Economia circolare: per quali ragioni crescono attenzione e progetti
Appare sempre evidente che l’attenzione verso una economia più sostenibile in termini ambientali sta ispirando tanto l’azione delle grandi organizzazioni internazionali e delle nazioni ,quanto le strategie delle imprese. Uno dei segnali, a sua volta estremamente evidenti di questo “nuovo clima” è da leggere nell’attenzione con cui il mondo finanziario considera i parametri ESG (Environmental, Social, Governance) sempre più fondamentali per la valutazione delle scelte di investimento nelle imprese. Ma in questo scenario il vero tema decisivo che accompagna la crescita di attenzione e di progettualità verso i temi dell’impatto ambientale e dell’economia circolare in particolare è nella “misurabilità” di questo fenomeno.
Se è appunto sempre più diffusa la convinzione sull’importanza di migrare l’economia verso modelli “circolari” in grado di ridurre l’impatto ambientale e garantire una migliore sostenibilità a tutti i livelli, appare nello stesso tempo evidente che nel momento in cui si affronta esplicitamente e correttamente il tema di una migrazione dell’economia, diventa necessario disporre di un sistema di misura per valutare i progressi e gli ostacoli di questo percorso. Un tema, quello delle metriche, che ovviamente può condizionare le valutazioni di merito sui progetti e può permettere di capire il vero valore di determinate scelte.
Lo studio Circular Economy Europe. Come gestire la transizione dall’economia lineare all’economia circolare
È anche sotto questo aspetto – metodologico – oltre che nei risultati che mette a disposizione che va letto lo studio ““Circular Europe. Come gestire con successo la transizione da un mondo lineare a uno circolare Fondazione Enel e The European House – Ambrosetti in collaborazione con Enel e Enel X che punta a “tastare il polso” all’economia circolare europea, con l’obiettivo di mettere a fuoco il processo di transizione verso la circular economy in termini di benefici economici, sociali e ambientali.
E lo studio conta sullo sviluppo di 23 metriche quantitative raffrontabili e di 10 indicatori principali per i 27 Paesi dell’Unione Europea estesi al Regno Unito. In particolare, poi lo studio si è focalizzato su tre paesi: Italia, Romania e Spagna.
Il Circular Economy Scoreboard
Si chiama Circular Economy Scoreboard ed è il “cuore” della ricerca, ovvero il metodo che punta a prendere in considerazione tutte le macro-dimensioni che caratterizzano i progetti di economia circolare come utilizzo di input sostenibili, di informazioni legate al fine vita dei prodotti, alla possibilità di sviluppare soluzioni che permettano una estensione della vita utile dei prodotti o dei servizi così come anche una estensione nell’intensità di utilizzo.
Gli effetti dell’Economia Circolare sul business e sull’occupazione
Le evidenze della ricerca ci dicono che l’Economia Circolare nel vecchio Continente può essere messa in relazione a un valore di business che corrisponde a 300 – 380 miliardi di euro di Prodotto Interno Lordo, a investimenti compresi in una forbice che va da 90 a 110 miliardi di euro e che in termini occupazionali ha saputo coinvolgere, nel 2018, qualcosa come 2,5 milioni di posti di lavoro.
Se guardiamo con la lente di ingrandimento questi risultati vediamo che i 300 – 380 miliardi di euro di PIL europeo sono costituiti da 27 – 29 miliardi di euro in Italia, da 10 – 12 miliardi di euro in Romania e da 33 – 35 miliardi di euro in Spagna. Applicando la stessa lente anche al dato occupazionale lo studio sottolinea che nell’Economia Circolare sono attivi circa 200.000 operatori in Italia, 20.000 in Romania, 350.000 in Spagna. In termini di leva sugli investimenti dallo studio si vede che l’effetto in termini di risorse nel nostro paese è misurato in 8 – 9 miliardi di euro in Italia, in Romania il valore si attesta tra 1 e 2 miliardi di euro, mentre in Spagna sono tra i 9 e gli 11 miliardi di euro. Non ultimo e non meno importante lo studio misura anche i benefici sulla produttività del lavoro che valgono qualcosa come 560 – 590 euro per addetto all’anno in Italia, 1.210 – 1.270 euro per addetto in Romania e 640 – 670 euro per addetto in Spagna. L’impatto a livello europeo è molto significativo e riflette l’eterogeneità dei vari paesi con una forbice di valore che va da 570 a 940 euro per addetto.
Ma l’aspetto sul quale si concentra maggiormente l’attenzione riguarda i benefici per l’ambiente, ovvero sui risultati che grazie agli “ingredienti” della circular economy si possono ottenere a livello di Environment come ad esempio l’applicazione già in fase di progettazione dei prodotti di un percorso circolare che comprende il recupero, la gestione del ciclo di vita, come il controllo delle operazioni legate al ciclo di vita anche in termini di recupero dei materiali e ovviamente il ripensamento di prodotti e sistemi di produzione basati su materiali rinnovabili e su risorse energetiche a basso impatto ambientale.
