Waste management

Certified Plastic Byproduct® aiuta le aziende a riutilizzare gli scarti di produzione

Il servizio tech messo a punto da PlasticFinder consente di qualificare i residui di produzione come sottoprodotti in maniera conforme alla normativa per la realizzazione di semilavorati o prodotti finiti in plastica. Grazie alla blockchain, la dichiarazione viene registrata in maniera immutabile e verificabile, incoraggiando le aziende a riutilizzare questi materiali

Pubblicato il 23 Nov 2022

Certified-Plastic-Byproduct-plasticfinder

Ogni anno in Europa, all’interno del settore della plastica, si generano almeno 1 milione di tonnellate di scarti di lavorazione. Che fine fanno? Spesso purtroppo diventano rifiuti. Ora però, grazie a norme in evoluzione nel campo della sostenibilità, le cose potrebbero cambiare in fretta. Diventa allora centrale la nascita di un servizio come Certified Plastic Byproduct® che consente, attraverso la tecnologia blockchain, di tracciare in modo trasparente, verificabile e univoco tutti i passaggi dei residui di produzione, rendendo possibile qualificarli formalmente come “sottoprodotti”, in modo che siano nuovamente utilizzabili per la realizzazione di semilavorati o prodotti finiti in plastica. Una bella novità a disposizione dell’intero settore della plastica che aiuta le aziende a gestire e riqualificare i residui di produzione, dando nuovo valore agli scarti.

Waste management: oltre al riciclo, c’è la prevenzione dei rifiuti

Quando si parla di economia circolare, si pensa subito alla parola “riciclo”. Un’attività senz’altro fondamentale alla base della quale c’è la creazione di rifiuti, che vengono poi reimmessi nel ciclo produttivo per essere trasformati in nuovi prodotti. La stessa Commissione europea, attraverso un programma quadro relativo alla sostenibilità, individua nelle attività di prevenzione dei rifiuti delle operazioni da incoraggiare rispetto al riciclo. Oggi la sfida dell’economia circolare si gioca lungo tutta la filiera della catena del valore. E, per la precisione, nell’ambito degli industrial byproduct, i classici “scarti di lavorazione”. Quei residui che numerose aziende, almeno fino ad oggi, hanno preferito spesso smaltire come rifiuti tout court anziché provare a riutilizzare, con grandi svantaggi economici e ambientali.

A contribuire a velocizzare il cambio di scenario anche in Italia è l’entrata in vigore di una normativa sugli acquisti della Pubblica Amministrazione (e non solo) che mette ora sullo stesso piano sottoprodotti e plastica riciclata. Tutto questo riguarda i materiali che, in campo edilizio, rispondono ai criteri ambientali minimi relativi al cosiddetto “green public procurement”, ovvero i requisiti definiti per le varie fasi del processo di acquisto al fine di individuare la soluzione migliore sotto il profilo ambientale lungo tutto il ciclo di vita del prodotto. Ricorrere ai sottoprodotti si trasforma così a tutti gli effetti, sostanziali e burocratici, in una scelta che contribuisce a salvaguardare l’ambiente in modo efficace.

Come riqualificare gli scarti industriali e rimetterli in circolo

E diventa, a questo punto, quantomai centrale riuscire a valorizzare al massimo l’enorme quantità di residui che si generano durante le diverse attività di produzione, in particolare proprio nel mondo dell’industria dei materiali plastici. Per farsi un’idea dei numeri in gioco, si consideri che in Europa vengono trasformate circa 50 milioni di tonnellate di plastica all’anno (fonte Plasticseurope) e che la quantità di sottoprodotti generati è compresa in un range che va dal 2 al 10 per cento (in funzione della tipologia di processo industriale). Si parla dunque, come minimo, di almeno 1 milione di tonnellate di potenziali sottoprodotti.

L’obiettivo delle aziende è ora quello di qualificare formalmente questi residui di produzione come sottoprodotti, in modo che dopo un processo di macinatura, siano nuovamente utilizzabili per la realizzazione di semilavorati o prodotti finiti in plastica. Ed è esattamente questo lo scopo di Certified Plastic Byproduct®, il nuovo servizio tecnologico che garantisce l’identificazione e la corretta gestione dei sottoprodotti in plastica. Grazie alla tecnologia blockchain è possibile registrare in modo univoco, immutabile e verificabile (sempre, da chiunque e in ogni parte del mondo) le dichiarazioni che qualificano gli scarti di produzione come sottoprodotti, incoraggiando così le aziende a riutilizzare questi materiali.

Certified Plastic Byproduct® identifica e traccia i sottoprodotti nel rispetto della normativa

“Dopo Certified Recycled Plastic®, che permette di tracciare la plastica riciclata attraverso un semplice QR Code – spiega Riccardo Parrini, ceo di PlasticFinder, il marketplace della plastica attivo dal 2017 –, mettiamo a disposizione della filiera un nuovo strumento, con un funzionamento del tutto simile, che consente di identificare e tracciare i sottoprodotti nel rispetto della normativa comunitaria e italiana. Si tratta di uno straordinario passo in avanti per l’intero settore, che in questo modo può diventare ancora più trasparente, efficiente e sostenibile. Certified Plastic Byproduct® è online con un portale dedicato e navigabile da tutti a questo indirizzo: certifiedplasticbyproduct.com”.

E’ sulla sostenibilità che si gioca la sfida per un mondo migliore

I vantaggi per le imprese sono evidenti: “Con il servizio Certified Plastic Byproduct® di PlasticFinder si evitano i problemi pratici e burocratici che la gestione dei sottoprodotti comporta. Difficoltà e disagi che spesso portano le aziende alla decisione di considerarli alla stregua di rifiuti e, dunque, a disfarsene, anziché a riutilizzarli come materiali per nuove produzioni – aggiunge Stefano Chiaramondia, presidente di PlasticFinder – Rimettere in circolo materiale di scarto è strategico e consente di abbracciare l’economia circolare e promuovere il business sostenibile. Questo nuovo servizio è svincolato dal portale marketplace www.PlasticFinder.eu e può essere utilizzato da qualsiasi azienda che generi scarti di materiali plastici. Abbiamo presentato questa nuova tecnologia in anteprima a K2022, la più grande fiera delle materie plastiche, e stipulato un primo accordo di collaborazione con una importante multinazionale, il principale produttore internazionale di resine in poliammide 66. L’interesse del mercato è grande, perché è sulla sostenibilità che si gioca la sfida di tutte le nostre aziende per la costruzione di un mondo migliore”.

Valuta la qualità di questo articolo

La tua opinione è importante per noi!

Articoli correlati

Articolo 1 di 4