Garantire il rispetto dell’ambiente e delle persone: sono questi i principi da cui partire per capire che cos’è l’economia sostenibile. Se volessimo ripercorrere rapidamente le tappe della storia di questo concetto dovremmo legarle ad alcuni momenti fondamentali del dibattito sull’ambiente, a partire dal 1972, quando venne pubblicato il rapporto “Limits of growth” del club di Roma, che tra i primi affrontò il tema della insostenibilità di un modello di sviluppo che consideri le risorse del pianeta come se fossero illimitate. Con il rapporto Brundtland, nel 1978, arriverà la prima definizione ufficiale di sviluppo sostenibile (“quello sviluppo capace di soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere quelli delle generazioni future”), per arrivare nel 1992 alla Conferenza Onu su ambiente e sviluppo di Rio de Janeiro, il cosiddetto “Earth Summit”, in cui le conclusioni del rapporto Brundtland verranno riprese e sviluppate in modo più puntuale, estendendo il concetto di sostenibilità dal solo aspetto ambientale a quello sociale ed economico.
Che cosa si intende per economia sostenibile
L’economia sostenibile è quindi uno dei cardini su cui si basa lo sviluppo sostenibile. È, in sostanza, un modello economico la cui premessa è l’utilizzo razionale delle risorse naturali, per fare in modo di non depauperare il pianeta a danno delle generazioni future. Come dicevamo, però, l’economia sostenibile non riguarda soltanto l’ambiente, ma anche l’aspetto sociale, quindi l’impegno per ridurre le diseguaglianze e la povertà oltre che per la promozione di condizioni dignitose di lavoro. L’economia sostenibile è in sostanza il sistema economico che riesce a generare crescita e sviluppo senza danneggiare l’ambiente e senza violare i diritti fondamentali delle persone. Si tratta quindi, ponendosi come obiettivo principale la sopravvivenza del pianeta e la tutela dei suoi abitanti, di elaborare modelli economici che sappiano integrarsi con l’ecosistema naturale e che si ispirino alla sostenibilità sociale.
Le 3 E, i pilastri su cui si basa l’economia sostenibile
Quando si parla di economia sostenibile viene spesso chiamata in causa quella che ormai è nota come “regola delle tre E”, le iniziali delle parole Ecologia, Economia ed Equità. Un’economia può definirsi sostenibile, secondo questa definizione, quando si riesce a raggiungere un equilibrio tra la tutela dell’integrità dell’ecosistema, l’efficienza economica e l’equità sociale.
Passando in rassegna le tre E, la prima, Ecologia, richiama alla necessità di improntare i processi di produzione e di smaltimento in modo che non danneggino l’ambiente, tutelando al massimo gli ecosistemi e gli equilibri naturali e senza privare le comunità, oggi e quadrando al futuro, delle risorse naturali di cui dispongono. Quanto all’equità, il senso è quello di assicurare a tutti sul pianeta, con lo sguardo rivolto anche al futuro, la possibilità di vivere dignitosamente garantendo il rispetto dei diritti umani. Quanto alla terza E, quella di Economia, richiama al principio che si riesca a produrre ricchezza per il territorio senza arrecare danni alle persone e all’ambiente, redistribuendo in maniera equa le risorse tra gli abitanti del pianeta.
Quali sono i vantaggi dell’economia sostenibile
L’applicazione dei principi che si ispirano alla sostenibilità economica porta una vantaggi dal punto di vista ambientale e sociale. A dimostrarlo può bastare il fatto – ad esempio – che investire sullo sviluppo delle energie rinnovabili con tecnologie verdi e a basso impatto ambientale può dare una spinta decisiva alla riduzione delle emissioni di anidride carbonica in atmosfera, o che limitare gli sprechi e portare efficienza nei processi produttivi consente di risparmiare sui consumi energetici ma anche di rispettare l’ambiente, contribuendo a mitigare i processi che stanno portando al riscaldamento globale e al climate change. Scegliere l’economia sostenibile è anche un processo che porterà a un utilizzo più consapevole e responsabile delle materie prime, soprattutto di quelle che rischiano di esaurirsi. E infine l’opportunità di creare nuovi posti di lavoro, grazie alle nuove figure professionali – i cosiddetti “green jobs” – sempre più richieste dal mercato.
Accanto a questi vantaggi l’economia sostenibile porta con sé altre opportunità, a partire dalla riduzione dei costi, e quindi dall’opportunità di consistenti risparmi economici. A questo si può affiancare la prospettiva di aumentare le vendite: sono infatti sempre più numerosi i consumatori che si stanno orientando a premiare con le proprie scelte d’acquisto le aziende che si ispirano ai principi della sostenibilità.