La circular economy per una Europa più competitiva
Lo studio Circular Europe conferma che l’Economia Circolare rappresenta una importantissima opportunità che può aiutare a rendere l’Europa più competitiva, che può portare innovazione nell’economia e che può sostenere l’occupazione grazie a nuovi modelli di sviluppo più sostenibili in termini di risorse e più duraturi nel tempo. Un ruolo fondamentale in questo senso è svolto dall’utilizzo delle fonti rinnovabili, oltre che dalla diffusione di soluzioni per la mobilità e per la produzione basati sull’elettrico”.
Ma un altro aspetto evidenziato dalla ricerca riguarda lo scenario dei grandi cambiamenti a livello sociale, di stili di vita, di modelli di relazione e di creazione di valore. Cambiamenti che vanno messi in relazione con i cambiamenti climatici, con l’innovazione tecnologica e con le nuove prospettive dell’economia. In questo senso la ricerca sottolinea che l’Economia Circolare può diventare una sorta di “catalizzatore per il bene comune” in grado di sostenere e concretizzare una nuova visione dello sviluppo sostenibile a livello europeo in grado di realizzare una produzione sostenibile.
I risultati dell’Italia nello sviluppo di progetti di economia circolare
Dal Circular Economy Scoreboard emerge un’Europa eterogenea, con l’Italia che eccelle nella gestione del fine vita dei prodotti e con un buon posizionamento in termini di utilizzo di input sostenibili e di iniziative per estendere il ciclo di vita utile dei prodotti. Un paese come la Spagna presenta a sua volta un posizionamento importante in termini di utilizzo di input sostenibili, di gestione del fine vita dei prodotti e di aumento nell’intensità di utilizzo, mentre la ricerca segnala una minore focalizzazione in termini di estensione della vita utile di prodotti e servizi.
Ma uno degli aspetti di maggiore interesse dello studio riguarda la relazione tra i vantaggi legati all’ambiente e i vantaggi economici. Grazie all’utilizzo di casi di studio specifici e di analisi “what if”, il report mette in evidenza che il passaggio da materiali primari a secondari consente di incidere sulla riduzione delle emissioni di gas serra (GHG Greenhouse Gases): in particolare relativamente all’utilizzo di 4 materiali come ferro, alluminio, zinco e piombo, l’intervento permette di raggiungere una riduzione media delle emissioni di GHG per kg di materiale prodotto nell’ordine del 73,5%.
Il rapporto tra circular economy ed energia
L’altro grande tema è legato all’utilizzo dell’energia e delle energie rinnovabili in particolare. Grazie a un aumento nell’utilizzo delle fonti rinnovabili nella produzione energetica di un punto percentuale si ottiene una riduzione delle GHG sino a 72,6 milioni di tonnellate di CO2 a livello europeo e a 6,3 in Italia (che come ordine di grandezza corrispondono all’incirca al 50% delle emissioni annuali di gas serra di Roma).
Business leader convinti dello sviluppo dell’economia circolare
Un segnale sul quale lavorare riguarda la sensibilità verso la circular economy, importantissima in termini di aspettative e di prospettive, ma ancora scarsa in termini di “preparazione” a livello di singoli paesi. La ricerca ha affrontato anche questo tema con la realizzazione di una survey che ha coinvolto 300 business leader europei ai quali è stato chiesto di esprimere una opinione in merito all’economia circolare per la loro azienda e per i paesi nei quali operano. Nel 95% dei casi l’Economia Circolare è una scelta strategica per l’azienda e quel che più conta è vissuta come un potenziale vantaggio competitivo dal punto di vista dei mezzi dell’azienda per generare valore, come una prospettiva di diversificazione, di individuazione di nuove forme di efficienza e di riduzione dei costi e di allargamento del proprio mercato di riferimento. Nello stesso tempo però questi “business leader” esprimono delle riserve sulla capacità del proprio paese di affrontare oggi in modo competitivo questo passaggio e i dubbi riguardano fondamentalmente due temi, vissuti come ostacoli alla diffusione dell’economia circolare in Europa:
- l’incertezza in merito alla capacità di gestire la creazione di nuovo valore (43,6% delle risposte)
- il grande tema delle competenze (35,9%).
Peraltro la sfida dell’economia circolare richiede non solo un impegno importante in termini di investimenti e di competenze, ma un ripensamento di prodotti, di modelli produttivi, di processi e non ultimo e non meno importante, un focus speciale sui modelli di business, sul sistema di relazioni con i partner e con i clienti.
