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L’impatto invisibile dell’industria tessile, l’UE si mobilita per la moda circolare

Di fronte all’impatto sull’ambiente, sull’economia e sulle persone, l’UE si impegna ad affrontare i problemi dell’industria tessile. Fondamentale l’innovazione tecnica, sociale e dei modelli imprenditoriali, nonché il cambiamento comportamentale e il sostegno politico

Pubblicato il 18 Set 2023

L'impatto della produzione e dei rifiuti tessili sull'ambiente

L’UE è al corrente dell’onere ambientale, sociale ed economico legato all’industria tessile che, con la sua “moda veloce“, vale a dire la tendenza a mettere repentinamente a disposizione nuovi stili per mezzo di vestiti realizzati con materiali di bassa qualità a prezzi molto bassi e a volumi di vendita elevati, ha avuto e ha tuttora un impatto significativo sull’ambiente e sul cambiamento climatico.

La quantità di abiti prodotti, indossati e poco dopo gettati via è aumentata in modo esponenziale, generando quantità spaventose di rifiuti tessili che finiscono per accumularsi in discarica ma si riversano anche nei mari contribuendo all’inquinamento idrico. Ma le conseguenze si fanno sentire dalla fase di produzione rispetto al consumo eccessivo di risorse naturali e sono legate alla quota altissima di emissioni di gas serra in tutto il ciclo di vita dei capi di abbigliamento.

Di contro, su scala globale, l’industria tessile rappresenta il terzo più grande datore di lavoro, seconda solo ai settori alimentare e immobiliare. Impiega quasi 13 milioni di lavoratori equivalenti a tempo pieno lungo tutta la catena di fornitura. La prima fase è locata per lo più in Asia, dove una produzione economicamente vantaggiosa spesso compromette la salute e la sicurezza dei lavoratori.

L’Unione Europea ha riconosciuto la necessità di affrontare questa grave problematica che mette a dura prova acqua, terra e risorse energetiche. La necessità di ridurre gli sprechi tessili è impellente e richiede di aumentare il lifecycle e il riciclo dei tessuti come parte integrante del piano per raggiungere un’economia circolare entro il 2050 e in linea con gli impegni del Green Deal europeo.

Combinando una serie di normative più rigide, l’adozione dei principi attinenti alla progettazione ecocompatibile, l’educazione dei consumatori e la responsabilità aziendale, l’UE sta affrontando di petto la questione dei rifiuti tessili. Anche perché questa transizione verso una moda sostenibile e circolare non solo proteggerà il pianeta ma creerà nuove opportunità di crescita economica e occupazionale, dimostrando che il futuro del fashion può essere verde.

Il costo ambientale “nascosto” della moda veloce

L’industria tessile richiede enormi quantità di acqua, senza contare l’impiego dei terreni adibiti alla coltivazione del cotone e di altre fibre. Si stima che l’industria tessile e dell’abbigliamento abbia utilizzato globalmente 79 miliardi di metri cubi di acqua nel 2015, mentre nel 2017 il fabbisogno dell’intera economia dell’UE ammontava a 266 miliardi di metri cubi. Alcune stime indicano che per fabbricare una sola maglietta di cotone occorrano 2.700 litri di acqua dolce, praticamente quello che una persona dovrebbe bere in 2 anni e mezzo.

Nel 2020, il settore tessile è stato la terza fonte di degrado delle risorse idriche e dell’uso del suolo. In quell’anno, sono stati necessari in media 9 metri cubi di acqua, 400 metri quadrati di terreno e 391 kg di materie prime per fornire abiti e scarpe per ogni cittadino dell’UE.

La tossica eredità dell’industria tessile nel mare

L’industria tessile è anche una delle principali fonti di inquinamento idrico. Le stime sostengono che sia responsabile del 20% dell’inquinamento globale dell’acqua potabile a causa di processi come la tintura e la finitura dei tessuti. Il lavaggio di indumenti sintetici rilascia ogni anno 0,5 milioni di tonnellate di microfibre nei mari.

Rappresenta il 35% del rilascio di microplastiche primarie nell’ambiente. Un unico carico di bucato di abbigliamento in poliestere può comportare il rilascio di 700.000 fibre di microplastica che possono finire nella catena alimentare. Oltre a questo problema globale, l’inquinamento generato dalla produzione di abbigliamento ha un impatto devastante sulla salute delle persone locali, degli animali e degli ecosistemi dove si trovano le fabbriche.

Emissioni di gas a effetto serra

Si calcola che l’industria della moda sia responsabile del 10% delle emissioni globali di carbonio, più del totale di tutti i voli internazionali e del trasporto marittimo messi insieme.

Secondo l’Agenzia europea dell’ambiente, gli acquisti di prodotti tessili nell’UE nel 2020 hanno generato circa 270 kg di emissioni di CO2 per persona. Questo significa che i prodotti tessili consumati nell’UE hanno generato emissioni di gas serra pari a 121 milioni di tonnellate.