Quali sono le attività sostenibili
Le attività simbolo nella roadmap per la creazione di un’economia sostenibile possono essere racchiuse in quattro macroaree, e riguardano direttamente i singoli cittadini, e aziende e le istituzioni.
Si potrebbe iniziare dalla questione energetica: un’economia sostenibile è un sistema in cui si privilegia l’utilizzo di energie rinnovabili, sostituendole ai combustibili fossili. Si tratterà in sostanza da una parte di abbattere le emissioni di Co2, e dall’altra di utilizzare fonti che sono potenzialmente illimitate (il vento, il sole) a scapito di quelle che potrebbero esaurirsi, come il petrolio, il gas o il carbone.
Altra attività che rientra in pieno sotto l’ombrello dell’economia sostenibile è quella di scegliere con attenzione le materie prime, privilegiando quelle sostenibili. E’ un principio che vale per i prodotti di uso quotidiano ma anche per quelli della produzione industriale o nel campo dell’artigianato. Si tratta, in pratica, di evitare l’uso di plastiche e di privilegiare i prodotti e i tessuti che non ne contengono, orientandosi a un modello di consumo che tenga in considerazione il riuso e il riciclo dei materiali e dei prodotti.
Infine, tutto quelle che non può essere riciclato o riutilizzato direttamente dal consumatore dovrà essere smaltito nel modo il più possibile sostenibile dal punto di vista ambientale, quindi rispettando le indicazioni sulla raccolta differenziata dei rifiuti.
Come possono le aziende diventare più green
La scelta delle aziende verso la sostenibilità, oltre che essere una questione di responsabilità, è anche regolata da una serie di norme, come accade in Italia con il Codice Ambientale, che stabilisce vincoli, incentivi e sanzioni puntando a dare una spinta al sistema economico nella direzione della sostenibilità. L’obiettivo è ad esempio quello di rispettare quanto stabilito dall’accordo di Parigi, che prevede una riduzione delle emissioni di gas serra del 40% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990.
Ogni azienda può scegliere la strada della sostenibilità seguendo due direttrici: la prima si rivolge all’interno degli ambienti di lavoro, e prevede l’adozione di regole di comportamento per i dipendenti orientate a logiche sostenibili, dall’attenzione a limitare lo spreco di risorse fino all’attenzione e alla cura dei dipendenti, salvaguardandone il benessere e promuovendo azioni per la parità di genere e contro ogni forma di discriminazione. Di pari passo procede anche la scelta della sostenibilità per i propri processi produttivi e nella selezione dei fornitori.
I principali problemi a cui l’economia sostenibile deve far fronte
Analizzando i problemi che sono emersi nel tempo rispetto all’applicazione dei principi dell’economia sostenibile, è possibile fare i conti anche con le criticità di questo modello, che è bene conoscere per capire meglio come muoversi.
Dal punto di vista più strettamente legato agli investimenti delle aziende e ai benefici che si attendono, uno dei punti apparentemente “a sfavore” dell’economia circolare è che per innescare il cambiamento è necessario un aumento dei costi, almeno se si guarda al breve periodo. Parliamo degli investimenti che sono necessari per abilitare le nuove dinamiche, da quelli “infrastrutturali” per l’utilizzo di energie rinnoavbili fino – nell’ottica del consumatore finale – a quelli per l’utilizzo di materiali o capi di abbigliamento prodotti con materiali sostenibili, che nella maggior parte dei casi rispondono a principi di qualità che ne fanno salire il prezzo. D’altra parte, anche in questo caso, i prodotti meno cari per l’utente finale sono anche quelli che portano con sé i “costi nascosti” più alti per l’ambiente e per il benessere delle persone.
Un altro problema è la non riciclabilità all’infinito dei materiali, che porta quindi a una necessità di smaltimento: questa dinamica può essere rallentata, ma non può essere eliminata.