Il settore dell’energia vive questa trasformazione anche per rispondere alla doppia spinta che arriva dalle necessità legate alla migrazione da una energia basata sull’utilizzo di combustibili fossili a una energia basata su fonti rinnovabili, mentre dall’altra parte lo stesso settore è chiamato a rispondere a una domanda che vede nell’elettrico un percorso per ridurre l’impatto ambientale in tanti settori, tanto nella vita quotidiana (pensiamo alla mobilità elettrica) quanto nel mondo delle imprese.
Lo scenario: Piano Green Deal e Circular Economy Action Plan
Lo studio, anche con il Circular Economy Scoreboard porta una componente di “misurabilità” in un processo che ha certamente bisogno di maggiore chiarezza per convincere tutti gli attori della sua validità, considerando che il passaggio dal tradizionale modello di economia lineare ovviamente e come è noto ampiamente consolidato nel tempo, a quello lineare necessita di una visione puntuale dei vari passaggi, dei vantaggi e degli ostacoli.
Peraltro il contesto è certamente favorevole, il Piano Green Deal europeo (leggi QUI) così come il Circular Economy Action Plan (Leggi QUI), adottato a marzo 2020 dalla Commissione Europea, sono non solo uno stimolo concreto a muoversi in questa direzione, ma stanno mettendo a disposizione anche risorse e supporto. Tuttavia l’altro grande tema che emerge dallo studio di ENEL e The European House – Ambrosetti è la mancanza di una vera roadmap strategica nazionale, che sia nella condizione forte di porre l’Economia Circolare al centro dello sviluppo.
I 10 fattori chiave per favorire lo sviluppo dell’economia circolare
L’impegno di ENEL e di The European House – Ambrosetti non si ferma alla definizione delle metriche, all’analisi e alla mappatura del fenomeno Circular Economy, ma aggiunge anche una serie di chiamate all’azione e di indirizzi nella forma di aree di intervento e di azioni di policy
- Definizione di apposite strategie nazionali per tutti gli Stati membri dell’Unione Europea in modo da indirizzare e favorire in modo coerente lo sviluppo economico circolare;
- Definire una forma di governance condivisa dell’Economia Circolare per indirizzare e supportare una transizione coerente e completa in tutti i settori;
- Sviluppare un framework normativo in grado di favorire la transizione verso la circular economy;
- Sostenere lo sviluppo di migliori condizioni di competitività rispetto all’economia basata su modelli lineari o “non circolari”;
- Fare leva anche sulla finanza per la promozione della Ricerca e Sviluppo e per favorire la diffusione di best practices di circular economy;
- Lavorare per diffondere di metriche adeguare a “misurare” i risultati della circular economy;
- Focalizzare l’attenzione sulla trasformazione di modelli di business lineari, che generano rifiuti, in modelli circolari;
- Pensare e adottare forme di coordinamento tra tutti i settori interessati e coinvolti nei processi di transizione verso l’Economia Circolare;
- Portare i temi dell’Economia Circolare anche a livello sociale, nel ripensamento dei modelli di sviluppo delle città e delle forme di urbanizzazione
- Sostenere lo sviluppo di una cultura che sappia valorizzare e diffondere i vantaggi legati all’Economia circolare
Per approfondire la conoscenza della ricerca e per scaricare il report vai QUI
Economia circolare e Intelligenza artificiale
L’intelligenza artificiale rappresenta un alleato potente per accelerare la transizione verso un’economia più sostenibile e resiliente. L’AI può ottimizzare la gestione delle risorse in vari modi: gli algoritmi di machine learning possono analizzare dati complessi per prevedere la domanda di materiali e prodotti, riducendo così gli sprechi e migliorando l’efficienza delle catene di fornitura. Inoltre, l’Intelligenza artificiale può facilitare la progettazione di prodotti più sostenibili, identificando materiali riciclabili e ottimizzando i processi di produzione per minimizzare l’impatto ambientale e può contribuire all’dozione di modelli di LCA Life Cycle Assessment.
Una delle applicazioni più concrete dell’AI nell’economia circolare è rappresentata dalla gestione dei rifiuti. Sistemi di visione artificiale possono essere utilizzati per identificare e separare automaticamente i materiali riciclabili dai rifiuti, migliorando la qualità e l’efficienza del riciclo. Inoltre, piattaforme basate su AI possono connettere aziende che producono rifiuti con quelle che possono riutilizzarli come materie prime, creando nuove opportunità di business e riducendo la necessità di risorse vergini.
L’AI può anche supportare la manutenzione predittiva, un aspetto cruciale dell’economia circolare. Sensori intelligenti e algoritmi di analisi dei dati possono monitorare lo stato di macchinari e infrastrutture, prevedendo guasti e ottimizzando la manutenzione. Questo non solo prolunga la vita utile dei prodotti, ma riduce anche i costi e l’impatto ambientale associati alla produzione di nuovi beni.
Articolo aggiornato il 16 agosto 2024