Sono oltre 432 mila le imprese italiane dell’industria e dei servizi con dipendenti che hanno investito negli ultimi 5 anni in prodotti e tecnologie green: il 31,2% dell’intera imprenditoria extra-agricola. Si tratta di un valore in crescita rispetto al quinquennio precedente, quando erano state 345 mila. La media cresce se si considera soltanto il manifatturiero, dove le imprese che investono sul green sono più di una su tre, il 35,8%. Il 2019 ha fatto registrare un picco con quasi 300 mila aziende hanno investito sulla sostenibilità e l’efficienza.
E’ questa la fotografia scattata dall’undicesimo rapporto GreenItaly della Fondazione Symbola e di Unioncamere, che misura la forza della green economy nazionale, promosso in collaborazione con Conai, Ecopneus e Novamont, con la partnership di Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne ed Ecocerved, e con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
A rappresentare una parte cospicua degli investimenti green delle imprese italiane sono quelli sull’efficienza energetica e le fonti rinnovabili, insieme al taglio dei consumi di acqua e rifiuti. A seguire la riduzione delle sostanze inquinanti e l’aumento dell’utilizzo delle materie seconde. Dai dati emerge che le imprese più votate al green hanno inoltre reagito meglio all’emergenza causata dalla pandemia da Covid-19: secondo un’indagine svolta da Symbola e Unioncamere a ottobre 2020 su mille imprese manifatturiere tra i 5 e i 499 addetti, infatti, chi è green è più resiliente. Tra le imprese che hanno effettuato investimenti per la sostenibilità il 16% è riuscito ad aumentare il proprio fatturato, contro il 9% delle imprese non green. La quota di imprese manifatturiere il cui fatturato è sceso nel 2020 di oltre il 15% è dell’8,2%, mentre è stata quasi il doppio (14,5%) tra le imprese non eco-investitrici.
Il vantaggio competitivo delle imprese eco-investitrici si conferma in un periodo così complesso anche in termini occupazionali, spiega il rapporto, dal momento che assume il 9% delle green contro 7% delle altre. Stessa dinamica per l’export, che aumenta per il 16% contro il 12%.
La spiegazione è nel fatto che le aziende eco-investitrici innovano di più, con un tasso del 73% contrro il 46% delle altre, anche in ricerca e sviluppo (33% contro 12%).
Ermete Realacci: “Le imprese dimostrano di credere nella sostenibilità”
“Nonostante l’incertezza del quadro futuro – emerge dalla riceca – le imprese dimostrano di credere nella sostenibilità ambientale: quasi un quarto del totale, il 24%, conferma ecoinvestimenti per il periodo 2021-2023”. Dall’indagine emerge chiaramente anche che green e digitale insieme rafforzano la capacità competitiva delle nostre aziende. Le imprese eco-investitrici orientate al 4.0 nel 2020 hanno visto un incremento di fatturato nel 20% dei casi, quota più elevata del citato 16% del totale delle imprese green e più che doppia rispetto al 9% delle imprese non green.
“C’è un’Italia pronta al Recovery Fund e la green economy è la migliore risposta alla crisi che stiamo attraversando – Sottolinea Ermete Realacci, presidente della Fondazione Symbola – infatti nel Rapporto GreenItaly si coglie una accelerazione verso il green del sistema imprenditoriale italiano. Un’Italia che fa l’Italia ed è la sperimentazione in campo aperto di un paradigma produttivo fatto di cura e valorizzazione dell’ambiente, dei territori e delle comunità, che ci può aiutare ad uscire dalla crisi migliori di come ci siamo entrati. Che può contribuire a superare i mali antichi del Paese: non solo il debito pubblico ma le diseguaglianze, l’illegalità e l’economia in nero, una burocrazia spesso inefficiente e soffocante. Un paradigma che ci può portare, come recita il Manifesto di Assisi, senza lasciare indietro nessuno e senza lasciare solo nessuno, verso una nuova economia più a misura d’uomo, per questo più resiliente e competitiva, che può diventare la missione del Paese. Possiamo farlo se mettiamo in campo i nostri migliori talenti, li incoraggiamo e sosteniamo, puntiamo su di loro. Il Recovery Fund e il Green Deal sono l’occasione per farlo. Una occasione che non possiamo perdere senza compromettere il nostro futuro: “È nella crisi – ha scritto Albert Einstein – che emerge il meglio di ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono solo lievi brezze”.