Il ciclo vizioso dei rifiuti tessili

Anche il modo in cui le persone eliminano gli indumenti che non si vuole più tenere in casa è cambiato: molti capi vengono gettati anziché donati. Tra il 2000 e il 2015, la produzione di abbigliamento è raddoppiata, mentre l’utilizzo è diminuito del 36%. Questo ha comportato la riduzione del ciclo di vita dei prodotti tessili: i cittadini europei consumano ogni anno quasi 26 kg di prodotti tessili e ne smaltiscono circa 11 kg. Gli indumenti usati possono essere esportati al di fuori dell’UE, ma per lo più vengono inceneriti o portati in discarica (87%).

Uno scenario che diventa ancor più spaventoso se si guarda alle stime dell’AEA secondo cui dai 58 milioni di tonnellate di fibre tessili nel 2000, se ne produrranno 145 milioni nel 2030. La crescita della moda veloce poi, favorita in parte dai social media e dall’industria che porta le tendenze del fashion a un numero maggiore di consumatori a un ritmo più rapido rispetto al passato, ha svolto un ruolo fondamentale nell’aumento dei consumi.

La strategia UE per il tessile sostenibile e circolare

Nell’ambito del piano d’azione per l’economia circolare, il regolamento sulla progettazione ecocompatibile dei prodotti sostenibili, proposto a marzo del 2022, ha creato un quadro per stabilire specifiche per la progettazione ecocompatibile dei prodotti, compresi i tessuti. Nel mentre la Commissione europea ha presentato una nuova strategia per rendere i tessuti più durevoli, riparabili, riutilizzabili, riciclabili e in grado di affrontare il fenomeno della fast fashion stimolando l’innovazione nel settore. La filosofia alla base è che “la moda veloce è fuori moda” e i consumatori beneficiano più a lungo di tessuti di alta qualità a prezzi accessibili.

Nella nuova strategia sono compresi nuovi requisiti di progettazione ecocompatibile per i tessuti, informazioni più chiare, un passaporto digitale dei prodotti e l’invito per le aziende ad assumersi la responsabilità e ad agire per ridurre al minimo la propria impronta di CO2 e ambientale.

Il 1° giugno, i membri del Parlamento Europeo hanno presentato proposte per misure più rigide dell’UE al fine di fermare la produzione e il consumo eccessivi di tessili. Il rapporto del Parlamento chiede che i tessili siano prodotti nel rispetto dei diritti umani, sociali e del lavoro, nonché dell’ambiente e del benessere degli animali.

La lotta dell’UE ai rifiuti nel tessile

Secondo la direttiva sui rifiuti approvata dal Parlamento europeo nel 2018 i paesi dell’UE sono obbligati a provvedere alla raccolta differenziata dei tessili entro il 2025. La nuova strategia della Commissione comprende anche misure volte a contrastare la presenza di sostanze chimiche pericolose, invita i produttori ad assumersi la responsabilità sui loro prodotti lungo la catena del valore, ivi compresa la fase in cui diventano rifiuti e ad aiutare i consumatori a scegliere prodotti tessili sostenibili.

In questa direzione, l’UE dispone di un marchio Ecolabel UE che guida consumatori, rivenditori e imprese verso scelte realmente sostenibili contrastando il greenwashing identificando i marchi che rispettano i criteri ecologici, garantendo un uso limitato di sostanze nocive e un minore inquinamento idrico e atmosferico. Istituito nel 1992, il logo Ecolabel UE si è evoluto in un simbolo di qualità di prim’ordine nel rispetto dei più severi standard ambientali. Questo emblema significa che i prodotti, che comprendono sia beni che servizi, recanti l’iconico simbolo del “fiore dell’UE” non solo soddisfano tutti i criteri, ma hanno anche guadagnato il privilegio di diventare parte della comunità in espansione del marchio Ecolabel UE.

Nel 2023 la Commissione ha proposto una revisione della direttiva quadro sui rifiuti per introdurre regimi obbligatori e armonizzati di responsabilità estesa del produttore (EPR) per i tessili in tutti gli Stati membri dell’UE. E ha varato un piano per aggiornare e rivedere il regolamento sull’etichettatura dei prodotti tessili.

Per concludere, solo sviluppando nuovi modelli di business circolari, progettando prodotti che facilitino il riutilizzo e il riciclo, sensibilizzando i consumatori ad acquistare meno capi di migliore qualità e in generale orientandone il comportamento verso opzioni più sostenibili, si riuscirà a stimolare la crescita economica e le opportunità di lavoro di cui l’UE ha bisogno. Ciò richiederà l’innovazione tecnica, sociale e dei modelli imprenditoriali, nonché il cambiamento comportamentale e il sostegno politico.

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