Mentre ci si prepara alla COP29, un rapporto pubblicato dall’UNFCCC Katowice Committee of Experts on the Impacts of the Implementation of Response Measures o KCI (a cui si può accedere tramite questo link ndr) getta luce sulla duplice natura delle politiche climatiche. Infatti, sebbene queste misure siano in grado di amplificare lo spettro di opportunità per le popolazioni vulnerabili, possono al contempo introdurre rischi sproporzionati, evidenziando la necessità di un approccio più inclusivo nella formulazione e implementazione delle politiche climatiche.
Il report invita anche all’azione per una ricerca più completa e un maggiore coinvolgimento degli stakeholder, di modo da avvicinarsi alla garanzia che le politiche climatiche non aggravino le disuguaglianze esistenti, piuttosto contribuiscano a un mondo più equo e sostenibile.
Un tema che sarà centrale nella prossima Conferenza delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici a a Baku in Azerbaigian, dove si discuterà di come bilanciare le esigenze di sviluppo sostenibile con la necessità di proteggere le popolazioni vulnerabili dagli impatti climatici. La priorità negoziale principale consiste infatti nel “concordare un nuovo obiettivo quantificato sul finanziamento climatico equo e ambizioso, tenendo conto delle esigenze e delle priorità dei paesi in via di sviluppo”.
Il rapporto del KCI in vista della COP29
Istituito nel 2018, il KCI è un organismo costituito che supporta gli sforzi per valutare l’impatto delle politiche di mitigazione, dei programmi e delle azioni volte a combattere il cambiamento climatico, intraprese dalle Parti nell’ambito della Convenzione UNFCCC, del Protocollo di Kyoto e dell’Accordo di Parigi.
L’ultimo rapporto rilasciato dal comitato esamina nello specifico quattro politiche di mitigazione chiave: scambio di emissioni ed efficienza energetica, eliminazione graduale del carbone, adozione di energie rinnovabili e riforme del settore forestale. Per poi analizzare i potenziali impatti positivi e negativi di ciascuna politica su vari gruppi vulnerabili, tra cui donne, comunità locali, Popoli Indigeni, giovani, anziani, bambini, persone con disabilità e poveri.
“Questo documento colma una lacuna dovuta alla scarsità di studi che quantificano e valutano gli impatti economici e sociali delle misure di risposta sulle persone in situazioni vulnerabili”, scrivono gli ex co-presidenti del KCI Catherine Ann Goldberg e Peter Govindasamy nella prefazione del rapporto.
In che modo le politiche di mitigazione possono impattare sulle popolazioni vulnerabili
Una delle principali scoperte del rapporto – si legge nella nota stampa dell’UN Climate Change (che potete trovare QUI ndr) – è che le persone in situazioni vulnerabili sono spesso emarginate durante la pianificazione e l’attuazione delle politiche climatiche. Questa mancanza di partecipazione può portare a politiche che hanno impatti negativi e non intenzionali per i gruppi vulnerabili.
Ad esempio, il rapporto del KCI sottolinea che alcune politiche di mitigazione, come la promozione di fonti di energia più pulite, possono ridurre il lavoro domestico e l’onere della raccolta del carburante per le donne. Tuttavia, altre politiche possono avere conseguenze avverse, come limitare i diritti di proprietà fondiaria delle donne o la loro capacità di partecipare alla forza lavoro.
Analogamente, le comunità locali e i popoli indigeni possono subire impatti negativi da progetti di energia rinnovabile che interrompono le loro pratiche tradizionali o li costringono a lasciare le loro terre. Al contempo, queste comunità possono beneficiare di tali progetti attraverso l’accesso all’energia pulita e la creazione di nuove opportunità economiche.
COP29, un approccio inclusivo alle politiche climatiche
A tal proposito, il rapporto enfatizza la necessità di un approccio più inclusivo alla formulazione delle politiche climatiche. Ciò comporta coinvolgere attivamente le persone in situazioni vulnerabili durante la progettazione e l’attuazione delle politiche climatiche oltre che tutti gli stakeholder per comprendere gli impatti potenziali su questi gruppi.
“Confidiamo che questo rapporto servirà a supportare la comprensione dei Paesi sugli impatti delle misure di risposta all’implementazione e ispirare le Parti nella direzione degli sforzi necessari per mantenere l’obiettivo di 1,5°C alla nostra portata” scrivono gli ex co-presidenti del KCI Peter Govindasamy e Catherine Ann Goldberg.
Il rapporto invita a ulteriori ricerche per quantificare meglio gli impatti delle politiche climatiche sulle popolazioni vulnerabili e progettare politiche che minimizzino gli impatti negativi e massimizzino quelli positivi. Conclude poi affermando che integrare un approccio basato sui diritti umani nell’azione climatica consente di costruire un futuro più sostenibile per tutti.
In questi termini, il rapporto del KCI – spiega l’UN Climate Change – è una risorsa preziosa per i responsabili politici, gli stakeholder e chiunque sia interessato a garantire una transizione giusta verso un futuro a basse emissioni di carbonio. Comprendendo i potenziali impatti dell’elaborazione delle politiche climatiche sulle popolazioni vulnerabili, si prefigura infatti l’opportunità di sviluppare soluzioni più efficaci ed eque per affrontare la crisi climatica.