Giuseppe Tripoli: “Imprese giovanili sempre più rivolte al green”
“Dal Rapporto emergono quattro punti fondamentali – aggiunge il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli. – Il primo è che la transizione verde è un percorso su cui le imprese italiane si sono già avviate: un quarto di esse, malgrado le avversità di questo periodo, intende investire nella sostenibilità anche nel prossimo triennio. Il secondo è che le imprese della greeneconomy sono più resilienti: nel 2020, hanno registrato perdite di fatturato inferiori alle altre, sono ottimiste più delle altre e ritengono di recuperare entro 1-2 anni i livelli di attività precedenti alla crisi. Come terzo punto citerei il fatto che le imprese green innovano di più, investono maggiormente in R&S, utilizzano di più le tecnologie 4.0 e privilegiano le competenze 4.0. Infine le imprese giovanili guardano di più al green: il 47% delle imprese di under 35 ha investito nella greeneconomy nel passato triennio contro il 23% delle altre imprese”.
Italia campione europeo di economia circolare
Dei dati del rapporto emerge che l’Italia è il campione europeo nell’economia circolare e nell’efficienza dell’uso delle risorse. Secondo id dati Eurostat è il Paese europeo con la più alta percentuale di riciclo sulla totalità dei rifiuti: 79%, il doppio rispetto alla media europea e ben superiore rispetto a tutti gli altri grandi Paesi europei, con la Francia al 56%, il Regno Unito al 50%, la Germania al 43%. Inoltre la sostituzione di materia seconda nell’economia italiana comporta un risparmio potenziale pari a 23 milioni di tonnellate equivalenti di petrolio e a 63 milioni di tonnellate di CO2, che equivalgono al 14,6 % della domanda interna di energia e al 14,8% delle emissioni climalteranti. Per ogni chilogrammo di risorsa consumata, spiega la ricerca, l’Italia genera – a parità di potere d’acquisto (PPS) – 3,6 euro di Pil, contro una media europea di 2,3 euro. L’Italia produce inoltre meno rifiuti: 42,3 milioni di tonnellate per ogni milione di euro, contro il 58,9 della media dei grandi Paesi Ue. Guardando ai dati più in profondità, l’industria italiana del legno arredo è prima in Europa in economia circolare: il 93% dei pannelli truciolari prodotti in Italia è fatto di legno riciclato.
I dati su agricoltura e chimica verde
Con il taglio record del 20% sull’uso dei pesticidi tra il 2011 e il 2018 l’agricoltura italiana si conferma la più green d’Europa, a fronte di un trend opposto in Francia e Germania. Siamo il primo Paese europeo per numero di aziende agricole impegnate nel biologico dove sono saliti a ben a 80.643 gli operatori coinvolti (2019). A trainare la crescita è anche il mercato interno, che persino durante il lockdown ha mostrato un incremento dell’11% delle vendite di prodotti bio nei supermercati. L’Italia ha poi il primato comunitario di giovani (oltre 56mila under 35 alla guida di un’impresa agricola) e donne in agricoltura (un’azienda agricola su quattro è guidata da donne, per un totale di quasi 210mila imprenditrici).
L’Italia è inoltre uno dei campioni mondiali nel campo della chimica verde e sostenibile e delle bioplastiche, soprattutto per quanto riguarda la ricerca e l’innovazione, grazie ad alcuni tra i leader globali che guidano i progressi del settore. E i prodotti di questa nuova chimica sono utilizzati dalle imprese di filiera sempre più numerose, dall’agroalimentare al tessile. Proprio il nostro settore tessile guida la conversione sostenibile della moda: nelle fibre e, appunto, nell’uso di prodotti chimici più sostenibili.
La crescita dei green jobs
Nel 2018 il numero dei green jobs in Italia ha superato la soglia dei 3 milioni: 3.100.000 unità, il 13,4% del totale dell’occupazione complessiva. L’occupazione green nel 2018 è cresciuta rispetto al 2017 di oltre 100 mila unità, con un incremento del +3,4% rispetto al +0,5% delle altre figure professionali. La ricerca dimostra anche come la green economy sia anche una questione anagrafica: tra le imprese guidate da under 35, il 47% ha fatto eco-investimenti, contro il 23 delle over 35. Inoltre il 56% delle imprese green sono imprese coesive, che investono cioè nel benessere economico e sociale dei propri lavoratori e della comunità di appartenenza relazionandosi con gli attori del territorio.