prioritario è garantire le transizioni lavorative e la creazione di posti di lavoro di qualità attraverso la formazione e l’istruzione.

I 4 pillar del piano industriale del Green Deal

Il nuovo piano industriale del Green Deal si basa su quattro pilastri:
• un contesto normativo prevedibile e semplificato;
• accesso più rapido a finanziamenti sufficienti;
• competenze;
• commercio aperto per catene di approvvigionamento resilienti.

Riprendendo dunque alcuni dei punti chiave del discorso di Ursula Von der Leyen in occasione del WEF, nel documento si specifica come la Commissione valuterà la possibilità di istituire sandbox normativi per consentire una rapida sperimentazione di nuove tecnologie e aprire la strada alla semplificazione del processo di autorizzazione/certificazione per l’immissione dei prodotti sul mercato, alleggerendo vincoli e oneri che oggi pesano soprattutto su PMI e start-up.

Facilitazione normativa

Inoltre, per stimolare la domanda di prodotti net-zero su larga scala, verranno promosse varie forme di azione pubblica come appalti pubblici, concessioni e incentivi alle imprese e agli utenti finali per l’utilizzo di tecnologie net-zero basate sulla sostenibilità e sulla circolarità.
È questo un punto di attenzione importante, soprattutto se si considera che “le autorità pubbliche dell’UE spendono circa il 14% del PIL per l’acquisto di servizi, lavori e prodotti”.
La Commissione avrebbe il ruolo di definire le caratteristiche di sostenibilità e gli eventuali requisiti per i prodotti net zero, utilizzando gli strumenti giuridici disponibili e le norme dell’UE esistenti, promuovendo una domanda più prevedibile e uniforme di soluzioni net-zero e consentendo alle autorità pubbliche di stabilire requisiti di sostenibilità ambiziosi.
Ecco quindi l’idea di una proposta di legge sull’industria a zero emissioni nette “per individuare gli obiettivi di capacità industriale a zero emissioni nette e fornire un quadro normativo adatto alla sua rapida diffusione, garantendo autorizzazioni semplificate e rapide, promuovendo progetti strategici europei ed elaborando norme a sostegno dell’espansione delle tecnologie in tutto il mercato unico”.
A completamento di questa iniziativa, servirà anche una normativa sulle materie prime critiche, che consentire l’accesso a quantitativi sufficienti di terre rare e altri materiali essenziali per la produzione di tecnologie chiave, così come dovrà essere completata la riforma dell’assetto del mercato dell’energia elettrica, così che si possa beneficiare dei minori costi delle energie rinnovabili.

Finanziamenti

Un secondo pilastro piano industriale del Green Deal riguarda l’accesso più rapido ai finanziamenti.
Nel documento si sottolinea come siano necessari maggiori investimenti entro il 2030 nella produzione di tecnologie net-zero. “All’interno dell’UE esistono notevoli disparità in termini di sostegno da parte degli Stati membri. Ad esempio, mentre nel 2020 lo 0,57% del PIL dell’UE è stato stanziato per sostenere le fonti energetiche rinnovabili, un paese ha stanziato quasi l’1% del proprio PIL e altri dieci hanno speso meno della metà della media dell’UE. Per evitare di frammentare il mercato unico a causa dei diversi livelli di sostegno nazionale, bisogna facilitare la transizione verde in tutta l’Unione, evitare di esacerbare le disparità regionali e colmare il divario tra i finanziamenti attualmente disponibili e le esigenze di finanziamento per potenziare l’industria net zero. E per questo è importante aumentare i finanziamenti dell’UE”.
In altre parole, la Commissione “mira a garantire condizioni di parità all’interno del mercato unico, semplificando nel contempo la concessione da parte degli Stati membri degli aiuti necessari per accelerare la transizione verde”.
Come già anticipato al WEF da Ursula von der Leyen, si potrebbe procedere a modificare del quadro temporaneo per gli aiuti di Stato in caso di crisi e transizione. Sarà agevolato l’uso dei fondi UE esistenti per finanziare l’innovazione, la fabbricazione e la diffusione delle tecnologie pulite. E in questa logica, su un arco temporale di medio termine, la Commissione proporrà un Fondo per la sovranità europea nel contesto della revisione del quadro finanziario pluriennale che avverà prima dell’estate.

Formazione e compentenze

Il terzo pilastro, anche questo citato nel corso del WEF, è rappresentato delle competenze: una percentuale compresa tra il 35 % e il 40 % di tutti i posti di lavoro potrebbe essere interessata dalla transizione verde, per questo l’idea è quella di costituire una Academy per l’industria a zero emissioni, con l’obiettivo di attuare programmi di miglioramento delle competenze e di riqualificazione nelle industrie strategiche, adottando anche misure di promozione di investimenti pubblici e privati da destinare allo sviluppo delle competenze.

Commercio

L’ultimo pilastro riguarda gli aspetti legati al commercio e alla concorrenza leale. In quest’ottica si proseguirà nello sviluppo di una rete UE di accordi di libero scambio e di altre forme di cooperazione con i partner per sostenere la transizione verde.
Aò vaglio anche l’ipotesi di creare un Club delle materie prime critiche, “al fine di riunire i “consumatori” di materie prime e i paesi ricchi di risorse per garantire la sicurezza dell’approvvigionamento a livello mondiale attraverso una base industriale competitiva e diversificata, e di partenariati industriali per tecnologie pulite e zero emissioni nette

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