Come le tecnologie digitali migliorano l’economia sostenibile
A ben vedere, la sostenibilità e il digitale potrebbero essere considerati come temi contigui e complementari, che possono trarre forza l’uno dall’altro. Non a caso la nostra epoca è interessata da due processi che procedono spesso in parallelo, la transizione ecologia e la trasformazione digitale. Questo perché l’innovazione può essere un boost importante per la sostenibilità delle imprese, fornendo strumenti nuovi che comportano un minore spreco di risorse e un loro utilizzo più razionale. A ottenere questo risultato concorrono tecnologie – solo per fare qualche esempio intuitivo – come l’intelligenza artificiale, la blockchain o l’analisi dei big data, mentre in campo industriale il paradigma di Industria 4.0 si sta dimostrando utilissimo per ottenere risultati decisivi anche nel campo della sostenibilità, declinata nei suoi aspetti economici, sociali e ambientali. La tecnologia, quindi, è nella maggior parte dei casi un acceleratore che spinge le imprese, i cittadini e la pubblica amministrazione verso la sostenibilità, consentendo di raggiungere risultati che soltanto fino a pochi anni fa sarebbero sembrati impossibili.
Economia sostenibile ed economia circolare
L’economia circolare è – come dicevamo – uno dei pilastri dell’economia sostenibile, e per dimostrarlo può essere utile citare la definizione che ne dà il Parlamento europeo sul proprio sito internet. L’economia circolare è infatti “un modello di produzione e consumo che implica condivisione, prestito, riutilizzo, riparazione, ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti il più a lungo possibile”. In questo modo si estende il ciclo di vita dei prodotti, contribuendo a ridurre i rifiuti al minimo. Una volta che il prodotto ha terminato la sua funzione, i materiali di cui è composto vengono infatti reintrodotti, laddove possibile, nel ciclo economico. Così si possono continuamente riutilizzare all’interno del ciclo produttivo generando ulteriore valore. I principi dell’economia circolare contrastano con il tradizionale modello economico lineare, fondato invece sul tipico schema “estrarre, produrre, utilizzare e gettare”. Il modello economico tradizionale dipende dalla disponibilità di grandi quantità di materiali e energia facilmente reperibili e a basso prezzo.
Come l’UE incoraggia l’economia sostenibile
A dimostrazione dell’attenzione dell’Unione Europea sull’economia sostenibile è dei giorni scorsi l’annuncio della presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, sulla presentazione entro marzo al Consiglio europeo del Green Deal Europeo. “La nostra industria della tecnologia pulita è innovativa e competitiva. Ora si tratta di mantenere il nostro vantaggio”, ha detto von der Leyen. al termine del vertice Ue straordinario che si è concluso il 10 febbraio a Bruxelles.
I 27 capi di Stato e di Governo dell’Unione europea hanno discusso dei contenuti individuati dalla Commissione Ue per puntare sull’industria green, che si basa su quattro pillar: mettere a punto un quadro normativo per l’industria a zero emissioni, creare un sistema di finanziamenti a breve e lungo termine, stringere accordi commerciali per ottenere le materie prime e spingere sullo sviluppo di competenze “green”.
“La discussione sulla competitività nell’Unione europea è innanzitutto radicata in un consenso molto ampio: dobbiamo raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e vogliamo che le industrie europee delle tecnologie pulite ci aiutino a raggiungerla – ha detto von der Leyen parlando con i giornalisti alla fine del vertice – (…) Abbiamo un vantaggio nel settore delle tecnologie pulite. Abbiamo un’industria innovativa e competitiva. Abbiamo un piano, che è la nostra tabella di marcia verso il 2050 – Fit for 55. E abbiamo un sostegno finanziario e politico con NextGenerationEU. Il contesto è quindi buono”.
Il futuro dell’economia sostenibile
Per dare un quadro del futuro dell’economia sostenibile declinata al futuro potrà essere utile ricordare i sei pilastri della roadmap presentata da Legambiente in occasione della Giornata mondiale dell’Ambiente, il World Environment Day, che si è celebrata lo scorso 5 giugno. Passando in rassegna i sei punti chiave, l’associazione evidenzia l’importanza, da qui in avanti, di puntare sull’economia circolare rispetto all’economia lineare, sull’agroecologia rispetto ai pesticidi e agli allevamenti intensivi. Si prosegue con la lotta alla crisi climatica grazie a un maggiore sviluppo di rinnovabili, efficienza e autoproduzione energetica piuttosto che sulle fonti fossili. Legambiente chiede inoltre l’istituzione di più aree protette e la tutela della biodiversità contro il degrado degli ecosistemi naturali, più mobilità sostenibile, elettrica, pubblica e condivisa contro l’inquinamento atmosferico nelle città, e stili di vita più ecofriendly contro lo spreco e la cittadinanza passiva. Si tratta di principi, spiega l’associazione, “per aiutare davvero l’ambiente, velocizzare la transizione ecologica ed energetica del Paese e garantire un futuro sostenibile”.